mercoledì 7 febbraio 2018

LA SENTENZA DEI TUMULETI CONDANNA IL COMUNE DI SABAUDIA

Sul sito della Corte di Cassazione è stata pubblicata solo oggi la sentenza n. 2805/2018 relativa alla nota vertenza tra il Comune di Sabaudia contro il Comune di Terracina e tutti i proprietari delle ville sulle dune.
La questione, che passa comunemente sotto il nome di vertenza dei tumuleti, si trascinava da circa 50 anni e dopo un primo round a favore di Sabaudia la Corte d'appello aveva dato ragione al Comune di Terracina e a tutti proprietari delle ville e degli immobili esistenti.
In quest'ultimo giudizio il Comune di Sabaudia si era affidato all'avv. De Tilla nominato dall'ex Sindaco Lucci. 
In particolare il Collegio giudicante ha ritenuto che "Per la piena comprensione della disposizione, cui è rettamente fatto riferimento nella sentenza impugnata che tuttavia non si diffonde sul punto, è opportuno richiamare il più ampio quadro normativo, secondo il quale: a) a mente dell'art. 7 dello stesso decreto del 1933 sono stati «estinti ad ogni effetto tutti i diritti di uso civico, le servitù civiche e i privilegi che gravino eventualmente sui terreni compresi nella circoscrizione di Sabaudia», disposizione che questa corte ha interpretato, alla stregua della sua formulazione letterale e della sua "ratio" quale emergente dai relativi lavori preparatori (quella, cioè, di eliminare ogni ostacolo alle finalità della bonifica pontina e del programma di colonizzazione agraria compiuto in quegli anni), nel senso che il legislatore abbia voluto estinguere tout court qualsivoglia uso civico, ivi compresi quelli relativi alle terre demaniali, e non soltanto quelli gravanti su terre private, nonostante la formulazione letterale della norma stessa sia usualmente adottata per indicare le terre private gravate e non anche i cd. demani collettivi (così Cass. n. 896 del 2003); b) con gli artt. 118-121 del testo unico della legge comunale e provinciale approvato con r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, e. con il successivo art. 8, comma terzo, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839, recante riforma della legge comunale e provinciale, era stato disciplinato - anche sulla base di precedenti normative - il fenomeno dell'aggregazione e del distacco di frazioni e comuni contermini mediante decreto reale, prevedendo l'art. 119 del t.u. le «divisioni di patrimonio» e l'art. 8, comma terzo, del r.d. del 1923 la «sistemazione dei rapporti patrimoniali tra comuni», con rinvio (da parte del secondo comma dell'art. 119 cit., ove ulteriore rinvio, e del primo comma dell'art. 8 cit.) alla procedura di cui all'art. 118, comma terzo, della legge comunale e provinciale predetta in tema di separazione delle «rendite patrimoniali» e delle «passività»; c) con r.d.-l. 26 settembre 1935, n. 2004, convertito dalla I. 9 gennaio 1936, n. 51, si era provveduto alla delimitazione del capoluogo del comune di Sabaudia e al trasferimento ad esso della proprietà delle aree appartenenti all'opera nazionale combattenti. In tale contesto, dunque, l'art. 6 del r.d.-l. 4 agosto 1933, n. 1071, escludendo ogni ripartizione patrimoniale e gli eventuali conguagli che ne sarebbero conseguiti, va letto nella logica (cui si ispirerà il successivo art. 36 del r.d. 3 marzo 1934 n 383, demandante al prefetto la ripartizione patrimoniale) per la quale, mancando ogni ripartizione di patrimonio, quest'ultimo sarebbe rimasto in titolarità degli enti originariamente aventi titolo, destinati invece a perdere parte dei propri beni demaniali nonché gli usi civici a favore delle - popolazioni sui beni privati e pubblici ricadenti nell'ambito del. nuovo comune .
Ciò posto il Collegio ha respinto il ricorso del Comune e lo ha condannato a pagare tutte le spese processuali, invi comprese quelle delle parti interessate per un ammontare di oltre 400.000 euro.

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