L'Associazione OpenPolis ha pubblicato i dati della spesa sociale pro capite dei comuni più grandi: si passa dalla città di Trieste con € 457,86 al meridione, dove si spendono somme irrisorie. Sabaudia si colloca con una spesa di soli € 109,99 pro capite ai livelli più bassi.
Da alcuni anni sostengo che si spende troppo poco e che si deve fare di più.
Prima di spendere soldi per manifestazioni estive prive di benefici per la città, sarebbe opportuno ripensare alla destinazione di certe somme e utilizzarle per finalità sociali, oltre alle persone direttamente interessate ne avrebbe un grande vantaggio tutta la città.
martedì 30 settembre 2014
domenica 28 settembre 2014
L'ESCLUSIONE SOCIALE
Con la locuzione “esclusione sociale” secondo la
tesi più aggiornata (Chiara Saraceno) si intende il venir meno delle forme di
appartenenza e di legami sociali significativi dovuti: da un lato al tema della
uguaglianza sociale nell’accesso ai diritti sociali (in una società in cui sono
fortemente presenti le diseguaglianze) e dall’altro al fenomeno della
disintegrazione sociale, dovuto alla perdita dei tradizionali meccanismi di
integrazione sociale. Il problema è molto presente in questo periodo a causa
delle difficoltà dell’economia di tutti i Paesi, ma specialmente del nostro, i
cui Governi hanno tagliato pesantemente i finanziamenti, costringendo gli enti
locali: Regioni, Province e Comuni ad operare di conseguenza riducendo
interventi e sovvenzioni con il risultato che il fenomeno dell’esclusione
sociale ha superato il ristretto ambito di quelli che tradizionalmente erano
considerati emarginati, estendendosi a macchia d’olio ed aggredendo sempre
maggiori fasce di popolazione. Un problema che, pur essendo ben presente a
tutti i livelli non vede poi iniziative adeguate per contrastarlo. In effetti le
somme stanziate dagli enti locali per il sociale pur essendo apparentemente
elevate (anche se si potrebbe fare di più), sono talora distribuite in maniera
discutibile e spesso senza produrre i benefici attesi; sono cioè purtroppo in
molti casi inefficaci.
Il servizio sociale dei nostri Comuni subisce da
anni l’inadeguatezza di un modello che, nonostante i tentativi (L. 328/2000)
non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati utilizzando le poche risorse
a disposizione in sovvenzioni invece di offrire prestazioni reali. La tanto
attesa legge regionale che avrebbe dovuto definire il sistema regionale
integrato di interventi e servizi sociali, in tutti questi anni e nonostante
gli sforzi profusi da alcuni (ad esempio la proposta n.400 presentata nel corso
della scorsa legislatura dall’allora consigliere regionale Augusto Battaglia
poi ripresa in parte dalla n. 23 presentata nel corso di questa legislatura il
6 maggio 2013 dai consiglieri Agostini, Vincenzi, Lena ed altri) non è riuscita
ancora ad essere approvata dal Consiglio regionale. La gravità del problema si
tocca specialmente nelle grandi città dove sono più evidenti le diseguaglianze
redistributive, i conflitti sociali e le situazioni di disagio. Il problema è
molto complesso in relazione alle varie tipologie di esclusi (immigrati,
poveri, detenuti, minoranze, ecc.) e alle difficoltà legate alla convivenza che
sono emerse di recente e che potrebbero essere superate con il coinvolgimento
dei cittadini a prendersi cura della loro città creando reti di solidarietà,
cooperazione civica e reciprocità. Da tempo sono state formulate proposte per
ripensare e riorientare le politiche sociali, ma a livello di Governo ancora non
è stato fatto nulla, anzi, le iniziative assunte ricorrendo alla leva fiscale per
incrementare le entrate, almeno in qualche caso hanno prodotto effetti inversi
a quelli annunciati, creando ulteriore appesantimento nelle condizioni di vita
di moltissime persone e allargando la fascia della povertà a categorie che
finora ne erano state esenti. Ma come accennato è a livello locale che maggiore
viene toccata direttamente la realtà. La Giunta e il Consiglio comunale
potrebbero utilizzare con più accortezza lo strumento delle imposte locali per
agevolare le famiglie bisognose, intervenendo con più coraggio anche
sull’accesso ai servizi a domanda individuale o sulla concessione gratuita dei
libri per la scuola. Anche il terzo settore, che per molti anni ha
rappresentato uno degli strumenti fondamentali di intervento comincia a subire
pesantemente gli effetti della recessione e della scarsità delle risorse
(finanziarie e umane) facendo venir meno la sussidiarietà orizzontale che
nell’ente locale è indispensabile anche per una crescita democratica dei
cittadini.
