Una interessante sentenza del TAR Veneto - Venezia, n. 326/2018 afferma la illegittimità delle società partecipate miste in assenza di controllo pubblico.
Il d.lgs. n. 175 cit. ha imposto in particolare, all’art. 24, che le partecipazioni detenute direttamente o indirettamente dalle Amministrazioni in società non riconducibili nelle categorie di cui all’art. 4 (id est.: le partecipazioni che possono essere acquisite o mantenute), o che non soddisfano i requisiti di cui all’art. 5, commi 1 e 2 (riguardanti la motivazione analitica dell’atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica), o ancora che ricadono in una delle ipotesi di cui all’art. 20, comma 2 (id est: le ipotesi che impongono l’adozione di un piano di riassetto delle società partecipate, per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione), devono essere alienate, o formare oggetto delle misure di riassetto/razionalizzazione previste dal medesimo art. 20. A tal fine, l’art. 24 impone agli Enti locali di effettuare entro il 30 settembre 2017, “con provvedimento motivato”, la ricognizione delle partecipazioni detenute, individuando quelle da alienare e l’alienazione deve avvenire – precisa il comma 4 dell’art. 24 – entro un anno dalla conclusione della ricognizione.
Da un lato, infatti, l’art. 24, comma 1, del d.lgs. n. 175/2016 parla espressamente di “provvedimento motivato” con cui ciascuna Amministrazione effettua la ricognizione delle partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo ed individua quelle che debbono essere alienate. Oltre alla qualificazione letterale effettuata dalla norma, vi è, dunque, nell’atto che le P.A. adottano ai sensi dell’art. 24, comma 1, cit. un contenuto non solo ricognitivo, ma anche volitivo, che indubbiamente lo fa rientrare nella categoria dei provvedimenti amministrativi, intesi, alla luce della classica definizione dottrinale, come manifestazioni di volontà preordinate alla cura di uno specifico interesse pubblico (la cui realizzazione è affidata alla P.A. titolare del potere di provvedere) e dirette a produrre unilateralmente effetti giuridici nei rapporti esterni con i destinatari.
Trattandosi di provvedimento amministrativo, esso, perciò, costituisce (per definizione) espressione del potere autoritativo della P.A. e, dunque, è sottoposto al sindacato giurisdizionale del G.A., a pena, diversamente opinando, di incorrere nella violazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost.. La questione dei limiti entro cui detto sindacato giurisdizionale può esplicarsi è diversa e concerne i confini entro cui l’attività amministrativa discrezionale può essere sottoposta al vaglio giurisdizionale di legittimità, ma ciò non toglie che detta attività sia sindacabile, pur se entro limiti tanto più ristretti, quanto più è ampia la sfera di discrezionalità di cui gode la P.A..
D’altro lato, la decisione delle P.A. di assumere “misure di razionalizzazione” delle partecipazioni societarie da esse detenute attiene, in via di principio, a profili di organizzazione generale delle stesse P.A., per la quale pare invero arduo ipotizzare che non debba esplicarsi attraverso misure di carattere pubblicistico, in qualche modo assimilabili agli atti di cd. macro-organizzazione, che l’ordinamento ben conosce (cfr. artt. 2, comma 1, e 5 del d.lgs. n. 165/2001) e che, per giurisprudenza consolidata, sono assoggettati a principi e regole pubblicistiche e devoluti alla cognizione del G.A. (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 31 agosto 2016, n. 3740; id., 28 novembre 2013, n. 5684).
Inoltre, la Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che, in tema di riparto di giurisdizione, spettano alla giurisdizione esclusiva del G.A. le controversie aventi ad oggetto l’attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, ritenuta dal Legislatore di natura pubblicistica, con cui un Ente pubblico delibera di costituire una società, provvedendo anche alla scelta del socio, o di parteciparvi, o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società stessa o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita di essa (cfr. Cass. civ., Sez. Un. 20 settembre 2013, n. 21588; id., 30 dicembre 2011, n. 30167; v. pure Cass. civ., Sez. Un., 3 novembre 2009, n. 23200, che, in tema di società per azioni a partecipazione maggioritaria del Comune, ha ritenuto che le delibere comunali con le quali si decide, tra l’altro, la riduzione della partecipazione azionaria, costituiscono provvedimenti di natura autoritativa, preliminari e prodromici rispetto alle successive deliberazioni societarie, con il corollario che le controversie relative all’annullamento delle suddette delibere spettano alla giurisdizione del G.A.).
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