domenica 30 giugno 2019

REGIONE LAZIO : LA TRASFORMAZIONE DELLE IPAB IN AZIENDE PUBBLICHE DI SERVIZI ALLA PERSONA


Con la pubblicazione della legge regionale del lazio n. 2/2019 viene avviato il processo di trasformazione in aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP), ovvero in persone giuridiche di diritto privato senza scopo di lucro, svolgenti attività di prevalente interesse pubblico delle IPAB
La legge è ispirata ai principi della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) e del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207 (Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) e successive modifiche, disciplina il riordino delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), con sede legale nel territorio del Lazio.
Le IPAB trasformate ai sensi della presente legge ed aventi lo scopo di fornire servizi socioassistenziali e sociosanitari conformano la propria attività ai principi e agli obiettivi della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11 (Sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della Regione Lazio) e successive modifiche, intervengono nelle fasi consultive e concertative della programmazione socioassistenziale e sociosanitaria a livello regionale e locale e concorrono a realizzare i servizi e gli interventi del sistema integrato sociale previsti dalla programmazione regionale e locale, anche mediante l’utilizzazione del proprio patrimonio immobiliare.
Le nuove ASP dovranno provvedere:
a)alla programmazione e alla gestione degli interventi previsti nei piani sociali di zona di cui all’articolo 48 della l.r. 11/2016, compresi quelli in favore delle persone con disabilità, nel rispetto dei diritti sanciti nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18;
b) alla realizzazione dei progetti e dei servizi di cui alla legge 28 agosto 1997, n. 285 (Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza) e successive modifiche;
c) alla istituzione e alla sperimentazione di servizi innovativi in ambito socioeducativo, socioassistenziale e sociosanitario, nonché di assistenza a soggetti in condizione di disagio sociale e a rischio di esclusione;
d) alle attività di recupero e riutilizzo a fini sociali dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136) e successive modifiche.
Al fine di promuovere l’effettivo inserimento delle ASP nel sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali ed assicurare l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, una quota pari ad euro 200.000,00 del fondo di cui all’articolo 25, comma 1, è destinata alla compartecipazione agli oneri IRAP relativi al personale impiegato dalle stesse, ai fini dell’erogazione delle prestazioni di cui al comma 3.
Gli enti locali possono prevedere finanziamenti alle ASP per il raggiungimento degli obiettivi di programmazione, anche concedendo agevolazioni contributive ovvero esenzioni sul pagamento dei tributi ed imposte eventualmente dovuti o altre misure volte ad agevolare il perseguimento delle finalità statutarie, nei limiti di quanto previsto dalla normativa statale.

venerdì 28 giugno 2019

IL NUOVO PIANO TRIENNALE PER LA DIGITALIZZAZIONE

L'AGID ha approvato di recente il nuovo Piano Triennale per l’informatica della Pubblica Amministrazione (Piano Triennale o Piano, d’ora in avanti) è uno strumento essenziale per promuovere la trasformazione digitale dell’amministrazione italiana e del Paese. Tale trasformazione deve avvenire nel contesto del mercato unico europeo di beni e servizi digitali 1, secondo una strategia che si propone di migliorare l'accesso online ai beni e servizi in tutta Europa per i consumatori e le imprese e creare un contesto favorevole affinché le reti e i servizi digitali possano svilupparsi per massimizzare il potenziale di crescita dell'economia digitale europea.
Le aspettative dei cittadini e delle imprese per l’accesso a servizi pubblici digitali semplici ed efficaci sono, in Italia, al centro del processo di trasformazione digitale che si trova delineato nella Strategia per la crescita digitale 2014 - 2020 e nel Piano Nazionale per la Banda Ultralarga, approvati dal Consiglio dei Ministri, nel rispetto dell’Accordo di partenariato 2014 - 2020. Queste iniziative nazionali accolgono la programmazione dell’Agenda digitale europea, una delle sette iniziative faro della Strategia Europa 2020, la quale si propone di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie ICT per favorire l’innovazione, la crescita economica e il progresso. Il Piano Triennale ne è una immediata derivazione.
La Strategia per la crescita digitale evidenzia la necessità di un radicale ripensamento della strategia di progettazione, gestione ed erogazione dei servizi pubblici in rete che preveda, tra l’altro, l’adozione delle architetture a più livelli (multi-layer architecture) e dei principi che hanno determinato l’affermazione del modello di business della cosiddetta API economy.
Il Modello strategico è stato quindi pensato per favorire la realizzazione di un vero e proprio Sistema informativo della Pubblica Amministrazione (di seguito “Sistema informativo della PA”) che:
● consideri le esigenze dei cittadini e delle imprese come punto di partenza per l’individuazione e la realizzazione di servizi digitali moderni e innovativi (servizi di front office);
● uniformi e razionalizzi le infrastrutture e i servizi informatici utilizzati dalla Pubblica amministrazione (servizi di back office);
● favorisca la creazione di un nuovo mercato per quelle imprese private che saranno in grado di operare in maniera agile in un contesto non più basato su grossi progetti monolitici e isolati ma su servizi a valore aggiunto. Tali servizi dovranno rispettare le linee guida del Piano Triennale, essere sempre disponibili su dispositivi mobili (approccio mobile first) e essere costruiti con architetture sicure, scalabili, altamente
affidabili e basate su interfacce applicative (API) chiaramente definite; ● valorizzi le risorse esistenti della Pubblica Amministrazione al fine di salvaguardare gli investimenti già realizzati, anche incoraggiando e creando le condizioni per il riuso del software e delle interfacce esistenti di qualità;
● non disperda le esperienze maturate nei precedenti progetti di digitalizzazione del Paese, con l’obiettivo di prendere a modello i casi di successo (best practice) e non ripetere errori commessi nel passato;
● migliori la sicurezza grazie ad un’architettura a più livelli che assicuri la separazione tra back end e front end e permetta l’accesso ai back end solo in modo controllato e tramite API standard;
● promuova la realizzazione di nuovi servizi secondo il principio di sussidiarietà (ad es. tramite interazioni API), riducendo tempi di realizzazione e impegni economici per le amministrazioni sia in fase di sviluppo sia in fase di aggiornamento;
● agevoli il controllo delle spese relative alle tecnologie digitali della Pubblica amministrazione, integrando meccanismi per la misurazione dello stato di avanzamento delle attività programmate (ad es. tramite sistemi di project management condivisi);
● abiliti politiche data-driven per la pianificazione delle attività future, basate sull’ottimizzazione delle spese e degli investimenti.

NON SI PUO' GUIDARE UNA AZIENDA SANITARIA DI GRANDI DIMENSIONI SENZA UN CRUSCOTTO

Le Aziende sanitarie oggi gestiscono centinaia di milioni di euro; l’adozione di strumenti e soluzioni analitiche per il monitoraggio rappresenta una delle strade che le amministrazioni devono percorrere sapendo che grazie ad esse si otterrà un radicale cambiamento di mentalità e nei modelli organizzativi. 
Lo strumento più utilizzato è rappresentato dal cruscotto direzionale che consente di raccogliere e di trasformare i dati provenienti da più fonti visualizzandoli in forma grafica per ottenere la misurazione della performance e permettere alle aziende ospedaliere e territoriali di tenere sotto controllo le variabili fondamentali per capire se si sta andando nella direzione giusta. 
Importante è la metodologia di costruzione del cruscotto e la messa a punto degli indicatori da utilizzare che dovranno possibilmente coprire tutti i Livelli Essenziali di Assistenza (prevenzione, cura, riabilitazione) dei dati del Programma Nazionale Esiti, delle Linee progettuali, delle prestazioni (DRG, specialistica, ecc.) e dei relativi costi, delle entrate, ma anche dei consumi, delle liste di attesa, ecc.

mercoledì 26 giugno 2019

LA CASSAZIONE PENALE CONFERMA LA VALIDITà DELLA DIRETTIVA BOLKESTEIN E LA SUA PIENA APPLICABILITA'

