Il Consiglio di Stato, Sezione III con
Sentenza 8563/2019, si è espresso in materia di distanze dai luoghi sensibili delle sale da gioco.
Si tratta di una materia molto delicata che purtroppo molte amministrazioni comunali fingono di non vedere mentre il numero della sale da gioco cresce sotto i loro occhi.
Secondo il Collegio l'art. 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita) ha conferito al Governo la delega legislativa per il riordino in un codice delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, prevedendo, tra i criteri di delega - assieme a quello dell'adeguamento della normativa «all'esigenza di prevenire i fenomeni di ludopatia ovvero di gioco d'azzardo patologico e di gioco minorile» (lettera a del comma 2) - l'altro della fissazione «di parametri di distanza dai luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale», ma con espressa garanzia della «salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale», che risultassero coerenti con i principi stabiliti dal decreto delegato (lettera e del comma 2).
Ciò a dimostrazione del fatto che simili discipline potevano essere medio tempore adottate anche in assenza della pianificazione prevista dal d.l. n. 158 del 2012 ( cfr. Corte Cost. 11.5.2017, n. 108).
La giurisprudenza della Corte Costituzionale e del giudice amministrativo ha individuato lo spazio di intervento del legislatore regionale, pur nell’assenza delle norme esecutive nazionali, nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale, nella possibilità di individuare sia distanze minime da rispettare, sia ulteriori spazi collettivi, espressione di analoghe esigenze di tutela, rispetto a quelle già insite nelle strutture di aggregazione indicate dal legislatore nazionale (Consiglio di Stato, Sezione terza, sentenza 10 febbraio 2016, n. 579; Consiglio di Stato, Sezione quinta, sentenza 1° agosto 2015, n. 3778; Consiglio di Stato, Sezione quinta, sentenza 23 ottobre 2014, n. 5251; Corte Costituzionale n. 108 del 2017; 27.2.2019, n.27).
Per quanto riguarda, specificamente, i criteri per la distribuzione e concentrazione territoriale dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, la legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», all'art. l, comma 936, ha attribuito alla Conferenza unificata il compito di definirne le caratteristiche, con lo scopo di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell'ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età.
Con l’Intesa del 7 settembre 2017, la Conferenza ha rimesso alle Regioni e agli enti locali l'adozione di criteri che consentano una equilibrata pianificazione e distribuzione nel territorio, stabilendo che «le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia». Inoltre, le Regioni e le Province autonome, ai fini del contrasto del gioco d'azzardo patologico, potranno stabilire in futuro forme maggiori di tutela per la popolazione.
Sebbene tuttora non recepita dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dalla legge n. 208 del 2015, tale Intesa è stata espressamente richiamata dalla successiva legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), che all'art. 1, comma 1049, stabilisce che le Regioni adeguino la propria legislazione a quanto sancito dalla stessa.
Fatte tali premesse, va rilevato che il metodo del distanziometro, lungi dall’essere contrastato nella legislazione nazionale e regionale, o nella giurisprudenza, rappresenta, a tutt’oggi, uno degli strumenti cui è affidata la tutela di fasce della popolazione particolarmente esposte al rischio di dipendenza da gioco.
La distanza dai luoghi sensibili prescritta dalla Regione Marche, con l’art. 5 della legge regionale 7 febbraio 2017, n. 3, non è diversa da quella individuata da altre Regioni, oscillante fra i 300 e i 500 metri, e non determina ex sé un divieto generalizzato di apertura di esercizi dedicati al gioco.
Anche sul metodo di calcolo, la regione Marche si colloca nella media delle Regioni che hanno scelto il criterio della distanza calcolata non secondo il metodo del “più breve tragitto pedonale”.
La giurisprudenza di questo Consiglio, ha ritenuto che una distanza di 500 mt risulta essere sufficientemente ragionevole, adeguata e proporzionata, rispetto ai fini di prevenzione della ludopatia e di tutela della salute dei soggetti più deboli (cfr. V Sez. n. 5237 del 2018; Sez. IV, 27/11/2018, n. 6714; Sez. III, 10 febbraio 2016, n. 579; Consiglio di Stato sez. V, 06/07/2018, n.4145).
