sabato 10 gennaio 2015

Le società partecipate e controllate dagli enti locali

In base ad una indagine de "La stampa"(cui dobbiamo il grafico)  le società partecipate in Italia sono 3.127, presenti in tutte le regioni italiane. Il numero maggiore è in Emilia e Romagna, ma anche le altre regioni non sono da meno. Per lunghi anni non sono state controllate dagli enti locali, che si sono risvegliati solo troppo tardi quando queste società hanno cominciato ad avere problemi finanziari. Il Governo si è mosso tardi per correre ai ripari.
Il dott. Cottarelli aveva previsto un Piano di razionalizzazione delle società partecipate, ed aveva previsto una serie di politiche per l’efficientamento riducendo i costi di amministrazione e il numero delle stesse.
La legge 190/2014 (legge di stabilità 2015) prevede al comma 611 dell’art.1 che a decorrere dal 1° gennaio 2015 gli enti locali avviino un processo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie possedute in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015 in base ai seguenti criteri:
- l’eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di re-internalizzazione delle funzioni;
- aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica;
- contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni.
I problemi comunque attengono a due aspetti diversi: quello del reclutamento personale con i relativi vincoli  e quello dei controlli:
1)              Le procedure per il reclutamento
a)   La Costituzione italiana, art. 97, 3° comma prevede che Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge
b)   L’art. 1, comma 2 del D.lgs 30/03/2001 n. 165 recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” a sua volta prevede che “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato… i Comuni… tutti gli enti pubblici non economici… locali…”.
c)   Il Consiglio della Comunità economica europea con il Regolamento CE 2223/96 del Consiglio, in data 25 giugno 1996, relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella comunità 8SEC95, ha precisato che: “…Deve considerarsi ente pubblico…qualsiasi soggetto che indipendentemente dalla forma giuridica assunta utilizzi in prevalenza per lo svolgimento dell’attività per cui è costituito risorse pubbliche, anziché private. Pertanto a livello europeo, al fine di individuare la natura di un ente non è rilevante la forma giuridica che viene data ma le risorse che utilizza per lo svolgimento della sua attività
d)   Secondo la Corte Costituzionale (Sentenza n. 81/2006): “Il concorso pubblico quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni. Esso è posto a presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dell'azione amministrativa. Le eccezioni a tale regola consentite dall'art. 97 della Costituzione, purché disposte con legge, debbono rispondere a «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico»
e)   A sua volta la Corte dei Conti è dovuta intervenire più volte affermando la propria competenza nei confronti delle società alle quali sono stati esternalizzati alcuni servizi deli enti locali affermando che: “ la nozione europea di pubblica amministrazione, cui consegue l’obbligo di applicare la disciplina della evidenza pubblica e i relativi principi comunitari, si fonda su di una nozione sostanziale di organismo di diritto pubblico individuato sulla base di tre parametri tutti necessari: possesso della personalità giuridica; il fine perseguito costituito dal perseguimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale; la sottoposizione ad un’influenza pubblica dominante”. La sezione delle Autonomie è tornata più volte sull’argomento (Sezione autonomie n. 14/2011) e con deliberazione n. 15/2014 ha approvato una relazione documentata sulla propria indagine sugli organismi partecipati dagli enti territoriali. La sezione regionale di Controllo per la regione Veneto ha assunto anch’essa alcuni importanti provvedimenti (Lettera n. 157/2005 e Sentenza n. 345/2014).
f)    Secondo il Consiglio di Stato la qualificazione di un ente come società di capitali non è di per sé sufficiente ad escludere la natura di istituzione pubblica dell’ente stesso, ma si deve procedere ad una valutazione concreta in fatto, caso per caso con la decisione n. 498/1995 della Sezione VI, le società “…affidatarie della cura di rilevanti interessi pubblici, conservano inalterata la propria connotazione pubblicistica con la conseguenza che malgrado la trasformazione sono destinate a rimanere pubbliche”.
g)   La Cassazione penale ha sentenziato che: “Il momento d’individuazione della natura pubblica di un ente non va ricercato negli scopi da esso perseguiti, ma nel regime giuridico dello stesso nonché nella sua collocazione istituzionale in seno all’organizzazione statale, come organo ausiliario necessario al raggiungimento di finalità di interesse generale e, in quanto tale, dotato di poteri e prerogative analoghi a quelli dello Stato e assoggettato ad un intenso sistema di controlli pubblici”.