I Comuni che sono chiamati direttamente in causa
dai cittadini, in quanto enti di prossimità, sono carenti proprio là dove non
occorrono soldi ma solo aperture per favorire, anziché ostacolare i cittadini
che vogliono collaborare e assumersi la responsabilità di contribuire a
proteggere e conservare i beni comuni. Manca quasi totalmente da parte delle
amministrazioni comunali l’apertura verso quella che è stata definita la sussidiarietà quotidiana (Cfr. C.
Iaione, in www.labsus.org), consistente in
una strategia basata non sull’autoritarismo, ma su azioni dirette a far
condividere da parte dei cittadini le scelte dell’amministrazione e a
collaborare con le proprie risorse al raggiungimento degli obiettivi di
interesse generale e comune. I Comuni omettono anche di dare applicazione ad
una legge dello Stato (comma 461 dell’art.2 della L. 244/2007) che prevede la
partecipazione dei cittadini alla valutazione dei servizi e quindi anche delle
prestazioni del servizio sociale. In questo caso il Bilancio partecipato
consentirebbe di coinvolgere i cittadini in una più appropriata allocazione
delle risorse il che avrebbe potuto evitare di destinare 61.805,67 euro (ripartiti
in più provvedimenti) per un raduno di motociclette (come avvenuto quest’anno a
Sabaudia), quando al settore dei servizi sociali sarebbe bastato molto di meno
per dare un aiuto concreto a molte famiglie bisognose.
In molte parti d’Italia esponenti del terzo settore
e organizzazioni di vari tipo operano da anni per dare una possibilità a quelli
che non l’hanno, in alcuni casi sono state prodotte esperienze stimolanti,
delle best practices, che possono
essere utilizzate anche in altre realtà, basterebbe guardarsi intorno e
copiarle (ma anche per fare questo ci vuole attenzione).
La politica deve comprendere che il Paese è maturo
e che deve essere utilizzata la leva della social
innovation integrando le
esperienze e le conoscenze che queste organizzazioni hanno acquisito, anche
grazie alla loro vicinanza con i destinatari dei servizi e con i territori in
generale. È necessario pertanto superare il meccanismo di mercato, di
separazione “contrattuale” fin qui di fatto mantenuto per orientarsi verso una co-produzione,
coinvolgendo la cittadinanza non solo nell’erogazione ma anche nel design e
nella gestione delle policies.
mercoledì 24 settembre 2014
ORGANIZZATO UN CONVEGNO SULLA CASA DELLA SALUTE A SABAUDIA
EX OSPEDALE DI SABAUDIA
Dopo i solleciti rivolti in questi anni all'amministrazione comunale ed alla ASL affinché fosse riqualificata l'assistenza sanitaria presso la struttura di via Conte Verde a Sabaudia, come molti ricorderanno ho promosso una raccolta di firme che è stata sottoscritta da circa mille persone.
Ora, sempre nell'ottica di attrarre l'attenzione sulla situazione della sanità locale, in qualità di componente del Consiglio direttivo dell' Istituto per gli Studi sui Servizi Sociali (ISTISSS) ho organizzato, presso il Teatro “Fiamme Gialle” del III Nucleo sportivo della Guardia di Finanza (angolo largo Giulio Cesare con viale Principe di Piemonte) il Convegno “Le case della salute e l’integrazione socio sanitaria”.Saranno approfondite le tematiche relative alla pianificazione e gestione di queste nuove strutture sanitarie e del ruolo che possono svolgere nell’ambito del miglioramento dell’integrazione socio-sanitaria con la creazione del punto unico di presa in carico dei pazienti, anche in considerazione della prossima approvazione della relativa legge regionale.