Una recentissima e interessante sentenza della Cassazione Penale sez. III n. 25993/2019 ricorda che come rilevato dalla Corte Costituzionale (sent. 213, 18 luglio 2011) nel valutare la legittimità costituzionale di alcune disposizioni regionali in tema di proroga automatica di concessioni demaniali, il menzionato D.L. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, ha "carattere transitorio in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento, sulla base di una intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato - Regioni, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui al citato art. 37, comma 2, cod. nav.
La finalità del legislatore è stata, dunque, quella di rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e di consentire ai titolari di stabilimenti balneari di completare l'ammortamento degli investimenti nelle more del riordino della materia, da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni". Logico corollario di tale impostazione è che le disposizioni ex lege 194 del 2009 si riferiscono esclusivamente alle concessioni nuove, ovvero a quelle sorte dopo la legge 88 del 2001, e comunque valide a prescindere dalla proroga automatica di cui al D.L. 400 del 1993, come modificato dalla L. 88 del 2001, introdotta nel 1993 ed abrogata nel 2001. Una diversa ed inammissibile interpretazione porterebbe a ritenere che il legislatore abbia abrogato espressamente la disciplina della proroga automatica introdotta nel 1993, in quanto in contrasto con la normativa europea, salvaguardandone comunque gli effetti e, in tal modo, operando in contrasto con la disciplina comunitaria (Sez.3, n.29763 del 26/03/2014, Rv.260108).
E' stato affermato già dalla Corte di Cassazione  che la proroga legale dei termini di durata delle concessioni demaniali marittime - prevista sino al 31.12.2020 dall'art. 1, comma 18, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 e successive modifiche - non opera automaticamente, presupponendo un'espressa richiesta da parte del soggetto interessato al fine di consentire la verifica, da parte della autorità competente, dei requisiti richiesti per il rilascio del rinnovo. Ed infatti la proroga è applicabile soltanto ad alcune tipologie di concessione, circostanza che impone una verifica da parte della competente amministrazione sul rilievo che la proroga, riguardando una concessione valida ed ancora in essere, presuppone un controllo circa la sussistenza di tale condizione e la permanenza dei requisiti richiesti per il suo rilascio, il che implica, ancora una volta, l'esigenza di una verifica (Sez.3, n.33170 del 09/04/2013, dep.31/07/2013, Rv.257261).
Successivamente, il Tar Lombardia e il Tar Sardegna hanno sottoposto alla Corte di Giustizia Europea il quesito pregiudiziale della compatibilità dell'articolo 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 con l'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva Bolkestein),
nonché con gli articoli 49, 56 e 106 TFUE.
La Corte di Giustizia (CGUE, sentenza 14 luglio 2016, pronunciata nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15), ha definito la questione esprimendo inequivocabilmente il principio secondo il quale le concessioni demaniali marittime non possono essere automaticamente rinnovate; una siffatta procedura contrasterebbe con il principio della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56 e 106 del TFUE. Inoltre, a parere della Corte, l'art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva Bolkestein) stabilisce che il rilascio delle concessioni demaniali marittime e lacuali deve necessariamente avvenire attraverso una gara pubblica che consenta a tutti gli operatori economici di inserirsi nel mercato. Da quanto precede risulta che l'articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati. 
Ed ancora, sulla base dell'art. 49 del TFUE, la Corte precisa che, ove tali concessioni presentino un interesse transfrontaliero certo, una proroga automatica un'impresa con sede in uno Stato delle concessioni demaniali marittime della sentenza della Corte di giustizia europea del 14 luglio 2016,  costituisce una disparità di trattamento nei confronti delle altre imprese collocate in altri Stati ed interessate al settore.
A seguito della predetta sentenza della CGUE, il legislatore nazionale è intervenuto con il d.l. 24 giugno 2016, n. 113, conv. con modd. in legge 7 agosto 2016, n. 160 7 (recante: «Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio»), che, in applicazione di quanto previsto dal precedente punto c) della
sentenza CGUE dianzi richiamata, ha previsto all'art. 24, co. 3-septies, che "Nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione europea, per garantire certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare l'interesse pubblico all'ordinata gestione del demanio senza soluzione
di continuità, conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25". 
La Corte ha, quindi, precisato che la legge del 2016 si è limitata a stabilire che ".... conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25". Ed è stato ribadito che: il
logico corollario di tale impostazione è che le disposizioni ex lege 194 del 2009 si riferiscono esclusivamente alle concessioni nuove, ovvero a quelle sorte dopo la legge 88 del 2001, e comunque valide a prescindere dalla proroga automatica di cui al D.L. 400 del 1993, come modificato dalla L. 88 del 2001, introdotta nel 1993 ed abrogata nel 2001; le normative che prevedono la proroga automatica delle concessioni sino al 31 dicembre 2020 richiedono una espressa istanza da parte del concessionario ed un provvedimento espresso da parte del Comune previa necessaria verifica, non solo della esistenza a monte di un titolo valido / ma anche del permanere dei requisiti in capo al concessionario.
E' stato, conseguentemente, affermato che va disapplicata la normativa di cui all'art. 24, corpma 3-septies, d.l. 24 giugno 2016, n. 113, conv. in I. 7 agosto lar4d 2016, n. 160, try~ la stessa, stabilizzando gli effetti della proroga automatica delle concessioni demaniali marittime prevista dall'art. 1, comma 18, d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, conv. in legge 26 febbraio 2010, n. 25, contrasta con l'art. 12, par. 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 (c.d. direttiva Bolkestein) e, comunque, con l'articolo 49 TFUE. (Sez.3, n.21281 del 16/03/2018, Rv.273222, cit).
Nella specie, la concessione è stata rilasciata all'indagato nell'anno 1998 e risulta scaduta in data 31.12.2009, senza che il titolo concessorio fosse stato oggetto di legittime proroghe tacite, escluse dalla normativa vigente in materia, ed il Collegio cautelare, nel decidere la quaestio iuris, non si è uniformat9ai principi suesposti reiteratamente affermati da questa Corte.
Né può porsi una questione di applicazione in malam partem della normativa comunitaria, non potendosi ipotizzare né una violazione del principio di legalità, non vertendosi in ipotesi di introduzione di una fattispecie criminosa non prevista, né di tassatività, essendo la norma penale incriminatrice completa nei suoi aspetti essenziali.

martedì 25 giugno 2019

MINACCE NEL PARCO NAZIONALE DEL CIRCEO



La notizia appresa ieri mattina dalla stampa pontina circa il ritrovamento di taniche di benzina e di una busta indirizzata al Comandante dei Carabinieri Forestali del Parco davanti alla porta d'ingresso degli uffici della direzione dell'Ente Parco mi ha colpito profondamente.
Si tratta di un fatto gravissimo che lancia ombre preoccupanti su una comunità peraltro tranquilla e che offende profondamente sia il Direttore Cassola che i suoi collaboratori i quali quotidianamente con grande professionalità mettono a disposizione della cittadinanza e dei turisti la loro esperienza amministrando l'ente con equilibrio e con quella prudenza che la stessa Unione Europea raccomanda a tutti coloro i quali si occupano di ambiente.
Essendo stato oggetto anche io di minacce quando ero in Comune posso comprendere benissimo lo stato in cui si trovano gli amici che lavorano al Parco.
Appare strano che la busta e le taniche, ancorché indirizzate dal Comandante dei Carabinieri Forestale di Sabaudia siano stati invece posizionati presso il locali della direzione del Parco anche perché si trovano solo sul lato opposto della strada, a meno che si volesse mandare un messaggio a qualcuno.
Questo Parco per anni abusato ed odiato da alcuni che avrebbero voluto trasformare un Sito di Interesse Comunitario come la "Duna del Circeo" in un paradiso di alberghi come Rimini o Riccione è stato per anni difeso a tutti i livelli anche se non mancano ancora elementi che destano perplessità come la mancata nomina del nuovo Presidente (a causa del mancato voto delle commissioni competenti del Parlamento) e il ritardo dell'approvazione del Piano del Parco e del relativo Regolamento, atti questi indispensabili per   poter amministrare in maniera appropriata le eccezionali risorse che questo territorio ci offre e che potrebbero portare lavoro durevole a molti.
La politica, quella vera, oltre ad assicurare al più presto alla giustizia i responsabili di questo fatto orribile che rappresenta una minaccia a pubblici ufficiali sanzionabile in base al codice penale, dovranno dimostrare di essere dalla parte giusta rimboccandosi le maniche e provvedendo tutti, al più presto a fare in modo che sia nominato il nuovo Presidente del Parco (e in questo leggo positivamente la visita che ha fatto questa mattina lo stesso Ministro dell'Ambiente Costa e quanto da lui dichiarato:: "Si tratta di un gesto criminale, compiuto con l’obiettivo di condizionare chi ogni giorno lavora e lotta per la tutela della legalità e dell’ambiente in una zona sotto attacco del malaffare e degli appetiti criminali". 
E' urgente anche che venga approvato il Piano del parco dalla regione Lazio (non bastano le dimostrazioni di solidarietà sui giornali fate da molti), qui i cittadini vogliono fatti.
Solo così si dimostrerà che la legalità è ancora presente e verrà dato un segnale chiaro e forte che esiste una ferma volontà di difendere a tutti i costi il nostro Parco e la serenità di chi ci lavora.

domenica 23 giugno 2019

IL CREA SANITA PRESENTA LA MISURA DELLA PERFORMANCE DEI SSR

L'11 luglio il Consorzio per la ricerca economica applicata in sanità CREA dell'università degli studi Tor Vergata terrà a ROMA l’evento di presentazione dei risultati della VII edizione del progetto “La misura della Performance dei SSR presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica, Piazza della Minerva, 38, dalle ore 10 alle 13:30.
Nella VII edizione del Progetto l’expert panel conta 96 componenti afferenti a 5 categorie di stakeholder, affiancati da quattro supervisor.

CRESCE L'ATTENZIONE SUL PROBLEMA DELLA CRONICITA'

Secondo l'Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane dell'Università Cattolica le malattie croniche l’anno scorso hanno interessato quasi il 40% della popolazione del Belpaese, cioè 24 milioni di italiani dei quali 12,5 milioni hanno multi-cronicità. Le proiezioni della cronicità indicano che tra 10 anni, nel 2028, il numero di malati cronici salirà a 25 milioni, mentre i multi-cronici saranno 14 milioni. 
La patologia cronica più frequente sarà l’ipertensione, con quasi 12 milioni di persone affette nel 2028, mentre l’artrosi/artrite interesserà 11 milioni di italiani; per entrambe le patologie ci si attende 1 milione di malati in più rispetto al 2017. 
Tra 10 anni le persone affette da osteoporosi, invece, saranno 5,3 milioni, 500 mila in più rispetto al 2017. Inoltre, gli italiani affetti da diabete saranno 3,6 milioni, mentre i malati di cuore 2,7 milioni . 
Quanto alle diverse fasce della popolazione, nel 2028, tra la popolazione della classe di età 45-74 anni, gli ipertesi saranno 7 milioni, quelli affetti da artrosi/artrite 6 milioni, i malati di osteoporosi 2,6 milioni, i malati di diabete circa 2 milioni e i malati di cuore più di 1 milione. 
Inoltre, tra gli italiani ultra 75enni 4 milioni saranno affetti da ipertensione o artrosi/artrite, 2,5 milioni da osteoporosi, 1,5 milioni da diabete e 1,3 milioni da patologie cardiache.
Sempre secondo l'Ossevatorio il problema della cronicità rappresenta una sfida molto importante per il futuro di tutte le popolazioni mondiali poiché, come dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le malattie croniche sono “problemi di salute che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi” e richiederanno l’impegno di circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale. La prevalenza di cronici, cioè il numero di malati di patologie croniche, è in costante e progressiva crescita, con conseguente impegno di risorse sanitarie, economiche e sociali. L’aumento di questo fenomeno è connesso a differenti fattori come l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della sopravvivenza dovuti al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, al mutamento delle condizioni economiche e sociali, agli stili di vita, all’ambiente e alle nuove terapie.

