Il Comune di Sabaudia ancora non ha approvato il bilancio di previsione per l'anno 2013, avendo deciso, evidentemente di utilizzare fino all'ultimo giorno consentito dalla proroga concessa dal Governo e quindi di sottoporlo al Consiglio comunale entro il 30 novembre.
E' di questi giorni una deliberazione della Corte dei Conti, Sezione delle autonomie (n. 23 /SEZAUT/2013/INPR del 14 ottobre 2013), che ha criticato duramente queste procedure:
"Il percorso per l’attuazione del federalismo fiscale è stato intrapreso in un momento di particolari difficoltà per la finanza pubblica, nel quale si è reso necessario adottare reiterate manovre correttive in corso d’anno e si sono manifestati ripensamenti sul modello di imposizione locale finalizzato ad assicurare l’autonomia finanziaria degli enti locali.
Il continuo slittamento del termine per l’approvazione del bilancio preventivo rappresenta, dunque, la conseguenza di un contesto caratterizzato da ripetuti provvedimenti legislativi d’urgenza, che hanno determinato incertezze sulle risorse disponibili e inciso sulla stessa programmazione di bilancio.
L’esercizio 2013, in particolare, risulta caratterizzato da un anomalo differimento, al 30 novembre, del termine per l’approvazione del bilancio di previsione che, ai sensi dell’art. 151, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), gli enti locali sono tenuti a deliberare entro il 31 dicembre dell’esercizio precedente, fatta salva la facoltà che la norma assegna al Ministro dell’Interno di differirlo con proprio decreto, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.
La possibilità del conferimento di proroghe del termine di presentazione del bilancio - che l’ordinamento contempla a regime - a seguito della delegificazione della materia e l’uso che ne è stato fatto in concreto, inficia il principio della programmazione di bilancio rendendo l’esercizio provvisorio evenienza “ricorrente” piuttosto che “eccezionale”.
Vale al riguardo ricordare come l’ordinamento consideri fatto di rilevante gravità la mancata presentazione del bilancio di previsione, al punto da prevedere la sanzione dello scioglimento del Consiglio (art. 141 del TUEL) .
Il quadro così sinteticamente descritto mette in evidenza uno stridente contrasto tra la severità con la quale la mancanza del momento della programmazione di bilancio viene considerata e sanzionata ed il continuo susseguirsi di proroghe concesse con provvedimento ministeriale e, talora, con atto normativo.
L’originario termine del 31 dicembre dell’esercizio precedente a quello di riferimento del bilancio di previsione, il cui rispetto è essenziale per l’ordinata gestione delle risorse, è stato spesso spostato troppo in avanti, specialmente negli ultimi due anni, causando non pochi inconvenienti.
Il differimento del termine, oltre un limite ragionevole, pone una serie di questioni interpretative e, specialmente, fa perdere di pregnanza al momento programmatorio che, in tali casi, avviene in prossimità della scadenza del periodo di gestione, quando è ormai frustrata la possibilità di attuare manovre incisive di correzione.
L'esercizio provvisorio, contemplato dall'art. 163 del TUEL, costituiva, nell’ordinamento degli enti locali ante riforma del Titolo V della Costituzione, l'autorizzazione alla gestione del bilancio appena deliberato dall’organo consiliare, ma non ancora efficace, essendo condizionato all’esito del controllo preventivo del comitato regionale di controllo. In via residuale, la norma in discorso ha previsto anche l'ipotesi di uno slittamento del termine per la deliberazione del bilancio disposto da norme statali, con la differenza di tener conto, in assenza di bilancio, delle previsioni assestate dell'esercizio precedente.
L'istituto della gestione provvisoria, anch'esso disciplinato dal citato art. 163 (comma 2) del TUEL, interveniva in maniera più incisiva nei casi di assenza del bilancio, circoscrivendo la gestione all'assolvimento delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti
giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge, al pagamento delle spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed in generale, limitata alle sole operazioni necessarie per evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente.
Nei fatti l'esercizio provvisorio, in assenza di bilancio per differimento dei termini, strumento sopravvissuto alla riforma del Titolo V della Costituzione, nella sua disciplina mal si concilia con l'attuale contesto normativo. Infatti, l'avvio del federalismo fiscale e la conseguente sostituzione di una finanza derivata con una autonoma, nonché la riduzione dei trasferimenti statali a titolo di contributo degli enti locali alla manovra, hanno imposto una razionalizzazione della spesa che può determinare una revisione degli stanziamenti deliberati nell'esercizio precedente.
