lunedì 27 gennaio 2020

I CITTADINI DI ALCUNI COMUNI DELLA PROVINCIA DI LATINA RICORRONO AL TAR CONTRO LA TRASFORMAZIONE DEI PUNTI DI PRIMO INTERVENTO


Grazie alla battaglia condotta sin dal 2018 dai Comitati di Sabaudia, di Cori, ecc., da alcuni cittadini e da qualche Sindaco è stato possibile impedire che fosse data attuazione anche in provincia di Latina (come già avvenuto in altre province tra cui quella di Frosinone) al decreto del Commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi della sanità del Lazio DCA U00257/2017 che prevedeva la trasformazione al 31 dicembre 2018 dei Punti di Primo Intervento (PPI) in presidi di cure primarie affidati a medici di base (senza infermieri) nelle sole ore diurne e nelle ore notturne all'ARES 118 utilizzando ambulanze medicalizzate gestite da associazioni private. 
Il 13 agosto 2019 però la regione Lazio ha pubblicato il DCA U00303 che prevedeva un nuovo ridimensionamento dei PPI. 
Proseguendo nella nostra battaglia, grazie ad un ricorso presentato al TAR, siamo riusciti a far annullare detto decreto (la Regione ha deliberato solo alcuni giorni prima dell’udienza fissata dal TAR per l’esame del ricorso presentato da alcuni Comuni e da molti cittadini); tuttavia il nuovo DCA U00469 conferma la trasformazione dei PPI in punti di erogazione di assistenza primaria a far data dal 1° gennaio 2020 pur stabilendo che ciò dovrà avvenire “in continuità con le funzioni precedentemente svolte”. 
L’azienda unità sanitaria locale di Latina, dopo aver adottato il 12 settembre scorso la deliberazione n. 849 ha ritenuto di approvare in data 31 dicembre l’ulteriore deliberazione n. 1264 con cui ha stabilito l’attivazione di Punti di Assistenza Territoriale (PAT) al posto di tutti i PPI presenti nella provincia a far data dal 1° gennaio 2020. 
Al riguardo, dalle premesse delle deliberazioni dell’azienda sanitaria locale Latina nn. 849/2019 e 1264/2019 risulta che dette scelte sono state presentate ai rappresentanti dei Comuni nel corso della seduta della Conferenza locale sociale e sanitaria del 9 settembre 2019 e che nel corso della riunione non sarebbero state avanzate obiezioni da parte dei presenti. 
Costituisce un elemento positivo l’essere riusciti a fare in modo che i nuovi presidi siano aperti H24, che resti lo stesso personale (un medico e un infermiere per turno), le stesse apparecchiature, ecc.) e che ci sia continuità nelle funzioni precedentemente svolte, mentre ad Anagni questo non è avvenuto, il PPI è stato chiuso il 15 luglio 2018 ed è deceduta una persona a seguito della puntura di un calabrone. 
Purtroppo anche nella nostra provincia restano numerose criticità. 
In base al DM 70/2015 la trasformazione dei PPI in punti di cure primarie sarebbe dovuta avvenire dopo l’avvenuta implementazione dell’assistenza territoriale: a tutt'oggi questo non è avvenuto e le Case della Salute o non ci sono (le uniche due aperte sono ad Aprilia e a Sezze) o come in qualche caso c’è solo un cartello; i tanto decantati Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali (PDTA) per i cronici non funzionano e neanche il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) che viene citato nei protocolli attuativi della delibera 1264/2019. 
In base alle disposizioni regionali e a quelle attuative dell’azienda sanitaria locale i nuovi presidi dal 1° gennaio 2020 funzionano ancora H24, hanno un medico ed un infermiere presenti H24, la stessa dotazione di apparecchiature sanitarie e le stesse forniture di medicinali e di dispositivi medici; peraltro è stata modificata l’organizzazione in quanto l’incardinamento dei PAT nel Dipartimento di assistenza primaria anziché in quello di emergenza (DEA) disposto dall'azienda sanitaria locale di Latina in attuazione del DCA U00469/2019 oltre a violare il DM 70/2015 recante gli standard ospedalieri (secondo cui nel caso in cui ci siano oltre 6.000 accessi annui questi presidi devono afferire al dipartimento di emergenza dell’ospedale di riferimento) e il DCA U00259/2014 della Regione Lazio (recante l’organizzazione dei dipartimenti), potrà essere fonte di problemi trattandosi di un dipartimento in cui opera personale medico specializzato in altre discipline non omogenee con le funzioni che svolgevano i PPI e che sono state confermate per i nuovi PAT. 
