giovedì 31 maggio 2018

LA REGIONE LAZIO CAMBIA IL TRIAGE DEL P.S. MA NELLE PROVINCE MANCANO I SERVIZI DI PRONTO SOCCORSO

Il 30 maggio la Regione Lazio ha presentato il nuovo sistema di Triage Ospedaliero a 5 Codici. 
Il Lazio è la prima Regione a recepire le indicazioni della Conferenza Stato Regioni con un progetto fortemente voluto e sollecitato da operatori e professionisti.
Cosa prevede il programma? Si passa dai consueti 4 Codici a colore (Rosso-Giallo-Verde e Bianco) al nuovo sistema a 5 Codici numerici(dall’1 al 5). In particolare, il codice 1 è quello di emergenza, il 2 quello di urgenza, il 3 di urgenza differibile, il 4 di urgenza minore e il 5 di non urgenza. I codici 1-2-3 sono a media ed alta intensità di cure, il 4-5 a moderata-bassa intensità.
La sperimentazione delle schede a 5 codici ha riguardato 8 Pronto Soccorso generalisti e 3 Pronto Soccorso pediatrici con il coinvolgimento di circa 80 tra medici e infermieri e oltre 7.000 pazienti.
Secondo la regione negli ultimi 8 anni l’andamento complessivo degli accessi ai servizi di emergenza avrebbe  fatto registrare una flessione del 7,3%. 
La cosa è abbastanza strana se si pensa a ciò che avviene in alcuni ospedali in cui un codice rosso deve attendere anche tre ore per essere curato.
Sempre secondo la regione permane una prevalenza del Codice verde, che rappresenta ancora il 65-70% del totale degli accessi. La revisione, al livello nazionale, del sistema di Triage, è derivata anche dalla necessità di ridurre il tasso di errore nell’attribuzione del codice, solitamente più alto proprio quando si tratta di codici verdi.
Non penso che cambiando il sistema del triage si potranno risolvere i problemi del sistema di emergenza urgenza specialmente nelle province della regione Lazio dove la giunta Polverini ha chiuso moltissimi ospedali e con essi altrettanti servizi di pronto soccorso costringendo i pazienti a far riferimento ai pochi servizi rimasti che oramai sono al collasso permanente.
Sarebbe stato necessario valutare meglio le cose prima e comunque rivedere la pianificazione territoriale dei Punti di primo intervento che devono essere dotati di personale qualificato e in numero sufficiente. 
Ancora una volta assistiamo ad una sanità accentrata sui problemi di Roma e dimentica delle province senza rendersi conto che in questo modo si creano porfonde disuguaglianze tra i cittadini. 

COMUNE DI SABAUDIA: PUBBLICATO IL RENDICONTO DELL'ESERCIZIO 2017

ESTRATTO DALLE PREMESSE DELL'ATTO
Il 31 maggio è stata pubblicata sul sito del Comune di Sabaudia la deliberazione n. 32 in data 19 maggio  con la quale è stato approvato il rendiconto dell'esercizio 2017 dell'ente.
Il rendiconto avrebbe dovuto essere approvato entro il 30 aprile. 
L'atto è stato approvato con 11 voti favorevoli e 4 contrari (Avvisati, Secci, Di Capua e Bianchi) e un astenuto (Capriglione) su 16 presenti e votanti.
Per quanti non sono addentro alla materia spiego che il rendiconto è il sistema dei documenti amministrativo contabili che, partendo dalle scritture elementari desunte dalla contabilità generale dovrebbe consentire di rilevare sistematicamente e di rappresentare con chiarezza, alla fine dell’anno solare l’entità e la composizione del risultato economico dell’esercizio di riferimento e della struttura quali-quantitativa del capitale di funzionamento.
L’art. 11 comma 2 del D.lgs 169/2014 prevede che ogni P.A. rediga un rendiconto semplificato per il cittadino, da divulgare sul proprio sito internet, recante una esposizione sintetica dei dati di bilancio, con evidenziazione delle risorse finanziarie umane e strumentali utilizzate nel perseguimento delle diverse finalità istituzionali, dei risultati conseguiti con riferimento al livello di copertura ed alla qualità dei servizi pubblici forniti ai cittadini e dell’eventuale relativo scostamento tra costi standard e costi effettivi. 
Fino ad ora l'ente non ha pubblicato il rendiconto semplificato.
È previsto anche un meccanismo sanzionatorio per gli enti inadempienti ai sensi dell’art. 47 del D.lgs 33/2013.

IL PARLAMENTO EUROPEO INVITA GLI STATI MEMBRI A CONTRASTARE LE FORME DI LAVORO PRECARIO

Lotta al precariato: stessi salari e protezioni tra precari e non e stop ai contratti a "zero ore". M5s: "Schiaffo al Jobs Act"

Il Parlamento della UE ha invitato la Commissione e gli Stati membri a combattere gli effetti perversi del lavoro precario, assicurando la stessa protezione e la stessa retribuzione tra precari e non-precari e lo stretto rispetto della direttiva UE sull'orario di lavoro, valida anche per i contratti a "zero ore". 
La risoluzione è stata approvata ieri a Strasburgo con 312 sì, 75 no e 155 astensioni e segue una serie di petizioni ricevute dal Parlamento che hanno segnalato contratti e accordi di lavoro illegali, presunti e sleali, provenienti da tutta l’UE.
Servono meno contratti a zero ore e più ispezioni
Gli Stati membri dovranno contrastare le forme di lavoro precario, come i cosiddetti contratti a “zero ore”, che non prevedono un numero minimo di ore di lavoro garantite.
Inoltre gli stati membri dovranno controllare che i datori di lavoro rispettino la direttiva sull'orario di lavoro in modo che siano coperti dalle norme sui periodi minimi di riposo e sui periodi massimi di lavoro. 
Le ispezioni sul posto di lavoro sono inoltre necessarie affinché i lavoratori soggetti a contratti temporanei o flessibili possano beneficiare almeno della stessa protezione degli altri lavoratori.
Secondo la UE  occorre tramutare i contratti a tempo determinato in tempo indeterminato
L’interpretazione della Corte UE che ribadisce come i contratti a tempo determinato ripetuti dovrebbero essere tramutati in contratti a tempo indeterminato, deve essere adeguatamente rispettata da tutti i Paesi Ue e coerentemente inserita nei rispettivi quadri giuridici.
I deputati denunciano inoltre il rinnovo dei contratti a tempo determinato al fine di coprire esigenze non temporanee ma fisse e permanenti e insistono sul fatto che i Paesi Ue debbano valutare la legislazione sul lavoro precario considerando il suo impatto di genere, in quanto le donne costituiscono un gruppo che continuerà a essere colpito in modo eccessivo dal fenomeno. 
La commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha ricevuto circa 80 richieste su casi simili da tutta l’Unione, tra cui Italia, Spagna, Portogallo, Polonia, Slovenia, Regno Unito, Grecia e Francia.




DALLA UE UN FONDO DI 25 MILIARDI PER SOSTENERE LE RIFORME

La Commissione europea ha proposto per il prossimo bilancio pluriennale dell'Ue 2021-27 la creazione di un Programma di sostegno alle riforme, con una dotazione di 25 miliardi di euro, e una Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti, che mira a stabilizzare i livelli degli investimenti pubblici e facilitare la ripresa economica nel caso di choc economici significativi negli Stati dell'Eurozona, con una dotazione di 30 miliardi di euro. 
La Funzione agirà a complemento delle strutture nazionali già esistenti: i prestiti, garantiti dal bilancio Ue, saranno soggetti a "stringenti criteri" e condizionati ad una politica di bilancio e macroeconomica "solida", spiega il commissario europeo agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici. Mentre il piano Juncker mira a sostenere le imprese, la Funzione è dedicata ad aiutare gli Stati, nel caso in cui si trovino in difficoltà economiche, dato "che gli choc colpiscono prima di tutto gli investimenti", dei quali invece c'è bisogno nei momenti difficili. 
Il programma di sostegno alle riforme, che spesso sono "impopolari", come riconosce il vicepresidente Valdis Dombrovskis, mira a fornire agli Stati incentivi affinché le riforme siano attuate. 
Si comporrà di tre elementi, uno per fornire assistenza finanziaria; un altro per fornire sostegno e aiuto a livello tecnico; un altro ancora dedicato agli Stati che devono ancora adottare l'euro.

