giovedì 31 ottobre 2019

RIPARTITO DAL MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI IL FONDO NAZIONALE PER LE POLITICHE SOCIALI ANNUALITA' 2019

Con decreto del  4 settembre scorso, pubblicato sulla G.U. 255/2019 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha provveduto al Riparto tra le Regioni delle risorse loro destinate a valere sul Fondo nazionale per le politiche sociali – Annualità 2019.
Le regioni procederanno al successivo trasferimento delle risorse spettanti agli ambiti territoriali, secondo quanto previsto nella programmazione regionale, entro sessanta giorni dall’effettivo versamento delle stesse alle regioni da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 
L’erogazione agli ambiti dovrà essere comunicata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro trenta giorni dall’effettivo trasferimento delle risorse.
L’erogazione delle risorse  è condizionata alla rendicontazione da parte delle regioni sugli utilizzi delle risorse ripartite ai sensi del decreto interministeriale 23 novembre 2017 e secondo le modalità ivi previste. 
A decorrere dal 2021, l’erogazione sarà condizionata alla rendicontazione, nella specifica sezione del Sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali, da parte degli ambiti territoriali dell’effettivo utilizzo di almeno il 75%, su base regionale, delle risorse di cui al presente decreto, secondo le modalità indicate nell'allegato d del decreto.

POSITIVO INCONTRO DEI SINDACATI CON IL MINISTRO DELLA SALUTE SPERANZA

Ieri 31 ottobre i Segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil si sono confrontati con il Ministro della Salute, Roberto Speranza, sul rilancio della sanità pubblica.
Al termine dell'incontro i rappresentanti dei Sindacati Rossana Dettori, Ignazio Ganga e Silvana Roseto, si sono dichiarati soddisfatti e hanno evidenziato come priorità il nuovo Patto per la salute che dovrà essere stipulato tra Regioni e Governo e che deve avere come obiettivo proprio il ristabilire il rispetto del diritto alla salute e alle cure dei cittadini.
Dettori, Ganga e Roseto hanno sostento l'importanza di garantire un finanziamento pluriennale, finalmente protetto dai tagli, per programmare in sicurezza il funzionamento del Ssn. Positivi passi sono l’abolizione del superticket previsto dalla legge di bilancio, l’incremento del fondo sanitario nazionale e le risorse aggiuntive pari a 2 mld per investimenti in edilizia e tecnologia sanitaria.
Le parti ritengono importante aver concordato il proseguimento del confronto sindacato – ministero, con apposito tavolo tecnico multidisciplinare (il prossimo incontro è stato già fissato per il 7 novembre) e politico, anche in funzione della discussione sul nuovo Patto per la Salute tra Governo e Regioni, su temi quali: la sostenibilità finanziaria del servizio sanitario per assicurare i Lea; il potenziamento dei servizi sociosanitari nel territorio; la prevenzione; la non-autosufficienza; le liste di attesa; il piano di investimenti per l’edilizia e l’ammodernamento tecnologico. 
Ci sarà inoltre un nuovo incontro con i sindacati di categoria sulle politiche per il personale, risorsa fondamentale del SSN.
Il ministro Speranza al termine dell'incontro ha sottolineato l'importanza di aver messo due miliardi in più sul fondo sanitario nazionale e due miliardi in più per edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico, abolizione del superticket; delle scelte importanti nella manovra di bilancio per chiudere definitivamente la stagione dei tagli alla sanità.

mercoledì 30 ottobre 2019

UN IMPORTANTE SEMINARIO AL PARCO DEL CIRCEO SUL PROGRAMMA "MAN AND BYOSPHERE"

Si è aperto ieri nel Parco del Circeo il seminario sulla comunicazione delle riserve della biosfera del Programma Man and Biosphere Unesco, che proseguirà fino a domani. Un’iniziativa che si pone in linea con le attività portate avanti negli ultimi anni dal ministero dell’Ambiente per implementare il Programma Mab in Italia e rafforzare la rete delle riserve italiane in termini di partecipazione e gestione.
I rappresentanti del segretariato Mab di Parigi, in collaborazione con l’ufficio regionale Unesco di Venezia per la scienza e la cultura in Europa, incontrano i rappresentanti delle riserve della biosfera italiane in una due giorni di formazione sul tema della comunicazione.
Ieri è stata illustrata la Strategia globale di comunicazione del Programma Mab e sono stati forniti indicazioni e strumenti utili alle riserve per predisporre un proprio piano di comunicazione.
La giornata di oggi è stata dedicata all’impostazione del Piano nazionale di comunicazione Mab attraverso un workshop che consentirà alle riserve di fornire i propri contributi.

SICUREZZA ALIMENTARE: PUBBLICATA LA RELAZIONE DEL MINISTERO DELLA SALUTE SUL PIANO NAZIONALE INTEGRATO


Il Ministero della salute ha pubblicato la Relazione per il 2018 del PIANO NAZIONALE INTEGRATO Piano Nazionale integrato che comprende Il quadro completo dell’intensa attività svolta nel 2018 dalle amministrazioni e organi di polizia nei settori di igiene, sicurezza e qualità degli alimenti, mangimi, benessere animale, sanità animale e sanità delle piante.
Oltre ad illustrare i dati di attività di tutte le Amministrazioni che partecipano al Piano, quest'anno il PNI comprende anche una specifica sezione dedicata alle quattro filiere scelte quali obiettivi strategici del PNI 2015-2019: olio d'oliva, latte e derivati, molluschi bivalvi, miele ed altri prodotti dell’alveare. 
Pertanto nel PNI  è riportato un quadro d'insieme di tutte le informazioni disponibili sulle attività svolte lungo tali filiere.
La struttura della Relazione comprende 5 capitoli e tre indici:
Capitolo 1. Attività svolta: descrive le attività svolte dalle Autorità competenti nell'ambito delle seguenti aree di interesse:
Alimenti, Benessere animale, Importazioni e scambi, Mangimi, Sanità animale, Sanità delle piante, Sottoprodotti
Capitolo 2. Risultati: illustra i risultati ottenuti nelle attività descritte nel Capitolo 1, con particolare riferimento alle non conformità riscontrate;
Capitolo 3. Provvedimenti: raccoglie le misure adottate per garantire l'efficacia del piano ed è suddiviso in due sezioni:
Capitolo 3a. Azioni Correttive: relativo alle misure adottate nei confronti degli operatori al fine di garantirne la conformità. Si tratta, per lo più, di azioni conseguenti al riscontro di non conformità; pertanto il Capitolo 3a comprende le stesse aree di interesse dei capitoli precedenti;
Capitolo 3b. Interventi per il miglioramento del sistema dei controlli: relativo alle azioni tese a garantire l'efficace funzionamento del controllo ufficiale. In questo Capitolo, oltre alle aree di interesse già elencate, sono presenti anche argomenti trasversali, quali la Formazione e le attività istituzionali svolte dai Laboratori Nazionali di Riferimento;
Capitolo 4. Verifiche: illustra i risultati dei sistemi di verifica atti a garantire la qualità, l’imparzialità, la coerenza e l’efficacia dei controlli ufficiali. I sistemi di verifica adottati in Italia sono:
-Audit sulle autorità competenti e sugli organismi di controllo;
-Monitoraggio dei livelli di assistenza (LEA) in sanità veterinaria e sicurezza degli alimenti;
Capitolo 5. Obiettivi PNI 2015/2019 e Conclusioni: riunisce i principali elementi utili per la valutazione dell'andamento del Sistema Paese. E' distinto in tre sottocapitoli:
Capitolo 5a. Obiettivi PNI 2015/2019: fornisce un quadro d'insieme di tutte le attività ricadenti nelle quattro filiere scelte per gli obiettivi strategici del PNI 2015-2019: olio d'oliva, latte e derivati, molluschi bivalvi, miele ed altri prodotti dell’alveare;
Capitolo 5b. Analisi Critica e Conclusioni: illustra l'autovalutazione effettuata da ciascuna amministrazione relativamente alle attività descritte nei capitoli precedenti
Capitolo 5c. Integrazioni e Valutazione: comprende le sezioni "Ulteriori elementi di analisi" e "Valutazione". In particolare:
La sezione "Ulteriori elementi di analisi" raccoglie i contributi relativi a:
Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi (RASFF);
Ambiente;
Corpi di polizia: Capitanerie di Porto, C.do Carabinieri per la Tutela Agroalimentare, C.do C Tutela della Salute, Guardia di Finanza;
Flusso EFSA per le zoonosi

