giovedì 20 giugno 2019

IL RAPPORTO 2019 DELL'ISTAT

Ieri 20 giugno, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha illustrato il ‘Rapporto annuale 2019 – La situazione del Paese’.
La ventisettesima edizione del Rapporto propone come chiave di lettura quella dell’interazione tra dotazioni di risorse, fragilità, resilienza del “Sistema Italia” e opportunità per creare una crescita robusta, inclusiva e sostenibile. Si tratta di una chiave di lettura ampia, in grado di valorizzare diversi tematismi e il complesso dell’informazione statistica disponibile.
Più in particolare, vengono approfondite le caratteristiche dello sviluppo recente dell’economia e della società, le dimensioni e la qualità delle risorse naturali e produttive del Paese, le tendenze demografiche e i percorsi di vita, il capitale umano e il potenziale di sviluppo del mercato del lavoro, con una proposta originale di lettura integrata degli aspetti di competitività e crescita e di quelli relativi al benessere, all’equità e alla sostenibilità.
Secondo il presidente Blangiardo "sul fronte demografico, il bilancio del 2018 conferma le tendenze degli ultimi anni, fortemente caratterizzate dal calo delle nascite, dall’invecchiamento della popolazione e, a partire dal 2015, da una perdita di residenti. Le proiezioni dell’Istat per il futuro accreditano come altamente verosimile la prospettiva di un’ulteriore riduzione di popolazione residente nei prossimi decenni. In tal senso si prevede un primo leggero ridimensionamento, da 60,4 a 60,3 milioni di abitanti tra il 2019 e il 2030, per poi subire un calo ben più accentuato che porterebbe la popolazione nel 2050 a 58,2 milioni, con una perdita complessiva di 2,2 milioni di residenti rispetto a oggi. D’altra parte non va dimenticato che i meccanismi demografici che sottendono un’ipotesi di regresso numerico – riduzione della consistenza delle coorti di donne in età feconda (con la conseguente contrazione delle nascite) e progressivo invecchiamento della popolazione (con l’inevitabile incremento dei decessi) – sono già largamente impliciti nella struttura per età di oggi. Basti pensare che le generazioni del baby boom degli anni ’60 sono ormai sostanzialmente uscite dall’intervallo delle età riproduttive e si accingono a entrare nella così detta “terza età”. Tale passaggio, destinato a combinarsi col persistere delle tendenze all’allungamento della sopravvivenza e al calo della natalità – due fenomeni cui si dirà tra breve – si configura come una determinante fondamentale nel dar vita al massiccio invecchiamento demografico che si affaccia incombente nel futuro della popolazione italiana. Le proiezioni Istat prevedono che nel 2050 la quota di ultra65enni sul totale della popolazione potrebbe ulteriormente aumentare rispetto al livello del 2018 (pari al 23 per cento) tra 9 e 14 punti percentuali, secondo ipotesi più o meno ottimistiche. Alla stessa data, la percentuale di popolazione di età 0-14 anni potrebbe mantenersi, nel migliore dei casi, attorno al livello attuale (13,5 per cento), ma anche scendere al 10,2 per cento nello scenario meno Sintesi 7 favorevole. In parallelo, la quota dei 15-64enni sembra verosimilmente destinata a ridursi al 54,2 per cento del totale, con un calo di circa dieci punti percentuali che equivale a oltre 6 milioni di persone in età da lavoro in meno rispetto a oggi.
Questi cambiamenti, in assenza di significative misure di contrasto, potrebbero determinare ricadute negative sul potenziale di crescita economica, con impatti rilevanti sull’organizzazione dei processi produttivi e sulla struttura e la qualità del capitale umano disponibile; non mancherebbero altresì di influenzare la consistenza e la composizione dei consumi delle famiglie, con il rischio di agire da freno alla domanda di beni e servizi. L’accentuarsi dell’invecchiamento demografico comporterebbe, inoltre, effetti significativi sul livello e sulla struttura della spesa per il welfare: con pensioni e sanità decisamente in prima linea, pur mettendo in conto che gli anziani di domani saranno in migliori condizioni di salute e di autonomia funzionale. 

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