NASCE LA PROTEZIONE CIVILE EUROPEA

Più rapida e con più mezzi: nasce RescEU, la protezione civile europea

Lentamente rispetto alle aspettative dei cittadini, ma finalmente comincia a crescere una organizzazione europea che non si occupa solo degli aspetti finanziari.
Il Parlamento della UE ha approvato proprio ieri una serie di proposte di miglioramento del corpo UE di intervento per le calamità, un testo firmato dall'eurodeputata di Forza Italia-Ppe Elisabetta Gardini ed approvato con 312 voti a favore, 75 contrari e 155 sì.
L'obiettivo è quello di migliorare la risposta a incendi boschivi, tempeste e inondazioni, aiutando gli Stati membri a reagire più rapidamente e più efficacemente alle catastrofi naturali e a quelle dolose, condividendo in modo più efficiente i mezzi della protezione civile. 
Il disegno di legge prevede la costituzione di una riserva "RescEU" di mezzi, quali aerei antincendio forestali, pompe ad alta capacità, ospedali da campo e squadre mediche di emergenza, da utilizzare in tutti i tipi di emergenza.
"RescEU" sarà in grado di comprare o affittare attrezzature proprie, in aggiunta a quelle degli Stati membri. 
L'obiettivo è quello di fornire sollievo laddove i Paesi UE non siano in grado di farlo, ma non deve essere utilizzato per sostituire le loro capacità e responsabilità.

LA GIORNATA MONDIALE DEL NO AL TABACCO

Ogni anno, il 31 maggio, l'OMS e i suoi partner celebrano il World No Tobacco Day (WNTD), evidenziando la salute e altri rischi associati all'uso del tabacco, e sostenendo politiche efficaci per ridurre il consumo di tabacco.
L'obiettivo di World No Tobacco Day 2018 è "Tabacco e malattie cardiache". La campagna aumenterà la consapevolezza su:
  • collegamento tra tabacco e cuore e altre malattie cardiovascolari (CVD), tra cui ictus, che combinati sono le principali cause di morte nel mondo;
  • azioni e misure attuabili che il pubblico chiave, compresi i governi e il pubblico, può adottare per ridurre i rischi per la salute del cuore posti dal tabacco.
La Giornata mondiale senza tabacco 2018 coincide con una serie di iniziative e opportunità globali volte ad affrontare l'epidemia di tabacco e il suo impatto sulla salute pubblica, in particolare nel causare la morte e la sofferenza di milioni di persone a livello mondiale. Queste azioni comprendono le iniziative globali Hearts e RESOLVE supportate dall'OMS, che mirano a ridurre le morti per malattie cardiovascolari e migliorare l'assistenza, e la terza riunione ad alto livello dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili, che si terrà nel 2018.
Come il tabacco mette in pericolo la salute del cuore delle persone in tutto il mondo
-World No Tobacco Day 2018 si concentrerà sull'impatto che il tabacco ha sulla salute cardiovascolare delle persone in tutto il mondo.
-L'uso di tabacco è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di malattie coronariche, ictus e malattie vascolari periferiche.
-Nonostante i noti danni del tabacco alla salute del cuore e la disponibilità di soluzioni per ridurre la morte e le malattie correlate, la conoscenza tra le grandi sezioni del pubblico che il tabacco è una delle principali cause di CVD è bassa.
Fatti su tabacco, cuore e altre malattie cardiovascolari
-Le malattie cardiovascolari (CVD) uccidono più persone di qualsiasi altra causa di morte in tutto il mondo, e l'uso di tabacco e l'esposizione al fumo di seconda mano contribuiscono a circa il 17% di tutte le morti per malattie cardiache. L'uso del tabacco è la seconda causa principale di CVD, dopo l'ipertensione.
-L'epidemia di tabacco globale uccide più di 7 milioni di persone ogni anno, di cui quasi 900.000 sono i non fumatori che muoiono di respirare fumo passivo. Quasi l'80% degli oltre 1 miliardo di fumatori in tutto il mondo vive in paesi a basso e medio reddito, dove il peso delle malattie e della morte legate al tabacco è più pesante.
-Le misure dell'OMS MPOWER sono in linea con la Convenzione quadro dell'OMS sul controllo del tabacco (FCTC dell'OMS) e possono essere utilizzate dai governi per ridurre l'uso del tabacco e proteggere le persone dalle malattie non trasmissibili. Queste misure includono:
Monitorare l'uso del tabacco e le politiche di prevenzione;
-Proteggere le persone dall'esposizione al fumo di tabacco creando luoghi pubblici al chiuso completamente senza fumo, luoghi di lavoro e trasporti pubblici;
-Offrire aiuto per smettere di fumare (sostegno coperto dalla copertura dei costi, compreso un breve consiglio da parte di operatori sanitari e linee di smistamento nazionali gratuite);
-Avvertire i pericoli del tabacco implementando imballaggi semplici / standardizzati e / o grandi avvertenze di salute grafica su tutti i pacchetti di tabacco e implementando efficaci campagne anti-tabacco di massa che informano il pubblico sull'uso del tabacco e sull'esposizione al fumo di seconda mano.
-Imporre divieti completi in materia di pubblicità, promozione e sponsorizzazione del tabacco; e
Aumentare le tasse sui prodotti del tabacco e renderli meno accessibili.
Obiettivi della campagna World No Tobacco Day 2018
World No Tobacco Day 2018 mira a:
-Evidenziare i legami tra l'uso di prodotti del tabacco e cuore e altre malattie cardiovascolari.
-Aumentare la consapevolezza all'interno del pubblico più ampio sull'uso del tabacco da impatto e sull'esposizione al fumo passivo sulla salute cardiovascolare.
-Fornire opportunità per il pubblico, i governi e gli altri a prendere impegni per promuovere la salute del cuore proteggendo le persone dall'uso dei prodotti del tabacco.
-Incoraggiare i paesi a rafforzare l'attuazione delle comprovate misure di controllo del tabacco di MPOWER contenute nell'FCTC dell'OMS.

I MUTUI CONCESSI AGLI ENTI LOCALI PER CLASSE DI ENTE E OGGETTO DEL MUTUO

DATI REGIONE LAZIO 
La Ragioneria Generale dello Stato ha pubblicato l'aggiornamento dell'indagine statistica sull'entità dei mutui concessi alle Regioni, alle Province autonome e agli Enti Locali (Province, Comuni e Comunità Montane) per il finanziamento degli investimenti pubblici e sul livello della relativa esposizione debitoria.
Le informazioni sono state acquisite da un campione di istituti finanziatori residenti in Italia, costituito da 50 istituti di credito e dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Il documento presenta l'analisi dei mutui concessi nei suoi vari aspetti: secondo le classi degli enti beneficiari, in base all'oggetto del prestito e sotto il profilo della distribuzione territoriale. Rappresenta inoltre la consistenza del debito alla fine del periodo considerato e le rate di ammortamento dovute.
Nell'indagine sono stati rilevati anche i prestiti obbligazionari sottoscritti dagli Istituti facenti parte del campione.
L'indagine mostra un decremento dello stock delle passività a carico degli enti territoriali relativamente ai mutui: considerando congiuntamente regioni ed enti locali, il debito residuo al 1° gennaio 2018 è pari a 51,3 miliardi di euro a fronte dei 53,0 miliardi registrati al 1° gennaio 2017, con un decremento dello 0,16 per cento del PIL. In calo anche lo stock dei prestiti obbligazionari: da 7,7 a 7,2 miliardi.
Il dato che emerge, almeno per il Lazio è quello dell'aumento negli ultimi anni dei mutui per impianti sportivi e il decremento di quelli per opere igienico sanitarie (fognature) il che denota, se possibile, l'utilizzo demagogico dei mutui senza tenere in considerazione le effettive priorità del territorio e della popolazione.   

LA GIUSTA CONDANNA DELLA CORTE EUROPEA ALL'ITALIA CAUSATA DA BEN 74 COMUNI CHE HANNO UNA RETE FOGNARIA CHE NON RISPETTA LE DIRETTIVE SULLA DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE

Fognature, in Italia 74 Comuni hanno reti inquinanti: arriva la multa Ue

La Corte di Giustizia dell’UE, a seguito di una richiesta della Commissione europea ha condannato l'Italia (sentenza n. 74 del 31 maggi 2018) a causa della inadeguatezza della rete fognaria di ben 109 Comuni (poi ridotti a 74) a pagare, a favore del bilancio dell’Unione”, una penalità di 25 milioni una tantum e poi 30 milioni “per ciascun semestre di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012”, oltre a “una somma forfettaria di 25 milioni al fine di prevenire il futuro ripetersi di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione”.
Sembrerebbe ovvio che la somma debba essere pagata dagli amministratori degli enti locali inadempienti, ma sono curioso di sapere come andrà a finire.
La Corte ha ritenuto che “l’inadempimento dell’Italia, oltre ad esser durato quasi sei anni, sia particolarmente grave per il fatto che l’assenza o l’insufficienza di sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane sono idonee ad arrecare pregiudizio all'ambiente”. 
I giudici hanno sottolineato che “il numero di agglomerati per i quali l’Italia non ha fornito la prova dell’esistenza di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi alla direttiva (74 agglomerati) è significativo, sebbene tale numero sia stato ridotto rispetto a quanto constatato nella sentenza del 19 luglio 2012 (all’epoca, 109 agglomerati)”. 
Inoltre, la Corte ricorda “che la messa in conformità dei sistemi di raccolta e di trattamento secondario delle acque reflue urbane di alcuni agglomerati con le disposizioni della direttiva avrebbe dovuto essere realizzata al più tardi il 31 dicembre 2000”.
La multa dovrà essere pagata dai Comuni inadempienti.
Molti altri Comuni farebbero bene a mettersi in regola....