L’importanza di questi presìdi sanitari di prossimità è fondamentale per i disabili, i portatori di patologie croniche (diabete, BPCO, scompenso cardiaco, ipertensione) e gli anziani, ma anche per le donne e i bambini, per evitare loro spostamenti spesso molto disagevoli da un comune all’altro.
Oltre a numerose relazioni tenute da esperti della materia, tra i quali segnalo il Presidente della Commissione politiche sociali e salute del Consiglio regionale del Lazio Rodolfo Lena, il Direttore generale della ASL Latina dott. Michele Caporossi, il dott. Valentino Mantini dirigente regionale, il dott. Antonio Capodilupo dirigente della ASL; anche io terrò una relazione. Seguirà una tavola rotonda cui parteciperanno il Presidente dell’Ordine dei medici di Latina dott. Giovanni Maria Righetti la dirigente regionale dott.ssa Marinella d’Innocenzo, la dott.ssa Giuseppina Carreca Direttore del Distretto 2, il dott. Luigi Ardia Direttore del Distretto 3, il Segretario della FIMMG Latina dott. Giovanni Cirilli e la Coordinatrice regionale del Tribunale dei Diritti del Malato sig.ra Gianna Sangiorgi.
giovedì 4 settembre 2014
Sabato 6, nell'ambito della festa dell'Unità organizzata dal Circolo del Partito Democratico Priverno sono stato invitato ad un incontro per parlare della situazione della sanità locale e per formulare alcune proposte per migliorare l'attuale stato di cose.
Sono trascorsi 20 anni da quando il 30 giugno 1994 lasciai l'incarico di Commissario straordinario della USL LT4 (comprendente i Comuni di Bassiano, Sezze, Priverno, Sabaudia, Maenza, Prossedi, Roccagorga, Roccasecca dei Volsci e Sonnino ) per complessivi 80.000 abitanti . All'epoca i dipendenti erano 583 ed il bilancio annuo ammontava a circa 54 miliardi di Lire. Dopo le consegne formali al primo Direttore Generale della ASL (che non si fece neanche trovare all'appuntamento fissato da lui) inviai una relazione dettagliata all'Assessore regionale per la sanità Antonio Signore con lo stato dei servizi e gli interventi compiuti. All'epoca consegnai un ospedale in perfetta efficienza (con una manutenzione curata quotidianamente) e il centro Madonna delle Grazie, (con il centro di neuropsichiatria e i servizi amministrativi ecc.), il consultorio di Borgo Sant'Antonio , il centro diurno, ecc. tutti servizi funzionali alle esigenze della popolazione assistita.
I pazienti potevano ottene prestazioni di alto livello in strutture dotate di personale competente e per lo più del luogo, che si prodigava in maniera esemplare per i propri concittadini.
Alcuni problemi legati all'assistenza ai disabili dovuti a cavilli burocratici furono da me superati rapidamente riscuotendo i complimenti anche di esponenti politici.
Ho raccontato di aver fatto visita nei giorni scorsi al poco che è rimasto: l' ospedale chiuso e solo alcune attività ospitate al suo interno, il centro di Madonna delle Grazie distrutto da lavori abbandonati per problemi dovuti al finanziamento regionale con in funzione solo il servizio di neuropsichiatria infantile. Una situazione molto triste, in pochi anni si è passati da una situazione molto buona ad una assolutamente inadeguata a rispondere alle esigenze dei cittadini.
L'impegno posto da molti per costruire la sanità privernate è stato cancellato in pochi anni dalle scelte dissennate di alcuni presidenti della Regione e di taluni Direttori generali della ASL che hanno favorito strutture romane e latinensi anche private distruggendo la tradizione della sanità dei monti Lepini, con la conseguenza di non garantire più agli abitanti neanche i Livelli Essenziali di Assistenza e di aver evidenziato l'inadeguatezza delle strutture di pronto soccorso rimaste. Il problema è particolarmente sentito per i soggetti affetti da patologie croniche e dagli anzini, amche perché non tutti i medici ospedalieri applicano i protocolli per le cure condivise con i medici di famiglia (shared care)
Ma è ora di fare proposte concrete: per quanto riguarda l'ospedale ho proposto che a farsene carico debbano essere non solo la ASL, ma anche il Comune valutando la possibilità di realizzare al suo interno strutture sociali o socio assistenziali previste dalla L. 41/2003 come Case alloggio, Case Albergo, Case famiglia ecc. se non anche una RSA. Ho sollecitato il superamento dei problemi da parte della regione relativi ai lavori a Madonna delle Grazie per portare lì il Punto di Primo Intervento, la dialisi, l'attività ambulatoriale ecc. valutando anche la realizzazione, in prospettiva, di una casa della salute.