Dopo un mese dall’avvio dei PAT i cittadini non hanno ancora ricevuto una informazione circa la trasformazione dei PPI in PAT nonostante l’azienda abbia indetto una apposita gara (deliberazione n. 1088 del 20 novembre 2019) del costo di 42.700 euro IVA inclusa. 
A ciò si aggiunga che il reclutamento del personale potrebbe subire delle modifiche in quanto mentre ora il personale utilizzato è composto da infermieri professionali di ruolo e da medici di medicina generale convenzionati in possesso dell’attestato di idoneità all’esercizio dell’attività di emergenza sanitaria territoriale in base all’art. 96 dell’accordo Collettivo Nazionale della medicina generale, detto requisito potrebbe venire meno trattandosi di un presidio giuridicamente incardinato in unità operative di cure primarie, per le quali non è richiesto detto attestato. 
In merito a ciò gli atti impugnati tacciono e non offrono sufficienti garanzie. 
In particolare i protocolli operativi allegati alla deliberazione 1264 del 31 dicembre scorso sono solo 11 e abbastanza scarni per quanto riguarda proprio le modalità di rapportarsi con il DEA, mentre la casistica prevista dal sistema per la rilevazione degli accessi del Ministero della salute (NSIS) è di gran lunga più vasta per cui potrebbe avvenire che un medico appena chiamato in servizio, privo di esperienza in medicina d’urgenza si possa trovare in presenza di patologie non previste nei protocolli e quindi in difficoltà nel decidere la procedura da seguire e senza poter disporre dei un punto di riferimento nell’ambito dell’Unità operativa di appartenenza. 
La decisione di trasformare i PPI in Punti di Assistenza Territoriale non assicura il rispetto del livello dell’Emergenza Sanitaria Territoriale previsto ai punti 3 e 7 del DPCM 12 gennaio 2017 recante la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza che devono essere garantiti a tutta la popolazione della provincia. 
A ciò si aggiunga il mancato adeguamento del servizio di trasporto di emergenza da parte dell’ARES 118 che dopo aver indetto un avviso che a suo dire sarebbe servito a potenziare le unità a disposizione lo ha revocato. Non è stato fatto nulla invece per incrementare la rete delle elisuperfici. 
Pertanto insieme ad alcuni residenti nei Comuni di Cori, Gaeta, Latina, Priverno e Sezze ho dato mandato all’avv. Pasquale Lattari del Foro di Latina (il quale ha accettato di farlo pro bono) di predisporre e di presentare ricorso al TAR di Roma per impugnare il DCA U00469/2019 e la deliberazione n 849/2019 dell’Azienda USL Latina al fine di evitare possibili rischi per la salute e la vita stessa delle persone. 
Il ricorso è stato presentato per la notifica il giorno 23 gennaio scorso. 
Non è stato chiesto un intervento cautelare in quanto negli atti viene affermato che ci sarà “continuità con le funzioni precedentemente svolte”, locuzione questa che peraltro dice tutto e niente ed è per questo motivo che ci si è riservata la possibilità, nel caso in cui sorgessero problemi di qualunque tipo: mancanza di personale qualificato (i contratti dei medici operanti oggi nei PAT sono scaduti tutti il 31 dicembre e ancora non sono stati rinnovati), inadeguata fornitura di apparecchiature, mancanza di medicinali e di dispositivi medici per l’emergenza, ecc. di chiedere la sospensiva anche prima dell’udienza fissata per l’esame del merito. 
È molto grave che dei cittadini siano costretti a ricorrere al TAR per difendere il loro diritto alla salute, tirando fuori i soldi di tasca propria, quando ci sono persone stipendiate per gestire la sanità o che in base al principio della democrazia rappresentativa sono state elette per tutelare anche la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

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