GLI ORTI URBANI PER MIGLIORARE LA SALUTE DEGLI ITALIANI

E' stato firmato il 29 maggio l’accordo di programma tra CittadinanzAttiva, Health City Institute, Anci-Gruppo Urban Health e Cia-Agricoltori Italiani per creare nelle maggiori città italiane gli “Orti della salute” .
Il vice presidente vicario dell'ANCI Pella ha affermato che  "Il progetto punta a coinvolgere i cittadini nelle scelte salutari, promuovendo formazione e informazione che mirino a modificare comportamenti inadeguati che contribuiscono a favorire l’insorgere di malattie di grande rilevanza come obesità e diabete che pesano sul sistema sanitario e sociale a livello nazionale, regionale e locale”.
Il progetto vuole coinvolgere le amministrazioni comunali nella creazione di “Orti della salute”, sul modello di quello promosso alla Casa Bianca da Michelle Obama, che abbiano come obiettivo quello di fornire ai bambini, agli adolescenti e alle famiglie informazioni pratiche sulla corretta alimentazione, sulla stagionalità di frutta e verdura, sui rischi connessi a stili di vita poco salutari, sull’importanza dell’attività sportiva e fisica. 
“Mettere un seme nel terreno simboleggia la promessa di una nutrizione vera e di un’educazione alimentare per tutte le persone che saranno coinvolte nel progetto. Un’iniziativa che ha un importante scopo didattico, quindi, che parlerà di salute, di quanto siano buoni i cibi freschi e di come possano diventare parte di una dieta sana”, ha commentato Scanavino, presidente nazionale Cia-Agricoltori Italiani.
Peccato che sin dal 2012, a Sabaudia, a seguito di una mozione predisposta da me, venne approvata dal Consiglio comunale una deliberazione (N. 30 del 17 settembre 2012) per la realizzazione di orti urbani che però fino ad oggi non è stata eseguita. 

mercoledì 30 maggio 2018

IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE DEVE FARE DI PIU' PER AIUTARE GLI ANZIANI CHE SOFFRONO DI MALATTIE CRONICHE

L'Associazione Cittadinanzattiva ha pubblicato il XVI Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità  “cittadini con cronicità: molti atti, pochi fatti” per rappresentare la distanza insopportabile fra ciò che è delineato nelle norme che si sono succedute negli anni, non ultimo il Piano nazionale delle Cronicità ed i nuovi LEA, e quella che è la realtà vissuta da migliaia di persone affette da patologie croniche e rare.
Si parla ormai da troppi anni di riforma dell’assistenza primaria, sin dall’ormai lontano 2012 con il così detto Decreto Balduzzi1, passando poi per il riordino dell’assistenza ospedaliera con il DM 702, che si è tradotta troppo spesso in tagli e non in ri-organizzazione/ri-conversione, e arrivando all’approvazione del Piano nazionale delle Cronicità nel 20163, e dei nuovi LEA pubblicati in Gazzetta Ufficiale a marzo 20174. 
Quello che, invece, emerge dai dati è che l’integrazione tra assistenza primaria e specialistica non c’è per il 95,8% delle Associazioni, oltre il 73% ha riscontrato nell’ultimo anno ritardi di diagnosi, l’80,5% vorrebbe avere maggiore ascolto da parte del personale sanitario ed il 75,6% liste d’attesa meno lunghe; solo per citarne alcuni.
Le famiglie che assistono una persona con una patologia cronica o rara, si sentono sempre più sole ed il 65% è in difficoltà economica.
Appare, dunque, urgente passare dalle norme ai fatti. Un cambio di passo per offrire garanzie sull’applicazione dei diritti in maniera tempestiva, uniforme e coerente e non a macchia di leopardo o per effetto della buona volontà singola amministrazione o del singolo professionista (che serve, ma non basta!).
Secondo Cittadinanzattiva c’è bisogno urgente di azzerare gli alibi e le inerzie, assicurando tempestività nella produzione di quelle norme e quegli atti necessari per dare concretezza ad articoli e commi di norme entrati “formalmente in vigore” e che richiedono ulteriori adempimenti per “divenire attivi ed attuabili” come sta accadendo per i nuovi LEA.
Il cambio di passo che chiediamo a Governo e Regioni è quello di passare dagli atti ai fatti: bisogna intervenire sulle liste d’attesa, insostenibili per chi deve effettuare i controlli per una patologia cronica o rara. 
È  necessario che quell'integrazione fra cure primarie e assistenza specialistica, tanto annunciata, diventi realtà. Bisogna iniziare a investire seriamente sulla prevenzione in senso ampio per invertire la tendenza preoccupante delle nuove generazioni, che acquistano il primato negativo per stili di vita scorretti: sovrappeso e obesità, assunzione di alcol e sedentarietà.
Ciò che non si fa oggi diventerà un problema enorme domani. 
Occorre un cambio di rotta ora per continuare a garantire a tutti i cittadini un Servizio Sanitario Nazionale universalistico e moderno, che da tante parti ci invidiano e ridurre drasticamente quel gap fra modelli che mettono al centro la persona con cronicità o malattia rara, i suoi bisogni, la sua condizione non solo clinica, ma anche sociale, economica e psicologica e una realtà dove la persona malata e la sua famiglia anziché essere al centro, si trovano nella periferia del sistema.
QUI TROVATE IL RAPPORTO INTEGRALE:

