Con la locuzione “esclusione sociale” secondo la
tesi più aggiornata (Chiara Saraceno) si intende il venir meno delle forme di
appartenenza e di legami sociali significativi dovuti: da un lato al tema della
uguaglianza sociale nell’accesso ai diritti sociali (in una società in cui sono
fortemente presenti le diseguaglianze) e dall’altro al fenomeno della
disintegrazione sociale, dovuto alla perdita dei tradizionali meccanismi di
integrazione sociale. Il problema è molto presente in questo periodo a causa
delle difficoltà dell’economia di tutti i Paesi, ma specialmente del nostro, i
cui Governi hanno tagliato pesantemente i finanziamenti, costringendo gli enti
locali: Regioni, Province e Comuni ad operare di conseguenza riducendo
interventi e sovvenzioni con il risultato che il fenomeno dell’esclusione
sociale ha superato il ristretto ambito di quelli che tradizionalmente erano
considerati emarginati, estendendosi a macchia d’olio ed aggredendo sempre
maggiori fasce di popolazione. Un problema che, pur essendo ben presente a
tutti i livelli non vede poi iniziative adeguate per contrastarlo. In effetti le
somme stanziate dagli enti locali per il sociale pur essendo apparentemente
elevate (anche se si potrebbe fare di più), sono talora distribuite in maniera
discutibile e spesso senza produrre i benefici attesi; sono cioè purtroppo in
molti casi inefficaci.
Il servizio sociale dei nostri Comuni subisce da
anni l’inadeguatezza di un modello che, nonostante i tentativi (L. 328/2000)
non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati utilizzando le poche risorse
a disposizione in sovvenzioni invece di offrire prestazioni reali. La tanto
attesa legge regionale che avrebbe dovuto definire il sistema regionale
integrato di interventi e servizi sociali, in tutti questi anni e nonostante
gli sforzi profusi da alcuni (ad esempio la proposta n.400 presentata nel corso
della scorsa legislatura dall’allora consigliere regionale Augusto Battaglia
poi ripresa in parte dalla n. 23 presentata nel corso di questa legislatura il
6 maggio 2013 dai consiglieri Agostini, Vincenzi, Lena ed altri) non è riuscita
ancora ad essere approvata dal Consiglio regionale. La gravità del problema si
tocca specialmente nelle grandi città dove sono più evidenti le diseguaglianze
redistributive, i conflitti sociali e le situazioni di disagio. Il problema è
molto complesso in relazione alle varie tipologie di esclusi (immigrati,
poveri, detenuti, minoranze, ecc.) e alle difficoltà legate alla convivenza che
sono emerse di recente e che potrebbero essere superate con il coinvolgimento
dei cittadini a prendersi cura della loro città creando reti di solidarietà,
cooperazione civica e reciprocità. Da tempo sono state formulate proposte per
ripensare e riorientare le politiche sociali, ma a livello di Governo ancora non
è stato fatto nulla, anzi, le iniziative assunte ricorrendo alla leva fiscale per
incrementare le entrate, almeno in qualche caso hanno prodotto effetti inversi
a quelli annunciati, creando ulteriore appesantimento nelle condizioni di vita
di moltissime persone e allargando la fascia della povertà a categorie che
finora ne erano state esenti. Ma come accennato è a livello locale che maggiore
viene toccata direttamente la realtà. La Giunta e il Consiglio comunale
potrebbero utilizzare con più accortezza lo strumento delle imposte locali per
agevolare le famiglie bisognose, intervenendo con più coraggio anche
sull’accesso ai servizi a domanda individuale o sulla concessione gratuita dei
libri per la scuola. Anche il terzo settore, che per molti anni ha
rappresentato uno degli strumenti fondamentali di intervento comincia a subire
pesantemente gli effetti della recessione e della scarsità delle risorse
(finanziarie e umane) facendo venir meno la sussidiarietà orizzontale che
nell’ente locale è indispensabile anche per una crescita democratica dei
cittadini.
I Comuni che sono chiamati direttamente in causa
dai cittadini, in quanto enti di prossimità, sono carenti proprio là dove non
occorrono soldi ma solo aperture per favorire, anziché ostacolare i cittadini
che vogliono collaborare e assumersi la responsabilità di contribuire a
proteggere e conservare i beni comuni. Manca quasi totalmente da parte delle
amministrazioni comunali l’apertura verso quella che è stata definita la sussidiarietà quotidiana (Cfr. C.
Iaione, in www.labsus.org), consistente in
una strategia basata non sull’autoritarismo, ma su azioni dirette a far
condividere da parte dei cittadini le scelte dell’amministrazione e a
collaborare con le proprie risorse al raggiungimento degli obiettivi di
interesse generale e comune. I Comuni omettono anche di dare applicazione ad
una legge dello Stato (comma 461 dell’art.2 della L. 244/2007) che prevede la
partecipazione dei cittadini alla valutazione dei servizi e quindi anche delle
prestazioni del servizio sociale. In questo caso il Bilancio partecipato
consentirebbe di coinvolgere i cittadini in una più appropriata allocazione
delle risorse il che avrebbe potuto evitare di destinare 61.805,67 euro (ripartiti
in più provvedimenti) per un raduno di motociclette (come avvenuto quest’anno a
Sabaudia), quando al settore dei servizi sociali sarebbe bastato molto di meno
per dare un aiuto concreto a molte famiglie bisognose.
In molte parti d’Italia esponenti del terzo settore
e organizzazioni di vari tipo operano da anni per dare una possibilità a quelli
che non l’hanno, in alcuni casi sono state prodotte esperienze stimolanti,
delle best practices, che possono
essere utilizzate anche in altre realtà, basterebbe guardarsi intorno e
copiarle (ma anche per fare questo ci vuole attenzione).
La politica deve comprendere che il Paese è maturo
e che deve essere utilizzata la leva della social
innovation integrando le
esperienze e le conoscenze che queste organizzazioni hanno acquisito, anche
grazie alla loro vicinanza con i destinatari dei servizi e con i territori in
generale. È necessario pertanto superare il meccanismo di mercato, di
separazione “contrattuale” fin qui di fatto mantenuto per orientarsi verso una co-produzione,
coinvolgendo la cittadinanza non solo nell’erogazione ma anche nel design e
nella gestione delle policies.
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