INSEDIATO IL TAVOLO INTER-ISTITUZIONALE SUL CAPORALATO PRESSO IL MINISTERO DEL LAVORO

Con un lungo comunicato stampa il Ministero del lavoro ha annunciato l'insediamento del tavolo inter-istituzionale sul caporalato:
"Sette delle 10 azioni prioritarie identificate nella lotta al Caporalato dal Piano triennale riguardano la prevenzione del fenomeno. È mia intenzione che dai lavori del tavolo emerga con forza una procedura che disinneschi totalmente il ruolo del caporale. Questo si può ottenere esclusivamente rendendo trasparente e scevro da condizionamenti esterni il processo di selezione dei lavoratori attraverso la messa a punto di un sistema informativo per incrociare domanda e offerta di lavoro. Se realizziamo questo sistema, attacchiamo alla radice il problema e possiamo sconfiggerlo". Lo ha annunciato il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo all'apertura del tavolo sul Caporalato. 
"Oggi più che mai dobbiamo combattere lo sfruttamento lavorativo. È un nostro dovere.
Questo è un fenomeno che non riguarda soltanto i lavoratori stranieri ma anche tanti nostri connazionali, come Paola Clemente, che nel 2015 nelle campagne di Andria ha perso la vita a 50 anni per la fatica di dover lavorare 12 ore al giorno sotto al sole, e non è solo sfruttamento nelle Regioni del Sud o confinato al settore agricolo, ma è una piaga complessa e trasversale che colpisce in forme diverse tutto i Paese". Perciò, per Catalfo, "dobbiamo dare piena attuazione alle norme esistenti, soprattutto con riferimento alle misure di prevenzione. È questo l'obiettivo che si pone il Piano triennale che come Ministero del Lavoro finanziamo con 85 milioni di euro con 10 assi d'intervento, tra i quali sistema informativo, protezione e assistenza, informazione e sensibilizzazione, vigilanza e contrasto, filiera produttiva agroalimentare, intermediazione offerta e domanda di lavoro agricolo, rete del lavoro agricolo di qualità", ha spiegato il Ministro del Lavoro. 
"Finalmente lo Stato ha un piano di prevenzione e contrasto al caporalato. Un lavoro che vede coinvolte tutta la filiera per mettere fuori gioco chi sfrutta. Il caporalato è mafia, perciò dobbiamo combatterlo con armi nuove. Nel piano ci sono 10 azioni prioritarie e impegni precisi, sui quali da subito dobbiamo metterci al lavoro", ha spiegato il Ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova. 
"E poi c'è un metodo nuovo: contro il caporalato, soprattutto in alcune aree di emergenza, si dovrà intervenire d'ora in poi solo con azioni coordinate su alloggi, trasporti, intermediazione legale del lavoro, controlli. Se fai un intervento solo su uno di questi aspetti, il caporale resta lì e offre i servizi mancanti. Vogliamo, invece, una più equa distribuzione del valore nella filiera agroalimentare e trovare un'alleanza col cittadino. È il consumatore che deve aiutarci a spezzare la catena dello sfruttamento, perché se un prodotto viene venduto sotto il costo di produzione, c'è qualcuno che quel costo lo paga. Sia il lavoratore in nero o l'azienda agricola o di trasformazione che non ce la fa. Sulla Rete del lavoro agricolo di qualità, infine, il piano stesso segnala l'esigenza che condivido di rendere effettiva la sua essenza di precontrollo delle aziende, orientando così i controlli sui non iscritti, e va rafforzata nell'apertura delle sezioni territoriali e nelle premialità collegate", ha concluso il Ministro delle Politiche Agricole.

IL RAPPORTO DEL CLUB AMBROSETTI 2019 SULLA PA E IL SSN

Il recente Rapporto del Club Ambrosetti presentato nel corso del Forum internazionale 2019, organizzato nello scorso mese di settembre alla Villa D’Este sul lago di Como affronta le problematiche delle amministrazioni pubbliche affermando l’indispensabilità’ della funzione amministrativa in uno Stato moderno e  opponendosi così al pensiero liberal/populista secondo il quale l’emergere di gravi inefficienze imporrebbe la marginalizzazione del sistema amministrativo. 
L'organizzazione dello Stato in apparati dotati di specifici poteri che gestiscono l'amministrazione del territorio a vari livelli è l'elemento essenziale della società moderna.
Tuttavia, nonostante la visione pessimistica di alcuni settori del commercio e dell'industria che vedono la burocrazia come un peso inutile e le lamentele di molti cittadini il Rapporto mette in luce alcune eccellenze e tra queste la sanità:
Non solo, in Europa il Sistema Sanitario Nazionale italiano è quello che offre ai cittadini, a proprio carico, la gamma di farmaci più vasta, includendo, tra questi, medicine e preparati galenici per malattie croniche anche gravi. Inoltre, la qualità e la gestione degli interventi per trapianti d’organo sono tra le migliori, così come il servizio medico pediatrico, gratuito per tutti i bambini fino a 14 anni. L’Italia è anche in cima alle classifiche mondiali ed europee rispettivamente per quanto riguarda l’efficienza del sistema sanitario, per cui è quarta dietro soltanto ad Hong Kong, Singapore e Spagna, e per l’indice dello stato di salute, che la vede prima in Europa.
Sempre secondo il Rapporto:
A livello regionale, la sanità lombarda è la più efficiente d’Italia, e si configura come un indiscusso modello di eccellenza. Nel 2017, rispetto a una media nazionale di risorse sottoscritte pari al 73,2% delle risorse disponibili, la Lombardia è una delle 10 Regioni d’Italia ad aver allocato il 100% delle risorse (mentre il Molise solo il 21,5%). La Lombardia è, inoltre, la Regione che utilizza meglio le proprie risorse economiche in campo sanitario, insieme alla Liguria. Parimenti, la Lombardia compare tra le prime tre Regioni d’Italia per mantenimento dello Stato di salute. 


martedì 29 ottobre 2019

IL PARLAMENTO SI INFORMA SULLA SEMPLIFICAZIONE DELL'ACCESSO DEI CITTADINI AI SERVIZI DEL SSN

Si terrà oggi 30 ottobre, presso il palazzo San Macuto una audizione parlamentare di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di semplificazione dell'accesso dei cittadini ai servizi erogati dal SSN (servizio sanitario nazionale) condotta dalla CommIssione Parlamentare per la Semplificazione. 
L'incontro avrà una valenza di approfondimento tecnico e vi parteciperanno Dirigenti delle Regioni Piemonte, Campania, Emilia-Romagna, Puglia, Toscana e Veneto.

IN ATTESA DEL PIANO ATTUATIVO LOCALE PER LA RIDUZIONE DEI TEMPI DELLE LISTE DI ATTESA.








Questi sono gli ultimi tempi di attesa per la specialistica ambulatoriale della ASL Latina aggiornati al 20 ottobre. Il colore di alcune prestazioni parla chiaro sul superamento dei tempi previsti.
Con Decreto del Commissario d acta della Regione Lazio n. 302 in data 25 luglio 2019, pubblicato sul BUR n. 65 del giorno 13 agosto 2019 è stato approvato il nuovo Piano Regionale delle Liste di Attesa 2019-2021 che recepisce il Piano Nazionale per il Governo delle Liste di Attesa 2019-2021.
Le azioni fondamentali del nuovo Piano sono:
a) la netta separazione dei canali tra "primo accesso" per le prestazioni generate da un primo contatto tra il cittadino e il sistema sanitario e "accesso successivo" per le prestazioni originate a seguito di presa in carico del cittadino.
b) l'attivazione di percorsi per la presa in carico dei pazienti cronici anche mediante specifici Percorsi diagnostico terapeutici (PDTA) attivabili direttamente dal sistema delle cure primarie.
Si tratta di un progetto molto importante per il miglioramento della qualità percepita dai pazienti.
Per questo motivo è di fondamentale importanza che ogni azienda entro 60 giorni dalla pubblicazione del citato DCA U00302 (punto 3.4., secondo comma del provvedimento) recepisca il piano regionale adattandolo alla situazione locale sia epidemiologica che organizzativa e per far questo è necessario che predisponga un proprio Piano attuativo Locale tenendo conto specialmente dell'organizzazione degli accessi successivi di cui ai PDTA che hanno tre dimensioni:
  1. dimensione clinica, associata ad uno specifico bisogno assistenziale per uno stadio di una specifica patologia o ad una situazione sanitaria; questa dimensione è consona agli specialisti di dominio (cioè alle diverse discipline mediche e sanitarie); 
  2. dimensione organizzativa, correlata ad uno specifico assetto attraverso cui erogare prestazioni assistenziali che rispondano in modo sostenibile al bisogno manifestato dal paziente; questa dimensione riguarda principalmente il management; 
  3. dimensione tecnologica, correlata a infrastrutture di supporto, applicativi, apparecchiature diagnostiche e sensori, che faciliti la collaborazione tra gli attori e – se del caso – l’esecuzione di attività a distanza (es. telemedicina); 
Sono passati già ben oltre 60 giorni dalla pubblicazione sul BUR del DCA U00302 ma di delibere delle ASL del Lazio  per approvare il loro Piano Attuativo Aziendale non se ne vede l'ombra.