LA CORTE COSTITUZIONE HA RIBADITO CHE SULLA DURATA DELLE CONCESSIONI DEMANIALI PUO' DECIDERE SOLO LO STATO

Una sentenza importante della corte Costituzionale sulle concessioni di demanio marittimo (n. 109/2018).
Il Presidente del Consiglio dei ministri aveva impugnato gli artt. 7, 8, 9, commi 2 e 3, 41, 48, comma 6, e 49 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n. 10 (Disposizioni in materia di demanio marittimo regionale e demanio marittimo stradale, nonché modifiche alle leggi regionali 17/2009, 28/2002 e 22/2006), ritenuti in contrasto con l’art. 117, primo comma, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione.
La legge impugnata introduce, in primo luogo, una apposita disciplina relativa alle funzioni amministrative inerenti al demanio marittimo della laguna di Marano-Grado, individuata in ragione di quanto previsto dall’art. 30, comma 2, della legge 5 marzo 1963, n. 366 (Nuove norme relative alle lagune di Venezia e di Marano-Grado). A tale ambito demaniale viene dedicato il Titolo II della legge de qua, cui si riferiscono, in particolare, gli impugnati artt. 7, 8 e 9, inseriti nel Capo afferente alle concessioni ed autorizzazioni e rispettivamente inerenti all’affidamento concessorio, ai criteri che devono guidare le procedure di aggiudicazione nonché alla durata dei titoli in questione
Sempre in tema di demanio marittimo, la legge in esame ha inoltre ampliato l’oggetto della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 13 novembre 2006, n. 22 (Norme in materia di demanio marittimo con finalità turistico-ricreativa e modifica alla legge regionale n. 16/2002 in materia di difesa del suolo e di demanio idrico), in origine chiamata a dettare la disciplina delle sole concessioni demaniali aventi finalità turistico-ricreativa relative ad ambiti demaniali estranei alla citata laguna di Marano-Grado (l’art. 1, comma 3, ne prevede, ancora oggi, l’espressa esclusione).
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato tra l'altro l’art. 9, comma 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n 10 del 2017, il quale, per le concessioni aventi finalità turistico-ricreative relative a beni che insistono nella laguna di Marano-Grado, fissa in quaranta anni il termine di durata massima del titolo.
La disposizione censurata, ad avviso del ricorrente, si pone in contrasto con la disciplina statale che, all’art. 03, comma 4-bis, del citato d.l. n. 400 del 1993, fissa in una forbice tra i sei e i venti anni la durata per le concessioni aventi la medesima finalità; sarebbe altresì in conflitto con le indicazioni di principio emergenti dalla direttiva servizi e dal decreto legislativo che ha dato attuazione alla stessa. Autorizzando una utilizzazione prolungata di una risorsa scarsa, la norma limiterebbe la concorrenza, rendendola recessiva rispetto alle esigenze di integrale ammortamento degli investimenti e alla piena remunerazione del capitale investito dal concessionario, sottese all’intervento normativo regionale impugnato.
Le indicazioni di disciplina derivanti dalla direttiva servizi (comma secondo dell’art. 12) e dalla norma di attuazione della stessa (ultimo comma dell’art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010) impongono una durata limitata del titolo concessorio, in ragione dell’incidenza che il prolungarsi dell’affidamento assume sulle prospettive legate alle potenzialità di ingresso nel mercato di riferimento di altri potenziali operatori economici.
Di qui l’affermazione della Corte in forza della quale la disciplina inerente alla durata delle concessioni demaniali marittime è di esclusiva competenza legislativa dello Stato, in quanto immediatamente attinente alla materia della «tutela della concorrenza» ex art. 117, secondo comma, lettera e) (da ultimo, sentenza n. 40 del 2017).
Tale competenza, del resto, è stata esercitata dallo Stato con la previsione, contenuta nel comma 4-bis dell’art. 03 del d.l. n. 400 del 1993, così come introdotto dall’art. 1, comma 253, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)». Disposizione, questa, con la quale è stato fissato, in modo uniforme per l’intero territorio nazionale, un termine di durata delle concessioni aventi finalità turistico-ricreative, quali quelle considerate dalla norma impugnata, nel massimo pari ad anni venti, palesemente diverso da quello, sempre nel massimo, previsto dalla legge regionale in esame.
Ne consegue l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 3, della legge regionale impugnata per la riscontrata violazione del limite della tutela della concorrenza.
Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ha anche impugnato l’art. 49 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 10 del 2017, esteso, in rubrica, in via generale, alle concessioni demaniali marittime e idriche di pertinenza della Regione resistente.
Il comma 1, lettere a) e b), dell’articolo censurato prevede che il concessionario subentrante debba corrispondere all’uscente un indennizzo che tenga conto sia della quota parte degli investimenti non ammortizzati, sia del valore commisurato all’avviamento maturato in forza dell’attività imprenditoriale svolta utilizzando il bene concesso in uso. Indennizzo, questo, che andrà «determinato dall’amministrazione concedente sulla base di una perizia asseverata, redatta da un professionista abilitato, nominato dal concessionario uscente a sue spese e sottoposta al parere di congruità del Comitato tecnico di valutazione di cui all’articolo 48» (comma 2); il cui valore, inoltre, dovrà essere «reso pubblico in occasione della indizione della procedura comparativa di selezione» (comma 3); e, infine, che costituirà l’oggetto di apposita fideiussione rilasciata da ogni partecipante alla procedura comparativa di selezione, a pena di esclusione dalla stessa (comma 4).
Ad avviso della Presidenza del Consiglio la disposizione avrebbe l’effetto di attribuire all’uscente un indebito vantaggio, così da determinare una restrizione della concorrenza, in aperto contrasto con le già richiamate indicazioni di principio derivanti dalla direttiva servizi e dalle norme di attuazione della stessa.
Piuttosto, va rimarcato che il pagamento dell’indennizzo previsto dalla norma censurata si lega sia alle aspettative patrimoniali del concessionario uscente all’esito della definizione del rapporto concessorio, sia agli obblighi che dovrà assumere il nuovo concessionario in conseguenza dell’avvenuto subentro. Temi, questi, che non trovano regolamentazione nella disciplina legislativa statale di riferimento, contenuta nel codice della navigazione, in caso di ordinaria definizione del rapporto.
In particolare, in ordine al mancato rinnovo della concessione in essere, il codice della navigazione non assegna alcun rilievo alle componenti economico-aziendali dell’impresa del concessionario uscente e, in ogni caso, non prevede oneri destinati a gravare sul nuovo concessionario.
Non diversamente dalla citata disposizione della Regione Toscana già dichiarata illegittima, anche quella oggetto della odierna impugnazione introduce, pertanto, evidenti novità nella regolamentazione delle situazioni patrimoniali conseguenti alla cessazione, per scadenza del termine, delle relative concessioni demaniali, differenziando la disciplina della Regione resistente da quella prevista per il resto del territorio nazionale. 
Ne viene che, quali che siano le «[…] giustificazioni addotte dalla Regione a sostegno della scelta normativa in esame, è di chiara evidenza che un siffatto obbligo […] influisce sensibilmente sulle prospettive di acquisizione della concessione, rappresentando una delle componenti del costo dell’affidamento. La previsione dell’indennizzo […] incide infatti sulle possibilità di accesso al mercato di riferimento e sulla uniforme regolamentazione dello stesso, potendo costituire, per le imprese diverse dal concessionario uscente, un disincentivo alla partecipazione al concorso che porta all’affidamento» (sentenza n. 157 del 2017)
Di qui la ritenuta violazione del parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Parere sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 - 22 maggio 2018

Con il provvedimento n. 312 in data 22 maggio 2018 il garante della privacy ha espresso il proprio parere sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679  approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 21 marzo 2018.
Il provvedimento è redatto nell'esercizio della delega conferita al Governo dagli articoli 1 e 13 della legge 25 ottobre 2017, n. 163, recante "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea (Legge di delegazione europea 2016/2017)" ed è finalizzato ad adeguare il quadro normativo nazionale alle disposizioni del predetto Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (di seguito "Regolamento").
La legge di delegazione europea stabilisce, all'articolo 13 comma 3, i seguenti criteri: 
a) abrogare espressamente le disposizioni del Codice in materia di trattamento dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, incompatibili con le disposizioni contenute nel Regolamento (UE) 2016/679; 
b) modificare il Codice "limitatamente a quanto necessario per dare attuazione alle disposizioni non direttamente applicabili contenute" nel Regolamento; 
c) coordinare le disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali con le disposizioni recate dal Regolamento; 
d) prevedere, ove opportuno, il ricorso a specifici provvedimenti attuativi e integrativi adottati dal Garante nell'ambito e per le finalità previsti dal Regolamento; 
e) adeguare, nell'ambito delle modifiche al Codice, il sistema sanzionatorio penale e amministrativo vigente alle disposizioni del Regolamento con previsione di "sanzioni penali e amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità della violazione delle disposizioni stesse".
Da una analisi attenta dei criteri di delega – si legge nella relazione illustrativa - emerge che sono rimesse al legislatore delegato: innanzitutto la potestà di verificare se e quali disposizioni vigenti e, segnatamente, quelle recate attualmente dal Codice, debbano essere espressamente abrogate per incompatibilità con il Regolamento; poi, la potestà di verificare se e quali disposizioni del predetto Codice siano da modificare, limitatamente a quanto necessario per dare attuazione alle disposizioni non direttamente applicabili del Regolamento; ed infine la scelta dello strumento tecnico-normativo più lineare ed efficace per realizzare detti obiettivi.
In particolare, l'attribuzione al legislatore delegato del potere di coordinamento di tutte le disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali, ivi comprese perciò quelle extra-codicistiche, con le previsioni regolamentari rivela come la delega consenta di intervenire nel modo tecnicamente più appropriato al raggiungimento dello scopo principale, che resta quello di adeguare l'intero quadro normativo interno al Regolamento.
All'esito delle verifiche effettuate –riporta ancora la relazione - è risultato che la massima parte delle disposizioni del Codice sia da abrogare espressamente in quanto incompatibili con quelle recate dal Regolamento che, com'è noto, sono per la maggior parte direttamente applicabili e costituiranno per il futuro il "regime primario interno" in materia di protezione dei dati personali.
Altra e minore parte delle previsioni codicistiche nazionali è stata modificata (in alcuni casi anche in modo rilevante), in relazione a disposizioni del Regolamento non direttamente applicabili e che lasciavano spazi all'intervento del legislatore nazionale degli Stati membri.
Al riguardo il Garante, al fine di rendere il decreto pienamente conforme ai principi e alle disposizioni del Regolamento, perfezionandolo in alcuni punti anche sotto il profilo formale, ha rappresentato l'opportunità di alcune modifiche e integrazioni .
1. Profili di particolare interesse
1.1. Conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico
1.2. Disposizioni del CAD in materia di Piattaforma digitale nazionale dati
1.3. Patrocinio del Garante
1.4. Illeciti penali e amministrativi
2.Trattamenti particolari
2.1. Trattamenti in ambito pubblico
2.2 Misure di garanzia per il trattamento dei dati genetici, biometrici e relativi alla salute
2.3. Trattamento di dati biometrici per finalità di sicurezza
2.4. Consenso del minore
2.5. Limitazione ai diritti dell'interessato
2.6. Riutilizzo di dati a fini di ricerca scientifica o a fini statistici
2.7. Responsabile protezione dati
2.8. Informazioni in caso di ricezione di curricula
2.9. Diritti riguardanti le persone decedute
2.10. Procedimento sanzionatorio amministrativo
2.11. Regole deontologiche relative ad attività giornalistiche
2.12. Modalità di verifica delle autorizzazioni generali
2.13. Particolari trattamenti per ragioni di interesse pubblico
3.Ulteriori osservazioni

QUI TROVATE IL TESTO INTEGRALE :