LA MOBILITA' SANITARIA PASSIVA DELLA REGIONE LAZIO E' MOLTO SUPERIORE A QUELLA ATTIVA.

Fu il presidente della regione Lazio Santarelli a battersi perché fosse introdotto il sistema della compensazione interregionale sulla mobilità.
Ma allora il Lazio aveva tutto da guadagnare.  
Come si vede dal grafico dell'Osservatorio GIMBE relativo all'anno 2017 la regione Lazio pur avendo una mobilità attiva di € 354.851.393 ne ha una passiva di € 644.026.737 ottenendo così un risultato negativo.
Più che i giudizi politici penso che contino quelli dei pazienti.

LA CONFERENZA STATO REGIONI HA RAGGIUNTO UNA NUOVA INTESA SULLA MOBILITA' SANITARIA INTERREGIONALE

Il SSN garantisce ai cittadini l’assistenza sanitaria presso le aziende sanitarie locali di residenza, tuttavia chiunque ha diritto a curarsi anche in strutture diverse da quello di residenza o di iscrizione al SSN. 
La mobilità può avvenire presso un’azienda della stessa regione e in questo caso sarà la amministrazione regionale a compensare la spesa, ovvero riguardare strutture di un’azienda di un’altra regione. 
Con il finanziamento dei Servizi Sanitari Regionali basato su un modello di allocazione territoriale delle risorse con l’attribuzione di quote pro capite per ciascun cittadino residente e con il finanziamento delle strutture erogatrici con corrispettivi unitari per ciascuna prestazione, si è posta la necessità di compensare i costi sostenuti per prestazioni ricomprese nei livelli Essenziali di Assistenza nazionali (LEA), rese a cittadini in ambiti regionali diversi da quelli che hanno ottenuto il finanziamento pro capite. 
Abbiamo essenzialmente due tipi di mobilità: 
- mobilità attiva: identifica le prestazioni sanitarie offerte a cittadini non residenti ed esprime l’indice di attrazione di una Regione; 
- mobilità passiva: identifica le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini al di fuori della Regione di residenza ed esprime l’indice di fuga da una Regione. 
Allo scopo di definire un accordo per la compensazione della mobilità interregionale in data 20 giugno 2019 la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ha sancito che le prestazioni regolate siano le seguenti: 
  • Ricoveri ospedalieri e day hospital, 
  • Medicina generale 
  • Specialistica ambulatoriale 
  • Farmaceutica 
  • Cure termali 
  • Somministrazione diretta di farmaci 
  • Trasporti con ambulanza ed elisoccorso 
Le altre attività non riportate nell’accordo devono essere addebitate tramite fatturazione diretta.

sabato 22 giugno 2019

LA DISCIPLINA DEGLI INFORMATORI SCIENTIFICI DEL FARMACO

Quanti di noi si sono sentiti disturbati venendo scavalcati mentre erano in attesa di una visita dal loro medico di base da un informatore farmaceutico? 
Molti non sanno che esiste una normativa ben precisa.
In primo luogo esiste un codice deontologico che gli informatori scientifici del farmaco (ISF) sono tenuti a rispettare.
Quasi tutte le regioni, nel rispetto del comma 21 dell’art. 48 della legge 326/2003 e ai sensi del D.lgs 219/2006 hanno adottato una normativa per disciplinare:
a) caratteristiche del tesserino di riconoscimento degli ISF;
b) le modalità della pubblicità presso i medici, gli operatori sanitari e i farmacisti;
c) la consegna di campioni gratuiti;
d) la concessione di prodotti promozionali di valore trascurabile,
e) la definizione delle modalità con cui gli operatori del SSN comunicano alla regione la partecipazione ad iniziative promosse da aziende farmaceutiche e da aziende fornitrici di dispositivi medici per il SSN.
La Regione Lazio una adottato un proprio regolamento con DCA  U0098 del 6 dicembre 2010.
Molta importanza è data alle modalità di svolgimento dell’attività di informazione scientifica sul farmaco 
- all’interno delle strutture sanitarie pubbliche che deve rispettare una serie di principi e svolgersi solo in locali (con esclusione dei reparti di ricovero, di degenza, dei blocchi operatori, delle stanze di diagnostica e degli ambulatori specialistici) e orari stabiliti dall’azienda;
- presso gli ambulatori dei MMG e PLS che deve avvenire in appositi orari , preferibilmente al di fuori dell’orario di ricevimento dei pazienti
E’ fatto assoluto divieto per tutti gli ISF di concedere, offrire o promettere premi, vantaggi pecuniari o in natura, salvo che siano di valore trascurabile e siano comunque collegabili alla attività espletata dal medico e/o dal farmacista. 13.2- La quantificazione del predetto valore trascurabile è fissata in un massimo di euro 20,00 (venti) anno per l’Azienda farmaceutica per singolo medico o farmacista.
Gli operatori sanitari della AUSL VT che partecipano a iniziative varie, convegni, eventi ECM etc. (in qualità di relatori, ospiti etc.) promossi o finanziati da Aziende farmaceutiche, devono informare preventivamente la direzione aziendale.
Le direzioni sanitarie degli ospedali e dei Distretti sono tenute a vigilare.
Se qualche cittadino/paziente/utente riscontra qualche problema lo deve segnalare alla direzione sanitaria competente.

venerdì 21 giugno 2019

IN CONSULTAZIONE LE NUOVE LINEE GUIDA DELL'ANAC SULL'AFFIDAMENTO DEI SERVIZI SOCIALI

L'ANAC ha posto in consultazione le nuove Linee guida recanti indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali.
Nello svolgimento dell’attività istituzionale di competenza dell’Autorità sono emerse problematiche che presuppongono l’individuazione della disciplina applicabile agli affidamenti di servizi sociali all’esito del nuovo quadro normativo delineatosi a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016, del decreto correttivo 56/2017 e del codice del Terzo settore.
La delicatezza della materia, che per alcune tipologie di attività sottende rilevanti interessi economici, ha suggerito l’opportunità di un intervento chiarificatore dell’Autorità con l’aggiornamento della delibera n. 32/2016 recante «Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali». Il presente documento di consultazione è stato elaborato all’esito della preventiva acquisizione del parere del Consiglio di Stato, con l’obiettivo di definire un quadro d’insieme chiaro e coerente, individuando le diverse modalità di affidamento dei servizi sociali a disposizione delle stazioni appaltanti e delineando i tratti caratteristici e gli ambiti applicativi di ciascun istituto. Lo schema di linee guida tiene conto della particolarità della materia, che coinvolge, nella maggior parte dei casi, interessi primari riferiti a soggetti in condizioni di difficoltà e, in generale, a fasce particolarmente deboli della collettività. Inoltre, il documento considera le finalità solidaristiche degli Enti del Terzo settore e la necessità di favorire l’attuazione del principio costituzionalmente garantito di sussidiarietà. In particolare, il coordinamento delle diverse disposizioni vigenti nei due ambiti di interesse (servizi sociali e contratti pubblici) è avvenuta nel rispetto delle peculiarità dei soggetti coinvolti, con la massima attenzione alla garanzia di un equo contemperamento tra le esigenze di solidarietà sociale e quelle di trasparenza, imparzialità, parità di trattamento, economicità, efficacia, proporzionalità e pubblicità proprie dei procedimenti ad evidenza pubblica. 
Gli Stakeholder interessati sono invitati a far pervenire i loro contributi entro il 5 luglio 2019 alle ore 24:00.

giovedì 20 giugno 2019

IL RAPPORTO 2019 DELL'ISTAT

Ieri 20 giugno, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha illustrato il ‘Rapporto annuale 2019 – La situazione del Paese’.
La ventisettesima edizione del Rapporto propone come chiave di lettura quella dell’interazione tra dotazioni di risorse, fragilità, resilienza del “Sistema Italia” e opportunità per creare una crescita robusta, inclusiva e sostenibile. Si tratta di una chiave di lettura ampia, in grado di valorizzare diversi tematismi e il complesso dell’informazione statistica disponibile.
Più in particolare, vengono approfondite le caratteristiche dello sviluppo recente dell’economia e della società, le dimensioni e la qualità delle risorse naturali e produttive del Paese, le tendenze demografiche e i percorsi di vita, il capitale umano e il potenziale di sviluppo del mercato del lavoro, con una proposta originale di lettura integrata degli aspetti di competitività e crescita e di quelli relativi al benessere, all’equità e alla sostenibilità.
Secondo il presidente Blangiardo "sul fronte demografico, il bilancio del 2018 conferma le tendenze degli ultimi anni, fortemente caratterizzate dal calo delle nascite, dall’invecchiamento della popolazione e, a partire dal 2015, da una perdita di residenti. Le proiezioni dell’Istat per il futuro accreditano come altamente verosimile la prospettiva di un’ulteriore riduzione di popolazione residente nei prossimi decenni. In tal senso si prevede un primo leggero ridimensionamento, da 60,4 a 60,3 milioni di abitanti tra il 2019 e il 2030, per poi subire un calo ben più accentuato che porterebbe la popolazione nel 2050 a 58,2 milioni, con una perdita complessiva di 2,2 milioni di residenti rispetto a oggi. D’altra parte non va dimenticato che i meccanismi demografici che sottendono un’ipotesi di regresso numerico – riduzione della consistenza delle coorti di donne in età feconda (con la conseguente contrazione delle nascite) e progressivo invecchiamento della popolazione (con l’inevitabile incremento dei decessi) – sono già largamente impliciti nella struttura per età di oggi. Basti pensare che le generazioni del baby boom degli anni ’60 sono ormai sostanzialmente uscite dall’intervallo delle età riproduttive e si accingono a entrare nella così detta “terza età”. Tale passaggio, destinato a combinarsi col persistere delle tendenze all’allungamento della sopravvivenza e al calo della natalità – due fenomeni cui si dirà tra breve – si configura come una determinante fondamentale nel dar vita al massiccio invecchiamento demografico che si affaccia incombente nel futuro della popolazione italiana. Le proiezioni Istat prevedono che nel 2050 la quota di ultra65enni sul totale della popolazione potrebbe ulteriormente aumentare rispetto al livello del 2018 (pari al 23 per cento) tra 9 e 14 punti percentuali, secondo ipotesi più o meno ottimistiche. Alla stessa data, la percentuale di popolazione di età 0-14 anni potrebbe mantenersi, nel migliore dei casi, attorno al livello attuale (13,5 per cento), ma anche scendere al 10,2 per cento nello scenario meno Sintesi 7 favorevole. In parallelo, la quota dei 15-64enni sembra verosimilmente destinata a ridursi al 54,2 per cento del totale, con un calo di circa dieci punti percentuali che equivale a oltre 6 milioni di persone in età da lavoro in meno rispetto a oggi.
Questi cambiamenti, in assenza di significative misure di contrasto, potrebbero determinare ricadute negative sul potenziale di crescita economica, con impatti rilevanti sull’organizzazione dei processi produttivi e sulla struttura e la qualità del capitale umano disponibile; non mancherebbero altresì di influenzare la consistenza e la composizione dei consumi delle famiglie, con il rischio di agire da freno alla domanda di beni e servizi. L’accentuarsi dell’invecchiamento demografico comporterebbe, inoltre, effetti significativi sul livello e sulla struttura della spesa per il welfare: con pensioni e sanità decisamente in prima linea, pur mettendo in conto che gli anziani di domani saranno in migliori condizioni di salute e di autonomia funzionale. 

