domenica 31 marzo 2019

A CHE PUNTO E' L'ABBATTIMENTO DELLE LISTE DI ATTESA DA PARTE DELLA ASL LATINA ?


Questi sono i dati più recenti delle liste di attesa pubblicati sul sito della regione Lazio risalenti al mese di febbraio 2019.
Ma il Commissario per la sanità della Regione Lazio non aveva dato come obiettivo al direttore generale dell'Azienda sanitaria locale di latina l'abbattimento delle liste di attesa per le visite e gli accertamenti diagnostici ? 

giovedì 28 marzo 2019

I CHIARIMENTI DELL'AUTORITA' GARANTE DELLA PRIVACY CIRCA IL TRATTAMENTO DEI DATI SULLA SALUTE IN AMBITO SANITARIO AI SENSI DEL NUOVO REGOLAMENTO U.E.

Dopo il GENERAL DATA PROTECTION REGULATION, il regolamento europeo per la protezione dei dati personali arrivano i chiarimenti dell'Autorità Garante italiana:  GARANTE PRIVACY CHIARIMENTI MARZO 2019, n. 55.
I medici possono trattare i dati dei pazienti per finalità di cura senza consenso
I medici potranno trattare i dati dei pazienti, per finalità di cura, senza dover richiedere il loro consenso, ma dovranno comunque fornire loro informazioni complete sull’uso dei dati. Il medico che opera come libero professionista non è tenuto a nominare il Responsabile della protezione dati. Tutti gli operatori del settore dovranno tenere un registro dei trattamenti dei dati. 
Il provvedimento generale, adottato dall’Autorità, intende favorire un’interpretazione uniforme della nuova disciplina, ancora in fase transitoria, e supportare gli operatori con informazioni utili alla sua corretta attuazione.
Il Garante ha chiarito, ad esempio, che il professionista sanitario (come il medico), soggetto al segreto professionale, non deve più richiedere il consenso per i trattamenti di dati necessari alla prestazione sanitaria.
E’ invece richiesto il consenso, o una differente base giuridica, quando tali trattamenti non sono strettamente necessari per le finalità di cura, anche quando sono effettuati da professionisti della sanità. Ne sono un esempio i trattamenti di dati sulla salute connessi all’uso di “App” mediche (ad eccezione di quelle per la telemedicina), quelli effettuati per la fidelizzazione della clientela (come quelli praticati da alcune farmacie o parafarmacie), oppure per finalità promozionali, commerciali o elettorali.
L’Autorità ricorda che, sulla base dell’attuale normativa che regola il settore, permane la necessità di acquisire il consenso anche per il trattamento dei dati relativo al fascicolo sanitario elettronico, o per la consultazione dei referti online.
Nel documento del Garante sono forniti chiarimenti anche in merito all’informativa agli interessati, che deve essere concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, scritta con linguaggio semplice e chiaro. Rispetto al modello pre-GDPR, essa deve contenere maggiori informazioni a tutela dell’interessato quali, ad esempio, quelle relative ai tempi di conservazione dei dati, che - se non sono specificati dalla normativa di settore - dovranno comunque essere individuati dal titolare (ad esempio il medico specialista o l’ospedale).
Il Garante dedica una sezione anche al Responsabile per la protezione dei dati (RPD, DPO nell’acronimo inglese). Sono tenuti alla nomina del RPD tutti gli organismi pubblici, nonché gli operatori privati che effettuano trattamenti di dati sanitari su larga scala, quali le case di cura. Non sono invece tenuti alla sua nomina i liberi professionisti o altri soggetti, come le farmacie, che non effettuano trattamenti su larga scala.
L’Autorità infine chiarisce che è obbligatorio per tutti gli operatori sanitari tenere un registro nel quale sono elencate le attività di trattamento effettuate sui dati dei pazienti. Tale documento rappresenta, in ogni caso, un elemento essenziale per il “governo dei trattamenti” e per l’efficace individuazione di quelli a maggior rischio, anche per dimostrare il rispetto del principio di responsabilizzazione (accountability) previsto da GDPR.

IL PERSONALE DEL SSN E' UNA RISORSA PREZIOSA CHE NON DEVE ESSERE DISPERSA


Per ciascuna Azienda sanitaria il personale dipendente rappresenta una ricchezza composta da professionalità talora di alto livello; nell’interesse della comunità è importante che vengano definite strategie per la gestione e la valorizzazione del personale attraverso metodi meritocratici nella formazione continua, nella valutazione, nella progressione di carriera, per il reclutamento, nonché per una giusta retribuzione.
Secondo il rapporto 2018 del CERGAS dell’Università Bocconi il SSN fornisce un considerevole contributo all’occupazione nazionale: i dipendenti SSN rappresentano l’1,0% della popolazione, l’1,6% di quella attiva (15-65) e il 2,7% degli occupati.
Il blocco del turnover emerge come la principale modalità di contenimento della spesa sanitaria degli ultimi anni. 
In Italia il personale infermieristico è meno della metà rispetto alla Germania: 5,6 infermieri ogni 1.000 abitanti contro 12,9. Contemporaneamente, il 53% dei medici ha più di 55 anni si conta un numero di candidati alle specialità mediche più che doppio rispetto ai contratti finanziati (16.046 versus 6.934) a causa della la scarsità di risorse per assumere e formare specializzandi. 
Il personale dipendente in diversi SSR meridionali è calato significativamente ed è oggi inferiore a quello settentrionale. 
Al 2016, la Lombardia, registra 9,6 dipendenti SSN ogni 1.000 abitanti (-3% rispetto al 2010), contro i 7,3 della Campania (-15%) e i 7,1 del Lazio (-14%). 
Il rapporto infermieri/medici a livello nazionale nel 2016 è pari a 2,45, con una rilevante variabilità inter-regionale, 
Tra 2006 e 2016, i profili di ruolo amministrativo nelle aziende sanitarie pubbliche sono passati da 77.148 a 68.947.
L’assistenza sanitaria è basata principalmente su servizi alle persone che possono essere svolti solo da personale qualificato per cui non è possibile scendere sotto certi livelli anche perché si tratta di lavori usuranti.
Appare evidente che questi problemi vadano affrontati al più presto ed è giusto che anche i pazienti possano dire la loro sollecitando i direttori generali e la politica affinché adottino provvedimenti adeguati.

I CITTADINI ITALIANI SONO PRONTI PER LA CONNECTED CARE ?

Il mondo sta subendo cambiamenti importanti: la continua crescita demografica, accompagnata dall'invecchiamento della popolazione e dall'aumento di patologie croniche, anche legate a stili di vita scorretti, mettono sotto pressione il sistema sanitario.
Un ricerca svolta da iCOM  ha lo scopo di fornire una panoramica completa delle problematiche che i pazienti affrontano nell'ambito della sanità. 
Ne emerge nel complesso una popolazione attenta al proprio stato di salute e consapevole delle proprie condizioni, sempre più spinta ad utilizzare nuovi sistemi digitali che facilitino l'accesso alle cure.
Ma sarà in tutta Italia così o esiste ancora in molte parti il digital divide
Nelle capitale hanno la banda larga, ma nel sud quanti Comuni ce l'hanno ?
Secondo me siamo sulla buona strada, ma il percorso è lungo e complesso.