LE INDICAZIONE DELL'OCSE ALL'ITALIA

Poichè in queste ore difficili molti ricamano su quanto pubblicato dall'OCSE ha ritenuto di copiare alla lettera quanto pubblicato sul sito questa mattina:
La crescita è prevista in ribasso all'1,4% nel 2018 e all'1,1% nel 2019. Esportazioni e gli investimenti delle imprese guidano sempre più la ripresa. 
La crescita dei consumi privati modererà a causa della diminuzione della crescita dell'occupazione e del potere d'acquisto delle famiglie più deboli all'aumento dell'inflazione. 
L'inflazione dei prezzi al consumo è in aumento mentre la capacità in eccesso si restringe e accelererà nel 2019. 
Si prevede che il surplus delle partite correnti rimarrà elevato.
Lo stock di crediti in sofferenza nel sistema bancario è diminuito notevolmente dal suo picco grazie alle politiche messe in atto. 
Nel 2018, si prevede che la posizione fiscale sarà leggermente espansiva. 
Riflettendo la maggiore incertezza politica i rendimenti dei titoli sono aumentati di recente. 
Le possibili modifiche alla politica da parte del governo entrante sono non incorporato nella proiezione. 
Bisognerebbe dare priorità allo spostamento della spesa per investire sulle infrastrutture e migliorare i programmi mirati contro la povertà per affrontare le grandi divisioni sociali e regionali mentre stimolano la crescita.

LA CORTE DI CASSAZIONE CONFERMA UN LICENZIAMENTO PER INSUBORDINAZIONE

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione L,  con una sentenza in data 10 gennaio scorso m- 9736 ha accolto il ricorso del Comune di Sperlonga avverso la sentenza n. 1748/2016 con cui la Corte di appello di Roma ha dichiarato la nullità del licenziamento intimato dal Comune di Sperlonga alla dipendente Ciccarelli Paola. 
In sostanza secondo la Corte la nozione di insubordinazione, nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l'esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale.
Pertanto la Corte nell'accoglier eil ricorso del Comune ha ribadito che il lavoratore può chiedere giudizialmente l'accertamento della legittimità di un provvedimento datoriale che ritenga illegittimo, ma ciò non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente, e senza un eventuale avallo giudiziario, di eseguire la prestazione lavorativa richiesta, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro. E tali principi trovano applicazione nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, anche in ragione del rinvio operato dall'art. 2, co. 2, d.lgs. n. 165/01.
Secondo la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza, Ciccarelli Paola aveva adito il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Latina e, premesso di avere svolto funzioni di Comandante della Polizia Municipale del Comune di Sperlonga dal 10 giugno 2000, aveva dedotto che a partire dal maggio 2003 il Sindaco e il Segretario Comunale (quest'ultimo anche con le funzioni di Dirigente Generale, Responsabile della Polizia municipale e preposto all'Ufficio dei procedimenti disciplinari) avevano iniziato a tenere nei suoi confronti atteggiamenti vessatori costituenti "mobbing", attraverso l'imposizione di ordini professionalmente dequalificanti e la privazione di funzioni istituzionali, fino al licenziamento irrogato per mancata ottemperanza agli ordini del superiore ed assenze ingiustificate dal servizio. 
La ricorrente aveva esposto che, non essendosi uniformata alle direttive del Sindaco, in data 14 novembre 2003 aveva ricevuto la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per n.5 giorni e in data 31 marzo 2004 la medesima sanzione per n. 10 giorni, fino ad arrivare al licenziamento del 5 maggio 2004 preceduto da due contestazioni. 
Tutto ciò premesso, aveva dedotto l'illegittimità delle sanzioni conservative e del licenziamento per mancata affissione del codice disciplinare e del solo licenziamento perché intervenuto tra la richiesta delle pubblicazioni di matrimonio ed un anno dopo la celebrazione dello stesso, in violazione degli artt. 1 e segg. L. n. 7/63, nonché per infondatezza degli addebiti, per insussistenza del giustificato motivo soggettivo, per inesistenza di un inadempimento sanzionabile e per violazione del principio di terzietà (il Segretario Comunale era anche responsabile del procedimento disciplinare).
Il Tribunale adito aveva dichiarato illegittimo il licenziamento, con conseguente diritto della ricorrente alla reintegrazione nel posto di lavoro, mentre aveva dichiarato non esservi luogo a provvedere sulle rimanenti domande, da intendersi rinunciate ex art. 75 comma 1 c.p.p. per avvenuta costituzione di parte civile della Ciccarelli nel giudizio penale (per abuso di ufficio e falso) a carico del Sindaco, del Segretario Comunale e di altri soggetti a vario titolo coinvolti nei fatti descritti.
Il Giudice di primo grado aveva osservato che, alla stregua del Regolamento della Polizia Municipale di Sperlonga, al Comandante del Corpo di Polizia Municipale erano demandate funzioni di responsabilità del servizio e che quindi la Ciccarelli aveva tutti i poteri di gestione ed organizzazione del lavoro dei vigili urbani, mentre al Segretario Comunale, per lo stesso Regolamento, era demandata la sovrintendenza allo svolgimento dei compiti affidati al Corpo. Aveva dunque affermato che il Comandante organizza e gestisce il Corpo di Polizia Municipale, mentre il Segretario comunale impartisce al predetto Comandante le direttive di ordine generale. Sulla scorta di tale premesse, aveva ritenuto che le condotte contestate, relative alla mancata osservanza dei servizi programmati dal Segretario comunale, non integrassero condotte idonee a giustificare la sanzione espulsiva: l'attribuzione dei poteri che alla Ciccarelli derivavano dal Regolamento escludeva di poter dare rilevanza, ai fini del giudizio di proporzionalità, al "turbamento della regolarità del servizio e alla confusione per la sovrapposizione degli ordini", ragioni poste alla base del recesso.
La nozione di insubordinazione, nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l'esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale.
E’ quanto afferma la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 9736/2018, ribadendo che il lavoratore può chiedere giudizialmente l'accertamento della legittimità di un provvedimento datoriale che ritenga illegittimo, ma ciò non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente, e senza un eventuale avallo giudiziario, di eseguire la prestazione lavorativa richiesta, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro. E tali principi trovano applicazione nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, anche in ragione del rinvio operato dall'art. 2, co. 2, d.lgs. n. 165/01.

martedì 29 maggio 2018

PROCEDURE DI STABILIZZAZIONE DEL PERSONALE: LA COMPETENZA E' DEL GIUDICE ORDINARIO

Purtroppo in questi anni il precariato nella pubblica amministrazione è aumentato in maniera rilevante anche a causa di un reclutamento operato non sempre in maniera rispettosa delle norme vigenti. 
Di qui sono sorte difficoltà per l'applicazione delle recenti norme miranti a stabilizzare questo personale
Il problema riguarda specialmente le aziende sanitarie
Sorge peraltro il problema della giurisdizione.
Con una recente sentenza il TAR Campania - Napoli (n. 107/2018) ha stabilito che il ricorso presentato da alcuni precari di una azienda sanitaria locale sia inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
"Può considerarsi infatti ius receptum il principio secondo il quale la procedura di stabilizzazione del personale sanitario è materia rientrante nella generale giurisdizione del giudice ordinario in ordine al pubblico impiego c.d. privatizzato (Consiglio di Stato, sez. III, 28 giugno 2017 n. 2772).
Secondo principi consolidati nella giurisprudenza, le controversie relative alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro c.d. precari alle dipendenze di una P.A., allorquando il "petitum sostanziale" riguardi non la correttezza formale della medesima procedura, ma la sussistenza del diritto soggettivo alla partecipazione alle procedure di stabilizzazione e, attraverso di queste, all'assunzione a tempo indeterminato, sono attratte alla competenza del g.o. ai sensi dell'art. 63, d.lgs. n. 163 del 2001 (T.A.R. Lazio Roma sez. III, 9 aprile 2015, n. 5278; Consiglio di Stato sez. V, 6 maggio 2015, n. 2271; id. sez. VI, 27 febbraio 2012, n. 1095; Cassazione Sez. Unite 15 settembre 2010, n. 19552; T.A.R. Campania Napoli sez. V, 3 febbraio 2014, n. 749).
In particolare, è stato evidenziato che la domanda con la quale un soggetto, che ha operato per più di un triennio presso un ente locale con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, chiede il riconoscimento del diritto alla stabilizzazione (previa assimilazione a un lavoratore con contratto di lavoro a tempo determinato) verte sulla presenza o meno delle condizioni richieste dalla legge per accedere a tale beneficio, non rilevando la natura (peraltro non concorsuale) della procedura finalizzata alla stabilizzazione, con conseguente devoluzione della giurisdizione al giudice ordinario (Consiglio di Stato, sez. V, 17 ottobre 2016 n. 4273).
Nel caso di specie, i ricorrenti non contestano la correttezza formale della procedura di stabilizzazione, ma rivendicano il diritto soggettivo alla partecipazione alla procedura di stabilizzazione, attraverso la assimilazione del rapporto libero –professionale svolto a quello del pubblico impiego, e all’assunzione a tempo indeterminato.
Trova quindi applicazione l’ordinario criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla causa petendi con conseguente devoluzione della relativa controversia alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr. T.a.r. Lazio, Roma, sez. III, 9 aprile 2015 n. 5278; Cassazione civile, Sezioni unite, n. 19952/2010)".