QUASI IL 90% DI ESENZIONI DAL REDDITO SAREBBERO ILLECITE SECONDO LA GUARDIA DI FINANZA

Oggi si celebra il 245° anniversario della fondazione del corpo della Guardia di finanza.
In questa occasione il Comandante generale Zanfrana ha denunciato come quasi il 90% delle esenzioni per reddito sarebbero illecite con un danno erariale rilevante.
Attraverso false autocertificazioni hanno dichiarato redditi esigui o inesistenti, così da beneficiare dell’esonero del ticket per prestazioni farmaceutiche, medico specialistiche e assistenziali. Secondo le stime ci sarebbe un tasso di irregolarità pari all’88,9%.
Le aziende sanitarie dovrebbero fare accertamenti come è loro dovere ma spesso lo dimenticano.
A questo naturalmente si aggiungono le frodi negli appalti pubblici ed altri danni erariali per un totale di sei miliardi di euro.
Grazie all'impegno della Guardia di Finanza vengono accertati moltissimi reati, ma purtroppo altri rimangono impuniti. 

martedì 18 giugno 2019

IL COMUNE DI SABAUDIA HA UN NUOVO REGOLAMENTO PER LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE

All'albo pretorio del Comune di Sabaudia è stata pubblicata in questi giorni la deliberazione della giunta comunale n 116 dell'11 giugno scorso con la quale è stato approvato il "Regolamento per la misurazione e la valutazione della performance dell'ente, della dirigenza e del comparto.
Si tratta di un atto importante e necessario anche per elevare la qualità del sistema di valutazione specialmente del personale e per contribuire alla crescita professionale complessiva dell'ente.
L'art. 3 stabilisce che i soggetti che intervengono nel processo di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale sono:
1) Il Sindaco
2) La Giunta
3) Il Nucleo di Valutazione (ma a Sabaudia non è stato istituito l'OIV ? In molti punti ritorna il riferimento al Nucleo anziché all'OIV)
4) I dirigenti e le P.O.
5) i cittadini/utenti e le loro associazioni (per la customer satisfaction)
Si tratta senza dubbio di un passo importante perché finalmente i cittadini sono chiamati nella stanza dei bottoni.
Tuttavia, dopo questa enunciazione di principio viene affrontato il problema delle modalità con cui i cittadini possono partecipare alla valutazione della performance solamente all'art. 13 facendo riferimento al DL 74/2017 ma senza far riferimento alle modalità concrete.
Forse sarebbe stato più opportuno sviluppare un poco di più questo argomento trattandosi del regolamento di un Comune (che è l'ente di prossimità per eccellenza) e non di un ministero.
Sarebbe stato anche utile prevedere un modello per la partecipazione dei cittadini.

lunedì 17 giugno 2019

LATINA MAGLIA NERA DELLE ASL: SOLO IL 67,5% RISPETTA I TEMPI PREVISTI. IL MINISTRO GRILLO CHIEDE NOTIZIE AGLI ASSESSORI REGIONALI SULLO STATO DELLE LISTE DI ATTESA.

ASL LATINA - MONITORAGGIO TEMPI D'ATTESA SPECIALISTICA
DATI RELATIVI ALLE ULTIME 5 SETTIMANE
Stanca dei ritardi di alcune regioni sul problema delle liste di attesa il Ministro Grillo in data 14 giugno scorso ha inviato una circolare a tutti gli assessori alla sanità delle regioni. che ha per oggetto" Aggiornamento Piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA) - Richiesta elementi informativi".
"La gestione delle liste di attesa richiede interventi sinergici con tutti gli attori del SSN al fine di promuovere la capacità di intercettare tempestivamente il reale bisogno di salute, di ridurre l’inappropriatezza e di garantire la tempestività e l’efficacia dei LEA.
In tal senso sono in atto i lavori per il nuovo Piano Nazionale per il governo Liste d’attesa che fornirà indirizzi per dare una risposta efficace alle criticità riscontrate in questi anni sul territorio
nazionale e consentire a tutti i cittadini l’accesso alle prestazioni nei tempi appropriati. Inoltre per assicurare il diritto di libera scelta del cittadino è altresì indispensabile garantire il controllo dell’attività Libero professionale intramuraria.
Affinché tale documento contribuisca a dare risposte concrete ai cittadini è necessario avere piena conoscenza del governo del fenomeno a livello regionale.
Si chiede pertanto di conoscere, con riferimento all’annualità 2017:
  • Se tutte le prestazioni da rendere in attività istituzionale sono effettivamente prenotate attraverso il Centro Unico di Prenotazione (CUP), e se allo stesso fanno capo tutte le “agende” delle strutture sanitarie pubbliche e delle strutture private accreditate; laddove non tutte le prestazioni vengano prenotate tramite il CUP, quale sia il numero di quelle prenotate attraverso il CUP, nonché il numero totale di tutte le prestazioni erogate, ad eccezione di quelle ad accesso diretto;
  • Qualora con l’ordinaria offerta aziendale non vengano garantite le prestazioni nei tempi massimi di attesa individuati dal Piano regionale di governo delle liste d’attesa (PRGLA), quali misure sono previste, senza oneri aggiuntivi a carico degli assistiti, se non quelli dovuti come eventuale quota di partecipazione, e se tali misure vengono effettivamente applicate, secondo quanto previsto dal PNGLA 2010 – 2012;
  • quali iniziative sono state adottate per garantire un’adeguata conoscenza a tutti i cittadini delle attività e delle modalità di accesso alla prenotazione delle prestazioni;
  • Quali sono le modalità e i criteri individuati nei piani previsti dall’articolo 1, comma 5, della legge n. 120 del 2007 e s.m., per la determinazione dei volumi di attività istituzionale e i volumi di attività libero professionale intramuraria, con riferimento alle singole unità operative, al fine di garantire, da un lato, il rispetto dei tempi massimi di attesa e dall’altro il principio della libera scelta del cittadino;
  • Se sono state stabilite le modalità di verifica dello svolgimento dell’ALPI previste dall’Accordo Stato Regioni 198 del 18 novembre 2010; nelle regioni in cui l’Organismo paritetico regionale previsto dall’articolo 3, comma 3, del medesimo Accordo non sia stato istituito, ovvero lo stesso non risulti pienamente funzionante, quali ne siano le ragioni;
  • Se sono stati attivati strumenti di controllo per verificare che tutte le prestazioni erogate in ALPI siano effettivamente prenotate attraverso l’infrastruttura di rete prevista dall’articolo 1, comma 4, lett. a bis) della legge n. 120 del 2007 e s.m.
Voglio sperare che gli assessori rispondano tempestivamente e che le risposte siano pubblicate al fine di mettere in condizione i cittadini di sapere come stanno effettivamente le cose.
Per quanto riguarda ad esempio la provincia di Latina è l'ultima nel Lazio con una percentuale di risposta entro i tempi previsti del  54,5% per la diagnostica e del 74,8% per le visite. Dati molto scarsi.