In tale scenario, il ricorso all'utilizzo degli stanziamenti di spesa dell'anno precedente, seppure per dodicesimi, non appare idoneo a garantire la primaria esigenza di preservare, in maniera permanente, gli equilibri di bilancio e assicurare il pareggio effettivo. Una disciplina più rigorosa, modellata similmente a quella della gestione provvisoria, in tutti i casi di assenza del bilancio, potrebbe rivelarsi maggiormente efficace per il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica a tutela dell'unità economica della Repubblica e incentiverebbe gli enti locali a provvedere egualmente, anche in presenza di differimenti dei termini a seguito di disposizioni statali, all'approvazione di un bilancio per così dire provvisorio, ma incentrato sui principi contabili della prudenza, dell'attendibilità e della coerenza.
La situazione dell'esercizio 2013 si connota di particolari tratti al limite della irragionevolezza; infatti, l’articolo 8, comma 1, del decreto legge 31 agosto 2013 n. 102 (eliminazione IMU), differisce, addirittura, al 30 novembre il termine per l'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno 2013.
Tale proroga, disposta con norma primaria, non manca di determinare una serie di conseguenze sulla gestione del bilancio degli enti locali per l’esercizio in corso.
Alla proroga del termine per l’approvazione del bilancio di previsione consegue un pesante ritardo nella determinazione delle aliquote dei tributi locali e delle tariffe dei servizi pubblici.
La determinazione, nel mese di novembre, delle aliquote dei tributi locali o del costo dei servizi, se effettuata in relazione all’intero esercizio, oltre a confliggere con le disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente (legge 27 luglio 2000 n. 212), si pone in contrasto, non solo con il principio di programmazione, ma anche con le stesse aspettative ed esigenze dei cittadini, degli utenti e delle imprese di conoscere all’inizio dell’esercizio l’ammontare delle imposte e tasse locali, nonché delle tariffe dei servizi, così da avere informazioni per compiere le scelte ritenute più opportune. Il differimento nell'approvazione degli atti impositivi, oltre a provocare possibili accavallamenti di scadenze, con conseguenti aggravi finanziari per i cittadini, determina anche notevoli ritardi nella riscossione delle entrate di competenza e rende ancora più onerosa la gestione delle spese e l'osservanza dei termini di pagamento dei debiti disposti dalla legislazione comunitaria.
L’incertezza del quadro normativo e i conseguenti ritardi, con cui le amministrazioni sono in grado di puntualmente determinare le risorse da assegnare, rendono la quantificazione degli stanziamenti di bilancio oggetto di stime basate su insufficienti e precari elementi informativi; situazione questa che è diventata endemica con il ripetuto avvicendarsi di innovazioni e ripensamenti da parte del legislatore.
La programmazione del bilancio – in un quadro variabile ed esposto al sopravvenire di interventi normativi di rimodulazione delle entrate e delle spese – presenta, sicuramente, elementi di precarietà, tant’è che il bilancio di previsione deve essere aggiustato con variazioni amministrative e con il progetto di assestamento.
E’ necessaria l’effettiva valorizzazione dei principi in tema di programmazione, che devono costituire una guida per gli enti in questo cammino accidentato. E’ di rilievo ricordare, al riguardo, che al bilancio di previsione non è assegnata solo una funzione programmatoria (budget), la cui portata sarebbe già di per sé rilevante, ma che ad esso si connette anche l’efficacia del vincolo autorizzatorio che costituisce un fondamentale strumento per assicurare l’equilibrio del bilancio. Il bilancio di previsione è il documento centrale del ciclo di programmazione e controllo dell’ente; deve assolvere contemporaneamente le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, economico-finanziario ed informativo, nonché esprimere con chiarezza e precisione gli obiettivi, il fabbisogno finanziario e la sostenibilità dello stesso. Tutto il processo di formazione del sistema di bilancio deve informarsi a corretti principi e postulati contabili (unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità, prevalenza della sostanza sulla forma, verificabilità, coerenza, prudenza, comprensibilità, attendibilità e congruità, competenza economica e finanziaria, ecc.). La corretta applicazione della funzione politico-amministrativa risiede nel rispetto di un percorso che parte dal programma amministrativo del sindaco o presidente, transita attraverso le linee programmatiche comunicate all’organo consiliare, trova esplicitazione nel piano generale di sviluppo dell’ente – da considerare quale programma di mandato – ed infine si sostanzia nei documenti della programmazione, relazione previsionale e programmatica e bilancio pluriennale, nella previsione del bilancio annuale e, infine, nello strumento di indirizzo gestionale, il piano esecutivo di gestione, quando obbligatorio.