giovedì 31 gennaio 2019

IL MANCATO ABBATTIMENTO DEGLI ABUSI EDILIZI COMPORTA RESPONSABILITA' PER I FUNZIONARI INCARICATI

Il comma 4‐bis dell'art. 31 del DPR 6 giugno 2001 , n. 380 (T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, a proposito di omesso abbattimento degli abusi edilizi stabilisce quanto segue:
"L'autorita' competente, constatata l'inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell'articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, e' sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo‐contabile del dirigente e del funzionario".
Ogni cittadino può segnalare i fatti di cui sia a conoscenza all'OIV ai sensi dell'art. 19bis del D.lgs. 150/2009.
Tra breve nei Comuni inizierà il processo di valutazione della performance dei responsabili degli uffici, sarà interessante leggere cosa diranno certi OIV quando saranno chiamati a valutari alcuni responsabili degli uffici preposti all' anti abusivismo.

mercoledì 30 gennaio 2019

UN CRUDO SPACCATO DELLA REALTA' SANITARIA DEL LAZIO CONFRONTATA CON LE ALTRE REGIONI

Il 14° Rapporto del CREA Sanità oltre a fornire uno studio molto interessante ed approfondito sulla spesa sanitaria offre anche un confronto stimolante tra i dati delle varie regioni.
La lunghezza delle barre colorate reca la dimensione dello scostamento rispetto alla media nazionale.
Gli scostamenti positivi sono in blu e quelli negativi in arancione.
Il Lazio presenta un solo dato positivo  costituito dal tasso di spedalizzazione per acuti ordinari che è pari al 4,5x1000.
Tutti gli altri dati  sono negativi.
La copertura vaccina degli anziani over 65 è insufficiente;
Gli interventi per frattura del femore entro le 48 ore sono inadeguati
La speranza di vita in buona salute è scarsa;
La speranza di vita a 65 anni senza limitazioni è poca;
La spesa sanitaria pro capite standardizzata è inadeguata;
La  spesa farmaceutica totale pro capite è eccessiva;
I bambini sono grassi;
I fumatori adulti sono troppo numerosi;
Troppe persone necessitano dell'indennità di accompagnamento;
Troppe persone sono in presidi residenziali socio-assistenziali;
Elevata la quota a carico delle famiglie con disagio economico per spese sanitarie;
Elevata la quota di persone che fanno ricorso all'assistenza domiciliare
Troppe persone non sono soddisfatte dell'assistenza medica  e infermieristica;
Alto il numero dei pazienti dimessi vivi non al loro domicilio.

PROROGATI I PROGETTI PER LA LOTTA ALLA DROGA NELLA PROVINCIA DI LATINA


Con Decreto del commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi della sanità in data 24 dicembre 2018 n. U00514 è stato deciso di prorogare i progetti per la lotta contro la droga e di garantire la copertura economica attraverso l’utilizzo del riparto della quota indistinta del Livello assistenziale “Territoriale” – sottolivello “dipendenze” in proporzione mensile di un dodicesimo dell’importo previsto per i singoli progetti. 
Inoltre è stato deciso di  prevedere che, qualora le verifiche avviate ai sensi del combinato disposto dal DCA 295/2015 e L.R. 4/2003 abbiano esito negativo, fermo restando quanto disciplinato dalla L.R. 4/2003 relativamente al possesso dei requisiti minimi del soggetto richiedente, l’Azienda Sanitaria territorialmente competente comunque dovrà garantire la continuità assistenziale.
Per la provincia di Latina i progetti sono quelli indicati nella tabella.

martedì 29 gennaio 2019

L'ITALIA PUR MIGLIORANDO NEL PUNTEGGIO E' ANCORA AL 53° POSTO DELLA CORRUZIONE PERCEPITA AL MONDO


Il nuovo rapporto di Transparency International sulla corruzione percepita che dice che la maggior parte dei paesi sta facendo progressi minimi o nulli nel porre fine alla corruzione. Ancora peggio, rivela che il continuo fallimento della maggior parte dei paesi a controllare in modo significativo la corruzione sta contribuendo a una crisi della democrazia in tutto il mondo.  
L'indice classifica 180 paesi utilizzando una scala da 0 a 100, dove 0 è altamente corrotto e 100 è molto pulito. 
Quest'anno, oltre due terzi dei paesi hanno un punteggio inferiore a 50, con un punteggio medio globale di soli 43. Con molte istituzioni e norme democratiche attualmente minacciate - spesso capobanda con tendenze autoritarie o populiste - abbiamo analizzato la relazione tra corruzione e tendenze della democrazia globale. 
Ad avviso di Transprency Internatinal la corruzione nel settore pubblico può contribuire a far regredire istituzioni e valori democratici. Ad esempio, l'Ungheria e la Turchia sono diminuiti nei loro punteggi negli ultimi cinque anni. Allo stesso tempo, la Turchia è stata declassata da "parzialmente libera" a "non libera" da Freedom House, mentre l'Ungheria ha registrato il punteggio più basso per i diritti politici dalla caduta del comunismo nel 1989. 
Questi rating riflettono il deterioramento dello stato di diritto e la democrazia istituzioni, nonché uno spazio restringente per la società civile e i media indipendenti. 
Nel frattempo gli Stati Uniti con soli 71 punti hanno abbandonato i primi 20 paesi nel CPI. Il punteggio basso arriva in un momento in cui gli Stati Uniti stanno sperimentando minacce al loro sistema di controlli e equilibri insieme a un'erosione delle norme etiche ai più alti livelli di potere.
Per quanto riguarda l'Italia il  punteggio è migliorato di otto punti passando da 44 (2015) a 52 (2018), ma la classifica purtroppo ancora non è soddisfacente ponendoci al 57° posto, dopo Botswana, Ruanda, Namibia, ecc.
Senza dubbio il miglioramento del punteggio è merito dell'ANAC e del suo Presidente, ma il percorso è ancora molto ma molto lungo dato che come si vede la corruzione percepita è molto elevata e purtroppo il dato è confermato dalla micro corruzione quotidiana che è molto più diffusa di quanto si pensi.  
La Magistratura ha fatto molto in questi anni anche grazie alle Forze dell'ordine, ma quando si leggono i Piani triennali per la prevenzione della corruzione e della trasparenza predisposti da alcuni Comuni e da certe ASL veramente cadono le braccia a causa della sottovalutazione del fenomeno.

IL RAPPORTO ISTAT SUL PATRIMONIO CULTURALE ITALIANO

L'ISTAT ha pubblicato in questi giorni i dati relativi all'anno 2017 del patrimonio culturale italiano che all'epoca vantava 4.889 musei e istituti similari, pubblici e privati, aperti al pubblico. Di questi, 4.026 sono musei, gallerie o collezioni, 293 aree e parchi archeologici e 570 monumenti e complessi monumentali.
I musei e le altre strutture espositive a carattere museale hanno registrato il massimo storico di 119 milioni di ingressi nel 2017 (+7,7% rispetto al 2015) così suddivisi: 57,8 milioni i musei, 15,5 milioni le aree archeologiche, 45,8 milioni i monumenti. L’incremento maggiore riguarda i monumenti e le aree archeologiche.
Sono 2.371, uno su tre, i Comuni italiani che ospitano almeno una struttura a carattere museale. È un patrimonio diffuso su tutto il territorio nazionale: 1,6 musei o istituti similari ogni 100 km2 e circa uno ogni 12 mila abitanti.
Le regioni con più strutture museali (29% del totale) sono Toscana (528), Emilia-Romagna (482) e Lombardia (409). Nel Mezzogiorno si concentra invece oltre la metà delle aree archeologiche (50,8%), il 30,7% si trova in Sicilia e Sardegna.
A Roma e Firenze si contano quasi 200 tra musei, aree e monumenti, ma anche i Comuni con meno di 2mila abitanti (il 27,9% del totale dei comuni) accolgono un’ampia percentuale di istituzioni museali (il 16,7%). Alcuni di questi hanno nei loro territori sino a quattro o cinque istituti.
La maggior parte dei musei presenti in Italia espone collezioni di etnografia e antropologia (12,8%), archeologia (12,7%) e arte antica (12,3%). Aumenta il numero di strutture con raccolte monotematiche di materiali (10%).
La rilevazione è stata realizzata dall’Istat anche in base alla nuova convenzione stipulata tra Istat e l’Autorità di Gestione del PON “Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020”, relativa all’attuazione del Progetto “Informazione statistica territoriale e settoriale per le politiche di coesione 2014-2020”.

