D.L. 14/2020 che all’art. 8 prevede l’obbligo per le regioni di istituire le Unità speciali per la gestione
domiciliare dei pazienti affetti da Coronavirus (c.d. USCA).
Il successivo 17 marzo 2020, la Regione Lazio ha emanato l’ordinanza Z00009 che ha istituito la figura del Referente Covid ed ha attribuito alla Direzione Salute il compito di “valutare” l’eventuale attivazione delle Unità Speciali di continuità Assistenziale per l’assistenza a domicilio nei pazienti COVID positivi.
Il Ministero della Salute con la circolare prot. N. 7865 del 25 marzo 2020 nella regolamentazione delle “aree territoriali” ha chiarito che “Le Unità speciali di continuità assistenziale USCA, istituite ai sensi dell’art. 8, D.L. 9 marzo 2020 n. 14, svolgono un ruolo essenziale nella gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero”.
In data 8 aprile 2020, la Regione Lazio ha emesso la Direttiva prot. 0294221, volta ad istituire le Unità di Crisi per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, poi appellate USCAR, ed il successivo 20 aprile è stato adottato il Regolamento di dette USCAR che al punto 4 prescrive che: “l’intervento è rivolto alle comunità intese nel senso più ampio del termine: strutture sanitarie e socio sanitarie, RSA, case di riposo, comunità di anziani, comunità religiose, carceri, campi nomadi, residenze per pazienti psichiatrici, disabili, ecc.; solo in situazioni straordinarie, di bisogno non soddisfatto dalle ordinarie modalità organizzative, l’USCAR effettuerà interventi a domicilio".
In data 8 aprile 2020, la Regione Lazio ha emesso la Direttiva prot. 0294221, volta ad istituire le Unità di Crisi per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, poi appellate USCAR, ed il successivo 20 aprile è stato adottato il Regolamento di dette USCAR che al punto 4 prescrive che: “l’intervento è rivolto alle comunità intese nel senso più ampio del termine: strutture sanitarie e socio sanitarie, RSA, case di riposo, comunità di anziani, comunità religiose, carceri, campi nomadi, residenze per pazienti psichiatrici, disabili, ecc.; solo in situazioni straordinarie, di bisogno non soddisfatto dalle ordinarie modalità organizzative, l’USCAR effettuerà interventi a domicilio".
Nei fatti le USCAR sono state affidate all'INMI Spallanzani, ma il coordinamento è stato affidato ad un medico di medicina generale.
A seguito di un ricorso presentato il TAR del Lazio da due associazioni, la Sezione IV del TAR di Roma ha ritenuto in parte fondato in quanto la statuizione contenuta nell'art. 8 del citato DL 14/2020, poi trasfuso nell'art. 4 bis della legge 27/2020 non lascia alcun margine di discrezionalità operativa.
Inoltre, secondo il collegio giudicante le Unità di Cura Primarie (UCP) che secondo la Resistente rispondevano adeguatamente all’obiettivo di predisporre l’assistenza diretta ai malati di Covid, in realtà sono aggregazioni professionali formate da medici di medicina generale e da pediatri di libera scelta la cui costituzione è stata incentivata dalla Regione sin dal D.L. 158/2012, che hanno lo scopo di coordinarsi nell’erogazione dell’assistenza per offrire adeguata risposta ai bisogni dei propri pazienti.
Tutte le Regioni hanno provveduto ad istituirle a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 189/2012, e ciononostante hanno provveduto a costituire anche le USCA.
La Regione Lazio, invece, con il provvedimento oggetto del ricorso, si è limitata: ad ordinare ai Medici di Medicina Generale associati in Unità di cure Primarie (UCP) o i Pediatri di Libera Scelta associati in Unità di Cure Primarie Pediatriche (UCPP) di individuare un referente COVID il quale riceverà i DPI, in caso sia necessario provvedere a visita medica domiciliare; a prevedere l’utilizzo della app LAZIODOCTOR per COVID quale strumento di consultazione/informazione per tutti i cittadini e quale strumento di telesorveglianza e telemonitoraggio per gli assistiti in corso di valutazione perché esposti al rischio di contagio e per i pazienti COVID-19 positivi, per i quali è stato disposto l’isolamento domiciliare.