IL SISTEMA DI EMERGENZA

Il Presidente nazionale del sindacato CIMO Guido Quici in un suo recente intervento ha condiviso la proposta  del Presidente Nazionale del Sis 118, Mario Balzanelli, che ha rivolto un  appello al Ministro della Sanità per una riforma legislativa del 118 nazionale ed ha scritto anch'egli una lettera al Ministro della salute.
Secondo Quici la rete dell’emergenza-urgenza deve essere messa a sistema a livello nazionale con standard che garantiscano, da nord a sud, unʼadeguata assistenza ed è  necessario un finanziamento ad hoc che non sia residuale ed è questo il motivo per il quale il sistema di emergenza-urgenza deve diventare il terzo pilastro della sanità a fianco della realtà ospedaliera e di quella territoriale, con il giusto riconoscimento del ruolo del personale medico costretto ad operare in condizioni difficilissime”.
A fare le spese di questa situazione sono i cittadini (con meno posti letto, con più liste di attesa, con strutture spesso fatiscenti e soprattutto con aspettative di vita e salute differenti da regione a regione) e il personale medico (in attesa di un adeguamento contrattuale da quasi 10 anni, demotivato dalle mancate riforme, meno sicuro sul lavoro). 
Sempre secondo Quici occorre mettere mano a errori macroscopici fatti nel recente passato con la riduzione delle centrali operative, l’insufficienza di personale medico a bordo delle ambulanze e la regionalizzazione dei servizi e, dall’altra, di evitare un approccio miope che non si accorge che la rete unica di emergenza-urgenza può diventare in breve tempo un salvagente 'strutturale' per la sostenibilità dei servizi ospedalieri e la sanità territoriale, quest’ultima poi da riconfigurare soprattutto per quanto riguarda il controllo di gestione”.
Infine è indispensabile - aggiunge Quici -  intervenire legislativamente per stabilire che nei Lea anche nell’emergenza-urgenza deve assumere pari dignità. 
Servirà un capitolo ad hoc nel finanziamento del Ssn, che rappresenti un vero e importante terzo pilastro del sistema sanitario nazionale per rendere sostenibile un’architettura oggi malamente strutturata tra sanità ospedaliera e territoriale. 
Nell'ambito dei LEA viene già rilevato il costo dell'Emergenza Sanitaria Territoriale (EST), ecco che appare importante far emergere questo costo e garantire un finanziamento ad hoc.

sabato 15 giugno 2019

PROVINCIA DI LATINA GRAVISSIMI DANNI ALL'AMBIENTE: L'INTERVENTO DEI NOE E L'INADEGUATEZZA DEI CONTROLLI DI ASL E COMUNI

NOE ARMA DEI CARABINIERI  OPERAZIONE SMOKING FIELDS 
Recenti fatti di cronaca nella provincia di Latina hanno dimostrato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che per alcuni soggetti quello dei rifiuti è un vero e proprio affare gestito senza alcun rispetto per l’ambiente anche grazie alla scarsezza dei controlli.
Nel magistrale film "Lucky Luciano" Francesco Rosi mette in bocca al protagonista, in occasione di una visita a Napoli invasa dai rifiuti, la famosa frase "Chist'è business". Il film è del 1973, ma da allora non sembra che sia cambiato nulla.
La materia com'è noto è di competenza dell'Azienda sanitaria che ai sensi dall'art. 2 della legge 833/78 ha tra gli obiettivi quello della promozione e salvaguardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di vita e di lavoro.
Naturalmente l'azienda sanitaria dovrebbe fare i prelievi affidando le analisi all'ARPA locale.
Anche i Comuni dovrebbero fare la loro parte sia per quanto riguarda gli aspetti urbanistici difendendo il loro territorio dall'insediamento di impianti pericolosi, sia emanando regole precise (una proposta di regolamento comunale da me predisposto per il Comune di Sabaudia non è stato mai approvato).
Ecco che invece, ancora una volta sono dovute intervenire le Forze dell'Ordine: in questo caso i Carabinieri del NOE.
Come si può capire dalle cronache la salubrità dell'ambiente di larghe parti del territorio di questa provincia è stata fortemente compromessa.
Per anni lo Stato ha abdicato (salvo rare eccezioni) lasciando in mano ai privati la gestione di gran parte del ciclo dei rifiuti e del territorio.
Il suolo in molte zone è inquinato e così le acque superficiali e sotterranee con rischi gravissimi per la salute umana. Del resto i dati epidemiologici del registro tumori della provincia di Latina parlano chiaro.
E' urgente fare qualcosa.
Ma i sindaci devono avere coraggio.
Si tratta, come è evidente di un tema che non può essere più lasciato in mano ai privati.
Appare sempre più evidente che il problema della gestione del ciclo dei rifiuti debba essere assunto in prima persona dalle amministrazioni provinciali realizzando impianti pubblici per tutte le tipologie necessarie al fine di coprire in maniera adeguata tutto il territorio senza lasciare vuoti e facendo in modo che non ci siano territori utilizzati come discariche al servizio di altri.
L’utilizzo delle “Autorità d’ambito”, previsto espressamente dal D.lgs 22/1997 dovrebbe essere lo strumento ottimale, sia perché già a disposizione, sia perché di fatto si tratta di forme di cooperazione tra comuni e province ricadenti in ciascun ambito territoriale ottimale per l’esercizio in forma associata o coordinata di alcune funzioni e servizi. L’Autorità d’ambito dovrebbe, infatti, garantire uniformità nello svolgimento di tutte le funzioni afferenti al governo e alla regolazione del settore: pianificazione delle politiche produttive, scelta delle modalità di gestione, selezione del gestore, regolazione dei rapporti con le imprese e con gli utenti, controllo delle prestazioni erogate.
Ma su questo i Comuni fanno resistenza perché non vogliono abdicare al loro piccolo potere.... 

giovedì 13 giugno 2019

I PAZIENTI HANNO ANCORA FIDUCIA NEI PRONTO SOCCORSO E SPESSO SONO COSTRETTI A RIVOLGERSI ALLE STRUTTURE DI EMERGENZA PER INDISPONIBILITA' O PER SCARSA FIDUCIA NEGLI ALTRI SERVIZI

Ieri, sempre al Welfare day 2019, dal IX Rapporto RBM-Censis si rileva che il 48,9% dei cittadini che nell'ultimo anno hanno avuto una esperienza di accesso al Pronto soccorso ha espresso un giudizio positivo (la percentuale sale al 54,5% al Nord-Est). 
Ma solo il 29,7% si è rivolto al Pronto soccorso in una condizione di effettiva emergenza, per cui non poteva perdere tempo. 
Mentre il 38,9% lo ha fatto perché non erano disponibili altri servizi, come il medico di medicina generale, la guardia medica, l'ambulatorio di cure primarie. 
Il 17,3% lo ha fatto perché ha maggiore fiducia nel Pronto soccorso dell'ospedale rispetto agli altri servizi. 
Si tratta di una domanda sanitaria drogata dalle non urgenze, a caccia della migliore soluzione per il proprio problema, che trova impropriamente risposte nel Pronto soccorso.
Qui è la risposta alle domande di qualche direttore generale che non aspetta altro che chiudere i PPI sostenendo che ci sono accessi impropri.
Sarebbe ora che i dirigenti delle ASL cercassero di capire come mai le persone non trovano risposte adeguate alla loro domanda di assistenza sanitaria dal medico di base, dai medici della continuità assistenziale, dagli specialisti ambulatoriali, ecc. per cui sono costretti, loro malgrado, a rivolgersi al pronto soccorso o ai Punti di primo intervento.
Qualcuno pensa che i pazienti si divertano ad andare al PS ?
Sarebbe ora che venisse fatta funzionare in maniera adeguata l'assistenza primaria, solo così saranno eliminati gli accessi  c.d. impropri al P.S. e ai PPI.

DURISSIMO IL IX RAPPORTO DEL CENSIS SULLE FAMIGLIE ITALIANE COSTRETTE A PAGARE DI TASCA PROPRIA VISITE E ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI A CAUSA DELLE LUNGHE LISTE DI ATTESA

Ieri è stato presentato a Roma al "Welfare day" il IX Rapporto Rbm-Censis presentatato  a cui sono intervenuti, tra gli altri, Roberto Favaretto, Presidente Gruppo RBHold, Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di Rbm Assicurazione Salute, Giuseppe De Rita e Francesco Maietta, rispettivamente Presidente e Responsabile dell'Area Politiche sociali del Censis. 
Ben 19,6 milioni di italiani costretti a pagare di tasca propria per ottenere prestazioni essenziali prescritte dal medico
Il calvario delle liste d'attesa: servono in media 128 giorni per una visita endocrinologica, 97 per una mammografia, 75 per una colonscopia, 65 per una visita oncologica. 
E il 35,8% dei cittadini le ha trovate chiuse almeno una volta. Costretti a mettere mano al portafoglio per prestazioni necessarie dietro prescrizione medica, non per consumismo sanitario. La spesa privata sale a 37,3 miliardi di euro: +7,2% dal 2014 (-0,3% quella pubblica)
Ecco i forzati della sanità di tasca propria, a causa di un Servizio sanitario che non riesce più a erogare in tempi adeguati prestazioni incluse nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e prescritte dai medici. In 28 casi su 100 i cittadini, avuta notizia di tempi d'attesa eccessivi o trovate le liste chiuse, hanno scelto di effettuare le prestazioni a pagamento (il 22,6% nel Nord-Ovest, il 20,7% nel Nord-Est, il 31,6% al Centro e il 33,2% al Sud). Ecco la prima verità elementare della sanità vista e vissuta dagli italiani, emersa dalla grande indagine Rbm-Censis realizzata su un campione nazionale di 10.000 cittadini maggiorenni statisticamente rappresentativo della popolazione. Transitano nella sanità a pagamento il 36,7% dei tentativi falliti di prenotare visite specialistiche (il 39,2% al Centro e il 42,4% al Sud) e il 24,8% dei tentativi di prenotazione di accertamenti diagnostici (il 30,7% al Centro e il 29,2% al Sud). I Lea, a cui si ha diritto sulla carta, in realtà sono in gran parte negati a causa delle difficoltà di accesso alla sanità pubblica.È quanto emerge dal IX Rapporto Rbm-Censis presentato oggi al «Welfare Day 2019».
Lunghe o bloccate: invalicabili le liste d'attesa. In media, 128 giorni d'attesa per una visita endocrinologica, 114 giorni per una diabetologica, 65 giorni per una oncologica, 58 giorni per una neurologica, 57 giorni per una gastroenterologica, 56 giorni per una visita oculistica. Tra gli accertamenti diagnostici, in media 97 giorni d'attesa per effettuare una mammografia, 75 giorni per una colonscopia, 71 giorni per una densitometria ossea, 49 giorni per una gastroscopia. 
E nell'ultimo anno il 35,8% degli italiani non è riuscito a prenotare, almeno una volta, una prestazione nel sistema pubblico perché ha trovato le liste d'attesa chiuse. 
Ecco la insormontabile barriera all'accesso al sistema pubblico, che costringe a rivolgersi al privato anche per effettuare prestazioni necessarie prescritte dai medici.
Il 62% di chi ha effettuato almeno una prestazione sanitaria nel sistema pubblico ne ha effettuata almeno un'altra nella sanità a pagamento: il 56,7% delle persone con redditi bassi, il 68,9% di chi ha redditi alti. Per ottenere le cure necessarie (accertamenti diagnostici, visite specialistiche, analisi di laboratorio, riabilitazione, ecc.), tutti ‒ chi più, chi meno ‒ devono surfare tra pubblico e privato, e quindi pagare di tasca propria per la sanità. E sono 13,3 milioni le persone che a causa di una patologia hanno fatto visite specialistiche e accertamenti diagnostici sia nel pubblico che nel privato, per verificare la diagnosi ricevuta (una caccia alla «second opinion»). Combinare pubblico e privato è ormai il modo per avere la sanità di cui si ha bisogno. Spendere per la salute è ormai inevitabile e necessario per tutti.
Il rapporto afferma che oltre a tentare di prenotare le prestazioni sanitarie nel sistema pubblico e decidere se attendere i tempi delle liste d'attesa oppure rivolgersi al privato, di fronte a una esigenza di salute stringente, molti cittadini si sono rassegnati, convinti che comunque nel pubblico i tempi d'attesa sono troppo lunghi. Nell'ultimo anno il 44% degli italiani si è rivolto direttamente al privato per ottenere almeno una prestazione sanitaria, senza nemmeno tentare di prenotare nel sistema pubblico. È capitato al 38% delle persone con redditi bassi e al 50,7% di chi ha redditi alti. Ancora una volta: tutti, al di là della propria condizione economica, sono chiamati a mettere mano al portafoglio per accedere ai servizi sanitari necessari.
Obbligo per tutti di spendere per la sanità. Nel 2018 la spesa sanitaria privata è lievitata a 37,3 miliardi di euro: +7,2% in termini reali rispetto al 2014. Nello stesso periodo la spesa sanitaria pubblica ha registrato invece un -0,3%. La spesa privata riguarda prestazioni sanitarie necessarie o inutili? Di sicuro tutte quelle svolte nel privato dopo il fallito tentativo di prenotazione nel sistema pubblico sono state prescritte da un medico. Tra quelle effettuate direttamente nel privato hanno una prescrizione medica il 92,5% delle visite oncologiche, l'88,3% di quelle di chirurgia vascolare, l'83,6% degli accertamenti diagnostici, l'82,4% delle prime visite cardiologiche con Ecg. 
Sono numeri che riguardano prestazioni necessarie, non un ingiustificato consumismo sanitario.
La spesa sanitaria privata media per famiglia ha raggiunto quota 1.437 euro. 

