mercoledì 30 maggio 2018

LA CORTE DI CASSAZIONE CONFERMA UN LICENZIAMENTO PER INSUBORDINAZIONE

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione L,  con una sentenza in data 10 gennaio scorso m- 9736 ha accolto il ricorso del Comune di Sperlonga avverso la sentenza n. 1748/2016 con cui la Corte di appello di Roma ha dichiarato la nullità del licenziamento intimato dal Comune di Sperlonga alla dipendente Ciccarelli Paola. 
In sostanza secondo la Corte la nozione di insubordinazione, nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l'esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale.
Pertanto la Corte nell'accoglier eil ricorso del Comune ha ribadito che il lavoratore può chiedere giudizialmente l'accertamento della legittimità di un provvedimento datoriale che ritenga illegittimo, ma ciò non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente, e senza un eventuale avallo giudiziario, di eseguire la prestazione lavorativa richiesta, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro. E tali principi trovano applicazione nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, anche in ragione del rinvio operato dall'art. 2, co. 2, d.lgs. n. 165/01.
Secondo la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza, Ciccarelli Paola aveva adito il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Latina e, premesso di avere svolto funzioni di Comandante della Polizia Municipale del Comune di Sperlonga dal 10 giugno 2000, aveva dedotto che a partire dal maggio 2003 il Sindaco e il Segretario Comunale (quest'ultimo anche con le funzioni di Dirigente Generale, Responsabile della Polizia municipale e preposto all'Ufficio dei procedimenti disciplinari) avevano iniziato a tenere nei suoi confronti atteggiamenti vessatori costituenti "mobbing", attraverso l'imposizione di ordini professionalmente dequalificanti e la privazione di funzioni istituzionali, fino al licenziamento irrogato per mancata ottemperanza agli ordini del superiore ed assenze ingiustificate dal servizio. 
La ricorrente aveva esposto che, non essendosi uniformata alle direttive del Sindaco, in data 14 novembre 2003 aveva ricevuto la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per n.5 giorni e in data 31 marzo 2004 la medesima sanzione per n. 10 giorni, fino ad arrivare al licenziamento del 5 maggio 2004 preceduto da due contestazioni. 
Tutto ciò premesso, aveva dedotto l'illegittimità delle sanzioni conservative e del licenziamento per mancata affissione del codice disciplinare e del solo licenziamento perché intervenuto tra la richiesta delle pubblicazioni di matrimonio ed un anno dopo la celebrazione dello stesso, in violazione degli artt. 1 e segg. L. n. 7/63, nonché per infondatezza degli addebiti, per insussistenza del giustificato motivo soggettivo, per inesistenza di un inadempimento sanzionabile e per violazione del principio di terzietà (il Segretario Comunale era anche responsabile del procedimento disciplinare).
Il Tribunale adito aveva dichiarato illegittimo il licenziamento, con conseguente diritto della ricorrente alla reintegrazione nel posto di lavoro, mentre aveva dichiarato non esservi luogo a provvedere sulle rimanenti domande, da intendersi rinunciate ex art. 75 comma 1 c.p.p. per avvenuta costituzione di parte civile della Ciccarelli nel giudizio penale (per abuso di ufficio e falso) a carico del Sindaco, del Segretario Comunale e di altri soggetti a vario titolo coinvolti nei fatti descritti.
Il Giudice di primo grado aveva osservato che, alla stregua del Regolamento della Polizia Municipale di Sperlonga, al Comandante del Corpo di Polizia Municipale erano demandate funzioni di responsabilità del servizio e che quindi la Ciccarelli aveva tutti i poteri di gestione ed organizzazione del lavoro dei vigili urbani, mentre al Segretario Comunale, per lo stesso Regolamento, era demandata la sovrintendenza allo svolgimento dei compiti affidati al Corpo. Aveva dunque affermato che il Comandante organizza e gestisce il Corpo di Polizia Municipale, mentre il Segretario comunale impartisce al predetto Comandante le direttive di ordine generale. Sulla scorta di tale premesse, aveva ritenuto che le condotte contestate, relative alla mancata osservanza dei servizi programmati dal Segretario comunale, non integrassero condotte idonee a giustificare la sanzione espulsiva: l'attribuzione dei poteri che alla Ciccarelli derivavano dal Regolamento escludeva di poter dare rilevanza, ai fini del giudizio di proporzionalità, al "turbamento della regolarità del servizio e alla confusione per la sovrapposizione degli ordini", ragioni poste alla base del recesso.
La nozione di insubordinazione, nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l'esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale.
E’ quanto afferma la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 9736/2018, ribadendo che il lavoratore può chiedere giudizialmente l'accertamento della legittimità di un provvedimento datoriale che ritenga illegittimo, ma ciò non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente, e senza un eventuale avallo giudiziario, di eseguire la prestazione lavorativa richiesta, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro. E tali principi trovano applicazione nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, anche in ragione del rinvio operato dall'art. 2, co. 2, d.lgs. n. 165/01.

Nessun commento:

Posta un commento