mercoledì 27 marzo 2019

IL RAPPORTO DEL MINISTERO DELLA SALUTE SULL'ATTIVITA' DEGLI OSPEDALI ITALIANI


Il Ministero della salute ha pubblicato i dati delle Schede di dimissioni ospedaliere (SDO) dell'anno 2017  a cura della Direzione generale della programmazione sanitaria del ministero della Salute, da cui si ricava che c'è stata una generale diminuzione del volume di attività erogata dagli ospedali italiani: il numero complessivo di dimissioni per acuti, riabilitazione e lungodegenza e il corrispondente volume complessivo di giornate si riducono, entrambi, di circa il 2% rispetto al 2016. 
La riduzione più consistente delle dimissioni si osserva (tabella 1) nell’attività per acuti in regime diurno (dimissioni -6,7%, giornate -13,1%); seguono la lungodegenza (dimissioni -5,4%, giornate -17,5%) e la riabilitazione in regime diurno (dimissioni -4,6%, giornate -3,1%).
Il trend del tasso di ospedalizzazione, standardizzato per età e sesso, mostra un andamento decrescente, che interessa sostanzialmente l’attività per acuti, sia in regime ordinario che diurno: si passa, rispettivamente, da 115,8 e 48,8 per 1.000 abitanti nel 2010 a 94 e 29 per 1.000 abitanti nel 2017. Il tasso di ospedalizzazione complessivo si riduce da 171,9 per 1.000 abitanti nel 2010 a 129,4 nel 2017.
L’appropriatezza organizzativa migliora
L’appropriatezza del setting assistenziale del ricovero ospedaliero migliora ulteriormente. In particolare, confrontando i dati dell'anno 2017 con quelli dell'anno precedente, si osserva un aumento della percentuale di regime diurno in 33 dei 108 DRG a rischio inappropriatezza; inoltre, fra i restanti 75, ulteriori 41 DRG, pur presentando una quota di regime diurno inferiore rispetto al 2016, sono caratterizzati da una riduzione del volume di ricoveri ordinari: in media la riduzione è pari a 6,8%. Infine, 80 DRG mostrano una riduzione del numero totale di ricoveri erogati rispetto al 2016. Presumibilmente, ciò sta ad indicare il trasferimento della casistica dal setting ospedaliero al setting ambulatoriale: il numero totale di ricoveri afferenti ai 108 DRG a rischio inappropriatezza si riduce di circa il 6,3%, passando da 2.314.129 unità a 2.167.274 unità.
Complessivamente, quindi, per i 108 DRG LEA si osserva una significativa deospedalizzazione, con un miglioramento dell'appropriatezza organizzativa e dell'efficienza nell'uso delle risorse ospedaliere.
La mobilità interregionale resta sostanzialmente costante
La percentuale di ricoveri in mobilità per ciascun tipo di attività e regime di ricovero, pur con qualche leggera variazione, si mantiene sostanzialmente costante: essa è pari a circa l'8% per l’attività per acuti in regime ordinario e diurno, il 15% per l’attività di riabilitazione in regime ordinario, il 10% per l’attività di riabilitazione in regime diurno e il 5% per l’attività di lungodegenza.
Più in dettaglio, si osserva che dal 2010 al 2017 la mobilità per acuti in regime ordinario passa dal 7,4% all'8,3%, mentre in regime diurno passa dal 7,4% al 9,3%, la mobilità per riabilitazione in regime ordinario passa dal 14,7% al 16,4%, quella in regime diurno è pari al 9,2% nel 2010, tocca un massimo di 11,8% nel 2012 e si attesta al 9,8% nel 2017. Infine, la mobilità per lungodegenza è pari al 4,7% nel 2010 e, con piccole oscillazioni, si attesta al 5,2% nel 2017.
La remunerazione teorica è in graduale diminuzione tra il 2010 e il 2017
Analizzando il trend della remunerazione teorica delle prestazioni di ricovero ospedaliero a carico del SSN negli anni 2010-2017, si registra una graduale riduzione: si passa da 30,9 miliardi di euro nel 2010 a 28,2 miliardi nel 2017.
In particolare, si osserva una diminuzione della remunerazione totale di circa l'1,3% fra il 2016 ed il 2017, la cui remunerazione teorica complessiva è determinata per 25,8 miliardi di euro dall'attività per acuti (di cui 23,5 in regime ordinario e 2,3 in regime diurno), per circa 2 miliardi di euro dall'attività di riabilitazione (di cui 1,9 miliardi in regime ordinario e 88,8 milioni in regime diurno) e per circa 354,3 milioni di euro dall'attività di lungodegenza, per un totale di circa 28,2 miliardi di euro.
Da studi fatti risulta che comunque il valore del rimborso delle degenze con il sistema dei DRG sarebbe oramai molto al disotto del costo effettivo e di qui nascerebbe il disavanzo cronico di alcuni ospedali.
"Regioni .it" ci informa che i dati sono stati commentati dal presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, che evidenzia come “gli ospedali della Toscana primi in Italia grazie agli operatori”. 
Secondo Rossi il rapporto è ricco di informazioni e “mette in evidenza il primato nazionale della Regione Toscana in termini di efficienza e di complessità clinica della casistica trattata”.
“Infatti - spiega Rossi - si utilizzano da parte del Ministero due indicatori: 
1) L''indice di Case Mix (Iccm) che esprime la complessità clinica della casistica trattata, che per la Toscana tocca il valore 1,31 , il valore più alto a livello nazionale; 
2) L''indice comparativo di Performance( ICP) che esprime la efficienza nel trattare la casistica trattata ( ovvero con una degenza media standardizzata bassa) da parte del sistema ospedaliero che registra un valore di 0,88 anche in questo caso il migliore a livello nazionale. La lettura incrociata di questi due indicatori esprime la capacità di trattare casi complessi con il giusto è appropriato uso delle risorse, e quindi con costi contenuti senza intaccare la qualità dell'assistenza”.
“Questo risultato è la prova della tenuta e rilancio del sistema ospedaliero toscano , nell'anno in cui la legge di riorganizzazzione è entrata a pieno regime - afferma Rossi - Un risultato del genere è il frutto del lavoro e dell''impegno di tutti gli operatori sanitari, che costituiscono la più grande risorsa del nostro Servizio Sanitario”.
Nella regione Lazio la durata media della degenza è stata di 7,07 giorni.
Altri dati della regione Lazio pubblicati nel rapporto SDO 2017:

Attività per Acuti, dimissioni 851.309         pari 128,97 per 1000 abitanti
Regime ordinario        "        590.802            "     89,11        "
Day Hospital              "        260.507            "     39,86        "

Attività di Riabilitazione  "     36.613              "       5,62      "
Regime ordinario                  30.732              "       4,73      "
Day Hospital               "          5.881              "      0,90      "

Attività di Lungodegenza "      6.948              "       0,99     "
Regime ordinario                    6.948                      0,99

Totale                                  894.870                  135,59
Regime ordinario                 628.482                     94,82
Day Hospital                       266.388                     40,76

L'ANAC COMINCIA CON IL DARE IL BUON ESEMPIO CON LA TRASPARENZA NEI RAPPORTI CON I PORTATORI DI INTERESSE.

Sul tema delicatissimo dei rapporti che intercorrono tra i portatori di interessi (comunemente definiti lobbisti) e gli ordinatori di spesa delle pubbliche amministrazioni il presidente dell'ANAC Cantone ha deciso di iniziare adottando un regolamento.
Data, ora, oggetto e finalità degli incontri; soggetto che ha formulato la richiesta e nominativo dei partecipanti; documentazione consegnata o trasmessa successivamente. Sono alcune delle informazioni che saranno rese disponibili attraverso l’Agenda pubblica degli incontri coi portatori d’interesse, che l’Autorità nazionale anticorruzione ha deciso di istituire.
L’Agenda punta a regolamentare secondo principi di massima trasparenza tutti gli incontri avuti dal Presidente, dai componenti del Consiglio, dal Segretario generale e dai dirigenti dei singoli uffici coi portatori d’interesse, che come condizione preliminare dovranno esprimere il loro consenso alla pubblicazione delle informazioni previste.
L’Agenda, che sarà consultabile nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito dell’Autorità, entrerà in vigore 90 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Regolamento che la istituisce. 
Un congruo lasso di tempo pensato anche per consentire agli uffici di adeguarsi alla rilevante novità.
“L’Anac crede che la trasparenza sia uno strumento eccezionale per prevenire la corruzione e impedire interferenze indebite sulle sue attività istituzionali, specialmente le più sensibili - ha affermato il Presidente Raffaele Cantone -. Per questa ragione vogliamo rendere pubbliche le informazioni relative a tutti i soggetti ricevuti all’interno dell’Autorità, oltre che alle modalità e alle finalità con cui gli incontri sono stati richiesti. 
La decisione dell'ANAC vuole favorire rapporti istituzionali il più corretti possibile, nell’interesse degli stessi stakeholder”.
A questo punto sarà interessante vedere come si comporteranno le Regioni, le Aziende sanitarie che hanno bilanci spesso vertiginosi e i Comuni, specialmente quelli di grandi dimensioni..

martedì 26 marzo 2019

LA DIRETTIVA 2003/35/CE STABILISCE CHE I CITTADINI DEBBANO ESSERE MESSI IN CONDIZIONE DI ESPRIMERE UN PARERE SULLE SCELTE IN MATERIA AMBIENTALE.

I cittadini sono sempre più attenti ai problemi dell'ambiente.
Più volte ho segnalato al Comune le carenze sull'informazione ambientale obbligatorie sia in base alla DIRETTIVA 2003/4/CE che al D.lgs 15272006 (Codice dell'ambiente), senza ottenere risposte.
A sua volta la Direttiva 2003/35/CE sulla partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale è mirata principalmente a favorire la partecipazione del pubblico ai processi di pianificazione e programmazione riguardanti l’ambiente. 
Ai cittadini  devono essere offerte “tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alla preparazione e alla modifica o al riesame dei piani ovvero dei programmi”. 
Spetta agli Stati membri provvedere ad informare il pubblico, attraverso pubblici avvisi oppure in altre forme, compresi i mezzi di comunicazione elettronici, di qualsiasi proposta relativa ai piani o programmi in materia ambientale o alla loro modifica o riesame, e a rendere accessibili al pubblico le informazioni relative a tali proposte, comprese le informazioni sul diritto di partecipare al processo decisionale e sull’autorità competente cui sottoporre eventuali osservazioni o quesiti. 
I cittadini devono essere messi in grado di poter esprimere osservazioni e pareri prima che vengano adottate decisioni sui piani e sui programmi.
L'effettiva partecipazione del pubblico all'adozione di decisioni consente allo stesso di esprimere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali decisioni e che possono essere presi in considerazione da coloro che sono responsabili della loro adozione; ciò accresce la responsabilità e la trasparenza del processo decisionale e favorisce la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e il sostegno alle decisioni adottate.
Si deve quindi tenere conto delle risultanze della partecipazione dei cittadini, in seguito alle quali l’autorità competente deve informare in merito alle decisioni adottate e ai motivi e alle considerazioni su cui le stesse sono basate, includendo informazioni circa il processo di partecipazione del pubblico.
Ciò premesso, in questi giorni è stata pubblicata la determinazione recante la conclusione positiva con prescrizioni per  l'autorizzazione da parte dell'amministrazione provinciale di Latina per la realizzazione di un impianto  di trattamento e di recupero di rifiuti speciali non pericolosi a Sabaudia, in via Colle d'Alba Levante.
Al riguardo non è stata prevista la possibilità ai cittadini di Sabaudia di partecipare al procedimento.
Si tratta di una violazione della Direttiva della UE.
E' indispensabile che chi di dovere intervenga per integrare il procedimento con la consultazione dei cittadini di Sabaudia. 
DIRETTIVA 2003/35/CE