lunedì 28 ottobre 2019

INVECCHIARE IN EUROPA

E' stato pubblicato in questi giorni un interessante rapporto dei EUROSTAT intitolato AGEING EUROPE" di cui riporto la mia traduzione dell'introduzione:
Perché l'invecchiamento della popolazione è importante? 
C'erano 101,1 milioni di persone anziane - definiti qui come quelli di età pari o superiore a 65 anni - che vivevano nella UE-28 all'inizio del 2018; questo equivaleva a quasi un quinto (19,7%) di la popolazione totale. 
Durante i prossimi tre decenni, il numero di anziani nel L'Unione europea (UE) dovrebbe seguire un percorso ascendente, con un picco di 149,2 milioni abitanti nel 2050; la loro quota relativa del anche la popolazione totale aumenterà gradualmente e si prevede che raggiungerà il 28,5% nel 2050. 
L'invecchiamento della popolazione è il risultato principalmente di una caduta a lungo termine dei tassi di fertilità e dall'aumento dell'aspettativa di vita (longevità), quest'ultimo elemento riflette una serie di diversi fattori:
• riduzione della mortalità infantile; 
• progressi nella sanità pubblica e medica tecnologie; 
• maggiore consapevolezza dei benefici collegati a uno stile di vita sano; 
• l'allontanamento dal lavoro pesante verso professioni terziarie; 
• il miglioramento delle condizioni di vita.
Questi cambiamenti hanno portato a una crescita in numero e in percentuale delle persone anziane e questo processo di invecchiamento demografico può, in in molti modi, essere considerato una storia di successo. 
Per un gran numero di persone c'è molto guardare avanti nella vita successiva, specialmente se questi anni extra sono relativamente in buona salute. 
Le persone anziane lo sono abbastanza spesso soddisfatto della vita e molti si sentono più forti per il collegamento con le loro famiglie, amici e le comunità locali. 
Il numero crescente e la quota di anziani  all'interno della società rappresentano una gamma di sfide economiche. 
Alcuni analisti suggerirebbero probabilmente che l'invecchiamento della popolazione eserciti una pressione al ribasso sulla crescita dell' economia, sulla riduzione dell'offerta di lavoro, e sull'aumento  dei costi sociali con un impatto sulla sostenibilità delle finanze pubbliche. 
Questi  argomenti sono centrati sul presupposto che il rapporto di dipendenza della vecchiaia - in in altre parole, il numero di persone anziane rispetto alla dimensione dell'età lavorativa popolazione - continuerà ad aumentare. 
Come questo il rapporto aumenta, c'è un calo delle dimensioni della forza lavoro potenzialmente disponibile a prendersi cura delle generazioni più anziane e ciò ha già comportato un aumento dell'onere sulle finanze pubbliche, modifiche al età pensionabile obbligatoria e livelli inferiori di previdenza.
Secondo altri osservatori l'invecchiamento della popolazione non deve ostacolare la crescita economica ma  potrebbe invece fornire uno stimolo per lo sviluppo di nuovi beni e servizi, per esempio, alloggio o trasporto adattato alle esigenze di una popolazione che invecchia o di una gamma di nuovi servizi di assistenza sociale. 
Inoltre è sempre più comune trovare una crescita percentuale di anziani che affrontano meno rischi (rispetto a generazioni più giovani) dalla povertà o dalla società esclusione; questo modello è diventato tutto più evidente all'indomani della crisi finanziaria ed economica, con il ristagno dei salari reali  per gran parte del lavoro popolazione. 
In alcuni Stati membri dell'UE, questo aveva portato ad un aumento della  proporzione  di anziani che sono relativamente benestanti, il che potrebbe si traduce in un "dividendo demografico", nella misura in cui le popolazioni che invecchiano possono scegliere di spendere di più.
Con l'invecchiamento della popolazione in Europa, pensioni, assistenza sanitaria di lunga durata e i sistemi di assistenza rischiano di diventare finanziariamente insostenibile, come una forza lavoro in calo potrebbe non essere più in grado di fornire a numero crescente di anziani. 
La Commissione europea desidera attuare una politica diretta ad "aiutare le persone a rimanere in buona salute il più a lungo possibile  e, ove possibile, a contribuire all'economia e la società ". 
I politici sperano di rivolgersi queste sfide trasformandole in opportunità, con particolare attenzione all'estensione a lavorare e a fornire assistenza agli anziani accesso a un'adeguata protezione sociale e, ove necessario, pensioni integrative. 
Vivere più a lungo non necessariamente significa vivere in modo più sano, più attivo e vita indipendente - questo è tanto più importante dato il numero crescente di persone anziane e molto anziane nell'UE. 
Il Partenariato europeo per l'innovazione attiva e l'invecchiamento in buona salute è stato creato nel 2011 e mira a promuovere l'innovazione che lo farà promuovendo l'invecchiamento attivo e migliorando l'aspettativa di vita in buona salute.

sabato 26 ottobre 2019

CHI FA DA SE' FA PER TRE


Leggo sulle reti sociali che qualcuno, pur non avendo fatto fino ad ora nulla per difendere il Punto di Primo Intervento di Sabaudia e non sapendo come apparire ha pensato bene di attaccare il Comitato per la difesa del PPI sorto spontaneamente grazie a molti cittadini (e di cui sono stato il promotore) colpevole, a suo dire, di non prendersela con il Comune che, sempre secondo le stesse persone, non avrebbe fatto ricorso al TAR.
Poiché ci sentiamo responsabili nei confronti delle 9000 persone che hanno firmato (sì, anche per quelle le cui firme per qualche errore formale non sono state ritenute valide e quindi non conteggiate) ritengo doveroso precisare quanto segue.
Come molti sanno da quando è stato pubblicato il famoso decreto ministeriale 70/2015 ho iniziato a preoccuparmi del destino del Punto di Primo Intervento di Sabaudia dalla cui esistenza dipendono la nostra salute e in alcuni casi la nostra vita. Per molto tempo le mie segnalazioni sono cadute nel vuoto e nessuno dei politici né la direzione generale della ASL Latina si sono degnati di rispondermi.
Siamo così arrivati all’estate dell’anno scorso quando, in presenza del decreto n. U00257/2017 adottato dal presidente della regione Lazio in qualità di Commissario ad acta del Governo era stata già disposta la chiusura del PPI entro il 31 dicembre.
Come già accennato il Comitato per la difesa del PPI di Sabaudia sorto spontaneamente in soli quindici giorni ha raccolto 8767 firme valide.
Subito dopo si è attivato il Comitato di Cori, poi sono sorti altri Comitati, si sono mossi i Sindaci e finalmente, dopo la manifestazione del 30 novembre scorso fu concessa la proroga di un anno. Ma molti non hanno compreso l'importanza di questa prima vittoria, mentre ad Anagni , a seguito della chiusura di quel PPI era già deceduta una signora per la puntura di un calabrone.
Ritenendo che questo tempo in più potesse (e dovesse) servire a costruire qualcosa insieme ai cittadini in data 15 gennaio il nostro Comitato inviò una lettera alla Commissione sanità del Consiglio regionale, al Presidente della Regione, al direttore generale della ASL Latina e al presidente della conferenza locale sociale e sanitaria (il sindaco Coletta) con la proposta di realizzare in ognuno dei Comuni sede di PPI una Casa della salute prevedendo al suo interno un modulo aggiuntivo di PPI. Tale proposta era suffragata da un passo del citato DCA U00257/2017 e dal DCA U00412/2017; in tal modo sarebbe stata realizzata l’implementazione dell’assistenza territoriale (voluta del citato DN 70/2015) e nello stesso tempo rispettato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 che ha previsto l’Emergenza Sanitaria Territoriale tra i Livelli Essenziali di Assistenza (quindi non eliminabile con un decreto del presidente della regione che dal punto di vista della gerarchia delle norme è di rango inferiore).
Purtroppo anche la nota del gennaio scorso non ha avuto risposta.
Ma, dopo mesi di silenzio la mattina del 13 agosto scorso ho letto sul Bollettino ufficiale della regione un nuovo decreto con il quale veniva seccamente sancita la trasformazione di tutti i PPI del Lazio entro il 31 dicembre 2019.
Adirato per tale decisione che ignorava la lotta dei cittadini e calpestava il loro diritto alla salute ho pensato immediatamente che il tempo delle manifestazioni fosse finito e che si dovesse solo fare ricorso per impedire questa decisione per cui mi misi subito al lavoro (mettendo a disposizione della comunità le mie conoscenze in materia dato che mi sono occupato del sistema di emergenza sanitaria quando ero responsabile della programmazione sanitaria in regione) per predisporre una traccia di ricorso, dati i tempi ristretti e la difficoltà a trovare un avvocato disponibile ed oltretutto a conoscenza delle norme che regolano questa complessa materia.
Naturalmente la mia bozza prevedeva la richiesta di sospensiva ritenendo che, dati i tempi per la fissazione della discussione “nel merito”, questa potesse avvenire dopo la chiusura del PPI, togliendo così gran parte del valore al dibattito.
La copia del ricorso è stata da me consegnata  gratis a tutti i sindaci dei sette comuni e agli amici degli altri comitati in occasione dell’incontro con il presidente della provincia di Latina tenutosi il 28 agosto.
Ci sono stati poi l’incontro in regione del 5 settembre e la seduta della conferenza dei sindaci del 9 settembre.
Intanto il 7 settembre il Comitato aveva inoltrato alla direzione generale dell’azienda una richiesta di partecipazione al procedimento ai sensi dell’art. 9 della legge 241/1990, rimasta senza risposta (e questo è un vizio del procedimento).
Purtroppo da un approfondimento della giurisprudenza in materia di legittimazione ad agire ho scoperto che un comitato sorto espressamente per la difesa di una causa, come il nostro, non sarebbe stato ammesso (la normativa sulla azione di classe ancora non è operativa), così d’accordo con i membri del nostro Comitato ho accolto l’invito degli amici del Comitato Civico di Cori e, a titolo personale, ma naturalmente idealmente per conto del Comitato di Sabaudia ho sottoscritto anch’io il ricorso predisposto per conto del Comitato di Cori da due legali che hanno offerto la propria opera "pro bono": l’avv. Conti e l’avv. Lattari  ( con i quali ho avuto anche un incontro) e presentato poi da quest’ultimo entro il termine previsto per la richiesta di sospensiva al TAR di Roma.
Pertanto il Comitato per la difesa del Punto di Primo Intervento di Sabaudia è sereno in quanto il nostro ricorso (anche se firmato solo da me) è stato già presentato e attendiamo con fiducia la fissazione dell'udienza per andare ad assistere al dibattimento.
Il ricorso, secondo anche altri legali è fondato e così anche la richiesta di sospensiva attesa la fondatezza del “periculum” che si verificherebbe con la prevista trasformazione dei PPI in presidi di assistenza primaria privando i cittadini del servizio sanitario di emergenza in una località che per stessa ammissione della ASL dista dal Pronto Soccorso di Latina più di 20 minuti che è il termine massimo consentito dalle norme in vigore per l’assistenza nelle zone extraurbane.
Di diverso avviso è stato il Comune di Sabaudia, il quale ha ritenuto di non chiedere la sospensiva per cui i termini non sono ancora scaduti (mancano ancora pochi giorni dato che c’è stata la sospensione feriale dei termini, che non vale nel caso in cui venga chiesta la misura cautelare come hanno fatto i nostri avvocati) e di incardinare la vertenza al TAR di Latina.
Questa vicenda dimostra, se necessario, l’importanza del ruolo dei cittadini che non si sono sentiti tutelati da chi aveva il dovere di farlo e di come il comportamento di alcuni personaggi che hanno rifiutato ogni forma di ascolto e di partecipazione abbia ottenuto solo il risultato di far crescere il nostro desiderio di far valere il nostro diritto.