lunedì 28 gennaio 2019

PARTE IL REDDITO DI CITTADINANZA: IL RUOLO DEI COMUNI

Sulla Gazzetta Ufficiale del 28 gennaio è stato pubblicato il decreto legge n. 4 con il quale è stato, tra l'altro istituito il reddito di cittadinanza quale misura di contrasto alla povertà.
L’erogazione del beneficio è condizionata alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, nelle modalità di cui al presente articolo, nonché all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale.
Sono tenuti agli obblighi di cui al presente articolo tutti i componenti il nucleo familiare che siano maggiorenni,
non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi o di formazione. Sono esclusi dai medesimi obblighi i beneficiari della Pensione di cittadinanza ovvero i beneficiari del Rdc titolari di pensione diretta o comunque di età pari o superiore a 65 anni, nonché i componenti con disabilità, come definita ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, fatta salva ogni iniziativa di collocamento mirato e i conseguenti obblighi ai sensi della medesima disciplina.
Il richiedente e i componenti il nucleo riconosciuti beneficiari del Rdc e non esclusi dagli obblighi connessi
alla fruizione del beneficio ai sensi del comma 2 sono tenuti a rendere dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro di persona tramite l’apposita piattaforma digitale di cui all’articolo 6, comma 2, anche per il tramite degli istituti di patronato convenzionati, ovvero presso i centri per l’impiego, entro trenta giorni dal riconoscimento del beneficio.
Il richiedente, entro trenta giorni dal riconoscimento del beneficio, è convocato dai centri per l’impiego nel aso in cui appartenga a un nucleo familiare in cui vi sia almeno un componente, tra quelli tenuti agli obblighi di
cui al comma 2, in possesso di uno o più dei seguenti requisiti al momento della richiesta del Rdc:
a) assenza di occupazione da non più di due anni;
b) età inferiore a 26 anni;
c) essere beneficiario della NASpI ovvero di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria
o averne terminato la fruizione da non più di un anno;
d) aver sottoscritto negli ultimi due anni un Patto di servizio in corso di validità presso i centri per l’impiego ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150.
Immediate le preoccupazioni dei Sindaci e dell'ANCI che hanno incontrato la delegazione tecnica del Ministero del lavoro rispetto al percorso attuativo del Reddito di Cittadinanza. 
Sono state rappresentate le  preoccupazioni dei Sindaci per l’impatto della riforma sul ruolo dei Comuni i quali rischiano di non essere nella condizione di poter rispondere ai bisogni delle persone.
Coinvolgere i Comuni nella predisposizione di progetti di utilità sociale con i beneficiari del Reddito di Cittadinanza (i cosiddetti lavori socialmente utili), così com’è attualmente previsto, secondo l'ANCI richiede un chiarimento sulle ricadute operative amministrative e assicurative del sistema dei servizi sociali e una adeguata disponibilità di risorse per consentire ai Comuni di prendersi carico di situazioni di fragilità e costruire, magari insieme ai tanti soggetti del terzo settore, reali percorsi di impegno sociale o lavorativo dei beneficiari.

domenica 27 gennaio 2019

COME SPENDE I SOLDI LA ASL LATINA


Non disponiamo ancora del rendiconto della ASL Latina relativo all’esercizio 2018, per cui è stato preso in esame quello del 2017 che si è chiuso con una spesa dei € 968.483.000. 
Il bilancio chiude in pareggio, ma anche se è una buona notizia non basta perché le somme disponibili andavano finalizzate sulla base delle percentuali indicate nel Patto della Salute: 
PREVENZIONE = sono stati spesi solo 38.117.000 euro pari solamente al 4% invece del 5% atteso, pari a poco più di 66 euro a testa;
TERRITORIO = sono stati spesi solo 130.190.000 pari al 13%, invece del 19% atteso; 
OSPEDALI = sono stati spesi solo 382.888.000 euro pari al 39% specialmente a causa della chiusura di molti presidi invece del 44% atteso, ma alle strutture private per l’assistenza agli acuti, ai lungodegenti e per la riabilitazione è finito oltre il 50%; 
FARMACEUTICA = Sono stati spesi 190.847.000 euro pari al 20%, quindi molto di più del 12% atteso ed è stato fatto poco per ridurre questa spesa; 
SPECIALISTICA = Sono stati spesi 155.872.000 euro, pari al 16% della spesa invece del 13%,  finiti per lo più alle strutture private; 
MEDICINA DI BASE = Sono stati spesi 63.460.000 euro pari al 7% che corrispondono al risultato atteso.
Una spesa che è molto orientata verso il privato senza che sia stato fatto molto per invertire questa situazione che vede anche la necessità di potenziare i controlli. 
Per l' emergenza sanitaria territoriale, stranamente non prevista nel patto per la salute, sono stati spesi solo € 7.298.000, pari a circa l'1%, un costo che è formato prevalentemente dagli stipendi e dagli emolumenti di medici e infermieri, cui deve essere aggiunto quello dei trasporti, anche qui affidati a privati.
Anche quest'anno la Conferenza locale sociale e sanitaria esprimerà parere favorevole ?

IL DECRETO LEGGE IN MATERIA SEMPLIFICAZIONE ARRIVA DOMANI IN AULA AL SENATO. MOLTE LE NOVITA' ANCHE PER LA SANITA'

Notizie dal Senato. E' all'ordine del giorno dell'Assemblea, lunedì 28 gennaio, alle 10, la discussione del ddl di conversione del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione (A.S. n. 989). 
Le Commissioni riunite Affari costituzionali e Lavori pubblici ne hanno concluso l'esame il 24 gennaio, conferendo il mandato ai relatori, senatori Pirovano e Coltorti, a riferirne in Aula, con le modifiche accolte.
In particolare l' Art. 9 recante Disposizioni urgenti in materia di formazione specifica in medicina generale, stabilisce quanto segue:
1. Fino al 31 dicembre 2021, in relazione alla contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione specifica i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, possono partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale. La loro assegnazione è in ogni caso subordinata rispetto a quella dei medici in possesso del relativo diploma e agli altri medici aventi, a qualsiasi titolo, diritto all'inserimento nella graduatoria regionale, in forza di altra disposizione. Resta fermo, per l'assegnazione degli incarichi per l'emergenza sanitaria territoriale, il requisito del possesso dell'attestato d'idoneità all'esercizio dell'emergenza sanitaria territoriale. Il mancato conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale entro il termine previsto dal corso di rispettiva frequenza, comporta la cancellazione dalla graduatoria regionale e la decadenza dall'eventuale incarico assegnato.
2. Per le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, possono prevedere limitazioni del massimale di assistiti in carico ovvero organizzare i corsi a tempo parziale, prevedendo in ogni caso che l'articolazione oraria e l'organizzazione delle attività assistenziali non pregiudichino la corretta partecipazione alle attività didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale.
3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in sede di Accordo collettivo nazionale, sono individuati i criteri di priorità per l'inserimento nelle graduatorie regionali dei medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale di cui al comma 1, per l'assegnazione degli incarichi convenzionali, nonché le relative modalità di remunerazione. Nelle more della definizione dei criteri di cui al presente comma, si applicano quelli previsti dall'Accordo collettivo nazionale vigente per le sostituzioni e gli incarichi provvisori. 
4. Dal presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