mercoledì 12 giugno 2019

IL CONSIGLIO REGIONALE DEL LAZIO APPROVA LA LEGGE PER LA PROMOZIONE DELL'AMMINISTRAZIONE CONDIVISA DEI BENI COMUNI


L'Ufficio stampa del Consiglio regionale del Lazio comunica che ieri è stata approvata a maggioranza (26 favorevoli e 6 astenuti) dall’Aula del Consiglio regionale la proposta di legge n. 128 dell’8 marzo 2019, “Promozione dell’amministrazione condivisa dei beni comuni”. 
I beni comuni, come recita l’articolo 2, comma 1, punto c) di questa legge sono “i beni, materiali e immateriali, funzionali al benessere individuale e collettivo e agli interessi delle generazioni future e per i quali le amministrazioni e i cittadini si attivano, ai sensi dell’articolo 118 comma 4 della Costituzione per garantirne la fruizione collettiva e condividere la responsabilità della cura, rigenerazione e gestione in forma condivisa degli stessi”.
Il testo si compone di tredici articoli. Il primo definisce l’oggetto e le finalità della legge, mentre il terzo l’ambito di applicazione. Il quarto articolo prevede la formazione dei dipendenti pubblici e il quinto dispone l’informatizzazione dei dati nell’amministrazione dei beni condivisi. Il sesto articolo riguarda il regolamento sull’amministrazione condivisa, che la Giunta regionale dovrà adottare entro 120 giorni dall’approvazione della legge, e le linee guida per l’adozione dei regolamenti degli enti locali. Questo articolo inoltre disciplina il patto di collaborazione tra amministrazioni e cittadini attivi.
L’articolo 7 prevede l’elenco regionale telematico dei regolamenti degli enti locali dell’amministrazione condivisa, istituito presso l’assessorato regionale competente in materia di beni locali. L’attribuzione di vantaggi economici e altre forme di sostegno nell’ambito del patto di collaborazione sono contenuti dell’articolo 8, mentre il 9 tratta dei contributi regionali, concessi annualmente ai cittadini attivi e agli enti locali per ambiti e tipologie di iniziative individuate con delibera di Giunta. 
Introdotto, con un emendamento del Movimento 5 stelle subemendato dall’assessore, un articolo 9 bis che inserisce in questa normativa la cosiddetta clausola valutativa, secondo la quale il Consiglio regionale esercita il monitoraggio sulla presente legge e ne valuta gli effetti.

martedì 11 giugno 2019

IL QUARTO RAPPORTO DI GIMBE SULLO STATO DEL SSN

Pubblicato in questi giorni il quarto Rapporto della Fondazione Gimbe sulla Sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale che evidenzia come sprechi e inefficienze pesino per 21,5 miliardi dei 113 miliardi di spesa sanitaria pubblica del 2017, in calo rispetto ai 22,5 del 2016.
Gimbe per ciascuna categoria di sprechi, riporta le stime delle risorse erose: per il sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate vanno 6,5 miliardi; in frodi e abusi vanno 4,8 miliardi; in acquisti a costi eccessivi 2,1 miliardi; e, ancora, sono assorbiti dal sotto-utilizzo di servizi e prestazioni efficaci e appropriate 3,2 miliardi; inefficienze amministrative ci costano 2,4 miliardi mentre un inadeguato coordinamento dell'assistenza sanitaria pesa per 2,6.
Gimbe sottolinea inoltre come il Servizio Sanitario Nazionale abbia problemi di riduzione delle sue risorse, con tagli per 28 miliardi in 10 anni, dal 2010 al 2019. Questi 28 miliardi venuti meno provocano ricadute anche su cure essenziali.
Le risorse per il Servizio Sanitario Nazionale, oltre che ad ardite previsioni di crescita economica, sono subordinate alla stipula di una Intesa Stato-Regioni sul Patto per la Salute 2019-2021 tutta in salita, visto che la situazione economica del Paese non permette di escludere il rischio di nuovi tagli alla sanità. 
Il DEF 2019 mantiene il trend dei precedenti con ottimistiche previsioni sulla spesa sanitaria nel medio termine che si ridimensionano bruscamente a breve termine: il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce infatti dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 e al 6,4% nel 2022, rendendo illusorio un aumento della spesa sanitaria di oltre € 7,6 miliardi nel periodo 2018- 2022 (+6,6%). A seguito di questo imponente e progressivo definanziamento, la spesa sanitaria in Italia è ormai vicina a quella dei paesi dell’Europa Orientale: la percentuale del PIL destinato alla spesa sanitaria totale nel 2017 è di poco superiore alla media OCSE (8,9% vs 8,8%) e vede l’Italia fanalino di coda insieme a Spagna e Irlanda tra i paesi dell’Europa occidentale. Ma soprattutto, la spesa pro-capite totale è inferiore alla media OCSE ($ 3.542 vs $ 3.807), posizionando il nostro Paese in prima posizione tra i paesi più poveri dell’Europa”.
Secondo Nino Cartabellotta, presidente di GIMBE "Nel periodo 2010-2019 sono stati sottratti al Ssn 37 miliardi e, parallelamente, l'incremento del fabbisogno sanitario nazionale è cresciuto di quasi 9 miliardi", con una differenza di 28 miliardi e "con una media annua di crescita dello 0,9%, insufficiente anche solo a pareggiare l'inflazione (+1,07%)".
Il DEF 2019 riduce il rapporto spesa sanitaria/PIL dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 e 6,4% nel 2022, mentre l'aumento di 8,5 mld in tre anni previsto dalla Legge di Bilancio 2019 è subordinato alle “ardite previsioni di crescita”.
Questo finanziamento pubblico, "tra i più bassi in Europa, convive paradossalmente con il paniere di Livelli essenziali di Assistenza (Lea) più ampio, garantito però solo sulla carta", aggiunge Cartabellotta. I Lea sono i Livelli essenziali di assistenza, ovvero le prestazioni sanitarie che andrebbero garantite ai cittadini su tutto il territorio nazionale.
Persiste il fatto che negli ultimi dieci anni si è continuato a considerare la sanità "come un mero capitolo di spesa pubblica da saccheggiare, e non una leva di sviluppo economico da sostenere”.

lunedì 10 giugno 2019

IL DECALOGO DELL'ISTITUTO PER LA PROMOZIONE DELL'ETICA IN SANITA'

L' Ispe-Sanità, in collaborazione con @Spazioetico ha lanciato i Livelli Essenziali Anticorruzione ovvero 10 proposte raccolte in un Decalogo di standard minimi che devono essere assicurati dalle strutture sanitarie per poter creare le condizioni in grado di garantire il raggiungimento di un determinato obiettivo anticorruzione.
Con il Decalogo, l’impegno assunto da ISPE Sanità e @spazioetico è quello di rendere intellegibili 10 Livelli Essenziali Anticorruzione affinchè si avviino ovunque quei processi culturali e organizzativi che sostengano la direzione generale e la governance aziendale a prendere decisioni strategiche ed operative nella prevenzione del rischio corruttivo, iscrivendola tra i mandati politici. Dalla gestione del conflitto di interessi all’attuazione del whistleblowing, dall’implementazione di reti di responsabili per la prevenzione della corruzione e trasparenza (RPCT) alla costruzione di un unico ufficio controlli coordinato, dalla valorizzazione della trasparenza e della reputazione all’istituzione di un ufficio comunicazione permanente fino alla costruzione di una leadership etica - occorre superare l’idea che l’anticorruzione sia percepita come un sistema ispettivo da subire.
Ecco  IL DECALOGO

I SINDACATI IERI IN COMMISSIONE SANITA' SONO STATI MOLTO CRITICI VERSO LA CREAZIONE DI UNA NUOVA AZIENDA SANITARIA DENOMINATA AZIENDA PUNTO ZERO AFFERMANDO CHE SONO BEN ALTRE LE PRIORITA'.