IL TRIBUNALE HA DICHIARATO IL FALLIMENTO DELLA MELEGATTI. ALTRI 350 PERSONE SENZA LAVORO....MA E' STATO FATTO TUTTO IL POSSIBILE ?

Il Tribunale di Verona ha dichiarato il fallimento della Melegatti e della controllata 'Nuova Marelli' di San Martino Buon Albergo (Verona). Si chiude cosi' la tormentata vicenda della storica azienda dolciaria con sede a San Giovanni Lupatoto. 
Il Tribunale ha accolto l'istanza presentata venerdì dal pubblico ministero Alberto Sergio, constatata la pesante situazione debitoria di Melegatti. 
I dipendenti dell'azienda, tra diretti e lavoratori stagionali, sono 350.
Ancora un'azienda importante che chiude lasciando l'amarezza che si sarebbe potuto fare di più per impedirne il fallimento.
Eppure in questi ultimi anni il Governo e il Parlamento hanno cercato in ogni modo di agevolare l'affidamento ai lavoratori dell'acquisizione di queste aziende inserendo nella nostra legislazione l'istituto denominato "workers buy out" WBO grazie al quale i lavoratori possono costituire una società cooperativa e prendere in affitto o acquisire l’azienda dal curatore fallimentare o dal liquidatore. 
La forma della società cooperativa risulta la più adatta per effettuare questa tipologia di operazione. In particolare, in un periodo di crisi come l’attuale, gli ex dipendenti di una società in difficoltà economica possono organizzarsi per evitare di perdere la propria occupazione attraverso la costituzione di una cooperativa con cui possono rilevare l’azienda in crisi. Tutto ciò è possibile anche grazie l’apporto dell’indennità di mobilità e del Tfr.
Il decreto legge n. 145/2013 convertito in legge nel febbraio 2014 ha agevolato queste operazioni.
Il citato decreto, così come modificato dalla Legge di conversione n. 9/2014, prevede all’art.11 che in caso di affitto o di vendita di aziende, rami d’azienda o complessi di beni e contratti di imprese sottoposte a fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa, hanno diritto di prelazione per l’affitto o per l’acquisto le società cooperative costituite da lavoratori dipendenti dell’impresa sottoposta alla procedura. 
L' articolo 11 dispone che l’atto di aggiudicazione dell’affitto o della vendita alle società cooperative di cui al comma 2, costituisce titolo per l’anticipazione dell’indennità di mobilità, nonché titolo per l’anticipazione dell’indennità ASpI, ai soci lavoratori delle medesime, ferma l’applicazione delle vigenti norme in materia di integrazione del trattamento salariale in favore dei lavoratori che non passano alle dipendenze della società cooperativa. 
Viene prevista la possibilità per i nuovi soci-lavoratori di ottenere, laddove ne ricorrano le condizioni, l’anticipo in un’unica soluzione – non solo dell’indennità di mobilità – ma anche delle indennità ASpI e mini-ASpI spettanti e non ancora percepite.
Questo è un altro campo in cui sarebbe auspicabile che si impegnassero gli amministratori locali i quali dovrebbero ricordare che ai sensi del 2° comma dell'art. 3 del Testo Unico degli enti locali "Il comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo".

lunedì 28 maggio 2018

ROMA CAPITALE PRESENTA OGGI IL SUO PROGETTO PER IL BENESSERE EQUO E SOSTENIBILE

Martedì 29 maggio alle ore 10 in Campidoglio presso la Sala della Protomoteca verrà presentato il primo Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) di Roma Capitale.
Il progetto per misurare il Benessere Equo e Sostenibile (BES) nasce per valutare il progresso di una società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale.
Dopo che il Governo ha inserito pe rla prima volta il BES nel Documento di economia e finanza dell'anno 2018 a partire da quest’anno, Roma Capitale, ha valorizzato a livello comunale e, in parte, a livello municipale, 74 indicatori BES relativi ai 12 domini. L’obiettivo è quello di costruire una base informativa di indicatori utili alla città e all'amministrazione di Roma Capitale per rappresentare le condizioni di benessere dei romani. 
Almeno in questo molti Comuni potrebbero prendere esempio da quello di Roma.

IL PIANO DEL PARCO NAZIONALE DEL CIRCEO ANCORA IN ATTESA DELL' APPROVAZIONE DEFINITIVA DA PARTE DELLA REGIONE LAZIO

Sul sito web dell'Ente Nazionale Parco del Circeo ci viene ricordato che il Piano per il Parco è lo strumento previsto dalla legge 394 del 1991 per tutelare i valori naturali ed ambientali nonché storici, culturali, antropologici tradizionali del territorio dei parchi nazionali. Il Piano è predisposto dall'Ente Parco in base ai criteri ed alle finalità della suddetta legge.
L'art. 12 della legge prevede che la tutela dei valori naturali ed ambientali affidata all'Ente parco sia perseguita attraverso lo strumento del Piano per il Parco che deve, in particolare, disciplinare i seguenti contenuti:
a) organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela
b) vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del piano
c) sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani
d) sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione socia le del parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agro-turistiche
e) indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere.
Il piano suddivide il territorio in base al diverso grado di protezione (riserve integrali, generali orientate, aree di protezione, aree di promozione economica e sociale.
Il Piano del Parco Nazionale del Circeo è stato adottato dalla Regione Lazio il giorno 25/07/2017 dalla Giunta Regionale con deliberazione n. 427 ai sensi del comma 3 dell'articolo 12 comma 4 della Legge 6 dicembre 1991 n. 394 e del comma 13 e ss.mm.ii. e dell'articolo 13 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, unitamente al Rapporto Ambientale e alla Sintesi non tecnica (V.A.S.)
Le osservazioni sono state regolarmente presentate, ma a distanza di quasi un anno siamo ancora in attesa dell'approvazione definitiva da parte della  Regione. 

IL CAPITALE NATURALE LA VERA RICCHEZZA DEL BEL PAESE

Martedì 5 giugno dalle ore 9,00 alle ore 18,00 l'Auditorium del Parco Nazionale del Circeo in via Carlo Alberto 188 a Sabaudia, ospiterà l'evento "Il Capitale naturale, la vera ricchezza del Bel Paese", un appuntamento organizzato dall'Ente Parco Nazionale del Circeo in sinergia conWWF Italia nell'ambito della seconda edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile. 
L'incontro affronta i temi della valorizzazione del capitale naturale nella programmazione economica, la sua valutazione anche economica, il ruolo di componenti importanti quali la biodiversità e l'acqua e quello conseguente delle scelte di policy, tasselli imprescindibili per lo sviluppo di una nuova società sostenibile. 
Gli interventi sono seguiti dalla possibilità di esplorare il capitale naturale del Parco del Circeo, scegliendo tra percorsi guidati di diversa durata.
Il Festival risponde alla necessità sempre maggiore di sensibilizzare e coinvolgere fasce sempre più ampie di popolazione sui temi della sostenibilità economica, sociale e ambientale, affinché non solo gli addetti ai lavori possano promuovere un cambiamento culturale e di nuovi comportamenti individuali e collettivi ma venga anche stimolata una richiesta "dal basso" in grado di vincolare la leadership del Paese al rispetto degli impegni presi in sede Onu.
A partire dalla sottoscrizione dell'Agenda 2030 e degli Obiettivi di sviluppo sostenibile(Sustainable development goals – SDGs, nell'acronimo inglese) da parte dell'Assemblea generale dell'Onu nel settembre 2015, in tutto il mondo organizzazioni internazionali, governi centrali, enti territoriali, associazioni imprenditoriali e della società civile si sono mobilitate per disegnare e realizzare politiche e strategie per raggiungere i 17 obiettivi e i 169 Target su cui tutti i Paesi del mondo si sono impegnati. Sulla scia di questa spinta globale, l'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), con oltre 180 organizzazioni e reti della società civile, promuove questa seconda edizione del Festival dello sviluppo sostenibile: una iniziativa di sensibilizzazione e di elaborazione culturale e politica diffusa su tutto il territorio nazionale.
Il Festival rappresenta il principale contributo italiano alla Settimana europea dello sviluppo sostenibile (Esdw) e si svolgerà nell'arco di 17 giorni, dal 22 maggio al 7 giugno, durante i quali si terranno eventi (come convegni, seminari, workshop, mostre, spettacoli, presentazioni di libri, manifestazioni di valorizzazione del territorio) per richiamare l'attenzione sia sui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, sia su dimensioni trasversali che caratterizzano l'Agenda 2030, dall'educazione alla finanza, dagli strumenti per il disegno e la valutazione delle politiche alle modifiche degli assetti istituzionali per favorire il percorso verso la sostenibilità.