venerdì 25 gennaio 2019

LA QUESTIONE DELL'ACQUA PUBBLICA ALL'ESAME DELLA CONFERENZA STATO REGIONI


La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella riunione del 17 gennaio, ha approvato un documento di osservazioni sulle due proposte di legge di riforma del servizio idrico attualmente all'esame della Commissione Ambiente della Camera. Un testo peraltro preannunciato dall'assessore della Regione Sardegna, Donatella Spano (coordinatrice della Commissione Ambiente della Conferenza delle Regioni) nel corso dell'audizione parlamentare che si è tenuta il 10 gennaio.
Si riporta di seguito il documento che il Presidente Stefano Bonaccini ha trasmesso ad Alessandro Manuel Benvenuto (Presidente della Commissione Ambiente della Camera) e a Federica Daga (Relatrice in Commissione).
"La gestione delle acque pubbliche rappresenta un tema di grande importanza per lo sviluppo strategico del Paese, che richiederebbe spazi molto più ampi di quelli previsti per un'audizione, ai fini di poterlo approfondire con la dovuta adeguatezza e compiutezza. Dal punto di vista istituzionale va inoltre evidenziato che nel quadro costituzionale vigente la materia dei servizi pubblici di interesse locale è da ricondurre alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni 1 , ad eccezione degli aspetti inerenti alla materia della tutela ambientale e della concorrenza, di esclusiva competenza statale.
E' evidente quindi come una disciplina su un tema così importante debba necessariamente prevedere un ruolo forte delle Regioni e un'intesa con le stesse sul complessivo progetto di riordino.
D'altronde, nella gestione dei servizi pubblici di interesse locale, è noto che la criticità maggiore è rappresentata dalla stratificazione nel tempo di numerose disposizioni che si sono sovrapposte le une alle altre. Questo continuo mutamento legislativo ha comportato un rallentamento nell'attuazione della riforma che era partita con la Legge n. 36/1994 (cd. "legge Galli") e che solo in alcune realtà è addivenuta a compimento.
Lo svolgimento dei servizi pubblici, qual è quello della gestione delle acque pubbliche, deve rispondere alla resa di un servizio di qualità per i cittadini, nel rispetto delle norme e al minor costo possibile; parimenti va chiarito che ciò non va disgiunto da principi che rispondono all' esigenza di una gestione efficace ed efficiente.
I servizi vengono resi infatti dai gestori con ricorso all'indebitamento e all'anticipazione degli oneri che poi saranno restituiti dalla tariffa, pertanto è di tutta evidenza che cambiare per disposizione legislativa la durata dell'affidamento ha degli effetti diretti sul costo del denaro che i gestori vanno a reperire sul mercato, così come cambiare gli utenti di un bacino di affidamento e la dimensione dello stesso, oppure la possibilità di azionare un modello di affidamento rispetto ad altri.
Con specifico riferimento ali' oggetto della presente audizione, preliminarmente si evidenzia che, pur rilevando l'esistenza di margini di miglioramento dell'assetto normativo vigente, non si ritiene utile in questa fase un intervento legislativo di rilevante portata quale quello contenuto nelle due proposte di legge e, in particolare, nella proposta CS2.
Infatti, l'assetto organizzativo attuale del Sistema Idrico Integrato (SII), seppur perfettibile, ha consentito di realizzare importanti passi avanti nel garantire la diffusione del servizio nel territorio nazionale e nel rilanciare gli investimenti infrastrutturali, ivi comprese le opere di interconnessione fra bacini idrografici, sia a fini della maggiore efficacia del servizio all'utenza sia ai fini della tutela ambientale e dei corpi idrici.
Osservazioni sulla proposta di legge C52
In merito alla proposta di legge C52, è necessario puntualizzare come già nel 2015 si ebbe occasione di esaminare l'analoga proposta di legge n. 2212 presentata dall'Onorevole Daga in data 20/03/2014, avente ad oggetto "Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubb/icizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per /'adozione di tributi destinati al suo finanziamento". In esito a quell'esame le Regioni, all'unanimità, espressero parere negativo con il documento Cinsedo prot. 15/104/CR6bis/CS del 20.10.2015. Indipendentemente dalla diversa formulazione del titolo, a distanza di più di quattro anni, le finalità delle due proposte di legge non si discostano significativamente l'una dall'altra, e la proposta CS2, attualmente in esame, presenta, sostanzialmente, le stesse criticità evidenziate nel richiamato parere del 2015 che, pertanto, viene, nella sua generalità, riconfermato. Ribadendo l'anacronismo quale motivo primo di inefficacia della proposta di legge C52, esattamente come venne rilevato per la proposta di legge 2212/2014, per la palese contraddittorietà rispetto ali' evoluzione del quadro normativo in materia, come allora se ne conclude l'esame con esito negativo, non potendosi procedere alla formulazione di proposte emendative puntuali, stante l'esigenza di un'attività profondamente incisiva di restiling complessivo dell'articolato in esame.
Sinteticamente si richiamano, fra i molti presenti, i seguenti principali elementi di criticità.
1) Nella proposta non è indicata, se non in alcuni punti, la modalità di coordinamento con la normativa vigente mancando totalmente il riferimento alle parti della stessa che vanno rettificate e/o sostituite. La proposta, infatti, affronta molteplici aspetti che sono in gran parte ambiti disciplinati dal D.lgs 152/06 e da altre leggi vigenti quali, ad esempio, il D.L. 138/2011 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo) e il R.D. 1775/1933 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici). Tuttavia il tipo di stesura è tale da non chiarire quali articoli di leggi vigenti si intendono modificare o sostituire e, spesso, tale intento non è neppure di immediata comprensione. Ne risulta una disciplina di settore tutta da interpretare e ricostruire, sconnessa da altre nonne del settore che resterebbero invariate in un ambito già complesso per sua natura.
2) La proposta di legge C52 inoltre appare in più punti in forte dubbio di legittimità costituzionale. Si possono, ad esempio, citare:
• la previsione (art. 4 comma I) in base alla quale 1: "I distretti idrografici definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, costituiscono la dimensione ottimale di governo e di gestione dell'acqua.". Tale disposizione, soprattutto nella parte in cui fa riferimento alla "gestione" delle acque è in palese contrasto con il dettato costituzionale declinato nel D.Lgs. 112/1998, che all'art. 89, c. 1, lettera i) assegna alle Regioni, tra le altre, le funzioni relative "alla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo nonché alla determinazione dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi ... ". Peraltro la proposta in oggetto dà anche seguito a tale affermazione prevedendo, tra l'altro, (art. 5 comma I) che: " Il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque è disposto dall'Autorità di distretto". Tale previsione, oltre ad essere in contrasto con il d.lgs. 112/1998, renderebbe anche il sistema del rilascio delle concessioni di derivazione di problematica gestione. Inoltre, una previsione di tale tipo contrasta anche con i principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza ed efficienza cui dovrebbe attenersi il legislatore nel momento in cui provvede ad allocare le competenze amministrative (Costituzione, art. 118, c. I).
La previsione di cui all'articolo 9, c. 1, secondo cui "il S.1.1. è considerato servizio pubblico locale di interesse generale non destinato ad essere collocato sul mercato in regime di concorrenza" contrasta con il dictum della Corte Costituzionale secondo cui il servizio idrico integrato è qualificato come "servizio pubblico locale di rilevanza economica" (sentenza n. 187 del 2011 confermata, tra le altre, dalla sentenza n. 32 del 2015).
3) La proposta di legge C52 propone un cambiamento significativo dell'assetto pianificatorio e regolatorio vigente in materia di servizio idrico integrato (così come disciplinato dalla Parte Terza, Sezione III del d.lgs 152/2006, Gestione delle risorse idriche), riportando, di fatto, la govemance del SII alla situazione antecedente alla rifonna dei Servizi Idrici integrati delineata a scala nazionale dalla L. 36/1994 (Legge Galli). La proposta non appare, anche sul piano tecnico, affatto condivisibile. Infatti, in attuazione di quella importante riforma, tutte le regioni e le PPAA hanno, con norme regionali, disciplinato la materia istituendo le Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale (i vecchi ATO, adesso Enti di governo d'Ambito - EgATO), le quali hanno provveduto ad affidare la gestione e l'erogazione delle tre componenti del SII (Servizi di Acquedotto, Fognatura e Depurazione) ad Aziende (peraltro prevalentemente pubbliche) dotate di adeguata capacità tecnico-organizzativa e gestionale. La suddetta organizzazione territoriale e di govemance, attuata da oltre vent'anni in tutta Italia, si è rivelata uno degli elementi essenziali delle politiche per la tutela delle risorse idriche su tutto il territorio nazionale. Si è difatti superata la frammentazione di SII organizzati individualmente dai Comuni, prevalentemente in economia diretta, e si è registrato un progressivo aumento dei volumi di investimento, che hanno consentito uno sviluppo infrastrutturale, anche grazie a importanti opere di interconnessione, tale da raggiungere una significativa copertura territoriale sia del segmento fognatura/depurazione sia per l'acquedotto. La previsione, contenuta nella proposta di legge in esame, di adesione non più obbligatoria dei piccoli comuni (quelli con popolazione inferiore a 5000 abitanti - art. 4 comma 4) alle Egato (rectius Consigli di bacino) rischierebbe, in un servizio con caratteristiche di monopolio naturale (art. 9 comma I) di riportare il sistema ad una frammentazione foriera solo di sprechi e inefficienze. Peraltro, proprio la definizione del SII come "servizio pubblico locale di interesse generale non destinato ad essere collocato sul mercato in regime di concorrenza" di cui al citato art. 9 comma I nega rilevanza economica proprio ad un servizio tecnologico per il quale una gestione di tipo industriale è essenziale a garantire una adeguata stima dei fabbisogni e pianificazione degli interventi nonché la relativa pianificazione finanziaria fondata su entrate tariffarie programmabili. Il principio di gestione di rilevanza economica è fondamentale ai fini della organizzazione di un servizio che garantisca l'effettiva copertura dei costi operativi e di investimento. Tale impostazione non contrasta peraltro con la possibilità di introdurre fonne di agevolazione tariffaria per le fasce deboli (già presenti nella attuale normativa), né per la fornitura di livelli minimi di erogazione.
Peraltro, l'articolazione attuale su base tariffaria non si pone in contrasto, in linea di principio, con la possibilità di introdurre contributi derivanti da una fiscalità generale integrativa, individuati con apposite norme finanziarie nazionali (la stessa proposta introduce una commistione fra fiscalità generale e tariffa, art. 14, in cui sembrerebbe che tutti i costi di esercizio, escluso il quantitativo minimo vitale, vadano coperti da tariffa).
Qui di seguito invece le osservazioni sulla proposta di legge C773
Fermo restando quanto evidenziato in premessa, la proposta C773 propone un'azione di più consono inserimento nella vigente disciplina, dimostrando sufficiente riguardo del vigente quadro normativo, con la conferma, in particolare, dei soggetti cui sono attribuite le competenze fondamentali (Presidenza del consiglio, MAITM, Regioni, Autorità distrettuali, Enti di Governo dell'Ambito, ARERA). Ciò ha consentito un esame puntuale del testo, riportato nel documento allegato al quale si rimanda integralmente.
Le conclusioni della Conferenza Stato Regioni in merito alla questione dell'acqua pubblica sono state le seguenti::
Il servizio idrico integrato è dotato di una disciplina compiuta che è perfettibile, ma che finalmente ha trovato una propria coerenza ed organicità di fondo che vanno preservate.
Le Regioni e le Province autonome ribadiscono l'unanime contrarietà alla proposta di legge C52 per le motivazioni sopra esposte e riconfermano il parere negativo espresso a suo tempo con il documento adottato dalla Conferenza delle Regioni prot. 15/104/CR6bis/C5 del 20.10.2015, relativo all'analoga proposta di legge n.2212 presentata in data 20/03/2014. Non è di secondaria importanza, inoltre, un richiamo alla possibile incostituzionalità per violazione delle norme di approvazione degli statuti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano. Per quanto riguarda la proposta di legge C773, si condivide l'esito emendativo, il quale è stato riportato nel documento allegato sulla base delle osservazioni formulate dalle Regioni e dalle Province autonome. La proposta di legge C773 infatti presenta un testo la cui architettura permette un più consono inserimento nella vigente disciplina in materia, dimostrando sufficiente riguardo del quadro normativo consolidato, senza stravolgere l'attribuzione delle competenze fondamentali.
Quello che sicuramente serve sulla materia della gestione delle acque pubbliche è dare attuazione alle norme esistenti risolvendo in via dedicata eventuali criticità locali.