Se ne è parlato fino a tardi sotto i portici comunali insieme al nuovo Direttore Generale della ASL dott. Caporossi, al Consigliere Forte, al Segretario del Circolo dott. Baratta e alla dott.ssa Cicala.
Sono trascorsi 20 anni da quando il 30 giugno 1994 lasciai l'incarico di Commissario straordinario della USL LT4 (comprendente i Comuni di Bassiano, Sezze, Priverno, Sabaudia, Maenza, Prossedi, Roccagorga, Roccasecca dei Volsci e Sonnino ) per complessivi 80.000 abitanti . All'epoca i dipendenti erano 583 ed il bilancio annuo ammontava a circa 54 miliardi di Lire. Dopo le consegne formali al primo Direttore Generale della ASL (che non si fece neanche trovare all'appuntamento fissato da lui) inviai una relazione dettagliata all'Assessore regionale per la sanità Antonio Signore con lo stato dei servizi e gli interventi compiuti. All'epoca consegnai un ospedale in perfetta efficienza (con una manutenzione curata quotidianamente) e il centro Madonna delle Grazie, (con il centro di neuropsichiatria e i servizi amministrativi ecc.), il consultorio di Borgo Sant'Antonio , il centro diurno, ecc. tutti servizi funzionali alle esigenze della popolazione assistita.
I pazienti potevano ottene prestazioni di alto livello in strutture dotate di personale competente e per lo più del luogo, che si prodigava in maniera esemplare per i propri concittadini.
Alcuni problemi legati all'assistenza ai disabili dovuti a cavilli burocratici furono da me superati rapidamente riscuotendo i complimenti anche di esponenti politici.
Ho raccontato di aver fatto visita nei giorni scorsi al poco che è rimasto: l' ospedale chiuso e solo alcune attività ospitate al suo interno, il centro di Madonna delle Grazie distrutto da lavori abbandonati per problemi dovuti al finanziamento regionale con in funzione solo il servizio di neuropsichiatria infantile. Una situazione molto triste, in pochi anni si è passati da una situazione molto buona ad una assolutamente inadeguata a rispondere alle esigenze dei cittadini.
L'impegno posto da molti per costruire la sanità privernate è stato cancellato in pochi anni dalle scelte dissennate di alcuni presidenti della Regione e di taluni Direttori generali della ASL che hanno favorito strutture romane e latinensi anche private distruggendo la tradizione della sanità dei monti Lepini, con la conseguenza di non garantire più agli abitanti neanche i Livelli Essenziali di Assistenza e di aver evidenziato l'inadeguatezza delle strutture di pronto soccorso rimaste. Il problema è particolarmente sentito per i soggetti affetti da patologie croniche e dagli anzini, amche perché non tutti i medici ospedalieri applicano i protocolli per le cure condivise con i medici di famiglia (shared care)
Ma è ora di fare proposte concrete: per quanto riguarda l'ospedale ho proposto che a farsene carico debbano essere non solo la ASL, ma anche il Comune valutando la possibilità di realizzare al suo interno strutture sociali o socio assistenziali previste dalla L. 41/2003 come Case alloggio, Case Albergo, Case famiglia ecc. se non anche una RSA. Ho sollecitato il superamento dei problemi da parte della regione relativi ai lavori a Madonna delle Grazie per portare lì il Punto di Primo Intervento, la dialisi, l'attività ambulatoriale ecc. valutando anche la realizzazione, in prospettiva, di una casa della salute.
Se ne è parlato fino a tardi sotto i portici comunali insieme al nuovo Direttore Generale della ASL dott. Caporossi, al Consigliere Forte, al Segretario del Circolo dott. Baratta e alla dott.ssa Cicala.