sabato 26 ottobre 2019

CHI FA DA SE' FA PER TRE


Leggo sulle reti sociali che qualcuno, pur non avendo fatto fino ad ora nulla per difendere il Punto di Primo Intervento di Sabaudia e non sapendo come apparire ha pensato bene di attaccare il Comitato per la difesa del PPI sorto spontaneamente grazie a molti cittadini (e di cui sono stato il promotore) colpevole, a suo dire, di non prendersela con il Comune che, sempre secondo le stesse persone, non avrebbe fatto ricorso al TAR.
Poiché ci sentiamo responsabili nei confronti delle 9000 persone che hanno firmato (sì, anche per quelle le cui firme per qualche errore formale non sono state ritenute valide e quindi non conteggiate) ritengo doveroso precisare quanto segue.
Come molti sanno da quando è stato pubblicato il famoso decreto ministeriale 70/2015 ho iniziato a preoccuparmi del destino del Punto di Primo Intervento di Sabaudia dalla cui esistenza dipendono la nostra salute e in alcuni casi la nostra vita. Per molto tempo le mie segnalazioni sono cadute nel vuoto e nessuno dei politici né la direzione generale della ASL Latina si sono degnati di rispondermi.
Siamo così arrivati all’estate dell’anno scorso quando, in presenza del decreto n. U00257/2017 adottato dal presidente della regione Lazio in qualità di Commissario ad acta del Governo era stata già disposta la chiusura del PPI entro il 31 dicembre.
Come già accennato il Comitato per la difesa del PPI di Sabaudia sorto spontaneamente in soli quindici giorni ha raccolto 8767 firme valide.
Subito dopo si è attivato il Comitato di Cori, poi sono sorti altri Comitati, si sono mossi i Sindaci e finalmente, dopo la manifestazione del 30 novembre scorso fu concessa la proroga di un anno. Ma molti non hanno compreso l'importanza di questa prima vittoria, mentre ad Anagni , a seguito della chiusura di quel PPI era già deceduta una signora per la puntura di un calabrone.
Ritenendo che questo tempo in più potesse (e dovesse) servire a costruire qualcosa insieme ai cittadini in data 15 gennaio il nostro Comitato inviò una lettera alla Commissione sanità del Consiglio regionale, al Presidente della Regione, al direttore generale della ASL Latina e al presidente della conferenza locale sociale e sanitaria (il sindaco Coletta) con la proposta di realizzare in ognuno dei Comuni sede di PPI una Casa della salute prevedendo al suo interno un modulo aggiuntivo di PPI. Tale proposta era suffragata da un passo del citato DCA U00257/2017 e dal DCA U00412/2017; in tal modo sarebbe stata realizzata l’implementazione dell’assistenza territoriale (voluta del citato DN 70/2015) e nello stesso tempo rispettato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 che ha previsto l’Emergenza Sanitaria Territoriale tra i Livelli Essenziali di Assistenza (quindi non eliminabile con un decreto del presidente della regione che dal punto di vista della gerarchia delle norme è di rango inferiore).
Purtroppo anche la nota del gennaio scorso non ha avuto risposta.
Ma, dopo mesi di silenzio la mattina del 13 agosto scorso ho letto sul Bollettino ufficiale della regione un nuovo decreto con il quale veniva seccamente sancita la trasformazione di tutti i PPI del Lazio entro il 31 dicembre 2019.
Adirato per tale decisione che ignorava la lotta dei cittadini e calpestava il loro diritto alla salute ho pensato immediatamente che il tempo delle manifestazioni fosse finito e che si dovesse solo fare ricorso per impedire questa decisione per cui mi misi subito al lavoro (mettendo a disposizione della comunità le mie conoscenze in materia dato che mi sono occupato del sistema di emergenza sanitaria quando ero responsabile della programmazione sanitaria in regione) per predisporre una traccia di ricorso, dati i tempi ristretti e la difficoltà a trovare un avvocato disponibile ed oltretutto a conoscenza delle norme che regolano questa complessa materia.
Naturalmente la mia bozza prevedeva la richiesta di sospensiva ritenendo che, dati i tempi per la fissazione della discussione “nel merito”, questa potesse avvenire dopo la chiusura del PPI, togliendo così gran parte del valore al dibattito.
La copia del ricorso è stata da me consegnata  gratis a tutti i sindaci dei sette comuni e agli amici degli altri comitati in occasione dell’incontro con il presidente della provincia di Latina tenutosi il 28 agosto.
Ci sono stati poi l’incontro in regione del 5 settembre e la seduta della conferenza dei sindaci del 9 settembre.
Intanto il 7 settembre il Comitato aveva inoltrato alla direzione generale dell’azienda una richiesta di partecipazione al procedimento ai sensi dell’art. 9 della legge 241/1990, rimasta senza risposta (e questo è un vizio del procedimento).
Purtroppo da un approfondimento della giurisprudenza in materia di legittimazione ad agire ho scoperto che un comitato sorto espressamente per la difesa di una causa, come il nostro, non sarebbe stato ammesso (la normativa sulla azione di classe ancora non è operativa), così d’accordo con i membri del nostro Comitato ho accolto l’invito degli amici del Comitato Civico di Cori e, a titolo personale, ma naturalmente idealmente per conto del Comitato di Sabaudia ho sottoscritto anch’io il ricorso predisposto per conto del Comitato di Cori da due legali che hanno offerto la propria opera "pro bono": l’avv. Conti e l’avv. Lattari  ( con i quali ho avuto anche un incontro) e presentato poi da quest’ultimo entro il termine previsto per la richiesta di sospensiva al TAR di Roma.
Pertanto il Comitato per la difesa del Punto di Primo Intervento di Sabaudia è sereno in quanto il nostro ricorso (anche se firmato solo da me) è stato già presentato e attendiamo con fiducia la fissazione dell'udienza per andare ad assistere al dibattimento.
Il ricorso, secondo anche altri legali è fondato e così anche la richiesta di sospensiva attesa la fondatezza del “periculum” che si verificherebbe con la prevista trasformazione dei PPI in presidi di assistenza primaria privando i cittadini del servizio sanitario di emergenza in una località che per stessa ammissione della ASL dista dal Pronto Soccorso di Latina più di 20 minuti che è il termine massimo consentito dalle norme in vigore per l’assistenza nelle zone extraurbane.
Di diverso avviso è stato il Comune di Sabaudia, il quale ha ritenuto di non chiedere la sospensiva per cui i termini non sono ancora scaduti (mancano ancora pochi giorni dato che c’è stata la sospensione feriale dei termini, che non vale nel caso in cui venga chiesta la misura cautelare come hanno fatto i nostri avvocati) e di incardinare la vertenza al TAR di Latina.
Questa vicenda dimostra, se necessario, l’importanza del ruolo dei cittadini che non si sono sentiti tutelati da chi aveva il dovere di farlo e di come il comportamento di alcuni personaggi che hanno rifiutato ogni forma di ascolto e di partecipazione abbia ottenuto solo il risultato di far crescere il nostro desiderio di far valere il nostro diritto.

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