lunedì 25 marzo 2019

UN DATO PREOCCUPANTE: L'ITALIA E' DIVENUTO IL PAESE CHE HA UN ATTEGGIAMENTO MOLTO NEGATIVO NEI CONFRONTI DEGLI IMMIGRATI

Il Sole24ore di oggi riferisce di una recente indagine dello EUROPEAN SOCIAL SURVEYsecondo cui l’Italia è di gran lunga fra le nazioni in cui gli immigrati vengono visti in maniera più negativa.Soltanto gli abitanti di Ungheria e Russia hanno dato risposte più negative degli italiani.
l'Italia posta al centro del Mediterraneo nei secoli passati è stato un forte punto di attrazione per tutte le popolazioni che si affacciano sulle rive del nostro mare.
La nostra penisola è cresciuta culturalmente ed economicamente grazie ai rapporti intrattenuti con tutti i popoli.
Dal rapporto, ma anche dalle prime pagine dei quotidiani leggiamo che le cose sono molto cambiate. 



SECONDO L'ISTAT SONO TROPPO POCHI GLI ASILI NIDO PUBBLICI E COMUNQUE TRA PUBBLICI E PRIVATI SONO INSUFFICIENTI A COPRIRE IL FABBISOGNO


Un recente rapporto dell' ISTAT fotografa la situazione degli asili nido nei Comuni.
Nell’anno scolastico 2016/17 sono stati censiti sul territorio nazionale 13.147 servizi socio-educativi per l’infanzia. 
I posti autorizzati al funzionamento sono circa 354mila, pubblici in poco più della metà dei casi.  I posti disponibili coprono il 24% del potenziale bacino di utenza (bambini residenti sotto i 3 anni). 
Tale dotazione è ancora sotto al parametro del 33% fissato dall’Unione europea per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. 
  • La diffusione dei servizi risulta molto eterogenea sul territorio. I posti variano da un minimo del 7,6% dei potenziali utenti in Campania a un massimo del 44,7% in Valle D’Aosta.  
  • La dotazione di servizi sul territorio penalizza i comuni più piccoli rispetto ai capoluoghi di provincia. 
  • La spesa media dei comuni per gestire i servizi pubblici o privati convenzionati è molto variabile tra le regioni. Si passa da un minimo di 88 euro l’anno per un bambino residente in Calabria a un massimo di 2.209 euro l’anno nella Provincia Autonoma di Trento. 
  • A partire dall’anno scolastico 2011/12 si registra un calo dei bambini iscritti nei nidi comunali e convenzionati con i comuni. Dal 2012 si riducono anche le risorse pubbliche disponibili sul territorio. Nel triennio 2014-2016 rimangono sostanzialmente stabili sia gli utenti serviti sia la spesa dei comuni.
  • Il calo degli utenti riguarda principalmente i nidi comunali gestiti direttamente mentre aumentano le gestioni affidate ai privati, dove i costi medi per bambino a carico dei comuni sono decisamente più bassi.
I Comuni capoluogo spendono in genere di più degli altri Comuni per gli asili nido.
Il costo a carico delle famiglie è in genere elevato.
Nel 2013 la commissione europea, con un documento intitolato “Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale” ha raccomandato alcuni principi da seguire nel contrasto alla povertà minorile.
In generale, quando uno stato europeo adotta delle politiche per il benessere dei minorie per sottrarre i più svantaggiati dall’esclusione sociale, dovrebbe attenersi a criteri come:
  • promuovere non solo la sicurezza materiale, ma anche pari opportunità educative, presupposto per prevenire la trasmissione delle disuguaglianze da una generazione all’altra;
  • mettere al centro delle politiche i diritti enunciati nella convenzione Onusull’infanzia e vigilare sul loro rispetto. Ciò significa che nell’adottare delle politiche deve prevalere l’interesse superiore del bambino, come soggetto attivo titolare di diritti propri;
  • promuovere gli investimenti sui bambini e le loro famiglie, mantenendo un equilibrio tra misure universali, destinate al benessere di tutti i bambini, e politiche specifiche per le situazioni di maggior svantaggio.
Ma che cosa significa rendere concreti questi principi? Nei servizi per l’infanzia uno degli ostacoli maggiori per le famiglie può essere il costo della retta. Mentre l’istruzione obbligatoria, a partire da 6 anni, è gratuita, i servizi educativi per i bambini più piccoli sono soggetti al pagamento di una tariffa.
Perciò uno dei punti chiave è che l’accesso deve essere garantito a un costo sostenibile per le famiglie.
Andando ad approfondire a livello locale il Comune di Sabaudia che ha approvato di recente il Bilancio di previsione per l'esercizio 2019 indica come spesa complessiva la somma di € 201.863,69 (pari al 50% della spesa complessiva pari ad € 403.727,38) per una entrata di € 197.381,90 (di cui solo €100.000 derivanti dal concorso delle famiglie, mentre il resto sono fondi regionali), pari al 97,78% di copertura.

domenica 24 marzo 2019

LATINA A FATICA NELLA GRADUATORIA DEL CLIMA


Il Sole24ore ha pubblicato oggi l' Indice del Clima, un contributo molto interessante in quanto il clima ha una forte influenza sulla qualità e sullo stile di vita delle persone che abitano in un territorio. 
In Italia  le coste battono le zone interne, il Sud e le Isole battono il Centro-Nord. 
Ma la prima è Imperia. Complici le temperature miti (16,4 gradi in media nei dieci anni), le piogge scarse e il sole che hanno fatto di tutta l’area un buen retiro per molti lombardi e piemontesi in cerca, appunto, di un luogo dove sentirsi meglio.
Latina si è collocata al 27° posto per il clima e all'8° per il soleggimamento. ma solo al 107° per l'indice di calore.
Qui trovate tutti i dati:
INDICE DEL CLIMA DE ILSOLE24ORE

IL DANNO AMBIENTALE TROPPO SPESSO VIENE SOTTOVALUTATO

Tra 2017 e 2018 Ispra e le Agenzie ambientali hanno seguito, per conto del Ministero dell’ambiente, le istruttorie di 217 casi di danno ambientale distribuiti su tutto il territorio nazionale. 
La Sicilia è la regione dove sono state aperte più istruttorie (38), seguita da Campania e Puglia (25), Toscana (18). 
Un numero totale in costante aumento negli anni per effetto delle crescenti indagini giudiziarie e di una più diffusa sensibilità pubblica verso le tematiche ambientali.
Si va dall’incidente della Costa Concordia alle discariche di Giugliano in Campania o quella di Bellolampo a Palermo, dalla Valle del Sacco nel Lazio allo sversamento di idrocarburi nel fiume Polcevera. 
Per danno ambientale si intende qualsiasi deterioramento, significativo e misurabile, provocato a specie e habitat protetti, a fiumi e laghi o al suolo. 
Molto spesso ci troviamo difronte a danni ambientali minori che vengono sottovalutati ma che peraltro provocano danni spesso irreversibili all'ambiente 
Sulle esperienze in corso e sulle questioni ancora aperte si farà oggi il punto a Roma nel corso del convegno promosso dall’Ispra “Il danno ambientale: prevenzione e riparazione in un Sistema a rete”.