AUMENTATA LA SPESA PUBBLICA DEL 20% IN QUESTI ULTIMI 10 ANNI

GRAFICO E DATI DI TRUENUMBERS 
Nonostante i richiami e gli impegni presi tra il 2008 e il 2018 la crescita del bilancio è stata del 20,5%, ma questo incremento non è stato omogeneo. 
Mentre alcune voci hanno avuto una crescita abnorme, altre hanno subito una contrazione preoccupante.
Per esempio, come si vede nel grafico elaborato da TrueNumbers nella missione relativa alla competitività e lo sviluppo delle imprese vi è stata una quadruplicazione, da 6 miliardi e 149 milioni a 24 miliardi e 577 milioni, +299,6%. Un aumento avvenuto in particolare durante il governo Renzi, cioè dal 2015 in poi.
Fortissima crescita, +263,3%, anche per le politiche per il lavoro distribuita in tutti gli anni dal 2011 in poi. Probabilmente di mezzo vi è il rafforzamento degli strumenti di incentivo all’occupazione, dei sussidi per la disoccupazione, della mobilità, ecc.
Poi una voce attualissima, quella della spesa per l’immigrazione e per l’accoglienza. La crescita del 165,5% è avvenuta quasi tutta nelle leggi di bilancio per il 2016, 2017, 2018, anni nei quali l’emergenza sbarchi è diventata una priorità.
Aumenti importanti, anche per la tutela della salute +107,5% anche se c'è da ragionare sulla spesa out of pocket posta a carico dei cittadini. 
Il tutto alla faccia delle politiche per la spending review subito abbandonate non appena fu nabdato via il prof. Cottarelli. 
Ma il problema maggiore è rappresentato dalla spesa previdenziale e in particolare dalla quota che lo Stato spende per far quadrare i conti dell’Inps. 
Tra 2008 e 2018 la crescita è stata del +42,9%: si è arrivati a 93 miliardi e 543 milioni, e si partiva da 65 miliardi e 466 milioni. Il picco è stato raggiunto nel 2015 con oltre 104 miliardi.
L’andamento della spesa pubblica segnala anche un’impennata (+27,5% per un totale di 89 miliardi) per la voce Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica: un capitolo un po’ tecnico che include principalmente i rimborsi di imposte dirette e indirette.

I PARAMETRI DELL'ITALIA MESSI A CONFRONTO CON QUELLI DELLA UE

Macroeconomic Imbalance Procedure (Mip) Scoreboard Elaborata da TRUE NUMBERS
Nonostante quello che molti dicono l'Italia ha dei conti che complessivamente sono meno peggio di quanto si pensi e questo senza dubbio deve essere ascritto a merito di chi ha avuto l'incarico di gestire i conti pubblici.
Lo dice l'Europa che per monitorare i bilanci dei 27 Paesi della UE ha messo a punto dei parametri (come da noi viene fatto per i Comuni) che ogni anno vengono controllati e misurati e che dicono quale Paese e in quale ambito sta andando oltre una certa traiettoria, si trova in uno squilibrio economico che alla lunga renderebbe più fragile tutta l’area della moneta unica.
Sulla base di questi numeri da Bruxelles partono delle lettere che avvisa un dato Paese che è fuori dagli indicatori economici europei in modo che possa migliorare e rientrare in carreggiata.
I dati mostrati nella tabella sopra mostrano il quadro esaustivo della situazione economica di tutti i Paesi in relazione agli indicatori che dovrebbero rispettare, se sono “fuori parametro” la cella della tabella è rossa. La tabella è stata redatta nel contesto di quello che è chiamato Dialogo Economico con l’Eurogruppo e il suo neo-presidente, il portoghese Centeno.
La notizia è che il confronto totale tra tutti gli indicatori per tutti i Paesi vede l’Italia per l’anno 2016, l’ultimo disponibile, come uno dei primi della classe. 
Solo in 2 dei 14 indicatori economici europei risulta sforare la soglia raccomandata dalla Ue. 
Nella stessa, eccellente situazione, sono anche Belgio, Germania, Slovenia, Lussemburgo ed Estonia. Solo la piccola Malta fa meglio con una sola infrazione. 
Al contrario sono 5 gli indicatori economici europei fuori quota per l’Irlanda e il Portogallo, 6 per Cipro.
E poi fanno peggio di noi con 4 “rossi”, Grecia, Spagna, Lettonia e Finlandia. I rimanenti, Paesi Bassi, Lituania, Francia, Slovacchia, Austria sforano gli indicatori economici europei in tre casi su 14.
Certo, non tutti gli indicatori economici europei hanno la stessa importanza. 
In Italia siamo messi male per il  debito pubblico, che era pari (nel 2016) al 132% rispetto al Pil. (ora è pure aumentato).
In questo campo siamo i peggiori d’Europa dopo la sola Grecia. 
Su 19 Paesi solo 6 riescono a rimanere sotto il 60%, che è l’obiettivo da sempre stabilito dalla Ue, e tra questi non vi è neanche la Germania.
L’altro indicatore in cui l’Italia fa peggio della soglia Ue è il tasso di disoccupazione medio degli ultimi 3 anni, che è del 12,1% contro l’obiettivo di non superare il 10%. L’ultimo dato disponibile è quello di gennaio 2018: la disoccupazione è all’11,1%.

I SOLDI CHE DALL'EUROPA ARRIVANO ALL'ITALIA SPESSO NON UTILIZZATI O SPESI MALE. IN ARRIVO NUOVI CRITERI CHE PREMIANO L'ITALIA

Da tempo vengono diffuse notizie non veritiere sui rapporti economici con l'Europa.
L' Italia contribuisce annualmente con somme che mediamente si aggirano intorno ai 12 miliardi di euro.
La cosa più semplice per capire qualcosa è andare sul sito dell' EUROPA dove si apprende che l'Italia, attraverso 15 programmi nazionali e 60 regionali beneficerà di 44, 7 miliardi di euro nell'arco del periodo 2014-2020. 
Questo rappresenta un contributo pro capite di € 735.
Come si vede nel grafico qui a sinistra l'Italia riceve finanziamenti sui seguenti fondi:
ERDF European Regional Development Fund
ESF Fondo Sociale Europeo
CF Fondo per la Coesione
EAFRD European Agricoltural Fund for Rural Development 
EMFF European Maritim & Fisheries Fund
YEI Youth Employement Initiative 
A questi si aggiungono i finanziamenti tramite la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) che in questi ultimi nove anni ha erogato circa 100 miliardi. 
L’Italia è seconda in Ue per fondi strutturali ricevuti da Bruxelles, ma è sestultima su 28 per utilizzo dei soldi ricevuti. Fa meglio la Polonia di gran lunga il primo beneficiario europeo, mentre dietro la Penisola si trovano Spagna e Romania, rispettivamente terzo e quarto maggiori beneficiari.
Secondo la proposta della Commissione europea per la politica di coesione per il prossimo quadro finanziario 2021-2027, anticipata oggi dal quotidiano spagnolo El Pais, al Belpaese dovrebbero andare 38,6 miliardi di euro per le regioni più povere, 2,6 in più di quanto ricevuto nel periodo 2014-2020, quando ricevemmo 26,2 miliardi. Un aumento del 6%, a prezzi costanti, ossia senza tenere in considerazione l'inflazione prevista, se invece viene calcolata anche questa, l'aumento schizza oltre il 20%. 
Cambiano i criteri di assegnazione dei fondi: non viene più considerato solamente il PIL pro capite regionale (sotto al 75% si riceve il grosso dei fondi), ma oltre a questo criterio (che continuerà a pesare per l'80%), vengono aggiunti anche altri indicatori, come la disoccupazione giovanile ed il livello di istruzione (peseranno complessivamente per il 15%), le emissioni di gas inquinanti (1%) e la gestione dei flussi migratori (3%). 
A 'premiare' l'Italia sono quindi le pessime performance nell'occupazione giovanile e l'impatto della crisi migratoria. Inoltre, Bruxelles estende la gamma di regioni che ricevono denaro: le regioni meno sviluppate rimangono le stesse - quelle con un reddito pro-capite inferiore al 75% della media - ma aumentano le cosiddette regioni di transizione, ossia quelle con un PIL per abitante tra il 75% e il 100% della media. Fino ad ora, potevano accedere a questi fondi solo quelle tra il 75% e il 90%, l'asticella si alza e premia il centro-sud Italia, oltre alla Spagna.
Invece di imporre blocchi ai fondi, Bruxelles pare punire gli Stati poco solidali usando formule e criteri nuovi.

