lunedì 25 marzo 2019

SECONDO L'ISTAT SONO TROPPO POCHI GLI ASILI NIDO PUBBLICI E COMUNQUE TRA PUBBLICI E PRIVATI SONO INSUFFICIENTI A COPRIRE IL FABBISOGNO


Un recente rapporto dell' ISTAT fotografa la situazione degli asili nido nei Comuni.
Nell’anno scolastico 2016/17 sono stati censiti sul territorio nazionale 13.147 servizi socio-educativi per l’infanzia. 
I posti autorizzati al funzionamento sono circa 354mila, pubblici in poco più della metà dei casi.  I posti disponibili coprono il 24% del potenziale bacino di utenza (bambini residenti sotto i 3 anni). 
Tale dotazione è ancora sotto al parametro del 33% fissato dall’Unione europea per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. 
  • La diffusione dei servizi risulta molto eterogenea sul territorio. I posti variano da un minimo del 7,6% dei potenziali utenti in Campania a un massimo del 44,7% in Valle D’Aosta.  
  • La dotazione di servizi sul territorio penalizza i comuni più piccoli rispetto ai capoluoghi di provincia. 
  • La spesa media dei comuni per gestire i servizi pubblici o privati convenzionati è molto variabile tra le regioni. Si passa da un minimo di 88 euro l’anno per un bambino residente in Calabria a un massimo di 2.209 euro l’anno nella Provincia Autonoma di Trento. 
  • A partire dall’anno scolastico 2011/12 si registra un calo dei bambini iscritti nei nidi comunali e convenzionati con i comuni. Dal 2012 si riducono anche le risorse pubbliche disponibili sul territorio. Nel triennio 2014-2016 rimangono sostanzialmente stabili sia gli utenti serviti sia la spesa dei comuni.
  • Il calo degli utenti riguarda principalmente i nidi comunali gestiti direttamente mentre aumentano le gestioni affidate ai privati, dove i costi medi per bambino a carico dei comuni sono decisamente più bassi.
I Comuni capoluogo spendono in genere di più degli altri Comuni per gli asili nido.
Il costo a carico delle famiglie è in genere elevato.
Nel 2013 la commissione europea, con un documento intitolato “Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale” ha raccomandato alcuni principi da seguire nel contrasto alla povertà minorile.
In generale, quando uno stato europeo adotta delle politiche per il benessere dei minorie per sottrarre i più svantaggiati dall’esclusione sociale, dovrebbe attenersi a criteri come:
  • promuovere non solo la sicurezza materiale, ma anche pari opportunità educative, presupposto per prevenire la trasmissione delle disuguaglianze da una generazione all’altra;
  • mettere al centro delle politiche i diritti enunciati nella convenzione Onusull’infanzia e vigilare sul loro rispetto. Ciò significa che nell’adottare delle politiche deve prevalere l’interesse superiore del bambino, come soggetto attivo titolare di diritti propri;
  • promuovere gli investimenti sui bambini e le loro famiglie, mantenendo un equilibrio tra misure universali, destinate al benessere di tutti i bambini, e politiche specifiche per le situazioni di maggior svantaggio.
Ma che cosa significa rendere concreti questi principi? Nei servizi per l’infanzia uno degli ostacoli maggiori per le famiglie può essere il costo della retta. Mentre l’istruzione obbligatoria, a partire da 6 anni, è gratuita, i servizi educativi per i bambini più piccoli sono soggetti al pagamento di una tariffa.
Perciò uno dei punti chiave è che l’accesso deve essere garantito a un costo sostenibile per le famiglie.
Andando ad approfondire a livello locale il Comune di Sabaudia che ha approvato di recente il Bilancio di previsione per l'esercizio 2019 indica come spesa complessiva la somma di € 201.863,69 (pari al 50% della spesa complessiva pari ad € 403.727,38) per una entrata di € 197.381,90 (di cui solo €100.000 derivanti dal concorso delle famiglie, mentre il resto sono fondi regionali), pari al 97,78% di copertura.

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