venerdì 25 ottobre 2019

LA NOTA CON CUI LA DIREZIONE DELLA ASL HA CHIESTO ALLA REGIONE IL FINANZIAMENTO PER LA REALIZZAZIONE DELLA CASA DELLA SALUTE A SABAUDIA

Com' è noto da tempo ho promosso la realizzazione a Sabaudia di una Casa della salute.
A seguito delle ripetute sollecitazioni la direzione generale della ASL promise di attivarsi per dare corpo alla mia idea che poi è stata anche completata con la proposta inviata alla regione il 15 gennaio scorso per prevedere all'interno della Casa della salute di Sabaudia un modulo aggiuntivo per il Punto di Primo Intervento allo scopo di non perdere questo importante servizio per la comunità.
Non avendo ricevuto risposta a detta proposta e avendo appreso dalla deliberazione n. 849/2019 adottata dal direttore generale della ASL  Latina dell'esistenza di una sua lettera alla Regione proprio per ottenere un finanziamento per l'attivazione di una casa della salute nell'edificio di via Conte Verde che oggi ospita il Poliambulatorio e il PPI, in data 16 settembre ho fatto richiesta di accesso civico generalizzato per averne copia; finalmente ieri 24 ottobre è arrivata la risposta e, come si può vedere la richiesta inviata dalla ASL alla Regione  è datata 17 luglio 2019.
Nonostante gli articoli scritti, un convegno organizzato nel 2013 presso il teatro del Nucleo Sportivo delle Fiamme Gialle e la presentazione del mio "Manuale per le case della salute" avvenuta presso l'ex ufficio Postale il 2 marzo 2017, molti mi chiedono ancora cosa sono le Case della Salute.
In primo luogo desidero chiarire che si tratta di una struttura pubblica.
Ma facciamo un poco di storia: allo scopo di potenziare l’assistenza primaria, sin dai primi anni del nuovo secolo in alcune regioni si è cominciato a sperimentarne vari modelli; l’idea delle CdS era stata lanciata inizialmente dal Sindacato CGIL in alcuni convegni e in una serie di articoli apparsi sulle riviste scientifiche (Benigni 2004).
In considerazione dei positivi risultati di queste esperienze, l’allora Ministro dalla sanità Livia Turco nel corso di una audizione presso la Commissione Affari Sociali della Camera, nel giugno 2006 lanciò l’idea di un “new deal della salute”.
L’idea prese corpo e fu presentata dal Ministro Turco nell’ambito del Forum della Pubblica Amministrazione del 2007 prevedendo la realizzazione di strutture polivalenti denominate “Casa della Salute”, quali presìdi strategici dei Distretti, per dare una risposta unitaria anche alle aspettative di assistenza sociale della popolazione.
Nelle linee guida ministeriali del 2007 le CdS sono definite: «Strutture polivalenti e funzionali in grado di erogare materialmente l’insieme delle cure primarie, di garantire la continuità assistenziale e le attività di prevenzione; sedi pubbliche dove trovano allocazione, in uno stesso spazio fisico, i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie e sociali; luogo di prevenzione e promozione della salute e del benessere sociale»
Secondo l’O.M.S. la prevenzione delle malattie non comprende solo misure finalizzate a prevenire la loro insorgenza, come ad esempio la riduzione dei fattori di rischio, ma riguarda anche misure volte ad arrestare l’evoluzione di una malattia già insorta e a ridurne le conseguenze.Per dare concreta realizzazione e diffusione alle CdS con la Legge Finanziaria 2008 (Legge 296/2007 articolo 1 comma 805) fu previsto uno specifico stanziamento di 10 milioni di euro.
Ai fini dell’attribuzione di tale co-finanziamento da parte dello Stato, le regioni avrebbero dovuto presentare appositi progetti rispettosi delle indicazioni contenute nelle linee guida predisposte dal Ministero della salute.Alcune regioni all’epoca si sono attivate, altre purtroppo solo ora iniziano a muovere i primi passi, peraltro cercando di recuperare, utilizzando le esperienze già funzionanti.
Ma come può essere definita la “mission” della CdS? Dal punto di vista generale la ragione fondamentale per cui sono state istituite le CdS è quella di contribuire a garantire a livello locale la tutela del diritto alla salute, privilegiando l’attenzione per la persona.
Le case della salute serviranno soprattutto a migliorare l'assistenza ai soggetti fragili quali sono le persone affette da gravi patologie, le donne in gravidanza, i bambini, ma anche gli anziani che con l'allungamento della vita sono esposti a nuove patologie, evitando loro, il più possibile il disagio dei viaggi a Latina o peggio in località più lontane.

IL VII RAPPORTO DELL'OSSERVATORIO SUL FEDERALISMO IN SANITA' DI CITTADINANZATTIVA METTE A NUDO LE INEFFICIENZE DEL SSN

E'stato presentato ieri da Cittadinanzattiva presso la Sala De Chirico il VII Osservatorio civico sul federalismo in sanità.
Le differenze tra i diversi Servizi sanitari regionali in termini di performance sono confermate anche dalla analisi offerta dalla griglia LEA, che monitora attraverso una serie di indicatori il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza da parte delle Regioni. 
In base all’ultima rilevazione, relativa al 2017, permangono in numerose Regioni in Piano di rientro criticità legate alla insufficienza della rete di assistenza domiciliare o delle strutture territoriali per anziani e disabili, all’eccessivo numero di parti cesarei, con una percentuale elevata di essi eseguita in strutture che non garantiscono adeguati livelli di sicurezza per le madri, alla inadeguata adesione agli screening oncologici. 
Nonostante questi elementi negativi, le Regioni in Piano di rientro migliorano tutte, anche se solo la Regione Abruzzo fa registrare un 2 punteggio finale in linea con le regioni del Centro-Nord. 
La Campania rimane al di sotto della soglia minima richiesta di 160 (153), in netto peggioramento la Calabria (136). Campania e Calabria sono, in base a questa rilevazione, le uniche due Regioni inadempienti. 
Le differenze tra le performance dei diversi Servizi sanitari regionali potrebbero essere, in realtà, assai più marcate di quanto non si rilevi con il monitoraggio attraverso la Griglia LEA attualmente in uso. 
Secondo il Ministero della Salute, alcuni miglioramenti registrati potrebbero essere “verosimilmente da attribuire alla staticità della Griglia LEA nella quale soglie e indicatori non vengono modificati dal 2015”. Pertanto potrebbero essersi generati “effetti di adattamento del sistema, senza che, di fatto, ci sia stata una promozione della qualità e dell’efficacia dell’assistenza sanitaria.”
Per queste ragioni, dal 1° gennaio 2020 la Griglia LEA sarà sostituita da un sottoinsieme di indicatori core, previsto dal Nuovo Sistema di Garanzia.3 . Utilizzando questo nuovo metodo, sono nove le Regioni che garantiscono i LEA, Piemonte, Lombardia, P.A. di Trento, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche, le stesse che si trovano in testa alla classifica della vigente Griglia LEA. 
Friuli-Venezia Giulia e Lazio non raggiungono il punteggio minimo in una sola attività, rispettivamente prevenzione e distrettuale.