sabato 23 marzo 2019

LA SANITA' TRA I PROTOCOLLI FIRMATI TRA ITALIA E CINA

Il Governo della Cina da tempo ha cominciato a porsi il problema dell'assistenza sanitaria dei propri cittadini ed è molto interessata al nostro SSN.
Alcuni anni fa un mio amico, alto dirigente in una regione italiana è stato contattato per andare a mettere in piedi u n sistema sanitario nazionale in Cina.
La cosa sembra che sia ancora tra le priorità del governo cinese dato che In occasione della visita in Italia del Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, il Ministro della Salute, Giulia Grillo, ha firmato sabato con le autorità del governo di Pechino tre accordi in materia sanitaria da lungo tempo oggetto in corso di approfonditi negoziati bilaterali nei settori alimentari, veterinario e, soprattutto, della salute. 
 Il primo di questi accordi è il nuovo Piano di Azione per il triennio 2019-21 in materia di cooperazione sanitaria tra i due Paesi, che prevede un significativo rafforzamento della collaborazione in molteplici settori che vanno dal confronto sui modelli di assistenza sanitaria, di management sanitario e gestione del rischio, alle politiche del farmaco, alla prevenzione delle malattie trasmissibili e non trasmissibili e alla medicina dello sport.
Nell'ambito del tema della sicurezza alimentare già da tempo al centro della collaborazione tra le autorità competenti dei due Paesi è stato firmato l'atteso protocollo che consentirà l'accesso al mercato cinese di carne suina congelata dall'Italia. Nello stesso settore sono ora in un'avanzata fase di negoziato anche gli accordi che riguardano le esportazioni in Cina di carni e prodotti bovini e di pollame.
È stato poi firmato un protocollo per l'esportazione di seme bovino dall'Italia alla Cina che apre un importante canale commerciale per questo comparto zootecnico del nostro Paese.
Va infine segnalata la firma da parte dell'Istituto Superiore di Sanità di un memorandum di collaborazione scientifica con lo Shangai Hospital Development Center con l'obiettivo dalla creazione di una alleanza di eccellenza scientifica mondiale nel settore della salute pubblica e della ricerca.
"La firma di questi accordi - dichiara il Ministro Giulia Grillo - conferma come il settore sanitario sia parte significativa del partenariato strategico italo-cinese. Sono anche molto fiduciosa che all'accordo sulle esportazioni di carni suine, a lungo atteso dai nostri produttori, faranno presto seguito ulteriori intese riguardanti altri settori, altrettanto auspicati dai produttori di carne del nostro Paese".

venerdì 22 marzo 2019

IL MINISTERO DELLA SALUTE PROMUOVE L'ATTIVITA' FISICA PER LE DIFFERENTI FASCE DI ETA' PER LA RIDUZIONE DELLE MALATTIE


Pubblicate dal Ministero della salute le "Linee di indirizzo sull’attività fisica per le differenti fasce d’età e con riferimento a situazioni fisiologiche e fisiopatologiche e a sottogruppi specifici di popolazione",
Secondo quanto si legge nelle premesse delle linee guida in tutto il mondo, 1 adulto su 4 e 3 adolescenti su 4 (di età compresa tra 11 e 17 anni), non svolgono attività fisica secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). In alcuni paesi, i livelli di inattività possono arrivare fino al 70%, a causa del cambiamento dei modelli di trasporto, dell'aumento dell'uso della tecnologia e dell'urbanizzazione. 
Nella maggior parte dei paesi, ragazze, donne, anziani, gruppi svantaggiati, persone con disabilità e malattie croniche hanno minori opportunità di essere fisicamente attivi. Il “Piano d’azione globale sull'attività fisica per gli anni 2018-2030” di recente approvato dall’OMS, pertanto, definisce quattro obiettivi strategici (active society, active environments, active people, active systems), da realizzare attraverso 20 azioni politiche applicabili in tutti i paesi, al fine ridurre del 15% la prevalenza globale dell’inattività fisica negli adulti e negli adolescenti entro il 2030. 
Il Piano sottolinea la necessità di un approccio "sistemico" che agisca sui diversi fattori che influenzano l'attività fisica (sociali, culturali, economici e ambientali, educativi, ecc.) e l’importanza di investire in politiche per promuovere l’attività fisica e contribuire al raggiungimento di molti degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) 2030. 
La Strategia della Regione Europea OMS per l’attività fisica 2016-2025, adottata nel settembre 2015 dal Comitato Regionale per l’Europa, considera l’attività fisica quale fattore trainante per il benessere e la salute delle popolazioni, con particolare attenzione all’incidenza di malattie croniche non trasmissibili, associate a comportamenti sedentari. La strategia mira a ridurre la prevalenza dell’insufficiente attività fisica entro il 2025 e costituisce uno dei nove obiettivi previsti a livello mondiale dal “Piano d’azione globale per la prevenzione e il controllo delle malattie croniche non trasmissibili 2013–2020” dell’OMS. 
L’aumento dei livelli di attività fisica è fondamentale per il raggiungimento di altri tre obiettivi mondiali entro il 2025: 
  • la riduzione relativa del 25% della mortalità precoce dovuta a malattie cardiovascolari, tumori, diabete o malattie respiratorie croniche; 
  • la riduzione relativa del 25% della prevalenza dell’ipertensione, oppure, a seconda della situazione nazionale, il contenimento della prevalenza dell’ipertensione; 
  • l’arresto dell’aumento del diabete e dell’obesità. 
Le strategie dell’Italia sono in linea con gli obiettivi dei Piani d’azione promossi dall’OMS e con le politiche dell’UE e tengono in considerazione tutti i determinanti che influenzano lo stile di vita. L’Italia ha contribuito alla definizione dei documenti OMS sostenendo una concezione dell’attività fisica intesa come espressione della relazione tra l’essere umano e l’ambiente in cui vive nella sua quotidianità, con lo scopo di aumentare il benessere fisico e psicologico in tutte le fasce d’età, in condizioni fisiologiche e in soggetti affetti da patologie

PUBBLICATO IL NUOVO PIANO TRIENNALE PER L'INFORMATICA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE



Il Ministro Bongiorno ha approvato e pubblicato il  Piano Triennale 2019-2021 per l'informatica nella pubblica amministrazione che indica le linee di azione per promuovere la trasformazione digitale del settore pubblico e del Paese. 
Le aspettative dei cittadini e delle imprese per l’accesso a servizi pubblici digitali semplici ed efficaci sono, in Italia, al centro del processo di trasformazione digitale che si trova delineato nella Strategia per la crescita digitale 2014 - 2020 e nel Piano Nazionale per la Banda Ultralarga, approvati dal Consiglio dei Ministri, nel rispetto dell’Accordo di partenariato 2014 - 2020. Queste iniziative nazionali accolgono la programmazione dell’Agenda digitale europea, una delle sette iniziative faro della Strategia Europa 2020, la quale si propone di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie ICT per favorire l’innovazione, la crescita economica e il progresso. Il Piano Triennale ne è una immediata derivazione.
Nel proseguire gli indirizzi contenuti nella versione 2017-2019, il Piano: 
  • sostiene il percorso inclusivo di crescita digitale delle PA centrali e locali con un maggiore coinvolgimento della figura del Responsabile per la transizione al digitale;
  • definisce i principi architetturali fondamentali, le regole di interoperabilità delle infrastrutture nazionali e il modello di cooperazione fra ecosistemi e piattaforme;
  • facilita il rapporto tra le PA e il mercato, coinvolgendo anche i soggetti privati nello sviluppo di servizi integrati ed interoperabili;introduce una nuova chiave di lettura delle iniziative di trasformazione digitale che individua le aree di intervento e l’impatto sugli interlocutori e gli attori principali del percorso: i cittadini, le imprese e le PA.
Qui trovate il PIANO TRIENNALE

LA SPESA FARMACEUTICA DELLA ASL LATINA


Grazie al sito open-data della regione si apprende che le farmacie convenzionate nella provincia sono in numero di 140 mentre le parafarmacie sono 135.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una spesa € 190.847.000 (Rendiconto 2017) pari al 20% del totale anziché al 12% della spesa totale indicato dal patto della salute.
Un costo pro capite pari ad € 332,5.
Non disponiamo dei dati della spesa farmaceutica privata della provincia che, secondo il CREA Sanità, a livello nazionale ammonterebbe ad € 145,2 pro capite, ma si deve ritenere che anch’essa nella provincia di Latina sia elevata comprendendo non solo i farmaci di automedicazione, ma anche quelli di fascia “C”.
Non conosciamo la spesa out of pocket sostenuta per i farmaci da banco.