IL MIO CONTRIBUTO AL PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELLA TRASPARENZA DEL COMUNE DI SABAUDIA


In data 23 gennaio ho risposto all'avviso del Comune di Sabaudia per dare il mio contributo per il nuovo Piano triennale per la prevenzione della corruzione.
Sia per la trasparenza che per la prevenzione della corruzione ho segnalato le purtroppo numerose criticità dell'ente al fine di arrivare in tempi speriamo contenuti alla loro eliminazione.
Si tratta di una nota di dieci pagine fitte riferite a tutte le missioni del Comune corredate anche del relativo scenario (ad esempio per l'urbanistica il numero degli abusi, le vertenze giudiziarie, ecc.).
Naturalmente non mi illudo sui risultati ma nel caso in cui non ci fossero riscontri positivi avrò a disposizione uno strumento per agire nei confronti dei responsabili.
Molta responsabilità ricadrà sul titolare monocratico dell'Organismo Indipendente di Valutazione che annualmente deve riferire all'ANAC sullo stato dell'arte in ogni pubblica amministrazione sia per la trasparenza che per la prevenzione della corruzione.

UN NUOVO PATTO PER LA SALUTE PER GARANTIRE EQUITA' A TUTTI

Alcuni mesi fa in occasione dell'esame del DEF la Conferenza Stato regioni affermò che è necessario aggiornare i contenuti del vecchio Patto Salute 2014 – 2016, le priorità sanitarie e il quadro finanziario per il futuro. e che è stato consegnato al Governo. 
Per la precisione relativamente alla sanità, secondo le Regioni è necessario: – stabilizzare la crescita del Fondo Sanitario Nazionale in rapporto al Pil per garantire i nuovi Lea previsti con Dpcm ricordando che quota parte delle risorse è vincolata per il rinnovo dei contratti del personale dipendente e convenzionato del Ssn; – definire un nuovo programma pluriennale di investimenti per l’edilizia sanitaria. 
Le regioni avevano evidenziato che: “La previsione del rapporto fra spesa sanitaria e PIL presenta un profilo crescente solo a partire dal 2022 attestandosi al 7,7% nel 2060”.
Ora la richiesta è divenuta più pressante anche a causa del mancato rispetto di alcuni impegni in sede di approvazione definitiva del bilancio dello Stato per l'anno 2019 che non ha aumentato le risorse a disposizione.
Si parla oramai apertamente del fatto che è a rischio l'equità del nostro SSN aggredita da più parti. 
Un nuovo Patto per la salute è atteso, ma sarà poi rispettato ? 

giovedì 24 gennaio 2019

UNA VERTENZA NAZIONALE PER LA DIFESA E LO SVILUPPO DELLA SANITA' PUBBLICA E' UNO DEI PUNTI DI FORZA DEL DOCUMENTO APPROVATO DAL XVIII CONGRESSO DELLA CGIL

Il documento approvato dal XVIII Congresso nazionale della Cgil, nel corso del quale è stato eletto nuovo segretario generale nazionale Maurizio Landini  ritiene non rinviabile aprire una vertenza nazionale per la difesa e lo sviluppo della sanità pubblica il cui obiettivo prioritario sia ripristinare la garanzia del diritto universale alla salute, incrementando il finanziamento al Fondo sanitario nazionale, garantendo in ogni Regione una dotazione di servizi di prevenzione, ospedalieri e territoriali, adeguata alle esigenze della popolazione. 
Per contrastare i fenomeni della mobilità passiva e degli inaccettabili tempi d’attesa occorre potenziare la strumentazione e gli organici, rafforzare il rapporto di lavoro esclusivo dei medici e verificare l’utilizzo dell’intramoenia. 
Tutto ciò, attraverso una riorganizzazione dei servizi più aderente ai bisogni, da realizzare con la partecipazione democratica dei cittadini, senza sottostare a logiche legate ad interessi economici, corporativi o localistici. 
Particolare attenzione deve essere posta ai servizi che attuano la piena applicazione delle legge 194/1978, per garantire la libera scelta di maternità. 
Occorre superare inappropriatezze, diseconomie, fenomeni d’illegalità e investire maggiormente, anche attraverso un apposito piano nazionale, nella prevenzione e nella rete dei servizi socio-sanitari territoriali, ad iniziare dalle case della salute, dalle strutture residenziali e semi-residenziali per i non autosufficienti, dall’assistenza domiciliare integrata, con una attenzione alla medicina di genere. 
È necessario inoltre investire sulle nuove tecnologie e sul personale, attraverso un piano straordinario per la buona e piena occupazione che vada oltre le stabilizzazioni e il turn over, che superi i diffusi fenomeni di precarietà, favorisca la formazione e la partecipazione di tutti i lavoratori e le lavoratrici della sanità pubblica e privata. 
Inoltre è ormai ineludibile superare il numero chiuso per l’accesso ai corsi universitari per medici e professioni sanitarie. Vanno eliminati immediatamente i super ticket e modificato l’attuale sistema dei ticket, rendendolo equo per tutti e compatibile con l’accesso alle prestazioni.

LI GUADAMMI DE MARIA CAZZETTA

Da alcune decine di anni, specialmente grazie al Ministero del Tesoro (oggi Ministero dell’economia e delle finanze) per contenere la spesa delle pubbliche amministrazioni (ma specialmente quella degli enti locali e della sanità) è stato stabilito il blocco delle assunzioni. 
A questo è stato aggiunto anche l’obbligo di affidare all’esterno tutti i servizi a rilevanza economica eliminando la possibilità di gestione diretta degli stessi. 
Non essendo stata fatta alcuna simulazione i risultati di queste scelte sono stati imprevedibili e in molti casi controproducenti tanto che la spesa molto spesso anziché diminuire è aumentata. 
La spiegazione è nel fatto che ad esempio negli ospedali l’affidamento all’esterno di alcuni servizi cosiddetti economali è avvenuta senza prevedere adeguati capitolati speciali e senza organizzare appropriati controlli per cui oltre a spendere somme anche rilevanti spesso non si è ottenuto neanche l’atteso miglioramento della qualità. 
Nei primi anni si è assistito ad una vera e propria corsa verso l’outsourcing come se fosse la panacea a tutti i mali della sanità. 
Purtroppo quasi ovunque sono stati dismessi i macchinari, si sono perdute le professionalità, anche i locali precedentemente utilizzati sono stati destinati ad altre attività, per cui sarebbe difficile oggi tornare indietro. 
I manager che entusiasticamente hanno sposato queste scelte sono stati premiati come innovatori. 
Così oggi nella quasi totalità degli ospedali sono affidati a ditte o cooperative esterne: il confezionamento e la distribuzione del vitto, le pulizie dei reparti, delle sale operatorie, ecc., il lavaggio della biancheria piana e delle divise, la manutenzione degli immobili, la manutenzione delle apparecchiature, la gestione del software, la gestione dell’archivio delle cartelle cliniche, il servizio di guardiania, ecc. 
Ma con il sistema dell’affidamento all’esterno è stato anche reclutato personale di assistenza mentre per i medici sono state seguite procedure anomale rispetto al D.lgs 165/2001 stipulando contratti con soggetti in possesso di partita IVA. 
Così mentre i costi del personale sono formalmente discesi quelli per l’affidamento all’esterno dei servizi sanitari ma anche economali ed amministrativi sono saliti vertiginosamente.
Nella legge di bilancio dello Stato invece di aumentare il valore del Fondo Sanitario Nazionale si parla nuovamente di efficientamento dei servizi: una parola che dopo anni che la sanità pubblica tira la cinghia è apparsa a molti offensiva.
Ora il Consiglio regionale del Lazio ha previsto nella legge di bilancio 2019 di introdurre la re-internalizzazione dei servizi, ma non sarà facile ritrovare i locali, ricostruire organizzazioni, professionalità, acquisire apparecchiature e strumenti di lavoro.
Il valore della gestione e produzione diretta di alcuni servizi non ha eguale anche per la fidelizzazione dei pazienti/clienti.
Per il titolo di questo post è stato utilizzato un famoso detto romano riferito ad un personaggio di fantasia famoso perché dalla previsione di guadagni immaginari otteneva solo affari andati a male.
Sarebbe ora che alcuni manager della salinità che si chiedono come mai i pazienti siano in fuga verso altre Aziende, magari di altre regioni cominciassero a riflettere sui dati in bilancio e sulla qualità dei servizi oggi offerti ai loro pazienti. 