mercoledì 23 ottobre 2019

I NUMERI DEL CANCRO: COME UNA MAGGIORE PREVENZIONE POSSA IMPEDIRE NUOVI CASI DI TUMORE

E' stata pubblicata in questi giorni la settima edizione del volume “I numeri del cancro in Italia” curata dall'associazione dei registri dei Tumori e (AIRTUM) e dall'associazione medici oncologi (AIOM) .
Il nuovo rapporto riconferma la qualità del nostro sistema sanitario nella sua globalità: la sopravvivenza nel nostro Paese è allineata alla media europea e per molti tipi di tumore è superiore. 
Quello che veniva un tempo considerato un “male incurabile” è divenuto in moltissimi casi una patologia da cui si può guarire o, comunque, con cui si può convivere: sta diventando infatti sempre più frequentemente una malattia cronica che consente alle persone colpite di avere una vita attiva e soddisfacente. 
Negli ultimi decenni si è registrato in Italia un costante incremento della prevalenza di pazienti con storia di cancro: erano 2 milioni e 244 mila nel 2006, sono aumentati sino a oltre 3 milioni nel 2017. 
Nel 2020 saranno 4 milioni e mezzo. 
Le Istituzioni e i clinici devono essere in grado di rispondere alle esigenze di questi pazienti, che guariscono o possono convivere a lungo con la malattia, e che rivendicano il diritto di tornare a un’esistenza “normale”. 
In quest’ambito l’Italia rappresenta un modello per l’Europa per l’attenzione alla preservazione della fertilità, per i programmi riabilitativi e di sostegno psico-sociale e per una legislazione che tenda a garantire i diritti della persona malata.
I dati epidemiologici che ogni anno questo volume presenta costituiscono la fotografia dello stato dell’Oncologia italiana, evidenziando insieme risultati ottenuti e criticità ancora attuali.
Gli andamenti sono evidenti: l’effetto combinato della prevenzione primaria, ed in primis della lotta al tabagismo, della diffusione degli screening, del progressivo sviluppo e miglioramento dei percorsi diagnostici e delle prospettive terapeutiche si accompagna ad una riduzione di nuovi casi e globalmente ad un miglioramento nella sopravvivenza. 
Resta ancora molto da fare per combattere in maniera ancora più incisiva l’abitudine al fumo di sigaretta, in particolare per i giovani e per le donne, tra le quali continuano a crescere l’incidenza e la mortalità per tumore del polmone, direttamente correlato all’abitudine tabagica, e per una maggiore penetrazione dei programmi di screening, che in alcune aree del Paese presentano ancora bassi livelli di diffusione. 
È necessario continuare a promuovere campagne di sensibilizzazione, perché il 40% dei casi di tumore può essere evitato seguendo uno stile di vita sano, e con la prevenzione si possono inoltre generare risparmi e liberare risorse che potrebbero essere indirizzate alla promozione di progetti di ricerca e alla disponibilità di nuove terapie.

IL LAZIO AL SECONDO POSTO IN ITALIA NELLA CLASSIFICA DEL MALAFFARE - GLI AMMINISTRATORI LOCALI I SOGGETTI PIU' A RISCHIO


Il dott. Cantone al momento di lasciare la presidenza dell'ANAC ha presentato una RELAZIONE SULLA CORRUZIONE  in Italia nel periodo 2016-2019.
Nel periodo in esame sono stati 207 i pubblici ufficiali/incaricati di pubblico servizio indagati per corruzione.
Indicativo è il tasso relativo all’apparato burocratico in senso stretto, che annoverando nel complesso circa la metà dei soggetti coinvolti si configura come il vero dominus: 46 dirigenti indagati, ai quali ne vanno aggiunti altrettanti tra funzionari e dipendenti più 11 RUP (responsabile unico del procedimento).
Le forme di condizionamento dell’apparato pubblico più estese e pervasive si registrano prevalentemente a livello locale (specie al Sud), secondo forme di penetrazione capillare nel tessuto sociale, economico-imprenditoriale, politico e istituzionale.
Rispetto alle fattispecie corruttive tipiche della Prima Repubblica, ancillare risulta invece il ruolo dell’organo politico. 
I numeri appaiono comunque tutt’altro che trascurabili, dal momento che nel periodo di riferimento sono stati 47 i politici indagati (23% del totale). 
Di questi, 43 sono stati arrestati: 20 sindaci, 6 vice-sindaci, 10 assessori (più altri 4 indagati a piede libero) e 7 consiglieri.
I Comuni rappresentano dunque gli enti maggiormente a rischio, come si evince anche dalla disamina delle amministrazioni in cui si sono verificati episodi di corruzione (tab. 5): dei 152 casi censiti, 63 hanno avuto luogo proprio nei municipi (41%), seguiti dalle le società partecipate (24 casi, pari al 16%) e dalle Aziende sanitarie (16 casi, ovvero l’11%).

LE FONDAZIONI DI PARTECIPAZIONE E LA CORTE DEI CONTI


La Sezione di Controllo della corte dei conti per la Regione friuli Venezia giulia ha espresso il proprio parere con deliberazione n. 22/2019 su una interessante questione relativa alla costituzione di una Fondazione di Partecipazione.
Nel merito la sezione ha ragionato così: "Il Comune di *** intende costituire una Fondazione di partecipazione avente lo scopo non lucrativo di valorizzare la Foresta di Tarvisio, nella quale ricade parte del territorio comunale. L’organismo dovrebbe essere aperto alla partecipazione, anche progressiva, di altri soggetti pubblici e privati, anche senza necessità, da parte di questi, di conferimenti al patrimonio di dotazione. Lo Statuto prevedrebbe la 5 durata decennale ed un obbligo, da parte dei fondatori, del versamento annuale di un determinato conferimento, ancora da quantificare. Pertanto, ai sensi dell’art. 7 c. 8 della L. 131/2003, il Comune chiede un parere circa la possibilità di costituire tale Fondazione e se la stesse debba intendersi vincolata alla normativa pubblicistica. La riscoperta delle Fondazioni da parte degli Enti pubblici è avvenuta sulla base di esigenze politiche, quali la privatizzazione e la crisi finanziaria pubblica. Il principio costituzionale del buon andamento della Pubblica Amministrazione tramite criteri aziendalistici di efficienza, efficacia ed economicità ha favorito un nuovo rapporto tra la spesa pubblica e privata espresso nella formula, propria del diritto comunitario, di partenariato pubblico-privato. È’ l’art. 118 c. 4 della Costituzione l’espressione più alta per cui lo Stato, le Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà. A questo proposito, la Sezione regionale della Lombardia, con deliberazione n. 232/2013, scrive: “Le fondazioni, come riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, hanno natura privata e sono espressione organizzativa delle libertà sociali, costituendo i cosiddetti corpi intermedi, collocati fra Stato e mercato, che trovano nel principio di sussidiarietà orizzontale, di cui all’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione, un preciso presidio rispetto all’intervento pubblico (Corte costituzionale 28 settembre 2003, n. 300 e n. 301)”. L’organismo, a parere del Comune, sarebbe nello specifico una Fondazione di partecipazione, un Ente aperto alla partecipazione di più soggetti giuridici, tra cui Enti pubblici, e privati; tale tipo di Ente esprime convergenza di visione tra entità pubbliche e private per il perseguimento di fini di utilità sociale. La decisione di costituire la Fondazione necessita di un provvedimento della Pubblica Amministrazione che deve essere motivato, con espressa indicazione delle ragioni di fatto e di diritto che hanno portato alla decisione (art. 3 L. 241/90); naturalmente, ove la costituzione della Fondazione sia prevista direttamente dalla legge, basta il richiamo alla norma che disciplina la fattispecie, senza ulteriore motivazione. Nel caso di scelta autonoma dell’Ente, come in questo caso specifico, occorre tener conto delle ragioni di pubblico interesse che portano alla costituzione del nuovo soggetto, con obiettivi di economicità, efficacia ed efficienza e di buon andamento, verificando gli impatti economici, patrimoniali e gestionali sul bilancio dell’Ente locale. 6 La costituzione di nuove Fondazioni è un procedimento amministrativo, con una fase istruttoria in cui vengono prospettate le varie soluzioni giuridiche possibili ed una fase propriamente decisionale di competenza dell’Organo dell’Ente a ciò preposto (in questo caso il Consiglio Comunale, sulla base dell’art. 42 del T.U. degli Enti locali, a meno che lo Statuto comunale non stabilisca diversamente). Il modello Fondazione viene disciplinato nel Libro I del Codice civile; la dottrina ha fornito un quadro sullo strumento privatistico concepito per perseguire finalità di interesse generale e sperimentare la collaborazione tra pubblico e privato. La Fondazione di partecipazione ha in comune con la Fondazione tradizionale lo scopo non lucrativo ed il patrimonio destinato al raggiungimento di un obiettivo predefinito ed invariabile che viene fissato nell’atto costitutivo; si distingue invece perché il fondatore partecipa attivamente alla vita dell’organismo. Gli elementi costitutivi della Fondazione di partecipazione sono l’elemento personale e l’elemento patrimonio: l’elemento patrimoniale ha la caratteristica di essere a struttura aperta ed a formazione progressiva e si distingue tra fondo di dotazione (inteso come riserva intangibile) e fondo di gestione (patrimonio utilizzabile nell’attività di gestione). La Fondazione di partecipazione rappresenta uno strumento per regolamentare il partenariato pubblico-privato, e trattandosi di un negozio giuridico a struttura aperta, è necessario valutare la struttura e le regole di funzionamento contenute nello Statuto dell’organismo e l‘impatto economico-finanziario che lo stesso ha per l’Ente locale. La giurisprudenza della Corte dei conti (ved. delib. n. 81/2013 Sez. reg.le Liguria, n. 151/2013 Sez. reg.le Lazio, n. 5/2014 Sez. reg.le Toscana, n. 52/2017 Sez. reg.le Basilicata) ritiene che, affinché un privato possa rientrare nel settore pubblicistico, siano indispensabili alcune condizioni: - la Fondazione di partecipazione deve essere dotata di personalità giuridica; - deve essere istituita per soddisfare esigenze generali, aventi finalità non lucrative; - deve essere finanziata in modo maggioritario da organismi di diritto pubblico e/o che l’Organo di amministrazione o vigilanza sia designato in maggioranza da un Ente pubblico. In particolare, la citata deliberazione della Sez. reg.le Basilicata n.52/2017, in senso più ampio rispetto agli aspetti propriamente gestionali, ha correttamente avuto modo di affermare che: “…l’Ente dovrà considerare tutte le implicazioni dell’operazione prospettata sul piano finanziario, anche in prospetti-va futura, in ossequio ai principi di sana gestione e delle regole 7 della contabilità pubblica, cui sempre deve conformarsi la concreta attività degli Enti Locali anche laddove si concretizzi nell’esercizio dell’autonomia negoziale (sul punto, cfr. deliberazione Se-zione di controllo Veneto n. 903/2012). Va sottolineato, a tal riguardo, come l'utilizzo di risorse pubbliche, anche attraverso l’adozione di moduli privatistici, impone particolari cautele e obblighi, che non vengono meno a fronte di scelte politiche volte a porre a carico di società a partecipa-zione pubblica, e dunque indirettamente a carico degli Enti Locali che partecipano al capitale di tali società, i costi di attività e servizi che, sebbene non remunerativi per il soggetto che li svolge, si prefiggono il perseguimento di obiettivi di promozione economica e sociale a vantaggio dell'intera collettività. L’inevitabile immobilizzazione di risorse che consegue all’ assunzione di partecipazioni in enti di natura privatistica, con sottrazione delle stesse ad altri impieghi, infatti, implica un’attenta valutazione da parte dell’ente, che potrà formare oggetto di verifica, da parte della Sezione, in sede di controllo finanziario sul bilancio e sul rendiconto annuale di gestione”. Infine, la deliberazione n. 162/2018 della Sez. reg.le Lombardia sottolinea che “la stessa amministrazione pubblica opera ormai utilizzando, per molteplici finalità, .... soggetti aventi natura privata. Si consideri anche, sotto questo profilo, che l’art. 118 della Costituzione impone espressamente ai Comuni di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.” Nel richiamare le suesposte indicazioni risultanti dalla giurisprudenza consolidata delle altre Sezioni regionali di controllo, si sottolinea ancora che le Fondazioni di partecipazione, per il combinato disposto di normativa europea e nazionale (art. 3, c. 26, DLgs 163/2006), sono tenute ad osservare le procedure di evidenza pubblica proprie delle Pubbliche Amministrazioni. In conclusione, alla luce di quanto sopra esposto e richiamato, l’Ente locale, in aderenza ai principi di contabilità pubblica, dovrà verificare che dal finanziamento non risulti un depauperamento del patrimonio comunale in considerazione all’utilità che l’Ente ha rispetto ai propri fini istituzionali ed a quella che l’Ente stesso e la collettività ricevono dallo svolgimento dell’attività di promozione e valorizzazione del territorio. Altrettante cautele dovranno essere adottate dal Comune relativamente al corretto utilizzo dei fondi pubblici, al fine di permetterne il controllo efficace e l’applicazione puntuale dell’art. 4, comma 6, del DL. 95/2012"

