Leggo sulle reti sociali che qualcuno, pur non
avendo fatto fino ad ora nulla per difendere il Punto di Primo Intervento di
Sabaudia e non sapendo come apparire ha pensato bene di attaccare il Comitato
per la difesa del PPI sorto spontaneamente grazie a molti cittadini (e di cui
sono stato il promotore) colpevole, a suo dire, di non prendersela con il Comune che,
sempre secondo le stesse persone, non avrebbe fatto ricorso al TAR.
Poiché ci sentiamo responsabili nei confronti delle
9000 persone che hanno firmato (sì, anche per quelle le cui firme per qualche
errore formale non sono state ritenute valide e quindi non conteggiate) ritengo
doveroso precisare quanto segue.
Come molti sanno da quando è stato pubblicato il
famoso decreto ministeriale 70/2015 ho iniziato a preoccuparmi del destino del
Punto di Primo Intervento di Sabaudia dalla cui esistenza dipendono la nostra
salute e in alcuni casi la nostra vita. Per molto tempo le mie segnalazioni
sono cadute nel vuoto e nessuno dei politici né la direzione generale della ASL
Latina si sono degnati di rispondermi.
Siamo così arrivati all’estate dell’anno scorso
quando, in presenza del decreto n. U00257/2017 adottato dal presidente della
regione Lazio in qualità di Commissario ad acta del Governo era stata già
disposta la chiusura del PPI entro il 31 dicembre.
Come già accennato il Comitato per la difesa del
PPI di Sabaudia sorto spontaneamente in soli quindici giorni ha raccolto 8767
firme valide.
Subito dopo si è attivato il Comitato di Cori, poi sono
sorti altri Comitati, si sono mossi i Sindaci e finalmente, dopo la
manifestazione del 30 novembre scorso fu concessa la proroga di un anno. Ma molti non hanno compreso l'importanza di questa prima vittoria, mentre ad Anagni , a seguito della chiusura di quel PPI era già deceduta una signora per la puntura di un calabrone.
Ritenendo che questo tempo in più potesse (e dovesse) servire a
costruire qualcosa insieme ai cittadini in data 15 gennaio il nostro Comitato
inviò una lettera alla Commissione sanità del Consiglio regionale, al
Presidente della Regione, al direttore generale della ASL Latina e al
presidente della conferenza locale sociale e sanitaria (il sindaco Coletta) con
la proposta di realizzare in ognuno dei Comuni sede di PPI una Casa della
salute prevedendo al suo interno un modulo aggiuntivo di PPI. Tale proposta era
suffragata da un passo del citato DCA U00257/2017 e dal DCA U00412/2017; in tal
modo sarebbe stata realizzata l’implementazione dell’assistenza territoriale
(voluta del citato DN 70/2015) e nello stesso tempo rispettato il decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 che ha previsto
l’Emergenza Sanitaria Territoriale tra i Livelli Essenziali di Assistenza
(quindi non eliminabile con un decreto del presidente della regione che dal
punto di vista della gerarchia delle norme è di rango inferiore).
Purtroppo anche la nota del gennaio scorso non ha
avuto risposta.
Ma, dopo mesi di silenzio la mattina del 13 agosto
scorso ho letto sul Bollettino ufficiale della regione un nuovo decreto con il
quale veniva seccamente sancita la trasformazione di tutti i PPI del Lazio
entro il 31 dicembre 2019.
Adirato per tale decisione che ignorava la lotta
dei cittadini e calpestava il loro diritto alla salute ho pensato
immediatamente che il tempo delle manifestazioni fosse finito e che si dovesse
solo fare ricorso per impedire questa decisione per cui mi misi subito al
lavoro (mettendo a disposizione della comunità le mie conoscenze in materia
dato che mi sono occupato del sistema di emergenza sanitaria quando ero
responsabile della programmazione sanitaria in regione) per predisporre una
traccia di ricorso, dati i tempi ristretti e la difficoltà a trovare un
avvocato disponibile ed oltretutto a conoscenza delle norme che regolano questa
complessa materia.
Naturalmente la mia bozza prevedeva la richiesta di
sospensiva ritenendo che, dati i tempi per la fissazione della discussione “nel
merito”, questa potesse avvenire dopo la chiusura del PPI, togliendo così gran
parte del valore al dibattito.
La copia del ricorso è stata da me consegnata gratis a tutti i sindaci dei sette comuni
e agli amici degli altri comitati in occasione dell’incontro con il presidente
della provincia di Latina tenutosi il 28 agosto.
Ci sono stati poi l’incontro in regione del 5
settembre e la seduta della conferenza dei sindaci del 9 settembre.
Intanto il 7 settembre il Comitato aveva inoltrato
alla direzione generale dell’azienda una richiesta di partecipazione al
procedimento ai sensi dell’art. 9 della legge 241/1990, rimasta senza risposta
(e questo è un vizio del procedimento).
Purtroppo da un approfondimento della
giurisprudenza in materia di legittimazione ad agire ho scoperto che un
comitato sorto espressamente per la difesa di una causa, come il nostro, non
sarebbe stato ammesso (la normativa sulla azione di classe ancora non è
operativa), così d’accordo con i membri del nostro Comitato ho accolto l’invito
degli amici del Comitato Civico di Cori e, a titolo personale, ma naturalmente
idealmente per conto del Comitato di Sabaudia ho sottoscritto anch’io il
ricorso predisposto per conto del Comitato di Cori da due legali che hanno offerto la propria opera "pro bono": l’avv. Conti e l’avv. Lattari ( con i quali ho avuto anche un incontro) e presentato poi da quest’ultimo entro
il termine previsto per la richiesta di sospensiva al TAR di Roma.
Pertanto il Comitato per la difesa del Punto di
Primo Intervento di Sabaudia è sereno in quanto il nostro ricorso (anche se
firmato solo da me) è stato già presentato e attendiamo con fiducia la fissazione dell'udienza per andare ad assistere al dibattimento.
Il ricorso, secondo anche altri legali è fondato e
così anche la richiesta di sospensiva attesa la fondatezza del “periculum” che
si verificherebbe con la prevista trasformazione dei PPI in presidi di
assistenza primaria privando i cittadini del servizio sanitario di emergenza in
una località che per stessa ammissione della ASL dista dal Pronto Soccorso di
Latina più di 20 minuti che è il termine massimo consentito dalle norme in
vigore per l’assistenza nelle zone extraurbane.
Di diverso avviso è stato il Comune di Sabaudia, il
quale ha ritenuto di non chiedere la sospensiva per cui i termini non sono
ancora scaduti (mancano ancora pochi giorni dato che c’è stata la sospensione
feriale dei termini, che non vale nel caso in cui venga chiesta la misura
cautelare come hanno fatto i nostri avvocati) e di incardinare la vertenza al
TAR di Latina.
Questa vicenda dimostra, se necessario,
l’importanza del ruolo dei cittadini che non si sono sentiti tutelati da chi
aveva il dovere di farlo e di come il comportamento di alcuni personaggi che
hanno rifiutato ogni forma di ascolto e di partecipazione abbia ottenuto solo
il risultato di far crescere il nostro desiderio di far valere il nostro
diritto.
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