La VII Commissione del Consiglio regionale del Lazio, ha da tempo avviato le audizioni sulla proposta di legge 115 d’iniziativa della Giunta regionale relativa all’ «Istituzione dell’azienda regionale sanitaria “Azienda Lazio”»
Detta azienda vorrebbe centralizzare le procedure di acquisto di beni e servizi delle ASL, i pagamenti, la gestione del patrimonio, le assunzioni del personale, ecc., con costi elevati e vantaggi tutti da definire.
Dopo le audizioni dei direttori generali, tutti, pedissequamente favorevoli, è stata la volta dei sindacati CGIL, CISL UIL e UGL che ieri 10 giugno alle ore 14 si sono espressi tutti in maniera seccamente contraria ritenendo in primo luogo che ci siano altre priorità, ma in secondo luogo evidenziando tutta una serie di punti in contrasto con la stessa normativa e organizzazione vigente. 
I sindacati si sono riservati di consegnare un testo scritto con ulteriori osservazioni. 
Da quanto si apprende dal resoconto sommario della Commissione anche il consigliere regionale Barillari ha espresso le proprie perplessità in particolare sulle funzioni che dovrebbe svolgere l’azienda, mentre il presidente della commissione Simeone avrebbe affermato che non si deve creare una nuova ASL, ma un ente strumentale che deve svolgere funzioni precise ad esempio sull’edilizia sanitaria.
In ogni caso il presidente Simeone ha accolto la richiesta della CGIL di dedicare una seduta specifica sulla situazione del personale della sanità con particolare riguardo al tema della re-internalizzazione dei servizi.
Per quanto mi riguarda mi limito a rilevare quanto segue:
1) Gli artt. 37 e segg. del D.lgs. 50/2016 stabiliscono i requisiti che devo possedere le stazioni appaltanti, quale dovrebbe essere l’ipotizzata Azienda Zero. Dal testo della proposta di legge non sembra che la nuova struttura sia in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dall’art.38, per cui dovrà far riferimento a quanto previsto dal 3° comma dell’art. 37 ricorrendo ad una centrale di committenza che poi sarebbe la stessa regione, infatti all’art 4, lettera j), la proposta nell’attribuire le funzioni alla nuova azienda prevede che restino ferme le funzioni di centrale di committenza regionale attribuite al soggetto aggregatore cioè alla Direzione regionale acquisti. Questo è evidentemente collegato con il punto 1, ma allora a che serve affidare questi compiti all’Azienda Zero se poi le gare saranno fatte sempre dalla Direzione regionale acquisti
2) La proposta prevede che oltre all’acquisto centralizzato dei beni l’Azienda Zero provveda anche a quelli dei servizi il che appare preliminarmente in contrasto con la Direttiva 2014/23/UE che riconosce in modo espresso la possibilità, per le amministrazioni locali di espletare i compiti di rispettivo interesse pubblico. 
Tale principio è stato ulteriormente ribadito dal “Considerando” 5 della direttiva 2014/24/UE. 
Anche il Consiglio di Stato con le sentenze 552/2011 e 1034/2016 ritiene che le amministrazioni pubbliche possano gestire direttamente i servizi. 
Nel DEFR Lazio 2019 è stata inserita nell’ambito dell’indirizzo programmatico “Prendersi cura della sanità (4.01.00.00) la re-internalizzazione delle funzioni di natura sanitaria esternalizzate”. Il DEFR è stato approvato dal consiglio regionale il 18 dicembre scorso.
3) All’art. 7, 3° comma: per quanto riguarda infine le norme di contabilità e finanziamento sembra improprio il riferimento agli artt. 25 e 26 del D.lgs 118/2011 in quanto la materia dovrebbe rientrare sub artt. 22 e 23 del medesimo decreto. Al riguardo la Corte dei conti, Sezione regionale per il Veneto, con delibera 593/2019 ha formulato una serie di rilievi proprio sulla L.R. 25 ottobre 2016, n. 19 della Regione veneto, recante “Istituzione dell’ente di governance della sanità regionale veneta denominato <Azienda per il governo della Sanità della regione Veneto – Azienda zero> Disposizioni per la individuazione dei nuovi ambiti territoriali delle aziende ULSS”;
4) Manca un business plan per cui la predisposizione del piano triennale della prevenzione della corruzione e della trasparenza appare un adempimento piuttosto difficoltoso specialmente a causa dei prevedibili rischi rilevanti e mancando al momento una organizzazione di qualità che possa garantire anche nel rispetto degli standard ISO.
5) Nel caso di accentramento dei concorsi o di gare è sufficiente il ricorso di un concorrente per bloccare a livello regionale tutta la procedura, come già avvenuto in alcuni casi con danni rilevanti proprio per il SSR. 

SI DOVRA' ATTENDERE IL NUOVO PATTO DELLA SALUTE PER L'ABBASSAMENTO DEI TICKET


La Corte dei conti ha pubblicato in questi giorni il Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica da cui si rilevano, tra l'altro i proventi delle regioni a titolo di compartecipazione alla spesa.
Singolare è il valore della regione Lazio per gli introiti per il ticket del pronto soccorso che sono fermi a 0,2 milioni mentre altre regioni incassano cifre considerevoli.
Nel complesso si è comunque assistito ad una crescita degli introiti riconducibile alla specialistica ambulatoriale, quella che presenta le maggiori criticità e per la quale, secondo quanto previsto, il nuovo sistema doveva muovere tenendo conto della condizione economica dell’assistito o del nucleo di appartenenza e, al contempo, assicurare l’invarianza del gettito derivante dalla partecipazione alla spesa a livello nazionale. 
La revisione del sistema avrebbe dovuto prendere in considerazione diversi aspetti: promuovere la consapevolezza del costo delle prestazioni e, quindi, favorirne una richiesta più appropriata; garantire un gettito finanziario adeguato per le Regioni, evitando al contempo che livelli di compartecipazione troppo elevati (specie nella specialistica) favorissero lo spostamento dal Servizio Sanitario Nazionale verso strutture private, minando la stessa possibilità di garantire livelli di assistenza adeguati.

domenica 9 giugno 2019

Il 3 giugno scorso, con grande sfarzo sono stati presentati i Percorsi Diagnostico Terapeutici della ASL Latina alla presenza dell'assessore regionale.
Al momento sono attivi a Latina  i seguenti PDTA:
1) Diabete
2) Broncopatia cronica ostruttiva
3) Tumore colon retto
4) Neoplasia della mammella 
5) tumore polmonare
Per quanto riguarda lo screening, nonostante le affermazioni di principio il ruolo del medico di base non è sufficientemente valorizzato. 
Pur apprezzandolo sforzo fatto dai professionisti che hanno collaborato ai vari PDTA, si rileva che, oltre ad alcun bug, di facile correzione, a differenza di quanto oramai da molti anni avviene al nord l'informatizzazione degli stessi non è stata prevista.
In un mondo sempre più orientato verso l'ICT qui siamo ancora al palo. 
In base ad una ricerca fatta dalla FIASO con il Politecnico di Milano che ha coinvolto in totale 43 Aziende dislocate in 14 Regioni - di cui 26 Asl, 14 Aziende Ospedaliere, 2 Irccs e un’Azienda regionale per l’emergenza sanitaria - per un totale di 338 percorsi (293 già pienamente funzionanti e 45 che lo saranno entro l’anno). La maggiore diffusione è al Centro-Nord, come abbiamo già detto, e in testa è la Lombardia (129 Pdta), seguita dall’Emilia Romagna (67), la Toscana (40) e il Lazio (26). 
Per quanto riguarda il livello di applicazione nel 52% dei casi i Percorsi sono definiti a livello di singola azienda, nel 34% a livello interaziendale, nella restante parte le soluzioni sono messe a punto a livello regionale, eccezion fatta di un unico caso gestito a livello nazionale. Percorsi di cura, in Italia l'informatizzazione avanza lentamente.
Secondo la ricerca, le tecnologie supportano i percorsi nelle tre fasi principali: sviluppo, con soluzioni a supporto della progettazione e implementazione del percorso; gestione, con soluzioni a supporto dell’applicazione del Pdta, integrabili con le applicazioni informatiche che gestiscono la documentazione di routine e la cartella clinica dell’ospedale; monitoraggio, con soluzioni a supporto del monitoraggio e controllo dello svolgimento del Pdta in termini di tempi, costi ed esito. 
Il supporto della tecnologia appare ancora frammentato su ciascuna delle diversi fasi, con una presenza maggiore di soluzioni a supporto della fasi di gestione e monitoraggio. 
Tuttavia rispetto al totale dei Pdta rilevati solo il 16% risulta supportato dall’informatica e ben 18 Aziende su 43 non hanno nemmeno un percorso informatizzato. 
Solo 3 Aziende dichiarano di avere tutti i loro Pdta informatizzati, mentre nelle altre il supporto dell’ICT varia dall’8 al 75%. 
Nella maggior parte dei casi la realizzazione di soluzioni ICT a supporto dei Pdta è demandata a fornitori esterni che sviluppano soluzioni ad hoc specifiche per il singolo Pdta o che personalizzano sulla singola azienda sanitaria soluzioni di mercato, nel 50% dei casi per la gestione vera e propria dei percorsi e nel 48% per il monitoraggio degli stessi.
L’ utilizzo efficace dell’ICT rivolto alla valorizzazione dei PDTA richiede quindi ancora molto lavoro, da parte del management, dei clinici e della componente tecnica, affinché esso possa rappresentare uno strumento davvero potente ed efficace per il governo della continuità di cura e il contributo alla sostenibilità del sistema, inserendosi nel più ampio percorso di digitalizzazione della pubblica amministrazione e di innovazione della sanità di cui il nostro Sistema Paese ha assolutamente bisogno.
Purtroppo a Latina siamo ancora molto indietro e addirittura molti reparti comunicano ancora via FAX con inevitabili perdite di tempo per cui la cartella clinica è basata su dati cartacei e viene poi scannerizzata.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico  ancora non decolla e le comunicazioni tra ospedale e medico di base funzionano ancora solo grazie ai pazienti che recano personalmente i documenti.
Solamente nei gruppi di lavoro che hanno predisposto i PDTA del diabete e della BPCO è stata prevista la presenza dell'ingegnere informatico ma al momento non risulta che siano stati ancora partiti.
Sarebbe ora che fosse fatto un salto di qualità.