mercoledì 23 gennaio 2019

SCOPERTI SCHELETRI NEANDERTHALIANI NELL'IRAQ SETTENTRIONALE DA ARCHEOLOGI DELL'UNIVERSITA' DI CAMBRIDGE


Elizabeth Culotta su Science ci raccolta come per decine di migliaia di anni, i soffitti alti, il pavimento in terra piatta e la vista sul fiume della Grotta di Shanidar hanno lanciato segnali agli antichi esseri umani. 
La grotta, nei Monti Zagros dell'Iraq settentrionale, un tempo ospitava almeno 10 uomini di Neanderthal, che furono dissotterrati a partire dagli anni '50. 
Uno scheletro aveva così tante ferite che probabilmente aveva bisogno di aiuto per sopravvivere, e un altro era stato spolverato di polline, suggerendo che qualcuno aveva deposto fiori durante la sepoltura. 
La rara scoperta ha inaugurato un nuovo modo di pensare a Neanderthal, che fino a quel momento erano stati spesso considerati dei bruti. "Sebbene il corpo fosse arcaico, lo spirito era moderno", scrisse l'escavatore Ralph Solecki di Neanderthal, in Science, nel 1975. 
Ma alcuni scienziati dubitavano che il polline fosse parte di un'offerta di fiori, e altri dubitavano che i Neanderthal potessero anche seppellire i loro morti. 
Nel 2014, i ricercatori sono tornati a Shanidar per scavare ulteriormente e hanno trovato altre ossa di Neanderthal. 
Poi, lo scorso autunno, dissotterrarono un altro Neanderthal con un cranio schiacciato ma completo e il torace superiore, oltre a entrambi gli avambracci e le mani. 
Dal 25 al 28 gennaio, gli scienziati si riuniranno in un seminario presso l'Università di Cambridge, nel Regno Unito, per discutere cosa suggeriscono le nuove scoperte sulla visione di Neanderthal della morte. La scienza ha incontrato l'archeologo e co-leader Christopher Hunt della Liverpool John Moores University nel Regno Unito per saperne di più.

UN SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE CHE NON E' PIU' IN GRADO DI GARANTIRE L'EQUITA' AI CITTADINI

Questa mattina, presso la sala dei gruppi parlamentari della Camera in via di Campo Marzio è stato presentato il 14° Rapporto del CREA sanità dell'Università di Tor Vergata.
Dopo una breve introduzione del Rettore dell'Università ha preso la parola il prof. Spandonaro che ha illustrato le linee guida del lavoro per poi lasciare l'illustrazione delle varie parti del rapporto e delle relative slides alla prof.ssa Barbara Polistena.
Si sono poi succeduti moltissimi interventi di notevole spessore: dal capo di Gabinetto del Ministero della salute il Consigliere  Carpani,  all'assessore dell'Emilia e Romagna Venturi, al dott. Scotti, segretario nazionale della FIMG, al presidente della Fiaso Ripa di Meana.
Molti degli intervenuti si sono soffermati sul termine "efficientamento" del SSN contenuto nella legge di bilancio 2019 al comma 515.dell'art.1 secondo cui  "Per gli anni 2020 e 2021, l’accesso delle regioni all’incremento del livello del finanziamento rispetto al valore stabilito per l’anno 2019 è subordinato alla stipula, entro il 31 marzo 2019, di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per il Patto per la salute 2019-2021 che contempli misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi". Dopo tanti anni di blocco delle assunzioni, ma non dell'affidamento di servizi all'esterno, suona veramente offensivo per molti operatori ed amministratori, mentre non si parla di messa in pratica dei costi standard.
A tutti gli intervenuti è stato fatto omaggio di una copia del rapporto che quest'anno ha raggiunto le 532 pagine ricche di moltissimi grafici per la prima volta a colori. 
Dopo aver dimostrato che l'Italia è uno dei Paesi più longevi al mondo, risultato questo raggiunto con poca spesa rispetto agli altri paesi dell'occidente europeo,è stato illustrato ampiamente il problema delle spese out of pocket  che è in continua ascesa specialmente nel nord Italia.
Per la prima volta il rapporto viene affrontato il problema del fatto che il SSN non garantisce adeguatamente l'equità creando disagio economico al 5,5% delle famiglie, un disagio che è più accentuato al sud (7,9%) che al nord (3,5%). 

ARRIVANO I FONDI PER I PIANO SOCIALI DI ZONA


La Direzione regionale inclusione sociale con Determinazione 19 dicembre 2018, n. G16937 ha attuato l'impegno in favore di Roma Capitale e degli Enti capofila dei distretti socio sanitari degli stanziamenti per 'anno 2018 relativi alla Misura 1 dei Piani Sociali di Zona distrettuali, di cui all'art. 48 della legge regionale10 agosto 2016, n. 11, per una somma complessiva di euro 39.632.995,43 sull'esercizio finanziario 2018, di cui euro 11.300.000,00 sul capitolo H41131 (Programma 02 della Missione 12), di euro 21.128.804,55 sul capitolo H41106 ed euro 7.204.190,88 sul capitolo H41924 (Programma 07 della Missione 12) e prenotazione di impegni per euro 10.535.353,22 sul capitolo H41924 dell'esercizio finanziario 2019, in esecuzione del combinato disposto della deliberazione della Giunta regionale del 9 ottobre 2018, n. 569, e della deliberazione della Giunta regionale del 23 novembre 2018, n. 717.

END OF WASTE

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome comunica che nella riunione del 17 gennaio ha affrontato le problematiche dell’End of Waste, letteralmente la "cessazione della qualifica di rifiuto". In realtà si usa tale termine per riferirsi al processo di recupero relativo ad rifiuto. Un processo grazie al quale il rifiuto cessa di essere tale e diventare "prodotto". 
Nello specifico le Regioni hanno approvato all’unanimità un ordine del giorno che condivide alcuni emendamenti al disegno di legge di conversione in legge del D.L. 135/2018 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), all’esame del Senato, finalizzati a superare le criticità determinatesi a seguito della sentenza del Consiglio di Stato (n.1129 del 28 febbraio 2018) secondo la quale spetta solo allo Stato (con il Ministero dell’Ambiente) il potere di stabilire cosa possa essere qualificato come “End of Waste”, cioè materiale non più considerato come rifiuto in quanto oggetto di trattamento e recupero differenziato. Rispetto a tali emendamenti, le Regioni propongono alcune osservazioni ulteriori nell'auspicio che possano essere condivise nel prosieguo dell’iter legislativo.
Il testo del'ordine del giorno è stato poi inviato dal Presidente, Stefano Bonaccini, a Stefano Borghesi e a Mauro Coltorti, ripettivamente Presidenti della Commissione I e VIII del Senato e alla relatrice , Daisy Pirovano.
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con riferimento alle problematiche dell’End of Waste, preso atto favorevolmente delle proposte di emendamento al ddl in oggetto finalizzate a superare le criticità determinatesi a seguito della sentenza 1129 del 28/02/2018 del Consiglio di Stato, ribadiscono la necessità di salvaguardare l’efficacia delle autorizzazioni in essere rilasciate dalle Regioni, proponendo altresì, nelle more dell’emanazione della normativa nazionale, l’applicazione del principio di cedevolezza nella materia de qua che, nel rispetto della competenze dello Stato, scongiura il prolungarsi di vuoti normativi in un ambito cruciale per il ciclo dei rifiuti e per la realizzazione dell’economia circolare.
Ciò premesso le Regioni visti i contenuti delle proposte emendative MORONESE e ARRIGONI osservano quanto segue:
-entrambe le proposte prevedono una riformulazione dell’art.184-ter del Codice dell’Ambiente condivisibile nelle finalità;
-tuttavia la formulazione della proposta MORONESE necessita modifiche utili allo sblocco delle azioni di riciclo dei rifiuti, impedite dalla sentenza del Consiglio di Stato sopra menzionata. In particolare le Regioni ritengono necessario:
-al comma 4 eliminare le parole "(omissis) definite con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, non avente natura regolamentar, delle condizioni di cui al comma 1 e dei requisiti di cui all’art.6, paragrafo 2,lettere da a) a e), della predetta Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, e tenendo comunque conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana:"
-al comma 6 dopo le parole "fatte salve" eliminare le parole "ove conformi alle disposizioni del decreto di cui all’articolo 184-ter".
Con riferimento alla proposta ARRIGONI le Regioni ritengono che essa sia condivisibile salvo il comma 6 che istituisce un Registro nazionale degli impianti di recupero dei rifiuti che si ritiene ridondante. Identica disposizione è riportata nell’emendamento MORONESE e se ne propone lo stralcio in ambedue i testi.