Le USCA, così come previste dal legislatore nazionale, rappresentano le figure centrali ed esclusive della gestione dei pazienti COVID non ricoverati in ospedale, consentendo ai MMG e i PLS di continuare a lavorare in piena sicurezza, gestendo soltanto i pazienti NON COVID, tenendosi lontani dal rischio epidemiologico derivante dalla gestione di pazienti con possibile promiscuità e sovrapposizione di patologie. In particolare, dette USCA assolvono alla funzione di coadiuvare, potenziare ed implementare la Medicina del Territorio facendosi carico della gestione – visite domiciliari incluse - dei pazienti affetti da COVID 19 (ovvero sospetti COVID-19) che non necessitano di ricovero ospedaliero. La puntualizzazione della dotazione del ricettario del Servizio Sanitario Nazionale in capo ai medici delle USCA chiarisce la loro natura ad adiuvandum della Medicina del Territorio (cfr. art. 8 D.L. 14/2020 trasfuso nell’art 4 bis della L. 27/2020).
E’ dunque chiaro il rapporto da genus a species delineato in base al suddetto modello organizzativo composito: da un lato i medici di medicina generale, i quali sono deputati alla cura ed alla tradizionale assistenza di carattere generale (NON COVID); dall’altro lato le USCA, le quali esercitano invece una competenza specifica (ed esclusiva) proprio in materia di assistenza COVID di carattere più strettamente domiciliare.
Il Collegio ritiene che la ratio di una simile distinzione organizzativa e funzionale è sostanzialmente riconducibile ad una duplice esigenza di tutela sanitaria: a) evitare sovrapposizioni di competenze che potrebbero determinare confusione e rallentamenti sia per gli operatori stessi, sia per quella parte della popolazione regionale che, sovente, deve affrontare simili situazioni in condizioni di certo non ottimali anche sul piano psicologico; b) evitare il più possibile che i MMG possano contrarre il virus, così assicurando quella continuità assistenziale di carattere più generale (ossia nei settori NON COVID) che – soprattutto in occasione di questa seconda ondata – si sta purtroppo rivelando sempre più precaria e periclitante. Per tale via alcune malattie – in certi casi anche piuttosto gravi – potrebbero dunque continuare a godere di una certa garanzia di cura ed assistenza.
Né può essere sottaciuto - prosegue poi il Collegio - che la creazione delle USCA ha visto assegnare a ciascuna Regione una adeguata copertura finanziaria specifica: l’art. 17 del D.L. 14/2020 ha previsto una copertura finanziaria complessiva pari ad una spesa di € 660.000.000,00 per l’anno 2020, finanziamento al quale accedono tutte le Regioni; con Decreto Direttoriale del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 marzo 2020 è stata prevista l’assegnazione alla Regione Lazio di risorse pari ad € 63.902.825,00, pari alla percentuale del 9,68% della quota nazionale d’accesso al fabbisogno sanitario 2019. A tale finanziamento si aggiunge, inoltre, l’incremento per la spesa del personale prevista per il solo rafforzamento delle USCA pari ad € 61.000.000,00 a livello nazionale, come disposto dall’art. 1 co 6 del D.L. 34/2020 “Decreto Rilancio” nella specifica riportata nell’allegato A- tabella finanziaria.
Pertanto il TAR di Roma ha annullato il punto 10 ultimo capoverso dell'ordinanza Z00009 del 17 marzo 2020.
Ora, finalmente la Regione forse si deciderà a dare attuazione al DL 14/2020 che se fosse stato applicato senza interpretazioni di fantasia, forse avrebbe aiutato i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta a contrastare meglio il virus.
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