LA BOZZA DEL NUOVO PATTO DELLA SALUTE DELINEA UNA SORTA DI OSPEDALE VIRTUALE A LIVELLO TERRITORIALE CHE RICHIEDERA' STRUTTURE DI PROSSIMITA' ADEGUATE COME LE CASE DELLA SALUTE


L'art. 10 della nuova bozza del patto della salute 2019-2021 tratta delle "Reti strutturali di assistenza territoriale sociosanitaria. Presa in carico nel percorso di cura".
Il mutato contesto socio-epidemiologico, con il costante incremento di situazioni di fragilità sanitaria e sociale, impone una riorganizzazione dell’assistenza territoriale che promuova, attraverso nuovi modelli organizzativi integrati, attività di prevenzione e promozione della salute, percorsi di presa in carico della cronicità basati sulla medicina di iniziativa, un forte impulso dell'assistenza domiciliare, un investimento sull’assistenza residenziale per i soggetti non auto sufficienti, per la salute mentale e un nuovo percorso di analisi dei bisogni e programmazione dei servizi con il coinvolgimento di tutti gli stakeholder interessati.
A tal fine Governo e Regioni convengono, con la presente Intesa, di implementare il processo di riorganizzazione delle reti strutturali di assistenza in relazione all’assistenza territoriale, con particolare riferimento alla cronicità. 
Ai fini di una programmazione più efficiente occorre puntare a una visione complessiva dei costi dell’assistenza, secondo una logica orizzontale per patologia, basata sui bisogni del paziente, che superi l’attuale impostazione per fattori produttivi e consenta una valutazione predittiva di cambiamenti e innovazioni, tecnologiche e non, introdotte nel sistema.
In coerenza con gli orientamenti della letteratura internazionale e le esperienze di innovazione già in atto in alcune Regioni, si condivide la necessità di implementare un sistema di assistenza sanitaria e socio-sanitaria territoriale, che si può definire come “sistema accessibile universalmente, centrato sulla persona, che integri servizi sanitari e sociali, assicurati da team multi-professionali e multidisciplinari, per fare fronte ai bisogni di salute dei cittadini in partnership tra i pazienti e i loro caregiver in un contesto familiare o di comunità garantendo il coordinamento e la continuità delle cure anche con gli altri setting assistenziali” (Commission Decision 2012/C198/06 del 27 febbraio 2014).
Di fronte alla grande eterogeneità intra ed interregionale dell’assistenza territoriale, le disposizioni contenute nel Piano Nazionale della Cronicità, approvato con Accordo Stato-Regioni del 15 settembre 2016, sottolineano l’esigenza di individuare “un disegno strategico comune inteso a promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza”. Lo Stato e le Regioni si impegnano a perseguire le azioni contenute nel suddetto Piano.
Si ritiene fondamentale rafforzare la governance del sistema sociosanitario territoriale. 
La normativa vigente attribuisce al Distretto tale ruolo, che tuttavia sta cambiando profondamente anche in ragione dei processi di accorpamento ed evoluzione del sistema di aziendalizzazione così come trattato all’art 2 del presente Patto. È necessario che si rafforzino le funzioni di governo dei percorsi di cura, di sviluppo dei processi di integrazione sociosanitaria, tramite la programmazione concertata con le autonomie locali (piani territoriali integrati con gli ambiti sociali), per assicurare una migliore risposta assistenziale ai bisogni delle persone affette da patologie croniche contribuendo anche a ridurre i tassi di ricovero e gli accessi impropri al pronto soccorso e intervenendo sulle liste di attesa come previsto nel Piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA) 2019-2021 (Intesa Stato-Regioni del 21 febbraio 2019).
A questo fine Governo e Regioni convengono, analogamente a quanto già fatto per il riordino della rete ospedaliera con il DM 70/2015, sulla necessità di adottare un Regolamento per dare omogeneità nei servizi territoriali sociosanitari con l’obiettivo di superare l’osservata variabilità regionale e rispondere in maniera adeguata ai bisogni di salute, conciliando le esigenze di equità, accesso ai servizi e solidarietà con il quadro delle risorse disponibili e sostenendo in particolare modelli organizzativi attenti allo sviluppo di reti integrate, approccio multidisciplinare, integrazione sociosanitaria, come già offerto dai consultori familiari.
Il Regolamento consentirà anche di facilitare il processo di integrazione dei servizi territoriali, elemento indispensabile a dare unità al percorso di cura sempre più complesso ed a rendere più facile la presa in carico del paziente.
Per quanto riguarda le forme aggregative dell’Assistenza primaria, già previste dall’ACN 2009, le quali trovano compiuta disciplina a livello legislativo nell’art.1 della legge 189/2012, si condivide la necessità di porre in atto ogni azione, volta a rendere omogenea la loro realizzazione a tutt’oggi molto diversificata sul territorio nazionale, in continuità con le dette disposizioni.
Nell’ambito di una riflessione generale di ruoli e competenze professionali, particolarmente rilevante per il riordino e lo sviluppo dei servizi territoriali, è il ruolo della medicina generale.
Vi sono importanti punti critici che riguardano il ruolo della medicina generale e l’investimento sui presidi di prossimità, che richiedono anche un nuovo Accordo Collettivo Nazionale (ACN) per la Medicina Generale (MMG, PLS, Specialistica Ambulatoriale).L’attuale quadro normativo (liberi professionisti, convenzionati) e l’ACN vigente rendono problematica la piena integrazione della medicina generale con l’organizzazione territoriale: ridisegnare la relazione con il SSN deve rappresentare un obiettivo centrale per il nuovo ACN e ne richiede una accelerazione dei tempi. Pervenire ai nuovi ACN rappresenta un passaggio fondamentale per definire in modo chiaro le responsabilità e le forme di collaborazione tra professionisti del territorio e concludere un percorso di innovazione e cambiamento reale.
Governo e Regioni si impegnano, inoltre, a promuovere la rilevazione e l’aggiornamento dei dati relativi all’assistenza territoriale sociosanitaria attraverso l’evoluzione dei sistemi informativi individuali pertinenti già disponibili nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) del Ministero della salute, al fine di ottimizzare le risorse già investite e favorire la diffusione delle informazioni utile per il monitoraggio dei servizi e l’identificazione delle priorità d’intervento.
È necessario, altresì, completare l’adozione dei flussi per il monitoraggio delle prestazioni territoriali erogate nell’ambito delle cure primarie, della riabilitazione e degli ospedali di comunità.
Infine, nell’ambito delle attività per il miglioramento della qualità dei servizi sul territorio, si intende proseguire il percorso di qualificazione del ruolo della Farmacia dei Servizi, che, inserita nelle reti territoriali, si faccia carico della gestione di problematiche relative alla salute della persona, in collaborazione con altre figure professionali della sanità, e non solo alla dispensazione del farmaco.
Governo e Regioni convengono, pertanto, sulla necessità di definire proposte operative circa i servizi erogabili della “Farmacia dei servizi” e declinarli in un documento prodotto dal Gruppo di Lavoro, che contenga anche le valutazioni in termini di: i) vantaggi per la salute dei cittadini nel loro percorso di cura; ii) risparmio di tempo e minori spostamenti; iii) ottimizzazione delle risorse per la programmazione regionale e possibile definizione della relativa remunerazione.
Allo stesso tempo, si ritiene necessario tutelare il ruolo delle Farmacie Rurali che, per la loro ubicazione in piccoli agglomerati, continuano ad avere un’importante funzione sociale e rappresentano spesso l’unico presidio sanitario esistente sul territorio.
Accanto alla riorganizzazione delle strutture dei servizi territoriali va affrontata la problematica dell’accessibilità ai servizi per il paziente urgente e cronico instabile (ricoverato in strutture extraospedaliere o domiciliari): questa prospettiva può essere assolta con la costituzione di un dipartimento extramurario per integrare le conoscenze specialistiche ospedaliere con i bisogni della medicina delle cure primarie.
Il nuovo modello organizzativo dell’Ospedale Territoriale Virtuale può rappresentare l’occasione per una rivisitazione del ruolo del medico di medicina generale (anche sotto il profilo del suo rapporto di lavoro), del medico di continuità assistenziale e delle figure professionali accreditate nel territorio in modo da rendere possibile la creazione di centrali operative in ogni ambito territoriale.
Siffatto progetto territoriale deve anche essere sostenuto dalla revisione, in ambito ospedaliero, delle attività chirurgiche di DAY SURGERY e WEEK SURGERY che, seguendo la stessa logica di coordinamento ed integrazione, dovranno attuare iniziative di razionalizzazione e di diffusione di un vero e proprio sistema di DAY Hospital e Day SURGERY e WEEK Hospital polispecialistico con omogenea complessità clinica ed assistenziale.
Viene delineato uno scenario vasto e molto articolato che richiederà un regolamento tipo a livello nazionale per garantire uniformità di prestazioni, ma anche strutture fi prossimità adeguate come le Case della salute.