martedì 22 gennaio 2019

PARTE IL SISTEMA NAZIONALE DELLE CICLOVIE

Sulla Gazzetta Ufficiale n.18/2019 è stato pubblicato il Decreto del Ministero per le infrastrutture e i trasporti con i finanziamenti per il sistema nazionale di ciclovie turistiche.
Un progetto molto interessante per lo sviluppo di questo tipo di turismo.
Nonostante gli annunci di alcuni politici i finanziamenti concessi riguardano solamente quelli compresi nella tabella allegata.
1) La ciclovia del sole interessa la regione Veneto, la regine Lombardia, la regione Emilia e Romagna e la regione Toscana;
2) la ciclovia Vento interessa ancora la regione Veneto, la regione Emilia e romagna, la regione Lombardia e la regione Piemonte;
3) la ciclovia dell'acquedotto pugliese interessa la regione Campania, la regione Basilicata e la regione Puglia;
4) la ciclovia del Grande Raccordo Anulare della bicicletta interessa solo la città di roma Capitale.
E' evidente che le altre città del Lazio interessate alle ciclovie dovranno trovare il modo di agganciarsi al nuovo GRA attraverso percorsi che colleghino tutte le province.

lunedì 21 gennaio 2019

L'AGRICOLTURA ITALIANA E' IN MANO AI GIOVANI, MA UN TERZO E' DONNA

L'Italia ha l'agricoltura più eco-sostenibile d'Europa, come emerge dai dati del Rapporto GreenItaly 2018 di Unioncamere e Fondazione Symbola, ma lo si deve soprattutto alle nuove generazioni. 
Se un tempo si sosteneva che, per chi non era in grado di fare nulla, l'unica soluzione era quella di occuparsi dei campi, oggi lo scenario è molto diverso.
La necessità di tutelare l'ambiente, di avere prodotti di qualità sempre più elevata, di sviluppare processi 'sostenibili' richiede competenze specifiche, in linea con gli ultimi ritrovati. 
Oggi, chi porta avanti un'azienda di campagna (o di montagna o specializzata nella pesca), molto spesso ha una laurea oppure ha seguito un corso di formazione ad hoc ed è aggiornatissimo sul settore. Alla fine del 2017, sul nostro territorio sono state censite ben 55.121 imprese agricole guidate da under 35, con un incremento del +6% rispetto all'anno precedente. Ponendo l'Italia ai vertici nell'Unione Europea per aziende condotte da giovani.
Ad incuriosire è il profilo di questi agricoltori del terzo millennio: 1 su 4 è laureato e conosce una o più lingue straniere (almeno a livello scolastico), mentre 8 su 10 sono abituati a viaggiare e andare spesso all'estero. Un dato arricchito dalle modalità di gestione delle attività: i giovani agricoltori, tra le altre cose, sfruttano sempre di più il web e la tecnologia per promuovere i propri prodotti. Lo testimoniano i tanti casi di aziende agroalimentari che ormai hanno attivato un servizio di e-commerce. Le nuove generazioni, dunque, hanno interpretato in chiave innovativa le opportunità offerte dal mondo rurale. Offrendo tanta varietà di servizi: dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, dall'agricoltura sociale all'agribenessere. 
Un contributo fondamentale, in questa piccola rivoluzione, è stato sicuramente dato dalla componente femminile. Le donne imprenditrici agricole sono due volte giovani, per data di avvio dell'attività e per incidenza di imprenditrici under 35.
Se andiamo a vedere i dati relativi alle nuove aziende (fondate dal 2010 a oggi), ben 4 su 10 sono guidate da donne. Rafforza il quadro il fatto che, tra gli uomini, solo 3 aziende agricole su 10 hanno meno di sette anni. Inoltre, attualmente, un terzo delle imprese del settore hanno un titolare donna, con una distribuzione omogenea su tutto il territorio, dalla pianura alla montagna. Potremmo quasi parlare di un "processo di femminilizzazione" dell'agricoltura italiana. Un'imprenditoria particolarmente multifunzionale, che conta ad esempio 1.371 fattorie didattiche, accogliendo le scuole e attivando un collegamento diretto tra città e campagna, far conoscere l'ambiente agricolo, l'origine dei prodotti alimentari e la vita degli animali. 
L'intero mondo agricolo a trainare la nostra economia, specie se lo confrontato col panorama europeo. Siamo, infatti, al primo posto nell'Unione anche per il valore aggiunto prodotto: 31,5 miliardi di euro, pari al 18% della quota complessiva generata dall'UE a 28. Dati che ci pongono davanti a nazioni geograficamente ben più estese di noi, come Francia (28,8 miliardi), Spagna (26,4 miliardi), Germania (17,5 miliardi). Considerando, inoltre, sia agricoltura che silvicoltura e pesca, l'incidenza del valore aggiunto sul Pil è pari al 2,2% (36,2 miliardi euro), podio europeo subito dopo la Spagna (2,8%) ma davanti a Francia (1,7%) e Germania (inferiore all'1%).

INVIATO IL MIO CONTRIBUTO AL PIANO PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E PER LA TRASPARENZA ALLA ASL LATINA

Ieri 21 gennaio, nel rispetto dei tempi stabiliti dalla ASL Latina ho inviato il mio contributo al Piano triennale per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza.
Si tratta di un documento che mira a migliorare il testo predisposto dagli uffici nel rispetto delle disposizioni dell'ANAC che ha previsto che la bozza del PTPCT, prima di essere approvata in via definitiva debba essere oggetto di una consultazione pubblica ed aperta al contributo dei cittadini.
In primo luogo ho sottolineato come i cittadini abbiano pieno diritto ad essere coinvolti non solo a questo tipo di consultazione ma anche ad altri momenti relativi alle scelte relative alla fase di programmazione ed erogazione dei servizi sanitari con l’obiettivo di raccogliere contributi significativi per il miglioramento continuo dei servizi resi e che tale previsione è stata trasfusa nell'Atto aziendale vigente
Ho anche aggiunto che non risulta che fino ad ora sia stata mai convocata dall’attuale dirigenza della ASL la Conferenza dei servizi prevista dall’art. 14 comma 4 del D.lgs. 229/1999 e dal punto 30 dell’Atto Aziendale.
Inoltre ho rammentato come al punto 32 sempre dell’Atto aziendale si legga che in linea con le indicazioni normative contenute nel D.lgs. n. 502/92, comma 2, art. 4 “Diritti dei cittadini”, il D.lgs. n.150/09 comma 8, art. 4 “Trasparenza, valutazione e merito”, al Tavolo misto permanente della partecipazione dovrebbero essere invitate le organizzazioni civiche e di volontariato che con l’Azienda interagiscono. 
Molti sono stati i contributi forniti in merito alla trasparenza che purtroppo è un poco scarsa sia dal punto di vista degli atti che per quanto riguarda in particolare quella dei rapporti tra le imprese produttrici e i soggetti che operano nella ASL.
Per quanto riguarda in particolare la corruzione ho fornito suggerimenti in merito al miglioramento del documento per ciascuna delle unità operative.
Ho comunque condiviso il principio di introdurre una maggiore integrazione e coerenza con il Piano della performance e con la predisposizione degli obiettivi che sarebbe opportuno stabilire in linea con quelli fissati dalla Regione alla Direzione generale applicando quanto disposto dal D.lgs. 74/2017) e previa intesa anche con l’OIV al fine di poter utilizzare il patrimonio di conoscenze e di esperienza dello stesso e di agevolare il compito di chi è poi preposto alla valutazione. A questo riguardo ho evidenziato che non appare opportuno assegnare ai dirigenti obiettivi rientranti tra i compiti ordinari dato che per lo svolgimento di questi ultimi il personale è già retribuito con il trattamento economico ordinario (cfr. Corte dei conti, Sezione per il controllo per il Veneto, Delibera 513/2015; Consiglio di Stato, Sentenza 8948/2010)
La nota è inviata per conoscenza all’Organismo Indipendente di Valutazione ai sensi delle deliberazioni del Consiglio dell’ANAC nn. 23 e 77 del 2013 che hanno attribuito all’OIV il compito di promuovere e attestare nella propria relazione annuale l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità da parte degli enti locali.

FINALMENTE IL LAZIO AVRA' UNA LEGGE PER IL RIORDINO DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE DI ASSISTENZA E BENEFICENZA.

La commissione Affari costituzionali e statutari del Consiglio Regionale del Lazio, ha dato il via libera alla legge di riordino delle Ipab. 
Il testo unificato, che deriva da due precedenti proposte di legge, prevede il riassetto di questi istituti attraverso la trasformazione in Asp, ai fini della realizzazione di servizi e interventi del sistema integrato sociale. Prevista anche l'istituzione di un fondo di 200mila euro per il 2019 e 220mila per 2020 e 2021. Inoltre, per sostenere le attivita' delle Asp rivolte all'inclusione sociale di ciechi e ipovedenti, e' istituito un altro fondo, pari a 50mila euro, per ciascuna annualita' dello stesso triennio. "Nell'ambito di questa riorganizzazione, abbiamo posto tutele per tutti i lavoratori.
Ora la parola passa all'Aula dove saranno comunque possibili ulteriori emendamenti utili a migliorare questa proposta che gia' da' garanzie anche ai Comuni e a chi ha fondato le Ipab". Cosi' in un comunicato Rodolfo Lena, presidente della Commissione Affari costituzionali e statutari.

BASTA CON LA CENTRALIZZAZIONE DEI SERVIZI SANITARI: TORNIAMO AL DECENTRAMENTO !




