Nonostante siano pendenti ricorsi avverso i provvedimenti regionali e dell' azienda sanitaria locale Latina sulla trasformazione dei Punti di Primo Intervento, sembrerebbe che il 28 maggio scorso dalla direzione generale sia stata organizzata una videoconferenza riservata ai Sindaci dei Comuni interessati per illustrare una ipotesi di sviluppo dei Punti di assistenza territoriale.
Dall’esame delle 24 slides emerge una notevole commistione tra la le funzioni proprie dei PAT e quelle dell’assistenza primaria il che è in contrasto con la normativa vigente.
Il Punto 9.1.5 del Decreto Ministeriale 70/2015 stabilisce che i Punti di Primo Intervento debbano essere trasformati «in postazioni medicalizzate del 118 entro un arco di tempo predefinito implementando l’attività territoriale al fine di trasferire al sistema dell’assistenza primaria le patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero, secondo protocolli di appropriatezza condivisi tra 118, DEA, HUB o spoke di riferimento, mantenendo rigorosamente separata la funzione di urgenza da quella dell’assistenza primaria».
Inoltre “qualora gli accessi superino le 6.000 unità anno la responsabilità clinica e organizzativa ricade sul DEA di riferimento”.
In base al Punto 7.1.3 del DCA U00018/2020 pur confermando la «Trasformazione» dei PPI in Punti di erogazione di assistenza primaria» viene affermato che questo dovrà avvenire «…in continuità con le funzioni precedentemente svolte».
Detta disposizione è stata ora ribadita con il DCA U00081 del 25 giugno 2020.
Orbene le funzioni svolte dai PPI fino al 31 dicembre 2019 sono indicate al punto 1.1.9 dell’allegato «C» del DCA del 10 febbraio 2011 n. U0008 secondo cui i Punti di Primo Intervento garantiscono la stabilizzazione del paziente in fase critica attivando, tramite la Centrale Operativa 118, il trasporto presso l’ospedale più idoneo secondo protocolli definiti e un primo intervento medico in caso di: patologie diagnosticate ed ingravescenti; malesseri non ben definiti; piccoli atti medico–chirurgici; diagnostica strumentale semplice. L’orario di effettivo funzionamento copre di norma le 24 ore. Detto provvedimento di fatto è stato richiamato dal citato DCA U00018/2020 ed è perfettamente vigente.
L’affidamento ai PAT di funzioni di assistenza primaria e in particolare della presa in carico della popolazione cronica all’interno della rete territoriale del Dipartimento di assistenza primaria e del loro monitoraggio anche con device per il telemonitaraggio, dei servizi domiciliari infermieristici e della medicina d’iniziativa, non ha alcuna attinenza con le funzioni attribuite ai PAT.
Tutte queste attività potranno e dovranno essere svolte dalla Casa della salute che dovrà essere attivata dalla direzione generale entro il 31 dicembre 2020 come previsto dal già citato DCA U0018/2020 e che dovrà ovviamente operare in stretto collegamento con tutti i presidi aziendali, ivi compreso il PAT.
A ciò si aggiunga che la politica dell’azienda seguita a concentrarsi sul falso problema degli accessi inappropriati, ma la domanda di salute non mai inappropriata, può esserlo solo la risposta, da parte di un sistema incapace di adeguarsi alle trasformazioni sociali in atto.
Se un paziente è costretto a rivolgersi al Pronto soccorso o al PAT è perché qualcuno dei servizi preposti non ha funzionato ( o non funziona da tempo).
A questo proposito sarebbe il caso di rammentare alla dirigenza della ASL che in base al cronoprogramma allegato alla deliberazione del 12 settembre 2019, n. 849 entro gennaio 2020 avrebbero dovuto potenziare l’assistenza specialistica presso il poliambulatorio e che ciò non è avvenuto.
Pertanto a mio parere la proposta della direzione generale avrebbe dovuto essere respinta dai Sindaci in modo netto per le motivazioni già esposte. Ma non risulta che ciò sia avvenuto.
In ordine a quanto sopra mi permetto di far presente che forse sarebbe il caso di ricordare ai sigg.ri Sindaci alla presidenza della Conferenza dei Sindaci della ASL Latina quanto segue:
Il D.Lgs. 229/99 di riforma del servizio sanitario, ha ridisegnato un nuovo modello di relazioni tra Regione, enti locali e aziende sanitarie basato sul pieno coinvolgimento di ciascun livello di governo al processo decisionale e su di una effettiva cooperazione\collaborazione tra ogni attore del sistema grazie alla Conferenza dei Sindaci deve provvedere alla definizione, nell’ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l’impostazione programmatica dell’attività, esaminare il bilancio pluriennale di previsione ed il bilancio di esercizio e rimettere alla regione le relative osservazioni, verificare l’andamento generale dell’attività e contribuire alla definizione dei piani programmatici trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore generale ed alla regione (vedasi anche la L.R. 18/1994).
Si tratta di una norma fortemente voluta dall’allora ministro Bindi per restituire un ruolo alle comunità locali.
In sostanza alla Conferenza dei Sindaci viene affidata una funzione di indirizzo politico, lasciando al direttore generale delle aziende sanitarie locali la funzione di gestione.
A ben riflettere si tratta di un ruolo molto importante.
Con la locuzione “indirizzo politico” ci si riferisce generalmente alla fissazione di fini ed obiettivi da conseguirsi, una funzione che è propria delle comunità sociali rappresentate appunto dai Sindaci in seno alla Conferenza.
Desidero ricordare che la prima norma sulla separazione della funzione di indirizzo politico dalla gestione nella gestione della cosa pubblica viene fatta risalire all’art. 3 del D.lgs 29/1993, poi ripreso dall’art.4 del D.lgs 165/2001 secondo cui «Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento ditali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti».
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