LA SPESA FARMACEUTICA IN ITALIA SECONDO L'AIFA

Dal rapporto dell'AIFA 2017 si apprende che nel 2017 la spesa farmaceutica totale, pubblica e privata, è stata pari a 29,8 miliardi di euro, di cui il 75% rimborsato dal SSN. 
In media, per ogni cittadino italiano, la spesa ammonta a circa 492 euro. Nel 2017 la spesa farmaceutica territoriale complessiva, pubblica e privata, è stata pari a 21.715 milioni di euro ed è diminuita rispetto all’anno precedente del -1,4%. 
La spesa territoriale pubblica, comprensiva della spesa dei farmaci erogati in regime di assistenza convenzionata e in distribuzione diretta e per conto di classe A, è stata di 12.909 milioni di euro, ossia il 59,4% della spesa farmaceutica territoriale. 
Tale spesa ha registrato, rispetto all’anno precedente, una sensibile riduzione del -6,5%, principalmente determinata dalla diminuzione della spesa per i farmaci in distribuzione diretta e per conto (-13,7%), mentre è stato registrato un contenuto decremento della spesa farmaceutica convenzionata netta (-1,7%). 
La spesa a carico dei cittadini, comprendente la spesa per compartecipazione (ticket regionali e differenza tra il prezzo del medicinale a brevetto scaduto erogato al paziente e il prezzo di riferimento), per i medicinali di classe A acquistati privatamente e quella dei farmaci di classe C, ha registrato un aumento del +7,1% rispetto al 2016.
A influire sulla variazione è stato l’aumento della spesa per i medicinali di automedicazione (+12,4%) e per i medicinali di Classe C con ricetta (+8,8%), mentre rimane pressoché stabile la spesa per l’acquisto privato di medicinali di fascia A (+0,6%) e la compartecipazione del cittadino (+0,6%).
La spesa per compartecipazione è stata pari a 1.549 milioni di euro, corrispondente a circa 25,60 euro pro capite. In regime di assistenza convenzionata, nel corso del 2017 ogni giorno sono state consumate in media 972,7 dosi ogni mille abitanti (DDD/1000 ab die), stabili rispetto all’anno precedente, mentre in termini di confezioni è stato registrato un decremento del -0,7% (oltre 1 miliardo di confezioni nel 2017, corrispondente a 18,3 confezioni pro capite). 
Per quanto riguarda l’assistenza territoriale complessiva, pubblica e privata, le confezioni dispensate sono state quasi 2 miliardi, in aumento del +3,2%, rispetto all’anno precedente. Aumentano principalmente le confezioni dei farmaci di classe A erogati in distribuzione diretta e per conto (+21,5%), dei farmaci di automedicazione (+10,4%), dei farmaci di classe C con ricetta (+7,8%) e dei farmaci di classe A acquistati privatamente dal cittadino (+2,8%), mentre è stabile il numero di confezioni erogate in assistenza convenzionata (-0,2%). 
Le principali componenti (i.e. effetto quantità, effetto prezzi ed effetto mix) della variazione della spesa farmaceutica convenzionata lorda 2017, rispetto all’anno precedente (-1,5%), evidenziano una stabilità dei consumi di farmaci prescritti (+0,1%), una riduzione dei prezzi medi (-2,4%) e, infine, uno spostamento della prescrizione verso specialità più costose (effetto mix: +1,1%). La spesa per i farmaci acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche è risultata pari a 12,1 miliardi di euro (194,6 euro pro capite), con una riduzione, rispetto al 2016, del -0,7%. Complessivamente, nel 2017 è stata registrata una prevalenza d’uso dei farmaci pari al 66,1%, con una rilevante differenza tra uomini (61,8%) e donne (70,2%). 
La prevalenza d’uso dei farmaci passa da circa il 50% nella popolazione fino ai 54 anni a oltre il 95% nella popolazione anziana con età superiore ai 74 anni. 
Coerentemente con la prevalenza d’uso, la spesa e i consumi sono strettamente dipendenti dalla fascia di età; per gli ultrassettantacinquenni si registra una spesa pro capite a carico del SSN fino a 3 volte superiore al livello medio nazionale e oltre 6 volte rispetto alle fasce di età inferiori. I consumi passano da circa 400 dosi nella fascia compresa tra i 40 e i 50 anni a oltre 3.000 nella popolazione ultrasettantacinquenne. Nella popolazione geriatrica si registra, complessivamente, l’assunzione di un numero medio di 9,7 sostanze diverse per utilizzatore, con una variabilità che passa dal valore più basso di 7,7 sostanze nella fascia di età 65-69 anni al valore più elevato di 11,8 sostanze nei soggetti con età pari o superiore agli 85 anni. Le categorie terapeutiche maggiormente prescritte in questa popolazione sono quelle dei farmaci per l’apparato cardiovascolare, dei medicinali antimicrobici per uso sistemico e dei medicinali per l’apparato gastrointestinale e il metabolismo. 

giovedì 21 marzo 2019

LA RELAZIONE ANNUALE DELLA COMMISSIONE EUROPEA PER FAR PROGREDIRE L'UGUAGLIANZA DELLE PERSONE

La Commissione europea ha pubblicato la sua relazione annuale sul piano d'azione per far progredire l'uguaglianza delle persone LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali), presentato nel 2015.
Věra Jourová, Commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, ha aggiunto: "La Commissione è impegnata a lavorare per un'Unione europea in cui tutti possiamo essere chi vogliamo essere e amare chi vogliamo amare. Il lavoro non è finito; le persone LGBTI subiscono ancora troppo spesso discriminazioni e discorsi di odio".
Nel 2018 la Commissione ha aiutato le ONG di 25 Stati membri a promuovere l'uguaglianza LGBTI, ha intensificato – in collaborazione con le principali aziende informatiche - la lotta contro i discorsi di odio, grazie al codice di condotta contro i discorsi illegali di odio online, ha prodotto una serie di testimonianze video di sensibilizzazione riguardo all'accettazione delle persone LGBTI e partecipato alla Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia (IDAHOT) nonché ai festeggiamenti dell'orgoglio LGBTI in tutto il mondo.

LA SPESA PER DISPOSITIVI MEDICI DELLA ASL LATINA


Secondo il Ministero della salute ammonta a quasi 6 miliardi di euro la spesa delle strutture sanitarie pubbliche per i dispositivi medici nel 2017, in crescita del 2,6 per cento rispetto al 2016. E’ quanto rileva il ministero della Salute nel Rapporto sulla spesa rilevata dalle strutture sanitarie pubbliche del SSN per l'acquisto di dispositivi medici - Anno 2017,
Il Rapporto, giunto alla sua sesta edizione, consente di fare il punto sulla completezza e profondità del patrimonio informativo disponibile in Italia per il monitoraggio del settore dei dispositivi medici, in termini di offerta del mercato (attraverso il sistema Banca Dati e Repertorio), della domanda soddisfatta e della spesa sostenuta da parte delle strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale (attraverso il Flusso informativo per il monitoraggio dei consumi e i modelli dei Conti Economici) con interessanti indicatori economici a livello nazionale e regionale, anche su più anni.
Ecco alcuni dati principali.
Un milione e più di dispostivi medici censiti
Al 31 dicembre 2017 risultano censiti nel sistema Banca Dati e Repertorio dei dispositivi medici del ministero della Salute 1.018.976 dispositivi medici e 45.543 dispositivi medico-diagnostici in vitro.
In Italia 4.465 imprese e 67 mila dipendenti
Il Rapporto di spesa 2017 presenta in anteprima alcuni risultati di una recentissima analisi del settore in Italia. L’analisi, basata sulle informazioni contenute nella banca dati AIDA (Analisi Informatizzata delle Aziende Italiane), ha tracciato nel 2016 la presenza di 4.465 imprese operanti nel settore dei Dispositivi medici, includendo nel campione imprese produttrici, distributori e imprese integrate, per lo più di piccole dimensioni, con un totale di 67 mila dipendenti.
Spesa sostenuta: quasi 6 miliardi
I costi sostenuti nel 2017 dal Servizio sanitario nazionale per l’acquisto di dispositivi medici ammontano a quasi 5.992 milioni di euro secondo i dati del Conto economico degli enti del servizio sanitario nazionale, e sono così divisi:
dispositivi medici 4.115 milioni
dispositivi medici impiantabili attivi 524 milioni
dispositivi medico-diagnostici in vitro 1.351 milioni
Con riferimento al totale dei dispositivi medici (dispositivi medici, dispositivi medici impiantabili attivi e dispositivi medico-diagnostici in vitro), i dati rilevati nel 2017 a consuntivo mostrano complessivamente una crescita del 2,6% rispetto al 2016. Per quanto attiene le singole categorie i dati mostrano una crescita più marcata (+ 3,2%) dei dispositivi medici rispetto alle altre due tipologie che presentano invece una crescita più lieve rispetto ai valori rilevati nel 2016.
Grazie agli open data della Regione Lazio disponiamo il costo dei dispositivi medici utilizzati dalla ASL Latina che nel 2017 è stato di € 22.379.208. 

UN PARCO SENZA PIANO E CON UN PRESIDENTE SCADUTO

A distanza di oltre un anno dall'adozione del Piano del Parco da parte dell'Ente Nazionale la regione lazio ancora non ha provveduto a quanto di sua competenza e così le cose seguitano ad andare avanti in maniera stentata e il parco resta l'unico in Italia senza Piano.
A nulla sono serviti i solleciti inviati all'assessora competente della regione.
Nello stesso tempo a seguito della scadenza del mandato del presidente Benedetto le commissioni parlamentari competenti sono sono state in grado di esprimere il nome di un successore a causa delle beghe interne alla maggioranza.
Quanto tempo dovremo ancora attendere per ottenere l'approvazione del Piano del parco e per avere il Presidente?
 