L'UNIONE EUROPEA DICHIARA GUERRA ALLE MATERIE PLASTICHE


La Commissione europea ha presentato il suo pacchetto di misure per la lotta contro l'uso incontrollato della plastica. 
La proposta introduce norme che prendono di mira i 10 prodotti in plastica usa e getta più frequentemente presenti sulle spiagge e nei mari europei. 
Si prevede divieto di utilizzo di prodotti come i bastoncini di cotone posate e si chiede agli Stati membri di introdurre restrizioni all'uso di bicchieri e contenitori di plastica per il cibo. Insieme tutti questi prodotti costituiscono il 70% dei rifiuti marini.
Gli ecologisti si dicono soddisfatti di questa proposta
Ma questo non è che l'inizio, ora spetterà al Parlamento europeo e al Consiglio europeo votare per la sua adozione.
Intanto, alcuni cittadini consapevoli hanno già iniziato a cambiare le loro abitudini di consumo.
Ma non è sempre facile, come spiegano i gestori di un negozio-cooperativa Bruxelles.
"Cerchiamo di ridurre al massimo la plastica- spiega Marie Wargnie- ma non è sempre possibile rispetto ai prodotti che vendiamo, per gli spaghetti per esempio è molto complicato. E la mentalità non è ancora cambiata, ma noi cerchiamo di ridurre offrendo sacchi di carta e contenitori riutilizzabili.
Oltre a inquinare le acque, le microplastiche rappresentano una minaccia per la salute, essendo presenti nei cibi che portiamo a tavola.
L’Unione Europea è quindi intenzionata ad abbandonare definitivamente la plastica entro il 2025.
Entro quella data, infatti, gli Stati Ue dovranno raccogliere il 90% delle bottiglie di plastica monouso per bevande, utilizzando anche sistemi di cauzione-deposito.
E’ previsto anche il divieto di vendita di stoviglie, cannucce, agitatori per bevande, bastoncini di cotone per le orecchie e bastoncini per palloncini in plastica.
Saranno banditi i prodotti di plastica monouso per i quali sono facilmente disponibili soluzioni alternative, mentre si limiterà l'uso di quelli per i quali non esistono valide alternative riducendone il consumo a livello nazionale; i produttori dovranno rispettare requisiti di progettazione ed etichettatura e sottostare a obblighi di gestione e bonifica dei rifiuti.
In particolare le nuove regole introdurranno il divieto di commercializzare determinati prodotti di plastica – dove esistono alternative facilmente disponibili ed economicamente accessibili, i prodotti di plastica monouso saranno esclusi dal mercato. Il divieto si applicherà a bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande e aste per palloncini, tutti prodotti che dovranno essere fabbricati esclusivamente con materiali sostenibili. I contenitori per bevande in plastica monouso saranno ammessi solo se i tappi e i coperchi restano attaccati al contenitore.
Gli Stati UE dovranno ridurre l'uso di contenitori per alimenti e tazze per bevande in plastica, fissando obiettivi nazionali di riduzione, mettendo a disposizione prodotti alternativi presso i punti vendita, o impedendo che i prodotti di plastica monouso siano forniti gratuitamente.
Per quanto riguarda gli attrezzi da pesca, che rappresentano il 27% dei rifiuti rinvenuti sulle spiagge, la Commissione punta a completare il quadro normativo vigente introducendo regimi di responsabilità del produttore per gli attrezzi da pesca contenenti plastica.
Le proposte della Commissione passeranno ora al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio.

IL NUOVO CONTRATTO DEL PERSONALE DEGLI ENTI LOCALI

Nell'adunanza del 15 maggio 2018 le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti hanno positivamente certificato l'ipotesi di CCNL comparto Funzioni locali per il triennio 2016/2018 e l'ipotesi di CCNL comparto Sanità per il triennio 2016/2018 con le osservazioni contenute nel Rapporto di certificazione allegato alle rispettive delibere in corso di stesura.
Successivamente in data 21 maggio 2018 Aran e Organizzazioni sindacali hanno firmato in via definitiva il contratto collettivo nazionale di lavoro 2016-2018 per i circa 467.000 pubblici dipendenti appartenenti al comparto Funzioni locali, che comprende regioni, enti locali, camere di commercio e altri enti territoriali.
L'ARAN in un suo comunicato precisa che con la sottoscrizione definitiva, il contratto è dunque pienamente applicabile
Il contratto riconosce aumenti tabellari a regime, compresi tra 52 e 92 Euro al mese ed un elemento perequativo della retribuzione, corrisposto mensilmente fino al 31/12/2018, con valori più elevati per le categorie e posizioni economiche collocate nelle fasce più basse della scala parametrale, fino a 30 euro/mese. Sono riconosciuti anche gli arretrati contrattuali per il periodo 2016-2017.
Dalla fine del 2018, con decorrenza 2019, è previsto, infine, un incremento dei Fondi destinati alla contrattazione integrativa.
L’accordo interviene sulle relazioni sindacali e su molti aspetti normativi (assenze, permessi e congedi, orario di lavoro ore, ferie, codici disciplinari, rapporti di lavoro flessibile). C’era infatti la necessità di riscrivere alcune parti del contratto superate dalle norme di legge vigenti o non più attuali.
Tra i nuovi istituti si segnalano: i permessi per l’effettuazione di terapie, visite specialistiche ed esami diagnostici; la disciplina delle ferie solidali, che consente ai dipendenti con figli minori in gravi condizioni di salute, che necessitino di una particolare assistenza, di poter utilizzare le ferie cedute da altri lavoratori
Altre novità rilevanti riguardano le tutele introdotte per le donne vittime di violenza le quali, oltre al riconoscimento di appositi congedi retribuiti, potranno avvalersi anche di una speciale aspettativa.
Per le stesse, viene altresì prevista la possibilità di ottenere il trasferimento ad altra sede in tempi rapidi e con procedure agevolate.
Sono state anche ampliate le tutele riconosciute in caso di malattie gravi che richiedano terapie salvavita (quali chemioterapia ed emodialisi): infatti, le condizioni di miglior favore, prima circoscritte ai soli giorni di assenza nei quali si effettuano le terapie, sono estese anche al periodo successivo nel quale sia impossibile tornare al lavoro, per gli effetti invalidanti dovuti alle terapie effettuate. Il contratto ha inoltre recepito le nuove disposizioni sulle Unioni civili, prevedendo che tutte le tutele del contratto riferite al matrimonio riguardino anche ciascuna delle parti dell'unione civile.
In materia di relazioni sindacali, il contratto definisce regole semplificate che valorizzano gli istituti della partecipazione sindacale, nel rispetto dei distinti ruoli dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali. In questo ambito, è stato previsto un nuovo Organismo paritetico, per gli enti con più di 300 dipendenti, che ha il compito di instaurare un dialogo costruttivo e collaborativo con le organizzazioni sindacali. Sono state anche riviste ed aggiornate le materie attribuite alla contrattazione integrativa, con l’obiettivo di chiarirne il contenuto e la portata.
Si è provveduto, inoltre, ad aggiornare le tipologie di rapporto di lavoro flessibile con particolare riguardo ai contratti di lavoro a tempo determinato, in coerenza con i principi di non discriminazione più volte affermati anche a livello europeo e con le modifiche normative recentemente introdotte. A tal fine, sono state estese ai dipendenti con contratto a termine alcune tutele (ad esempio, in materia di ferie e di diritto allo studio). Presso ciascuna amministrazione, è stato inoltre previsto un tetto complessivo per i rapporti di lavoro flessibile.
Il nuovo contratto collettivo ha operato anche una revisione del codice disciplinare dei dipendenti pubblici, prevedendo specifiche sanzioni in caso di assenze ingiustificate in prossimità dei giorni festivi o per assenze collettive.
Alla luce delle recenti modifiche legislative, è stato individuato, un nuovo meccanismo per l’attribuzione degli incentivi economici al personale, che ha l’obiettivo di riconoscere premi aggiuntivi a coloro che abbiano ottenuto le valutazioni più elevate.
In questo ambito, si è provveduto anche ad un riassetto organico delle disposizioni che regolano la costituzione e l’utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa per l’erogazione dei trattamenti economici accessori.
E’ stata prevista una specifica sezione per la polizia locale, che riconosce e valorizza le peculiarità di questa tipologia di personale, attraverso la previsione di specifici trattamenti economici.
Il contratto è intervenuto, infine, sul sistema di classificazione professionale, con alcune modifiche della previgente disciplina, pur confermandone l’assetto complessivo e rinviando molte tematiche all’approfondimento di una Commissione paritetica, in vista di una più complessiva revisione dei suoi contenuti.
Il presente comunicato viene pubblicato sul sito dell’Agenzia anche ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 2, comma 2 del contratto sottoscritto.
Il contratto è divenuto efficace già dalla giornata del 22/5/2018.