La riforma sanitaria ha rappresentato una vera e propria rivoluzione introducendo il principio del decentramento del governo della salute sulla base del fatto che l’erogazione dei servizi sanitari ha natura prettamente locale ed è strettamente legata al territorio. 
L’art.32 della Costituzione tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo. 

In origine la legge 833/78 attribuiva molto potere ai Comuni mirando ad un effettivo decentramento, ma a seguito dell’emanazione del D.lgs 502/1992 è iniziata una vera e propria ri-centralizzazione del potere decisionale costituendo Aziende Sanitarie Locali a livello provinciale privando così gli enti locali della possibilità di intervento sull’organizzazione e la gestione dei servizi, anche se qualcosa potrebbero fare attraverso la Conferenza dei Sindaci prevista dal comma 14 dell’art. 3 del D.lgs.502/1992 (modificato dall'allora ministro Bindi). 
A seguito della modifica del titolo V avvenuta nel 2001 e all’introduzione del federalismo ora l’art. 117 prevede che la tutela della salute costituisca materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. 
Molto importante è stato in questi anni il ruolo svolto dalla Conferenza Stato-Regioni che ha assunto un ruolo crescente nella definizione di scelte condivise e nell’armonizzazione di alcune tematiche. 
Di fatto i Servizi Sanitari Regionali in questi anni si sono molto differenziati specialmente dal punto di vista organizzativo. 
Pertanto, fermo restando che la Repubblica deve assicurare Livelli Essenziali Assistenziali minimi di servizi a tutti i cittadini, qualunque sia la loro regione di residenza, le differenze sono in molti casi rilevanti. 
Il processo di centralizzazione ha subito una decisa accelerazione con la scusa della crisi economica che ha ridotto in maniera considerevole le risorse disponibili per cui le Regioni e le Aziende, su pressione del Governo tendono a contenere la spesa riducendo i servizi sul territorio e concentrandoli nel capoluogo regionale o in quelli provinciali. 
Tale scelta non è condivisibile sia perché aggrava le diseguaglianze preesistenti, ma anche perché ne crea di nuove. 
Chi soffre maggiormente a causa di questo processo di inversione del decentramento sono gli anziani, i soggetti fragili, ma anche le madri e i bambini che vedono allontanarsi dai luoghi dove vivono proprio i servizi loro dedicati. 
Occorre che la Conferenza dei Sindaci assuma un ruolo più forte ed influente a livello regionale per una gestione dell’assistenza con particolare riguardo a quella territoriale, anche per gli aspetti legati alla integrazione socio-sanitaria sulla quale è indispensabile che gli si riconosca un ruolo decisionale. 
Un altro aspetto importante del decentramento è quello di coinvolgere i cittadini nelle scelte e nella valutazione della qualità dei servizi.
Dal punto di vista dei costi se ogni Azienda avesse attuato una spending review le risorse finanziarie, umane e strumentali per assicurare la funzionalità dei servizi sul territorio sarebbero già disponibili. 
Tagliare i servizi sul territorio non significa risparmiare ma perdere utenti che si sentono rifiutati dall’Azienda e finiscono con il rivolgersi al privato con costi che gravano sul bilancio delle ASL. . 
In questo modo, invece di tendere a livello locale alla fidelizzazione dei clienti offrendogli prestazioni appropriate curandone anche, ove necessario gli accertamenti diagnostici o i ricoveri nelle strutture pubbliche, i pazienti vengono allontanati, forse per sempre dato che una volta scelta la via del privato, probabilmente non torneranno più indietro. 
È pertanto evidente quanto sia importante meditare sull’importanza del decentramento e sulla necessità di ritornare a dare ai cittadini adeguati servizi sanitari di prossimità.

sabato 19 gennaio 2019

LA REGIONE LAZIO E I PUNTI ANCORA APERTI DEL PIANO DI RIENTRO

Il quinquennio successivo al 2000 secondo il Ministero della salute è stato caratterizzato nella regione Lazio da azioni di governo, dimostratesi in generale poco efficaci, frammentate e parziali assunte in alcuni casi con molto ritardo, non solo rispetto ai tempi previsti, ma anche rispetto alla necessità di intervenire. 
Un esempio per tutti: le disposizioni riguardanti la definizione dei requisiti minimi strutturali tecnologici ed organizzativi delle strutture che esercitano attività sanitarie sono stati disciplinati, con legge regionale, solo a marzo del 2003 ed i provvedimenti di attuazione di tale legge a maggio del 2005 non erano stati ancora adottati. Per effetto di questi ritardi, nel Lazio si opera ancora in regime di accreditamento provvisorio ed il sistema degli “accordi contrattuali” con i soggetti privati erogatori di prestazioni è stato appena delineato con i provvedimenti assunti dalla nuova Giunta Regionale a partire dall’anno 2005. 
Periodicamente appaiono sul web affermazioni secondo cui la regione Lazio sarebbe uscita dal commissariamento disposto dal Governo a seguito dei noti disavanzi della sanità.
Purtroppo non è così.
Com'è noto Sono sette le Regioni attualmente sottoposte alla disciplina dei Piani di rientro (PdR): Puglia, Abruzzo, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise; le ultime quattro sono commissariate.
Il Ministero della Salute della salute ha fatto il punto della situazione dopo i risultati delle ultime verifiche da parte dei Tavoli di monitoraggio, che si sono svolte nei giorni 18, 24 e 26 luglio 2018 presso la sede del ministero dell’Economia e Finanze e hanno avuto all’ordine del giorno: il risultato di gestione a consuntivo dell’anno 2017; l’esame dello stato patrimoniale 2017; la verifica dell’attuazione dei programmi operativi 2016-2018; la verifica degli adempimenti 2016 e pregressi.
In sei Regioni - Lazio, Abruzzo, Campania, Sicilia, Calabria, Puglia - i Piani di rientro stanno proseguendo attraverso i programmi operativi 2016-2018. Per il Molise è intervenuta una particolare disposizione che ha previsto la definizione di un Programma operativo straordinario 2015-2018.
Ad essere ancora sottoposte alla disciplina dei Pdr sono al momento sette Regioni: Puglia, Abruzzo, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise, le ultime quattro delle quali commissariate. A confermarlo sono i risultati delle ultime verifiche da parte dei Tavoli di monitoraggio, che si sono svolte nei giorni 18, 24 e 26 luglio 2018 presso la sede del ministero dell’Economia e Finanze, con diverse voci all’ordine del giorno: 
-il risultato di gestione a consuntivo dell’anno 2017; 
-l’esame dello stato patrimoniale 2017; 
-la verifica dell’attuazione dei programmi operativi 2016-2018; 
-la verifica degli adempimenti 2016 e pregressi.
Le situazioni di ciascuna Regione sono agevolmente consultabili nelle schede regionali appositamente predisposte, contenenti i risultati delle verifiche, i percorsi dei Piani di rientro, i programmi operativi e le tappe del commissariamento, rese disponibili dal ministero a questi link: Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio,Molise, Puglia e Sicilia.
Per quanto riguarda in particolare il Lazio  l’accordo con il Piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio è stato siglato il 28 febbraio 2007 (poi recepito con Deliberazione della Giunta Regionale - DGR 149 del 6 marzo 2007) e prevedeva una serie di interventi volti al recupero del disavanzo sanitario e alla concomitante riorganizzazione del SSR nel rispetto dell’erogazione dei LEA.
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 2 comma 88 della legge n. 191/2009, il Piano di rientro è poi proseguito attraverso dapprima il Programma Operativo 2010 (da ultimo adottato con il Decreto del Commissario ad Acta - DCA 63/2010), quindi con il Programma Operativo 2011-2012 (DCA 113/2010) e con il Programma Operativo 2013-2015 (DCA 247/2014).
Attualmente è in vigore il Programma Operativo 2016-2018, approvato con DCA 52/2017.
La Regione Lazio a Conto consuntivo 2017 presenta, prima del conferimento delle coperture, un disavanzo di 45,665 mln di euro (il Programma operativo 2016-2018 aveva previsto un disavanzo pari a 58,7 mln di euro). Dopo il conferimento delle coperture fiscali, residua un avanzo di circa 658,741 mln di euro.
I Tavoli hanno valutato, inoltre, che, con riferimento al gettito delle aliquote fiscali che erano prioritariamente destinate all’equilibrio del SSR a seguito della sottoscrizione dell’Accordo per il Piano di rientro, alla luce dei risultati di gestione degli ultimi due anni, ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del decreto legge n. 120/2013, è consentito alla Regione Lazio di destinare all’equilibrio del settore sanitario, a partire dall’anno d’imposta 2019, un gettito fiscale minimo pari a 91,091 mln di euro.
Erogazione dei LEA
Il punteggio consolidato della Griglia LEA anno 2017 è pari a 180 (livello di sufficienza >160), con talune carenze ascrivibili all’offerta territoriale per anziani non autosufficienti e disabili.
Stato di attuazione del Programma Operativo 2016-2018
I Tavoli hanno:
-valutato favorevolmente il miglioramento della quota di residenti che hanno effettuato test di screening oncologici (mammella, cervice uterina e colon-retto) in programmi organizzati, il livello di coperture vaccinali raggiunto, e lo stato di avanzamento delle azioni messe in campo in materia di sanità veterinaria e sicurezza alimentare (tra cui i risultati conseguiti nell’ambito dei piani di eradicazione della brucellosi e della TBC bovina);
-in materia di accreditamento, sollecitato la conclusione del processo di riconduzione alla normativa vigente delle strutture cd. extra-ordinem;
-per quanto attiene la rete ospedaliera ex DM 70/2015 sono rimasti in attesa dell’attuazione della riconduzione delle discipline in eccesso (Chirurgia generale, Neurochirurgia e Chirurgia plastica) come previsto dal cronoprogramma attuativo, al fine di salvaguardare la sicurezza e la qualità dell’assistenza; della trasformazione di tutti i PPI (Punti di primo intervento) in postazioni 118; della riorganizzazione della rete dell’offerta privata accreditata, tenendo conto di quanto previsto dal paragrafo 2.5 del DM n. 70/2015;
per quanto concerne l’offerta territoriale, hanno sollecitato l’implementazione di quanto programmato sull’assistenza ad anziani non autosufficienti e disabili, al fine di garantire un’adeguata risposta assistenziale ai bisogni non soddisfatti;
-riguardo alle cure primarie hanno rammentato la definitiva attuazione di quanto previsto dalla legge n. 189/2012 e dal Patto per la Salute 2014-2016 in materia di forme associative dell’assistenza primaria (Aggregazioni Funzionali Territoriali e Unità Complesse di Cure Primarie);
-con riferimento alle liste di attesa, hanno rilevato il persistere di criticità nei dati contenuti in Tessera sanitaria ex art. 50 2017 e sono rimasti in attesa di aggiornamenti sull’implementazioni delle azioni previste dal Piano regionale Liste di attesa (DCA 110/2017);
-hanno sollecitato la Regione a potenziare le attività inerenti ai flussi informativi, sia in termini di completezza sia di qualità.