ARRIVA LO SBLOCCO DELLE ASSUNZIONI PER IL SSN

Il sempre informatissimo Quotidiano sanità ci racconta che grazie all'accordo intervenuto tra Ministro della salute, MEF, Funzione Pubblica e regioni è stato sbloccato il problema delle assunzioni del personale del SSN. 
Non appena possibile sarà inserito in un decreto legge un emendamento così formulato: 
"A decorrere dal 2019, la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale di ciascuna Regione e Provincia autonoma di Trento e di Bolzano, nell’ambito del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e ferma restando la compatibilità finanziaria, sulla base degli indirizzi definiti da ciascuna Regione e Provincia autonoma di Trento e di Bolzano e in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale, non può superare il valore della spesa sostenuta nell’anno 2018, come certificata dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 dell’Intesa 23 marzo 2005 sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, o, se superiore, il valore della spesa prevista dall’articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. I predetti valori sono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 5 per cento dell’incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente. Tale importo include le risorse per il trattamento accessorio del personale, il cui limite, definito dall’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 27 maggio 2017, n. 75, è adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l’invarianza del valore medio procapite, riferito all’anno 2018, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018. Dall’anno 2021, l’incremento di spesa del 5 per cento, di cui al secondo periodo del presente comma, è subordinato all’adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, in coerenza col decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, e con l’articolo 1, comma 516, lettera c), della legge 30 dicembre 2018, n. 145".
Inoltre:
"Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, previo accordo da definirsi con il Ministero della salute ed il Ministero dell’economia e delle finanze, potranno ulteriormente incrementare i limiti di spesa di cui al comma 1 di un ammontare non superiore alla riduzione strutturale della spesa già sostenuta per servizi sanitari esternalizzati prima dell’entrata in vigore del presente decreto-legge.
Ecco che finalmente viene dato corpo ad un processo di re-internalizzazione dei servizi di cui si sente notevolmente l'esigenza all'interno degli ospedali.

mercoledì 20 marzo 2019

L'ORAMAI FAMOSO DM 70/2015 CHE HA FISSATO GLI STANDARD OSPEDALIERI E HA PREVISTO LA "TRASFORMAZIONE" DEI PPI COMINCIA A PERDERE PEZZI....