martedì 22 ottobre 2019

UN RINNOVATO IMPEGNO PER GARANTIRE LA SANITA' PER TUTTI ARRIVA DALLA I.P.U.

L' INTERNATIONAL PARLAMENTARY UNION dal 1921 ha sede a Ginevra ed è l’organizzazione internazionale dei Parlamenti. Istituita nel 1889, è la più vecchia delle istituzioni internazionali di tipo politico.
I parlamentari di 179 Paesi hanno votato all'unanimità una risoluzione per la copertura sanitaria universale entro il 2030.
Dovranno essere stanziati ulteriori 200 miliardi di dollari all'anno nel potenziamento dell'assistenza sanitaria di base nei paesi a basso e medio reddito potrebbe potenzialmente salvare 60 milioni di vite, aumentare l'aspettativa di vita media di 3,7 anni entro il 2030 e contribuire in modo significativo allo sviluppo socioeconomico. 
Il rapporto stima che ciò rappresenterebbe un aumento di circa il 3% sui 7,5 trilioni di dollari già spesi per la salute a livello globale ogni anno.
Solo quando i gruppi più vulnerabili possono ottenere assistenza sanitaria, un paese può proteggere la sua gente e garantire che le epidemie non degenerino e si diffondano ulteriormente.
La risoluzione include una forte attenzione alla salute delle donne, dei bambini e degli adolescenti, inclusa la salute sessuale e riproduttiva come componente chiave di UHC.
La risoluzione termina con una richiesta all'Oms di collaborare con l'IPU e altri partner per sostenere l'attuazione della risoluzione a livello globale, regionale e nazionale e per monitorare i progressi.


COSA HA FATTO L'ARES 118 PER POTENZIARE I PROPRI SERVIZI SUL TERITORIO DELLA PROVINCIA DI LATINA ?


Nell'incontro avuto dai Sindaci dei comuni della provincia di Latina con l'assessore alla sanità, il direttore generale dell'Azienda sanitaria locale Latina e il direttore generale dell'ARES 118 il 5 settembre presso la Regione Lazio oltre ad una serie di adempimenti che avrebbe dovuto mettere in atto l'azienda sanitaria locale Latina (che ha poi adottato la controversa deliberazione n. 849/2019) l'ARES 118 avrebbe dovuto svolgere una serie di attività per la realizzazione di elisuperfici dedicate al servizio di emergenza sanitaria, al potenziamento delle automediche ecc.
A distanza di soli 70 giorni dalla fine dell'anno e dalla chiusura dei PPI e l'attivazione delle nuove strutture (di cui ancora non si sa molto) ancora non si hanno notizie circa quanto avrebbe dovuto fare l'ARES 118.

lunedì 21 ottobre 2019

CHIESTA ALLA COMMISSIONE EUROPEA UNA MAGGIORE VIGILANZA SUI PESTICIDI

Secondo lo studio "Cronicamente sottovalutato - Una revisione della valutazione dei pericoli cancerogeni dell'Ue di 10 pesticidi", pubblicato dalla tedesca Pesticide Action Network (Pan) e dalla Health and Environment Alliance (HEAL), le analisi condotte dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) sui pesticidi potrebbero essere arrivate a conclusioni sbagliate aprendo alla commercializzazione di prodotti che dovrebbero essere invece vietati. Il 40% dei pesticidi potrebbe essere cancerogeno, e quindi pericoloso per agricoltori e consumatori, in quanto i test di sicurezza sui suoi principi attivi non sarebbero compiuti in linea con le regole europee esistenti.
Per questo è stata chiesta alla presidente eletta della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, di assicurare una applicazione più rigorosa della legislazione esistente sui pesticidi e dei documenti di orientamento.


domenica 20 ottobre 2019

IL REFERTO EPIDEMIOLOGICO: TRA POCO ENTRERA' IN VIGORE MA POCHI LO CONOSCONO.

L'art. 4 della legge 29/2019 prevede l'istituzione del Referto Epidemiologico, ma che cosa è? 
La norma stabilisce che al fine di garantire un controllo permanente dello stato di salute della popolazione, anche nell'ambito dei sistemi di sorveglianza, dei registri di mortalità, dei tumori e di altre patologie identificati ai sensi dell'articolo 12, comma 11, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, il Ministro della salute, acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, adotta un decreto per l'istituzione del referto epidemiologico, per il controllo sanitario della popolazione con particolare attenzione alle aree più critiche del territorio nazionale, al fine di individuare i soggetti preposti alla raccolta e all'elaborazione dei dati che confluiscono nel referto epidemiologico e di disciplinare il trattamento, l'elaborazione, il monitoraggio continuo e l'aggiornamento periodico dei medesimi dati, nonché la pubblicazione, con cadenza annuale, del referto epidemiologico, in particolare per quanto riguarda i dati relativi all'incidenza e alla prevalenza delle patologie che costituiscono più frequentemente causa di morte, nei siti internet delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, alle quali spetta il controllo quantitativo e qualitativo dei flussi di dati che alimentano il referto epidemiologico.
Si tratta di una importante novità in quanto grazie alla nuova legge sarà possibile ottenere  informazioni sotto forma di dato aggregato o macrodato in grado di riflettere lo stato di salute complessivo di una comunità sulla base di una valutazione delle principali fonti relative a tutti gli eventi sanitari di una popolazione in uno specifico ambito temporale e territoriale, ad esempio del numero e delle cause dei decessi, dell’incidenza oncologica, delle ospedalizzazioni, al fine di identificare per tempo eventuali picchi anomali rispetto all’atteso nella diffusione e andamento di specifiche patologie e identificare eventuali origini. 
Sarà importante seguire l'introduzione di questo nuovo strumento in alcune aree a rischio e vedere cosa faranno i governanti per eliminare i rischi per la popolazione. 
Ciò permetterà di valorizzare i contenuti informativi dei dati sanitari ai fini della produzione di conoscenze condivise tra gli operatori e con le comunità anche al fine di assumere decisioni di programmazione della sanità pubblica a tutela dello stato di salute della popolazione.

