domenica 28 settembre 2014

L'ESCLUSIONE SOCIALE

Con la locuzione “esclusione sociale” secondo la tesi più aggiornata (Chiara Saraceno) si intende il venir meno delle forme di appartenenza e di legami sociali significativi dovuti: da un lato al tema della uguaglianza sociale nell’accesso ai diritti sociali (in una società in cui sono fortemente presenti le diseguaglianze) e dall’altro al fenomeno della disintegrazione sociale, dovuto alla perdita dei tradizionali meccanismi di integrazione sociale. Il problema è molto presente in questo periodo a causa delle difficoltà dell’economia di tutti i Paesi, ma specialmente del nostro, i cui Governi hanno tagliato pesantemente i finanziamenti, costringendo gli enti locali: Regioni, Province e Comuni ad operare di conseguenza riducendo interventi e sovvenzioni con il risultato che il fenomeno dell’esclusione sociale ha superato il ristretto ambito di quelli che tradizionalmente erano considerati emarginati, estendendosi a macchia d’olio ed aggredendo sempre maggiori fasce di popolazione. Un problema che, pur essendo ben presente a tutti i livelli non vede poi iniziative adeguate per contrastarlo. In effetti le somme stanziate dagli enti locali per il sociale pur essendo apparentemente elevate (anche se si potrebbe fare di più), sono talora distribuite in maniera discutibile e spesso senza produrre i benefici attesi; sono cioè purtroppo in molti casi inefficaci.
Il servizio sociale dei nostri Comuni subisce da anni l’inadeguatezza di un modello che, nonostante i tentativi (L. 328/2000) non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati utilizzando le poche risorse a disposizione in sovvenzioni invece di offrire prestazioni reali. La tanto attesa legge regionale che avrebbe dovuto definire il sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali, in tutti questi anni e nonostante gli sforzi profusi da alcuni (ad esempio la proposta n.400 presentata nel corso della scorsa legislatura dall’allora consigliere regionale Augusto Battaglia poi ripresa in parte dalla n. 23 presentata nel corso di questa legislatura il 6 maggio 2013 dai consiglieri Agostini, Vincenzi, Lena ed altri) non è riuscita ancora ad essere approvata dal Consiglio regionale. La gravità del problema si tocca specialmente nelle grandi città dove sono più evidenti le diseguaglianze redistributive, i conflitti sociali e le situazioni di disagio. Il problema è molto complesso in relazione alle varie tipologie di esclusi (immigrati, poveri, detenuti, minoranze, ecc.) e alle difficoltà legate alla convivenza che sono emerse di recente e che potrebbero essere superate con il coinvolgimento dei cittadini a prendersi cura della loro città creando reti di solidarietà, cooperazione civica e reciprocità. Da tempo sono state formulate proposte per ripensare e riorientare le politiche sociali, ma a livello di Governo ancora non è stato fatto nulla, anzi, le iniziative assunte ricorrendo alla leva fiscale per incrementare le entrate, almeno in qualche caso hanno prodotto effetti inversi a quelli annunciati, creando ulteriore appesantimento nelle condizioni di vita di moltissime persone e allargando la fascia della povertà a categorie che finora ne erano state esenti. Ma come accennato è a livello locale che maggiore viene toccata direttamente la realtà. La Giunta e il Consiglio comunale potrebbero utilizzare con più accortezza lo strumento delle imposte locali per agevolare le famiglie bisognose, intervenendo con più coraggio anche sull’accesso ai servizi a domanda individuale o sulla concessione gratuita dei libri per la scuola. Anche il terzo settore, che per molti anni ha rappresentato uno degli strumenti fondamentali di intervento comincia a subire pesantemente gli effetti della recessione e della scarsità delle risorse (finanziarie e umane) facendo venir meno la sussidiarietà orizzontale che nell’ente locale è indispensabile anche per una crescita democratica dei cittadini.
I Comuni che sono chiamati direttamente in causa dai cittadini, in quanto enti di prossimità, sono carenti proprio là dove non occorrono soldi ma solo aperture per favorire, anziché ostacolare i cittadini che vogliono collaborare e assumersi la responsabilità di contribuire a proteggere e conservare i beni comuni. Manca quasi totalmente da parte delle amministrazioni comunali l’apertura verso quella che è stata definita la sussidiarietà quotidiana (Cfr. C. Iaione, in www.labsus.org), consistente in una strategia basata non sull’autoritarismo, ma su azioni dirette a far condividere da parte dei cittadini le scelte dell’amministrazione e a collaborare con le proprie risorse al raggiungimento degli obiettivi di interesse generale e comune. I Comuni omettono anche di dare applicazione ad una legge dello Stato (comma 461 dell’art.2 della L. 244/2007) che prevede la partecipazione dei cittadini alla valutazione dei servizi e quindi anche delle prestazioni del servizio sociale. In questo caso il Bilancio partecipato consentirebbe di coinvolgere i cittadini in una più appropriata allocazione delle risorse il che avrebbe potuto evitare di destinare 61.805,67 euro (ripartiti in più provvedimenti) per un raduno di motociclette (come avvenuto quest’anno a Sabaudia), quando al settore dei servizi sociali sarebbe bastato molto di meno per dare un aiuto concreto a molte famiglie bisognose.
In molte parti d’Italia esponenti del terzo settore e organizzazioni di vari tipo operano da anni per dare una possibilità a quelli che non l’hanno, in alcuni casi sono state prodotte esperienze stimolanti, delle best practices, che possono essere utilizzate anche in altre realtà, basterebbe guardarsi intorno e copiarle (ma anche per fare questo ci vuole attenzione).
La politica deve comprendere che il Paese è maturo e che deve essere utilizzata la leva della social innovation integrando le esperienze e le conoscenze che queste organizzazioni hanno acquisito, anche grazie alla loro vicinanza con i destinatari dei servizi e con i territori in generale. È necessario pertanto superare il meccanismo di mercato, di separazione “contrattuale” fin qui di fatto mantenuto per orientarsi verso una co-produzione, coinvolgendo la cittadinanza non solo nell’erogazione ma anche nel design e nella gestione delle policies

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