I Circoli privati rappresentano un problema perché spesso si sottraggono ad alcuni controlli di legge.
La Corte di Cassazione, Sez. I penale, di recente ha preso in esame la questione con la sentenza del 6 settembre 2013,n. 36647.
Anche il TAR del Lazio, Sez.II ter in data 18 ottobre è intervenuto sullo stesso argomento emettendo la sentenza n. 9013 che è molto interessante e che qui viene riportata in maniera sintetica.
La materia dei circoli privati trova il proprio fondamento normativo nella legge n. 287 del 1991 e nel successivo D.P.R. 4 aprile 2001, n. 235 che reca, nella titolazione, «Regolamento recante semplificazioni del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati». Il decreto in parola ha introdotto alcune novità in materia:
a) esso ha integrato, per i circoli privati, la disciplina dettata dalla legge n. 287 del 1991 che, quindi, laddove fa riferimento ai circoli privati si deve intendere completata dalle disposizioni del Decreto, con il loro carattere di specialità;
b) dalla sua entrata in vigore (5 luglio 2001), è cessato di esistere il regime della "doppia autorizzazione", quella ex lege n. 287/1991 e quella derivante dall’art. 86 del TULPS (in tre provvedimenti ravvicinati – il D.P.R. 235 del 2001, la legge n. 135 del 2001 (legge quadro sul turismo) ed il D.Lgs. n. 311 del 2001 di modifica del TULPS (e dell’art. 152 del regolamento di attuazione) – si stabilisce che l’autorizzazione comunale è rilasciata anche ai sensi dell’art. 86 TULPS):
c) la disciplina dei circoli privati è ora letta in parallelo con la regolamentazione fiscale, con riferimento al testo unico delle imposte sui redditi (DPR. 917 del 1986). Quest’ultimo elemento è particolarmente significativo poiché:
- trattandosi di soggetti no-profit, l’assenza di finalità di lucro non può che essere risolta a livello di imposizione fiscale;
- le sanzioni fiscali – e l’apparato repressivo-dissuasivo della Guardia di finanza - sono più efficaci di quanto non siano le sanzioni amministrative comunali, soprattutto perché molti esercenti rifiutano l’esibizione delle scritture contabili alla polizia municipale.
Ai sensi dell’art. 2, comma 1 del D.P.R. 235 del 2001, che rinvia all’art. 111, comma 3 del testo unico sulle imposte sui redditi, la somministrazione di alimenti e bevande deve avvenire a favore dei rispettivi associati nei locali dove si svolge l’attività associativa.
Il decreto 235 del 2001 chiarisce che nei confronti dei circoli privati "Resta ferma la possibilità per il comune di effettuare controlli ed ispezioni".
Per effetto del combinato disposto degli artt. 2 e 3 del DPR 235 del 2001 con gli artt. 10 della L. n. 287 del 2001 e 17 ter del T.U.L.P.S., la violazione degli obblighi di legge – accertata in sede di controllo ispettivo-amministrativo - è sanzionata (anche) con la cessazione e/o sospensione dell’attività.
I controlli presso il circolo potranno riguardare, tra gli altri aspetti:
- la richiesta dell’elenco dei soci;
- la verifica che i presenti siano tutti regolarmente iscritti (ossia in regola con il pagamento dell’iscrizione annuale);
- la verifica che i presenti cui è destinata la somministrazione siano tutti regolarmente associati;
- la verifica degli indici funzionali all’accertamento della eventuale trasformazione dell’attività in una attività a fine di lucro. Tra gli indici verificatori si annoverano: pagamento del biglietto, rilascio senza formalità della tessera di socio, pubblicità delle iniziative svolte nel locale, dimensione del locale ed evidente fine imprenditoriale, elevato numero di persone;
- la presenza di intrattenimenti danzanti e, quindi, l’esistenza delle autorizzazioni ex art. 68 e 80 Tulps, vale a dire l’autorizzazione del sindaco per dare spettacolo ed intrattenimento;
- l’agibilità dei locali rispetto a tali spettacoli.
In alcuni circoli è possibile che:
- si svolga attività di esecuzioni musicali al pubblico (id est, di intrattenimento) senza essere in possesso delle relative autorizzazioni amministrative;
- il tesseramento avvenga al momento dell’ingresso degli avventori senza alcuna formalità, procedendo contemporaneamente alla compilazione delle stesse ad alla trascrizione dei nominativi sul libro dei soci e sul verbale di assemblea ;
- nel locale l’unica attività svolta sia la somministrazione e l’ascolto della musica;
- le tessere siano prive di data di rilascio.
Spesso le attività musicali arrecavano disturbo alla quiete ed al riposo delle persone
La Sezione ha, in più occasioni, affermato (tra le diverse pronunce, TAR Lazio, sez. II, 5 luglio 2005 n. 5477 e sez. II Ter, 7 aprile 2006, n. 5487; sez. II Ter 18 gennaio 2011, n. 427) che affinché un circolo privato possa essere considerato pubblico esercizio occorre che l'accesso sia consentito ad una indistinta generalità di persone, ancorché le stesse possano fruire dei predetti servizi solo in seguito ad ammissione (la quale può anche avvenire a richiesta e dietro pagamento di un canone annuo di importo minimo).
In sostanza, deve essersi in presenza di un pubblico esercizio che intende qualificarsi come circolo privato al precipuo fine di eludere le limitazioni poste dalla legge e dai regolamenti locali alla apertura di nuovi esercizi di somministrazione al pubblico.
Le modalità di rilascio delle tessere - senza alcuna formalità di identificazione della persona al momento dell’ingresso appaiono congruenti indici rivelatori di un espediente volto in realtà a consentire, nel locale, l’ingresso indiscriminato del pubblico senza alcun effettivo collegamento stabile con l’associazione.
Di norma l’aspirante socio deve presentare domanda al consiglio direttivo o ad uno o più consiglieri da esso delegati a tale funzione, menzionando il proprio nome, cognome, indirizzo, luogo e data di nascita. La domanda di ammissione deve essere accettata.
In carenza di tali formalità appare non immotivato né irragionevole ritenere "non regolarmente associati" gli avventori presenti al momento del sopralluogo.
L’ulteriore circostanza che, unitamente alla somministrazione di bevande, sia fornita agli stessi anche attività di intrattenimento musicale, rende palese ancor più la condizione di illegittimità, anche in considerazione della frequente carenza delle relative autorizzazioni amministrative.
Inoltre, come già evidenziato, spesso si riscontra che non viene svolta alcuna attività socio culturale né vi sono spazi ad essa destinata ma che l’unica attività svolta è la somministrazione e l’ascolto della musica".
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