L'ASSISTENZA TERMALE

L’assistenza termale è inclusa tra le attività di competenza dei distretti e viene erogata nell’ambito dei LEA ai cittadini affetti da determinate malattie e che possono trarre “effettivo beneficio” da questo tipo di cure. 
Le prestazioni termali a carico del SSN consistono in cicli di prestazioni destinati a specifici disturbi e includono, in ogni caso, la visita medica all’atto dell’accettazione da parte dello stabilimento termale. 
Gli assistiti possono usufruire, al massimo di un ciclo di cure ogni anno con l’eccezione dei soggetti riconosciuti invalidi. 
Le patologie oggi riconosciute con oneri a carico del SSN sono: 
1. Malattie reumatiche: osteoartrosi ed altre forme degenerative; reumatismi extra articolari; 
2.Malattie delle vie respiratorie: sindromi rinosinusitiche-bronchiali croniche, bronchiti croniche semplici o accompagnate a componente ostruttiva (con esclusione dell’asma e dell’enfisema avanzato, complicato da insufficienza respiratoria grave o da cuore polmonare); 
3.Malattie dermatologiche: psoriasi (esclusa la forma pustolosa, eritrodermica), eczema e dermatite atopica (escluse le forme acute vescicolari ed essudative), dermatite seborroica ricorrente; 
4.Malattie ginecologiche: sclerosi dolorosa del connettivo pelvico di natura cicatriziale o involutiva, leucorrea persistente da vaginiti croniche aspecifiche o distrofiche; 
5.Malattie O.R.L.: rinopatia vasomotoria, faringolaringiti croniche, sinusiti croniche, stenosi tubariche, otiti catarrali croniche, otiti croniche purulente non colesteatomatose; 
6. Malattie dell’apparato urinario: calcolosi delle vie urinarie; 
7. Malattie vascolari: postumi di flebopatie di tipo cronico; 
8.Malattie dell’apparato gastroenterico: dispepsia di origine gastroenterica e biliare, sindrome dell’intestino irritabile con stipsi. 
Per accedere ai trattamenti termali a carico del SSN, è necessaria la prescrizione del medico di famiglia o di uno specialista, con l’indicazione della patologia e del ciclo di cura da erogare. 
A decorrere dal 1° gennaio 2017 il ticket dovuto per queste cure dagli assistiti non esenti è fissato in 55 euro. 
Gli esenti per reddito, per patologia e alcune categorie di invalidi sono tenuti, invece, al pagamento della quota fissa per ricetta pari a € 3,10 ai sensi dell’art. 68 della legge 448/1998. 
Il 1° agosto 2019 è stato siglato un nuovo Accordo in sede di Conferenza Stato Regioni per il triennio 2019-2021 in base al quale saranno anche rivisti LEA specifici.

I DETERMINANTI IN SANITA' - INDIVIDUATO UN NUOVO (VECCHIO) DETERMINANTE: LE LEGGI

L'ottimo Quotidiano sanità ci racconta che si sono appena concluse a Salerno le Giornate della Scuola Medica salernitana e durante l'International Syposium che le ha inaugurate il prof. Ranieri Guerra, Assistant Director-General all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha tenuto una Lectio Magistralis tenuta dal titolo The burden of choice: the science, ethics and economics of resource allocation in health care, nel corso della quale, dopo aver sottolineato come l'infelicità  sia un importante determinante della salute (il nostro paese ancora oggi si colloca al 47° posto nella graduatoria delle felicità), ha voluto ricordare come accanto ai determinanti di salute tradizionale (tasso di istruzione, situazione economica, ecc.) ci sia un elemento spesso dimenticato che è quello legale, cioè quello che stabilisce “le regole del gioco” e che dovrebbe essere sviluppato maggiormente con l’aiuto di una comunicazione chiara ed esaustiva per spiegare ad esempio  perché sopprimere una struttura o ridemensionare un servizio in sanità per evitare (Sic !) una dispersione inutile delle già esigue risorse. 
Secondo il prof. Guerra la formula su come usare la legge per attuare interventi legislativi per la salute efficaci, giusti e basati su prove di efficacia va coniugata insieme alla necessità di creare competenze e meccanismi di coordinamento tra legge e salute, dal livello nazionale a quello superiore: un cammino lungo e tortuoso, minato da ostacoli apparentemente insormontabili. 
Il determinante legale di salute spiega come si creano le leggi, come si mettono in pratica e come si fanno rispettare; espone gli obblighi degli stati per garantire salute ai cittadini; chiarisce come le leggi possono condizionare, positivamente o negativamente, gli esiti di salute; identifica infine gli attori principali del sistema a livello globale. 
Ecco che i nostri governanti dovrebbero fare più attenzione quando scrivono leggi i cui effetti si ripercuotono sui cittadini e questo in particolar modo quando si occupano di sanità  dato che gli effetti sono talora tali da mettere a rischio la vita umana.
Ma oltre a scrivere bene le leggi è importante anche usare buon senso nell'applicarle, il che evidentemente è molto difficile in un mondo sempre più in preda alla globalizzazione, vista come la panacea di ogni problema, dimenticando che la nostra Costituzione all'art. 5  prevede "La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principî ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento".

MALA TEMPORA CURRUNT SED PEIORA PARANTUR

Marco Tullio Cicerone nel suo "De officiis" sostiene che il buon cittadino è quello che non può tollerare nella sua patria un potere che pretenda d'essere superiore alle leggi.
Grazie alla Costituzione Repubblicana e alla attenta e costante costruzione della Corte Costituzionale è stato oramai accettato  il passaggio da una concezione liberal-individualista della cittadinanza – come rapporto esclusivo tra il cittadino e lo Stato – ad una visione «sociale»  e repubblicana, nel cui ambito l’appartenenza alla comunità postula l’esercizio della libertà e dell’autonomia «in vista (anche) della realizzazione dei valori sociali condivisi e fissati dalla Costituzione, per il perseguimento dei quali i cittadini hanno il dovere di attivarsi».
Non può quindi destare meraviglia che dei cittadini, tra i quali chi scrive (che è tra quelli che hanno studiato e lavorato per 40 anni per costruire la Riforma sanitaria e far funzionare poi il SSN), dopo aver inutilmente tentato di far comprendere le proprie ragioni, abbiano dovuto prendere la penna in mano (visto che i nostri rappresentanti non l'hanno fatto) per cercare di fermare il procedimento avviato dalla Regione Lazio per chiudere i Punti di Primo Intervento (già tentato con il DCA U00257/2017 e poi reiterato con il DCA U00303/2019) ritenendo che la cancellazione di quelli che sono il primo livello del sistema dell'emergenza sanitaria possa procurare gravi problemi alla salute della popolazione mettendo anche a rischio le vite umane e creando anche problemi alla funzionalità dei Pronto Soccorso ospedalieri. 




I POSTI LETTO PUBBLICI DELLA PROVINCIA DI LATINA SONO INSUFFICIENTI, MA CHI LI HA CHIUSI ?


Da tempo ho segnalato in più occasioni il fatto che il numero dei posti letto della provincia è insufficiente.
Nel 1997 il numero dei posti letto pubblici per acuti era complessivamente pari a 1362.
Successivamente in base all'applicazione dei nuovi standard ed in particolare con l'eliminazione delle camerate da sei letti e la creazione di stanze a due letti con bagno, nel 2000 furono portati a 1270.
Secondo dati risalenti a prima della chiusura degli ospedali di Sezze, Priverno, Gaeta e Minturno i posti letto per acuti pubblici erano 938.
Com'è noto nel 2010 la Presidente Polverini dispose la chiusura di molti ospedali in tutto il Lazio con il famoso DCA 80 in data 30 settembre 2010 tra i quali Sezze, Priverno, Gaeta e Minturno.
In base al Rapporto sull'attività di ricovero per acuti negli istituti del Lazio per l'anno 2017 curata dalla direzione regionale salute e integrazione sociosanitaria i posti letto al 31 dicembre 2017 erano 689.
I dati attuali sono di gran lunga inferiore allo standard previsto dall'oramai famoso DM 70/2015 che stabilisce nel 3,7 per mille (di cui lo 0,7 per la riabilitazione) il numero dei posti letto spettante alla nostra provincia.
Poiché la popolazione residente al 1° gennaio 2019 è pari a 575.254 dovremmo avere 1.725 posti letto per acuti mentre secondo la regione  ne dovremmo avere solamente 1684 di cui  882 negli ospedali pubblici e ben 802 nelle case di cura private; di fatto secondo quanto risulta dal sito web della ASL Latina (forse i dati non sono aggiornati? ) i posti letto pubblici per acuti attivi sarebbero invece 750, che sommati a quelli accreditati delle case di cura: 575 (sempre per acuti) porterebbe il totale a 1.325 che è ben lontano dallo standard.
Ma il DM 70/2015 deve essere  applicato solo per chiudere i PPI ?
Ecco spiegato come mai i pazienti che arrivano al pronto soccorso non trovano mai un letto e stazionano per ore in barella aspettando un ricovero....
Gli ospedali pubblici hanno bisogno di posti letto per i ricoveri programmati ma anche per le urgenze che in provincia di Latina (vedi traumatologia) sono numerose.
Quanto sopra anche per chiarire a qualche saputo di turno chi ha chiuso gli ospedali.