LA PROPOSTA DEL COMITATO PER LA DIFESA DEL PPI DI SABAUDIA PER IMPLEMENTARE L'ASSISTENZA TERRITORIALE E PER GARANTIRE IL PRONTO INTERVENTO A LIVELLO DI DISTRETTO.


Il giorno 15 gennaio il Comitato per la difesa del PPI di Sabaudia ha inviato al Direttore generale della ASL, al Presidente della conferenza locale sociale e sanitaria dott. Coletta, al Sindaco di Sabaudia e per conoscenza al presidente della regione Lazio, al presidente della commissione sanità del consiglio regionale e al dirigente dell'area competente della regione Lazio una proposta per risolvere sia l'implementazione dell'assistenza territoriale che la gestione del servizio di pronto intervento sanitario nel rispetto del 3° comma dell'art. 10 della legge 833/78 che attribuisce questo compito ai distretti sanitari di base.
Qui di seguito potete leggere il testo della nota.
"A seguito di una petizione sottoscritta da oltre trecento cittadini e presentata al Sindaco di Sabaudia nell’anno 2014, con deliberazione in data 7 ottobre 2014 la giunta comunale ha adottato la deliberazione avente per oggetto: “Casa della salute; atto di indirizzo”, con la quale è stato chiesto alla Direzione generale della ASL che l’ex ospedale di Sabaudia, che allo stato ospita un Poliambulatorio, il Consultorio, il CSM, il TSRMEE e il Punto di Primo Intervento, sia rimodulato ed adattato alle nuove esigenze istituendo una Casa della salute secondo il modello organizzativo approvato dalla regione Lazio. 
Fino ad ora non si è avuta alcuna risposta in merito a detta proposta anche se la Regione Lazio con vari atti, tra cui la DCA U000052/2017, si è impegnata con il Ministero della salute e con quello dell’economia e delle finanze ad aprire una casa della salute in ogni distretto. 
Al momento nella provincia di Latina è stata inaugurata solamente la Casa della salute di Sezze e pur mancando un atto di programmazione per definire la localizzazione delle altre, sarebbero stati stanziati finanziamenti per aprirne una ad Aprilia e una a Gaeta. 
Nel frattempo, com’è noto è stato emanato dal Ministero della salute e da quello dell’economia il D.M. 2 aprile 2015, n. 70 con cui è stato approvato il regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera in base al quale il PPI dovrebbe essere trasformato in una postazione medicalizzata del 118, implementando l’attività territoriale al fine di trasferire al sistema dell’assistenza primaria le patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero secondo protocolli di appropriatezza condivisi tra 118, DEA, HUB o spoke di riferimento e Distretto. 
Al riguardo questo Comitato, tra il 1° e il 15 agosto 2018, si è reso promotore di una raccolta di firme in difesa del Punto di Primo Intervento che ha raggiunto il numero di 8767 e che è stata consegnata alla ASL Latina il 21 agosto. 
Da parte della ASL pur essendo stati previsti modelli di integrazione socio sanitaria , al momento non è stato fatto nulla per implementare l’assistenza territoriale, benché la popolazione sia giunta a n. 20.536 abitanti, cui si devono aggiungere i militari della locale Stazione dell’Arma dei carabinieri, i militari in servizio presso il Comando dell’artiglieria controaerei, gli allievi della Scuola Sottufficiali dei Carabinieri Forestali e i militari in servizio presso il Parco Nazionale del Circeo, gli atleti e il personale militare del Centro sportivo remiero della Marina Militare, gli atleti del III Nucleo sportivo della Guardia di Finanza, i militari della locale Brigata della GdF, i religiosi e le religiose della Parrocchia, i docenti e gli allievi degli istituti scolastici. A questi vanno aggiunti il personale e gli operai delle numerose aziende operanti nei vari settori dell’industria e dell’agricoltura (tra i quali molti migranti) oltre che dei servizi alla persona. 
Sabaudia è una località turistica e le presenze durante il periodo estivo raggiungono il numero di 200.000 c.a., ma anche negli altri periodi c’è un turismo culturale, ambientalista e sportivo (molte équipe di canottaggio dei Paesi del nord Europa nei mesi invernali si allenano a Sabaudia). 
Pertanto, tra i Comuni del Distretto 2 si rappresenta l’opportunità di individuare Sabaudia come sede della Casa della salute, sia per favorire il decentramento e il potenziamento dei presidi di prossimità alla persona, sia perché Latina ha già una adeguata dotazione di strutture sanitarie come l’Ospedale sede di DEA di II livello, numerose case di cura, centri diagnostici e di riabilitazione, ecc.; inoltre Sabaudia rispetto agli altri Comuni del Distretto2 è quello più popoloso e più lontano dal capoluogo; a ciò si aggiunga che la stessa Regione, con DCAU00257/2017 ha previsto, al fine di adempiere a quanto stabilito dal D.M. 70/2015 che le città oggi sede di un PPI siano privilegiate come sede di una Casa della salute. 
La struttura dell’ex ospedale di Sabaudia in via Conte Verde è di proprietà della ASL Latina ed è di dimensioni tali da poter ospitare adeguatamente una Casa della salute essendo necessari solamente alcuni interventi di manutenzione che peraltro avrebbero dovuto essere fatti anche nel rispetto degli obiettivi assegnati alla direzione generale della ASL per l’anno 2018. 
La Casa della salute potrà essere anche lo strumento per l’attuazione a livello locale del Piano Sociale regionale in discussione in questi giorni presso il Consiglio regionale, con particolare riguardo alla integrazione socio sanitaria e la effettiva realizzazione del Punto Unico di Accesso. 
Ciò posto, allo scopo di fornire un contributo alla realizzazione della Casa della salute di Sabaudia con la presente, tenute presenti le più recenti indicazioni della Regione (DCA U00228/2017 e U00257/2017) si desidera proporre alcuni elementi attinenti alla sua organizzazione: 
Moduli di base: 
- Area Ambulatoriale (MMG; specialistica; attività infermieristiche, sorveglianza temporanea); 
- Presidio di diagnostica strumentale per immagini e punto prelievi; 
- Area dell’accoglienza (CUP, PUA, volontariato e mutualità). 
Moduli aggiuntivi: 
- Punto di Primo Intervento (v. DCA 14 settembre 2017, n. U00412, punto 9.3) con personale medico munito di apposito attestato di idoneità all’esercizio dell’attività di emergenza sanitaria territoriale, di adeguata dotazione infermieristica, informatica e tecnologica con orario di apertura H24; 
- Vaccinazioni; 
- Screening (v. DCA U0008/2011, 3.8°); 
- Consultorio; 
- Centro di assistenza domiciliare (v. DCA U0008/2011, 7.0); 
- TSRMEE; 
- Centro di Salute Mentale. 
Ciò premesso, questo Comitato chiede: 
1. che la città di Sabaudia venga formalmente prevista come sede di una Casa della salute ed inserita a pieno titolo nel piano strategico aziendale con i moduli sopra indicati; 
2. che la sua apertura avvenga nel più breve tempo possibile compatibilmente con le risorse disponibili in relazione ai vincoli discendenti da norme statali e regionali; 
3. che in attesa della realizzazione della Casa della salute sia assicurato il mantenimento dell’apertura del Punto di primo intervento H24 con la presenza di personale medico ed infermieristico.