Di fatto, il fenomeno c.d. “espulsivo” lamentato dalla ricorrente va apprezzato, semmai, con riguardo non solo alla distanza, bensì anche al numero e tipologia di luoghi sensibili individuati, tenuto conto della natura non tassativa dell’elencazione contenuta nell'art. 7, comma 10, del d.l. n. 158 del 2012.
La Corte Costituzionale ha ritenuto non irragionevoli le scelte regionali di ampliare il numero dei luoghi sensibili, includendovi persino luoghi adibiti ad “attività operative nei confronti del pubblico” che “si configurano altresì come luoghi di aggregazione, in cui possono transitare soggetti in difficoltà” (ha ritenuto ad es. legittima l’inclusione delle caserme, cfr. sentenza n. 27/2019).
La Corte ha enunciato il principio secondo cui rientrano nella discrezionalità del legislatore, nei limiti della non irragionevolezza, le scelte dei luoghi la cui vicinanza potrebbe mettere a rischio soggetti più fragili e tali valutazioni ben potrebbero, ad esempio, essere legate alla specifica conformazione territoriale.
La Corte ha osservato anche come le scelte regionali sul punto sono state assai diversificate e solo per alcuni luoghi si riscontra un costante inserimento nell'elenco, mentre non sono infrequenti valutazioni specifiche di singole Regioni (si pensi oltre alle caserme, alle stazioni bus o ferroviarie – Corte Cost. n. 27 del 2019).
D'altra parte, la Corte Costituzionale, nei suoi numerosi interventi in materia, ha ritenuto che la tutela della salute dei soggetti più deboli è sussumibile tra gli obiettivi che, ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione, possono giustificare limitazioni all'iniziativa economica privata, tenuto conto della non assoluta preminenza del principio di libertà dell'attività economica privata nella nostra Costituzione.
Anche a livello comunitario, le esigenze di tutela della salute vengono ritenute del tutto prevalenti rispetto a quelle economiche (cfr. Corte di Giustizia Europea, sentenza del 22 ottobre 2014, C-344/13 e C367/13).
Quanto alla censura secondo cui la norma della Regione Marche si porrebbe in contrasto con lo stesso art. 32 della Costituzione, in quanto non rappresenterebbe una misura di contrasto della ludopatia, ma precludendo in radice l'esercizio del gioco lecito nella regione, non solo non contrasterebbe efficacemente la ludopatia, ma impedirebbe di indirizzare la "domanda di gioco" verso la legalità e, quindi, di contrastare la diffusione del gioco illegale, attorno al quale proliferano ulteriori fenomeni criminosi, si osserva che il problema sollevato attiene a scelte di politica legislativa.
L’attuale indirizzo legislativo è nel senso di ritenere misura idonea e necessaria ad arginare il fenomeno della dipendenza da gioco l’individuazione di limiti al suo esercizio, attraverso l’individuazione di una distanza da luoghi di prolungata permanenza o anche di transito di soggetti “a rischio”, e attraverso l’imposizione di orari di apertura al pubblico, oltre che attraverso l’ampia serie di luoghi e fasce di popolazione da proteggere.
Allo stato attuale delle conoscenze, non sembra irragionevole né sproporzionato imporre limitazioni ad attività economiche riconosciute scientificamente pericolose alla salute, proprio perché non si tratta di introduzione di una sorta di “proibizionismo”, che potrebbe sortire effetti contrari sul piano stesso della tutela della salute, né di divieto generalizzato, ma di regolamentazione in corrispondenza di luoghi particolari.
Peraltro, nella Regione Marche non sembrano essere stati individuati i luoghi sensibili in maniera particolarmente generalizzata, rispetto ad altre Regioni e Province Autonome, dove finanche i centri storici o pedonali sono stati sottratti alla localizzazione di sale da gioco (come nei casi richiamati dallo stessa appellante oggetto delle sentenze del TAR Bolzano); sicché non può sostenersi che lo spazio per l’autorizzazione di sale gioco sia particolarmente ridotto nella Regione per il fatto che sia stata adottata la distanza minima di 500 mt.
E' auspicabile che le amministrazioni comunali facciano tesoro di questa sentenza.