sabato 19 ottobre 2019

VIII HEALTHCARE SUMMIT 2019 A ROMA

Martedì 5 novembre si terrà a Roma, presso la sede Roma Eventi Fontana di Trevi, la ottava edizione dell’Healthcare Summit, organizzato da 24 Ore Eventi in collaborazione con Il Sole -24Ore e Sanità24, con la partnership di Confindustria Dispositivi Medici e Farmindustria.
Tra i temi dell’evento, punto di riferimento in Italia per i rappresentanti del settore sanitario e farmaceutico e delle istituzioni, le ultime sfide del Ssn tra innovazione e nuove tecnologie, integrazione di soluzioni e interventi strutturali dell’attuale Ssn e digitalizzazione dei processi per un’assistenza 4.0.
Interverranno tra gli altri Massimiliano Boggetti, Presidente Confindustria Dispositivi Medici, Giovanni Leonardi Direzione Generale della ricerca e dell’Innovazione in Sanità Ministero della Salute, Massimo Scaccabarozzi, Presidente Farmindustria e Marco Simoni Presidente Fondazione Human Technopole. È stato invitato il ministro della Salute, Roberto Speranza.

venerdì 18 ottobre 2019

IL PPI DI SABAUDIA NON DEVE MORIRE: I MOTIVI DEL RICORSO


Oramai è scaduto il termine per la presentazione del ricorso contro il decreto del Commissario ad acta della Regione n. U00303 in data 25 luglio 2019 che avevamo preparato come Comitato per la difesa del Punto di primo Intervento di Sabaudia, che abbiamo regalato anche agli altri Comitati oltre che ai Sindaci, ma che poi non abbiamo potuto presentare come Comitato in quanto, essendo stato costituito proprio per difendere il PPI, in base alla giurisprudenza del Consiglio di Stato non sarebbe stato legittimato ad agire.
Poiché alcuni personaggi politici mettono in giro notizie atte a confondere le idee, riporto qui il testo del punto 7.1.3 del decreto impugnato che è intitolato: "Trasformazione dei punti di primo intervento" e che per quanto riguarda la ASL Latina prevede appunto "la trasformazione degli attuali PPI in Punti di erogazione di assistenza primaria entro il 31 dicembre 2019". Questo, nonostante le assicurazioni svolte proprio da detti personaggi .
Il ricorso mira appunto ad impedire questa operazione che lascerebbe i cittadini di Sabaudia e del suo hinterland privi del servizio di emergenza sanitaria territoriale.Pertanto è giusto che tutti sappiano perché è stato presentato il ricorso. Riassumo qui sinteticamente i  motivi:
1) Violazione dell'art. 32 della Costituzione i quanto il decreto impugnato viene a privare i cittadini e le persone presenti nel territorio di Sabaudia della sicurezza alla salute nei casi di emergenza-urgenza cioè proprio nei casi in cui maggiore è il rischio per la vita;
2) Violazione dell'art. 10 della legge 833/1978 (istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale) in base al quale  l’erogazione dei servizi di pronto intervento deve essere fatta a livello di Distretto; tale disposizione verrebbe ad essere disattesa in base alla disposizione contenuta nel decreto impegnato che dispone la “trasformazione” del Punto di Primo Intervento di Sabaudia in un “Punto di erogazione di assistenza primaria” (disciplinato quindi dall’art. 3-quinquies del D.lgs 502/1992 ) per cui il servizio verrebbe assicurato dai medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta e dai servizi di guardia medica e dai presidi specialistici ambulatoriali), servizi questi con finalità completamente diverse dall’ “Emergenza Sanitaria Territoriale”, fino ad ora garantita dal predetto Punto di Primo Intervento, collegato con il Pronto soccorso di Latina,  che assicura oggi oltre ad un medico formato per l'emergenza-urgenza, anche la presenza di un infermiere professionale, indispensabile per la stabilizzazione dei pazienti più gravi;
3) Violazione dell’art. 3, comma 6, del D.P.R. 27 marzo 1992 e del documento Stato Regioni del 2 dicembre 1991 allegato al predetto D.P.R.  che stabilisce in 20 minuti il tempo massimo di accesso al pronto soccorso.  La decisione di trasformare il Punto di primo Intervento di Sabaudia in un Punto di erogazione di assistenza primaria non ha infatti considerato il tempo necessario ai mezzi di emergenza per raggiungere il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Latina accertato dalla stessa ASL Latina in 25’ (come da proposta di rimodulazione dei PPI della direzione generale della ASL in data 25 ottobre 2018), con conseguente lesione del diritto alla salute dei cittadini;
4) Assenza totale di motivazione circa la "trasformazione" del PPI in un Punto di erogazione di assistenza primaria in quanto il  punto 9.1.2 del Decreto ministeriale n. 70/2015 -non citato nelle premesse dell’atto impugnato ma espressamente indicato e richiamato al punto 7.1.2 del Piano di rientro allegato al decreto impugnato nonché ai punti 7.1 e 7.2 - stabilisce che «il nuovo modello organizzativo dell’assistenza, caratterizzato da un potenziamento delle attività sul territorio e dalla realizzazione di una rete ospedaliera dedicata alle patologie complesse, deve prevedere la presenza di uno sviluppo del servizio di emergenza territoriale tecnologicamente avanzato, in grado di affrontare le emergenze e di condividere le procedure con l’attività del distretto e con la rete ospedaliera garantendo una reale continuità dell’assistenza nell’interesse della popolazione, anche attraverso la gestione tempestiva dei trasferimenti secondari urgenti e la trasmissione di immagini e dati». Pertanto poiché nel citato DM 70/2015 manca l'indicazione di un termine entro il quale operare la suddetta trasformazione, la Regione Lazio avrebbe dovuto motivare il perché è stato deciso di farlo il 31 dicembre 2019, il che non è avvenuto.In questo modo viene messa a rischio la vita dei cittadini senza alcuna motivazione.
5) Violazione degli artt. 3 e 7 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017 avente per oggetto «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502» con cui sono stati fissati i Livelli Essenziali di Assistenza dell’Emergenza Sanitaria Territoriale e che stabiliscono che il Servizio Sanitario Nazionale debba garantire, in situazioni di emergenza-urgenza in ambito territoriale extraospedaliero, interventi sanitari tempestivi e finalizzati alla stabilizzazione del paziente, assicurando il trasporto in condizioni di sicurezza al presidio ospedaliero più appropriato. A causa del decreto impugnato i cittadini di Sabaudia verrebbero privati di questo servizio. Occorre sottolineare che un decreto del Presidente del Consiglio dal punto di vista della gerarchia delle norme è superiore ad un decreto ministeriale quale appunto è il DM 70/2015 le cui disposizioni sono quindi travolte e oramai prive di valore.
6) Violazione del principio della ponderazione i quanto se venisse attuato il decreto impugnato si andrebbe a colpire il “nucleo essenziale” del diritto alla salute, che comprende gli aspetti di cui non si può in nessun caso essere privati, pena la violazione del dettato costituzionale, che viene sanzionata con l’illegittimità delle norme che si pongono in contrasto ad esso (Corte Cost. 252/2001 e 354/2008). In particolare la Corte Costituzionale ha detto che  «le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana. Ed è certamente a quest’ambito che appartiene il diritto dei cittadini specialmente se in disagiate condizioni economiche, o indigenti secondo la terminologia dell’art. 32 della Costituzione, a che siano assicurate loro cure gratuite» (Corte Cost. Sentenza 309/1999);
7) Violazione del principio della ragionevolezza: attesa la  natura di primaria importanza del servizio di emergenza sanitaria territoriale tra i servizi sanitari nel senso che dalla sua tempestività e certezza dipende con altissima probabilità non la qualità del servizio ma la protezione del diritto primario dell’uomo quello alla vita, l’organizzazione del servizio di pronto soccorso deve rispondere ad un nucleo irriducibile del diritto alla salute, affermato dalla Corte Costituzionale (cfr., Corte Cost. n. 162/2007 e n. 275/2016) e per la sua stessa natura insopprimibile, nonché insuscettibile di essere compresso o ridotto in forza di qualunque altra esigenza politico - amministrativa, tanto meno di carattere finanziario. La normativa in tema di pronto soccorso deve perciò essere applicata con una interpretazione costituzionalmente orientata, che a tal fine deve privilegiare il criterio, all’interno della dimensione regionale del servizio, tendente ad una organizzazione territoriale più rapida possibile e perciò tendente alla conservazione dei presidi nelle zone “svantaggiate”. 
8) Violazione del principio di protezione della salute umana previsto dal'art. 168 del trattato dell'Unione Europea e della Carta dei diritti fondamentali della UE secondo cui «Ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana»
Il ricorso è stato poi arricchito, completato e presentato dall'avv. Lattari di Latina, il quale ha offerto la propria opera pro bono, cioè gratuitamente.
Ora si attende la fissazione dell'udienza da parte del TAR.