Il Consiglio di Stato, Sezione III con Sentenza in data 14 febbraio 2019 ha annullato il n. 70 del 2 aprile 2015 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e qualitativi relativi all'assistenza ospedaliera”, nella parte in cui stabilisce “il numero dei posti letto di neuro riabilitazione entro un limite di 0,02 posti letto per mille abitanti”.
Il ricorso al TAR era stato presentato dall'IRCSS Santa Lucia di Roma che si era pronunciato a favore della Fondazione per cui il Ministero ha proposto appello.
Con l’ordinanza istruttoria n. 3754/2018, il Collegio ha già avuto modo di precisare che la questione controversa relativa alla delimitazione dei posti letto per neuro riabilitazione, operata nel decreto impugnato, si incentra sulla esatta definizione – nell’ambito delle prestazioni a carico del servizio sanitario - della neuro-riabilitazione ad alta specialità-riconducibile al codice 75.
Il drastico contenimento, nell’ambito della riabilitazione in generale, dei posti letto adibiti alle prestazioni ad alta specializzazione è dovuta alla contrazione degli stessi con il riconoscimento del predetto codice a solo talune patologie – come di seguito precisate – sicché un maggiore numero di posti letto si paleserebbe inappropriato secondo gli standard di efficienza della media regionale.
Ciò che viene contestato dall’IRCCS è, di contro, proprio la restrizione dell’ambito di applicabilità del codice 75, alla luce anche degli orientamenti della giurisprudenza a riguardo, nonché delle evidenze scientifiche in tema di efficacia terapeutica, che manifesterebbero una carenza di istruttoria e di motivazione della scelta operata dall’Amministrazione.
In particolare, dunque, si controverte – come diffusamente già rappresentato nella citata ordinanza istruttoria – del raffronto tra neuro-riabilitazione ad alta specialità (cod. 75) e riabilitazione intensiva (cod. 56),
La neuro-riabilitazione ad alta specialità-codice 75 risulta – salvo quanto di seguito dedotto dal Ministero appellante - destinata all'assistenza di pazienti con postumi di gravi cerebrolesioni, ivi comprese le forme degenerative complesse e le complicanze a carico del SNC in corso di malattie neoplastiche e metaboliche.
Gli interventi di neuro-riabilitazione sono focalizzati alla definitiva stabilizzazione internistica, al ripristino dell’autonomia nelle funzioni vitali di base e al trattamento delle principali menomazioni invalidanti.
Il ricovero in cod.75 comporta, dunque, l’assistenza medica e infermieristica dedicata, nell’arco delle 24 ore, e gli interventi riabilitativi intensivi omnicomprensivi.
Vale evidenziare che la questione in esame ha già formato oggetto di approfondimento da parte di questa Sezione; infatti, con sentenza n. 4028/2017, era confermata la pronunzia n. 5261/2015, nella parte in cui annullava le disposizioni del d.c.a. n.40/2012, che, facendo riferimento anche al precedente d.c.a. n.16/2008, di fatto, avevano escluso alcune gravi cerebropatie dall’erogazione delle prestazioni neuro riabilitative di alta specialità, cod. 75.
Con le disposizioni in questione il Commissario, in particolare, prevedeva che Laziosanità - ASP avrebbe dovuto, tra l’altro, “procedere alla verifica analitica del rispetto dei criteri di accesso alle prestazioni di riabilitazione post acuzie, in coerenza con le disposizioni legislative regionali (DGR n.206 del 16.4.2007, DCA 5 settembre 2008 n. 16)”. Il Tribunale del Lazio annullava, nel 2015, queste limitazioni per violazione di legge ed eccesso di potere, richiamando proprie precedenti pronunce di annullamento di analoghi precedenti decreti commissariali (n.90/2010 e n.8/2011), recanti analoghe limitazioni alle prestazioni cod.75 introdotte nei confronti di gravi patologie neurologiche (quali quelle neurodegenerative e gli esiti di ictus). La Sezione riteneva, infatti, in quella sede, che la Regione non avesse rappresentato “né dato conto in qualche modo del fatto che disposizioni di analogo contenuto, inserite in precedenti provvedimenti commissariali, siano state già annullate dal giudice amministrativo con più sentenze passate in giudicato”.
Si evidenziava, dunque, che “la impugnata disposizione del DCA n. 40/2012 dispone che la verifica analitica del rispetto dei criteri di accesso alle prestazioni di riabilitazione avvenga “in coerenza” con le disposizioni dettate nel proprio precedente DCA n.16/2008, che (nello stabilire i criteri di accesso alla Unità di Neuro riabilitazione ad alta specialità cod.75) ne aveva limitato l’accesso ai soli casi di pazienti in condizioni molto gravi, cioè con indice di Barthel (scala dell’autosufficienza) inferiore a 25, cioè in situazione di totale dipendenza nelle attività quotidiane e di cura della persona.
Ma (come rilevato nella sentenza appellata e confermato dalla relazione dell’Avvocatura regionale) questo criterio è stato annullato con sentenza n.207/2014 del TAR Lazio, che (accogliendo precedente ricorso della stessa Fondazione Santa Lucia) ha ritenuto illogico escludere dalle terapie del cod.75 pazienti che, pur avendo un indice Barthel tra 25 e 50, tuttavia erano portatori di patologie comunque molto gravi, che in precedenza erano state trattate nella Unità di neuro riabilitazione ad alta specialità cod.75.
Inoltre, a sostegno dell’annullamento della disposizione limitativa in questione, il TAR Lazio correttamente richiama il proprio precedente n. 8937/2011, che ha annullato per carenza di istruttoria e di motivazione analoghe limitazioni introdotte nei DCA n.90/2010 e n.8/2011, ritenendo la censurata riduzione illegittima per contrasto con le finalità del Patto per la Salute 2010- 2012, nonché affetta da illogicità manifesta, laddove comportava la differenziazione del livello di terapia neuro riabilitativa erogabile tra i pazienti, che abbiano presentato nello stadio iniziale della patologia un coma grave, ammessi alla terapia di alta specialità, cod.75, e quelli affetti da ictus cerebrale e da patologie degenerative (quali sclerosi multipla e Parkinson), ammessi, invece, solo a prestazioni di neuro riabilitazione di specializzazione ordinaria, cod 56, meno costosa .
Pertanto correttamente il TAR Lazio con la sentenza appellata, preso atto dell’intervenuto annullamento del criterio fissato dal DCA n.16/2008 (nonché dagli analoghi provvedimenti successivi) ha annullato la neo introdotta limitazione per eccesso di potere ed illegittimità derivata, posto che la dichiarata illegittimità dei richiamati criteri di verifica, stabiliti nel DCA n.16/2008, comporta l’illegittimità in via derivata delle (censurate) disposizioni del DCA n.40/2012, che ne prevedono l’applicazione” .
Sicché era confermata la sentenza del primo giudice, laddove annullava la limitazione all’accesso alle prestazioni cod .75, e che affermava, in punto di fatto, nelle procedure di controllo analitico eseguite da Laziosanità - ASP non possono essere ritenute inappropriate le prestazioni di neuro riabilitazione di alta specialità cod. 75, ove erogate a pazienti che, pur se colpiti da ictus o da gravi patologie neurologiche degenerative, abbiano un indice di Barthelsuperiore a 25.
Infine richiamava i precedenti dello stesso giudice che, annullate le analoghe disposizioni inserite nel d.c.a. n. 90/2010, rilevava, altresì, che l’illegittimità delle (analoghe) disposizioni limitative all’accesso alle terapie cod. 75, nell’ambito dei d.c.a. n. 90/2010 e n. 8/2011 per illegittimità della conseguente individuazione di un ridotto fabbisogno di corrispondenti posti letto, “non risultando giustificata la possibilità di indirizzo dei pazienti prima trattati con alta specialità in differenti strutture” (TAR Lazio, n.89 37/2011).
Va, di contro, rilevato che, a livello statale, l’art. 1 del d. m. n. 70/2015 – oggetto in parte qua di gravame e di cui il Ministero appellante invoca la coerenza - ha pure stabilito che “le regioni provvedono entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto ad adottare il provvedimento generale di programmazione di riduzione della dotazione di posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del SSR”, indicando le relative percentuali di riduzione per la riabilitazione e la lungodegenza post acuzie, nonché i relativi provvedimenti attuativi.
Sulla manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della disposizione si è espressa questa Sezione (n. 591/2017) evidenziando che “sulla possibilità che l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni incontri limiti nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario alla luce degli obiettivi della finanza pubblica – cui risponde la norma della Legge Finanziaria del 2005 dettata dall’art. 1, comma 169 della l. n. 311 del 2004 – una recente sentenza della Corte Costituzionale fa riferimento alle precedenti sentenze n. 79/2013, 91/2012 e 193/2007 che richiamano il detto principio, (Corte Costituzionale, 5 maggio 2014, n. 110)”.
Ha, altresì, precisato che “Emerge infatti dalla lettura delle premesse del Regolamento che i parametri, o criteri che dir si voglia, per la riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del SSR sono indicati dall’art. 15, comma 13 lett. c) del d.l. n. 95 del 2012, stante il quale: “sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera fissati, entro il 31 ottobre 2012, con regolamento approvato ai sensi dell'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché tenendo conto della mobilità interregionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, nel rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle cure primarie finalizzate all'assistenza 24 ore su 24 sul territorio adeguandoli agli standard europei, entro il 31 dicembre 2012, provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni. La riduzione dei posti letto è a carico dei presidi ospedalieri pubblici per una quota non inferiore al 50 per cento del totale dei posti letto da ridurre ed è conseguita esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative complesse. Nelle singole regioni e province autonome, fino ad avvenuta realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unità operative complesse, è sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi ai sensi dell'articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Nell'ambito del processo di riduzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano operano una verifica, sotto il profilo assistenziale e gestionale, della funzionalità delle piccole strutture ospedaliere pubbliche, anche se funzionalmente e amministrativamente facenti parte di presidi ospedalieri articolati in più sedi, e promuovono l'ulteriore passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all'assistenza in regime ambulatoriale, favorendo l'assistenza residenziale e domiciliare”.
Ancora una volta le percentuali di riduzione dei posti letto, peraltro anche a carico delle strutture pubbliche, è dunque recata dalla stessa legge, sicché sostenere che il Regolamento, nel momento in cui le ha meramente riprodotte, all’art. 1 comma 2, sarebbe sprovvisto della indicazione dei criteri e dei motivi per cui ha indicato le stesse percentuali stabilite dalla legge nazionale è perciò illegittimo per difetto di motivazione e di istruttoria pare proprio non possa essere condiviso, con conseguente reiezione anche di tale ulteriore profilo dei motivi”.
Sulla base di tale decreto è stato dunque emanato il decreto del Commissario ad acta 5 luglio 2017, n. U00257 di Attuazione Programma Operativo di cui al Decreto del Commissario ad acta n. U00052/2017. Adozione del Documento Tecnico denominato: "Programmazione della rete ospedaliera nel biennio 2017-2018, in conformità agli standard previsti nel DM 70/2015" (Ddalla memoria depositata in atti in data 9 gennaio 2019, risulta peraltro, che sono stati gravati anche gli atti applicativi).
Risulterebbe secondo l’Amministrazione, peraltro confermato che il decreto dispone la necessità di riduzione rispetto ai parametri relativi ai posti letto esistenti al momento (4,0 p.l. per mille abitanti di cui 0,7 p.l. per le discipline di lungodegenza e riabilitazione post-acuzie) per rendere i medesimi dati coerenti con la riduzione al 3,7 e che tale riduzione ha formato oggetto dell’Intesa stato – Regioni del 2 luglio 2015.
Ed, infatti, la difesa dell’Amministrazione si attesta proprio sul tentativo di dimostrare come al cod. 75 vadano ricondotte soltanto alcune prestazioni relative alle gravi cerebrolesioni acquisite.
Va sin d’ora precisato, tuttavia, che la Corte costituzionale (sent. n. 183 del 2016) ha evidenziato come l’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012 fissa un generale obiettivo di riduzione della spesa relativa all’«acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera», precisando che la riduzione è «determinata dalla Regione».
Tale disposizione, dunque, può considerarsi espressione di un principio fondamentale in materia di «coordinamento della finanza pubblica», poiché riguarda «non già una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte corrente» (ex plurimis, sentenze n. 218 e n. 153 del 2015, n. 289 del 2013, n. 69 del 2011) e lascia «ciascuna Regione […] libera di darvi attuazione […] in modo graduato e differenziato, purché il risultato complessivo sia pari a quello indicato nella legge statale» (ex plurimis, sentenza n. 211 del 2012).
Orbene, in disparte ogni valutazione dei provvedimenti sopravvenuti, al momento dell’emanazione del d.m. gravato – per la parte di interesse – le disposizioni regionali che limitavano il ricovero con cod. 75 risultano annullate, in attesa di una nuova determinazione.
Va evidenziato che la specificazione del concetto di Alta specialità neuroriabilitativa si trova – come correttamente indicato dall’Avvocatura - nelle Linee Guida per la Riabilitazione del 1998 (che riprendono il d.m. 29 gennaio 1992), che appunto al punto 2.3.4.2 chiariscono che “L’unità per le Gravi Cerebrolesioni acquisite e i gravi Traumi Cranio-enecefalici è finalizzata alla presa in carico di pazienti affetti da esiti di grave cerebrolesione acquisita (di origine traumatica o di altra natura) e/o caratterizzata nella evoluzione clinica da un periodo di coma più o meno protratto (Glasgow Coma Scale inferiore a 8) e dal coesistere di gravi menomazioni comportamentali, che determinano disabilità multiple e complesse, che necessitano di interventi valutativi e terapeutici non realizzabili presso altre strutture che erogano interventi di riabilitazione intensiva…”.
La relazione dell’Amministrazione, prodotta a seguito dell’istruttoria, corroborata dalla documentazione di riferimento, evidenzia i seguenti punti:
– se è vero che le precedenti determinazioni applicative sono state annullate in via giudiziaria, il d.m. n. 70 del 2015, gravato, in attuazione dell’art. 15, comma 13 lett. c) d.l. n. 95 del 2012 varrebbe a superare tali provvedimenti giurisdizionali quale factum principis;
– la descrizione del trattamento cod. 75 si troverebbe nelle Linee di indirizzo per l’assistenza delle persone in stato vegetativo e stato di minima conoscenza del 2011, come trattamento presso Unità operative riabilitative “presso cui sono disponibili tutte le risorse necessarie a trattare 24 ore su 24 in modo definitivo tutte le lesioni, menomazioni e complicanze con focalizzazione più specifica al recupero funzionale”, tuttavia tali indicazioni dovrebbero essere lette in coerenza con il d.m. 18 ottobre 2012, recante il sistema tariffario, che prevede la tariffa massima giornaliera per i soggetti affetti da grave cerebrolesione acquisita (euro 470,00), mentre le altre patologie neurologiche anche gravi sarebbero riconducibili al codice 56; il Piano nazionale d’indirizzo per la riabilitazione dispone l’integrazione tra la riabilitazione intensiva ed intensiva ad alta specializzazione; sicché le malattie ed i disturbi del sistema nervoso (tra cui l’ictus) sarebbero da trattare nei posti letto di specialità cod. 56, con tariffa giornaliera di riabilitazione di euro (euro 272,70);
– vi sarebbe la necessità di definire un unico standard nazionale per la disciplina della neuroriabilitazione; gl standard 3,7 e 0,7 pp.ll. per mille abitanti non oggetto di contestazione derivano da un ‘espressa disposizione di legge (art. 15 d.l. 95/2012 cit); i posti letto definiti nel limite di 0,02 per mille abitanti per la neuroriabilitazione deriverebbe dalle Intese 98/CSR/2014 e 198/CSR/2015 con la partecipazione delle Regioni;
- il settore di riferimento sarebbe stato evidenziato come ad alto rischio di inappropriatezza alla luce dei criteri di cui al Patto per la Salute 2010-2012 (cfr. patologie sclerosi multipla);
– l’espansione dei pp.ll. 75 comporterebbe la compressione dei pp.ll. 56 con difficoltà di conversione per le strutture che sono adibite a tale riabilitazione, configurandosi, dunque, la posizione di controinteressati no evocati in giudizio.
Ne discende, peraltro, che a fronte della necessità di fissazione di standard a livello nazionale (a cui ha provveduto il d.m. in esame con la determinazione della soglia per la riabilitazione) non si evince la concorde partecipazione – a livello istruttorio – della componente regionale.
Ancora, appare debole il riferimento quanto alla definizione del cod. 75 al d.m. 18 dicembre 2012, che invece verte unicamente sulla disciplina tariffaria, evidenziano la previsione della tariffa massima per la riabilitazione con cod. 75.
Si opera così a livello ministeriale ‘un’inversione’ di ragionamento, che non può trovare condivisione, seppur nella consapevolezza della necessità di contenimento della spesa sanitaria.
A fronte del riconoscimento della tariffa massima per la riabilitazione cod. 75 (quella intensiva che garantisce la terapia 24 ore al giorno) si opera la riduzione dei posti letto, restringendo, senza idonea motivazione da punto di vista dell’analisi dei risultati, le patologie riconducibili.
Al contrario, l’illogicità di tale scelta – del resto già evidenziata nei precedenti giurisprudenziali che l’Amministrazione intenderebbe superati con il factum principis – risulta emergere negli approdi scientifici prodotti in atti, laddove si pone in luce la penalizzazione che tale scelta comporterebbe per i pazienti “in cui una grave o gravissima situazione clinico-funzionale sia dovuta a patologie non comportanti obbligatoriamente un disturbo della coscienza, quali p.s. la “locked-in syndrome” da ictus vertebro-basilari, altri gravi casi di ictus cerebrale, tetraplegie acute da sindrome da Guillain-Barrè, gravi forme di sclerosi multipla, postumi di encefaliti e neoplasie cerebrali, o altre” (SIRN documento del 10 dicembre 2018 all. 1 alla produzione de 9 gennaio 2019 IRCCS).
Né agli atti si evince alcuno studio sull’impatto complessivo anche economico-finanziario della mancata sottoposizione di siffatti pazienti alla neuro-riabilitazione cod. 75 (che al contrario rispetto all’impostazione di cui al d.m. censurato, in termini di appropriatezza della spesa sanitaria, la riduzione degli interventi si palesa contraddittoria, cfr. Rapporto ictus 2018 in atti, allegato alla richiamata produzione del 9 gennaio 2019 IRCCS).
A tale riguardo deve menzionarsi quanto affermato dalla Corte costituzionale, proprio in riferimento all’art 15 del d.l. n. 95/2012, che prevede per il 2012 una riduzione dell’importo per l’acquisto di prestazioni sanitarie rese da soggetti privati accreditati, al fine di ridurre la spesa complessiva annua e colmare il disavanzo nel bilancio sanitario regionale:
«La tutela del diritto alla salute non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone, con la precisazione che le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana […]. In questi termini, nell’ambito della tutela costituzionale accordata al “diritto alla salute” dall’art. 32 della Costituzione, il diritto a trattamenti sanitari è garantito a ogni persona come un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento […]».
Orbene, a fronte della concreta attuazione del diritto alla salute e pur considerando la necessità di un adeguamento alle risorse esistenti e al rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, la previsione contenuta nel d.m. oggetto di gravame, appare, per quanto sin qui evidenziato, non supportata da idonea motivazione ed istruttoria, risolvendosi dunque, come censurato dal ricorrente in primo grado, in un’ingiustificata compressione del diritto alla salute, peraltro in contrasto con la stessa finalità di perseguimento dell’appropriatezza dell’uso delle risorse pubbliche, proprio perché non confrontato con idonei studi dell’impatto della misura.
Seppure, dunque, il sistema sanitario è caratterizzato dalle esigenze di contenimento dei costi e di riequilibrio del bilancio, vi sono settori – come quello in esame - in cui il diritto alla salute non può che guidare la potestà pianificatoria e di programmazione, nel senso che la scelta generale ‘di politica sanitaria’ ,tesa al mantenimento dei macroequilibri finanziari deve trovare fondamento, attraverso un’adeguata istruttoria, nell’individuazione di priorità ‘non sacrificabili’.
Del resto, nella fattispecie oggetto di causa, la carenza evidenziata, e la conseguente riduzione di riabilitazione appropriata, si traduce in ‘costo sociale’ e, dunque, economico per la collettività, visto l’impatto che pazienti non adeguatamente riabilitati hanno sulle famiglie e sul SSN.
– Da ultimo, ad un’attenta analisi, alla luce anche delle difese delle parti, deve evidenziarsi che l’annullamento della disposizione non incide direttamente sulla posizione delle strutture impegnate nella riabilitazione con cod. 56, dovendosi rimettere all’Amministrazione la successiva determinazione dei criteri di appropriatezza – come detto – e dunque, di individuazione delle soglie idonee per la determinazione dei posti letto per la riabilitazione.
– Per tutto quanto, sin qui ritenuto, l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata la sentenza di prime cure n. 7006/2017.
L’Amministrazione appellante deve essere condannata, in virtù del principio della soccombenza, al pagamento in favore dell’Istituto appellato delle spese del presente grado di giudizio, che sono determinate in euro 3000,00 (tremila/00).

