sabato 3 febbraio 2018

IL NUOVO RAPPORTO DELLA FONDAZIONE DI VITTORIO SULLA QUALITA' DELLO SVILUPPO

E' giunto alla terza edizione il “Rapporto sulla qualità dello sviluppo in Italia” realizzato da Tecnè e dalla Fondazione Di Vittorio.
E' noto come il tema della misurazione della qualità dello sviluppo e del benessere degli individui abbia stimolato, negli ultimi anni, ampi spazi di discussione e possa ormai contare sul contributo di diverse discipline, quali la sociologia, l’analisi economica, la psicologia.
Come tutti gli studi hanno dimostrato, la crescita economica ha una relazione stretta con la qualità della vita degli individui e con le caratteristiche e le dotazioni dei territori. La competitività, inoltre, cresce in funzione di quanto crescono l’equità e le possibilità offerte agli individui.
Il rapporto sulla qualità dello sviluppo e il benessere socio-economico realizzato da Tecnè e dalla Fondazione Di Vittorio nasce da queste premesse e, senza pretese di esaustività, ha l’obiettivo di misurare lo stato di salute del Paese, con lo sguardo rivolto all’equità della crescita e alle disuguaglianze economiche, sociali e territoriali.
Molti valori in questi anni sono aumentati come ad esempio gli standard abitativi e il capitale culturale, ma altri sono diminuiti come l'equità economica, la fiducia economica, la soddisfazione personale, la fiducia interpersonale....non si tratta di cose da poco....
Un ulteriore elemento di disuguaglianza è rappresentato da sistemi di protezione sociale che si sono progressivamente deteriorati, proprio nelle aree a più forte disagio sociale: nel mezzogiorno la qualità dei servizi socio-assistenziali registrano un ulteriore flessione rispetto ai livelli già bassi del 2016 e del 2015. Nel complesso sono circa 12 milioni gli italiani che non hanno soldi per curarsi, con un’incidenza più elevata proprio nel mezzogiorno e nell’area della vulnerabilità. Chi è povero in Italia ha probabilità maggiori di restarlo, contrariamente a ciò che accade in altri Paesi avanzati dove la povertà ha caratteristiche più transitorie. E nemmeno il lavoro, che ne ha sempre costituito l’antidoto (si è creata un’importante area di disagio rappresentata da precari e part time involontari è in grado ormai di preservare dai rischi. Nel complesso, la condizione di povertà riguarda circa il 10% dei lavoratori, colpendo anche fasce del ceto medio, come dirigenti e impiegati. I segnali di peggioramento si rilevano in tutte le ripartizioni geografiche ma in particolare nel mezzogiorno dove un lavoratore dipendente su quattro è povero o quasi povero.

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