martedì 19 marzo 2019

L'ANNUARIO 2019 DEI DATI AMBIENTALI DELL'ISPRA

Il 19 marzo è stato presentato a Roma l'annuario dei dati ambientali dell'ISPRA.
Una banca dati con 306 indicatori, tra cui 9 new entries, per un totale di 150.000 dati, organizzati in 460 tabelle e 635 grafici. Biodiversità, Clima, Inquinamento atmosferico, Qualità delle acque interne, Mare e ambiente costiero, Suolo, Rifiuti, Agenti fisici sono solo alcuni dei temi trattati nell’edizione 2018 dell’Annuario dei dati ambientali ISPRA, la pubblicazione scientifica di dati statistici e informazioni sull’ambiente realizzata dall’Istituto in stretta collaborazione con il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA). Annuario che quest’anno si fa in 7; tanti sono i prodotti per garantire una diffusione delle informazioni che arrivi al decisore pubblico e al ricercatore, fino al privato cittadino.
Su 7.493 fiumi, il 43% raggiunge l'obiettivo di qualità per lo stato ecologico e il 75% quello di qualità per lo stato chimico. Su 347 laghi, il 20% raggiunge l'obiettivo di qualità per lo stato ecologico e il 48% quello di qualità per lo stato chimico. Fiumi: buono ed elevato lo stato ecologico per la Provincia di Bolzano (94%), Valle d'Aosta (88%), Provincia di Trento (86%) e Liguria (75%); uno stato chimico buono superiore al 90% per i fiumi in Molise, Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e le province autonome di Trento e Bolzano. Laghi: obiettivo di qualità ecologica buono in Valle d'Aosta (100%), Provincia di Bolzano (89%), Emilia-Romagna (60%) e stato chimico buono per il 100% dei corpi idrici lacustri in Valle d'Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Abruzzo, Molise e nella Provincia di Bolzano. 
Più dell’89% delle acque costiere di balneazione è in classe eccellente nel quinquennio 2014-2017. Nel 2017 lo stato di qualità delle acque costiere di balneazione, in relazione ai fattori igienico sanitari, ricade in classe eccellente per l’89,7%, buona per il 5,4%. Il distretto della Sardegna si conferma migliore dal punto di vista della qualità chimica delle acque marino costiere: il 90% presenta infatti uno stato chimico "buono". La presenza dell’alga tossica Ostreoptis ovata nel 2017 è stata riscontrata in 10 regioni costiere e assente in Abruzzo, Emilia-Romagna e Veneto.
 La fauna in Italia conta oltre 60.000 entità e la nostra flora 8.195 entità di piante vascolari e 3.873 entità non vascolari. Volendo fare un confronto con l’Europa, per quanto riguarda la fauna, tra gli insetti, gli Ortotteri (grilli e cavallette) sono circa il triplo di quelli della Polonia, il decuplo della Gran Bretagna e della Norvegia e oltre 150 volte quelli dell’Islanda e il numero di specie dei Lepidotteri (farfalle) è più del doppio di quello della Gran Bretagna. Resta alto il livello di minaccia: 120 specie di vertebrati terrestri sono minacciate per la perdita e la degradazione di habitat; sono 3.182 specie alloctone introdotte in Italia e potenzialmente invasive; tra i vertebrati, sono minacciati gli anfibi (36%) e i pesci ossei di acqua dolce (48%). Particolarmente minacciate il 42% delle 202 specie tutelate dalla Direttiva Habitat.
Dal luglio 1998 al luglio 2018, sono stati 635 i superamenti dei limiti di legge degli impianti Radiotelevisivi (RTV) e 119 quelli di Stazioni Radio Base (SRB). In diminuzione dal 2016 al 2017 gli impianti RTV (-4%,), mentre aumentano i servizi e i siti degli impianti SRB rispettivamente dell'11% e del 3%. Il 32,1% delle sorgenti di rumore sottoposte al controllo del SNPA, presenta almeno un superamento dei limiti previsti dalla normativa, evidenziando un problema di inquinamento acustico. Il 61% dei comuni ha approvato la classificazione acustica (suddivisione del territorio urbanizzato in aree acustiche omogenee); le regioni del Nord sono le più virtuose nel 2017, le regioni con la percentuale di comuni zonizzati superiore al 90% sono Valle d'Aosta (100%), Marche (97%), Lombardia e Toscana (96%), Veneto (91%).