h)   La notevole giurisprudenza anche dei TAR accumulatasi negli ultimi anni e i continui richiami dell’Unione Europea hanno portato finalmente al Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito nella legge n. 133/2008) che all’art. 18 così recita: “A decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3  dell’articolo 35 del decreto legislativo n.165 del 2002. Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità”.
i)    Pertanto dalla data di entrata in vigore del citato D.L. (21 ottobre 2008) le società interamente pubbliche avrebbero dovuto applicare le norme pubblicistiche sul reclutamento del personale fissate dall’art. 35 del D.lgs 165/2001. Però il legislatore non ha indicato alcun termine per l’adozione delle nuove procedure”; ne consegue che secondo alcuni dovrebbero poter continuare a seguire i criteri finora utilizzati nell’assunzione di personale almeno fino all’emanazione del regolamento attuativo.
j)    La dottrina non ha assunto una posizione chiara sul fatto se le assunzioni del personale dipendente, fatte dalle società pubbliche con le ordinarie procedure della chiamata diretta prima dell’entrata in vigore delle citate norme siano legittime o meno, anche se prevale la tesi secondo cui si sarebbero dovute comunque adeguare in base al rispetto dei principi generali. Inoltre, gli organismi partecipati (istituzioni, associazioni, aziende speciali, fondazioni) in cui si esplica la partecipazione comunale per la resa di servizi istituzionali, sono a pieno titolo da considerare modalità di organizzazione della medesima pubblica amministrazione locale e, a seconda dei casi, enti strumentali del comune, con o senza personalità giuridica, ai sensi dell’art. 114 T.U.E.L.; a mio avviso dovrebbe prevalere l’orientamento comunitario in materia e comunque sarebbe opportuno comprendere come mai dalla data di entrata in vigore della predetta norma, nonostante il tempo trascorso, non si sia ancora provveduto.
2.               Limiti alle assunzioni: Fino al 31 dicembre 2015 si applicano le disposizioni limitative delle assunzioni in caso di mancato rispetto del patto di stabilità. Alle società partecipate e/o controllate che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell’intero fatturato, si applicano i vincoli previsti dalla normativa nazionale ed in particolare quelli previsti dall’articolo 18 decreto legge 112/2008, e dal D.L. 95/12, articolo 4 commi da 9 a 121. Già l’art. 19 del D.L. 78/2009 aveva previsto a carico delle amministrazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicassero, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante, “anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione”. Tali società avrebbero inoltre adeguare le proprie politiche di personale alle disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze. In ogni caso le assunzioni sono limitate al 40% della spesa corrispondente alle cessazioni. Ricordo anche l’art. 9 comma 28 della L. 122/2010. Anche per le assunzioni a tempo determinato dal 2013 esistono limiti alla spesa (ex art. 9 comma 28 del D.L. 78/2010). Vincoli esistono anche per l’affidamento delle consulenze, gli incarichi professionali e le collaborazioni in base alla legge 228/2012. Anche la Fondazione IFEL dell’ANCI con un proprio documento è intervenuta sui limiti alle assunzioni delle partecipazioni locali
3)              I controlli da parte degli enti locali: il D.L. n. 174 del 10 ottobre 2012, ha introdotto alcune novità in materia di società partecipate allo scopo dichiarato di garantirne un adeguato controllo amministrativo gestionale. In particolare, l’articolo 3 ha modificato l’articolo 147 del d.lgs. n. 267/2000 introducendo, anche il comma 147-quater che riguarda proprio la disciplina dei “Controlli sulle società partecipate”, prevede che l’ente locale definisca, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sulle società partecipate dallo stesso ente locale teso a verificare se gli obiettivi gestionali fissati preventivamente dall’amministrazione, nell’esercizio dei propri poteri di indirizzo, siano stati realizzati dalla società partecipata nel rispetto dei parametri degli standard quali-quantitativi predefiniti (attraverso un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l’ente proprietario e la società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa delle società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica) Il comma 12 dell’articolo 4 del D.L. 95/12 prevede espressamente che “Le amministrazioni vigilanti verificano sul rispetto dei vincoli di cui ai commi precedenti; in caso di violazione dei suddetti vincoli gli amministratori esecutivi e i dirigenti responsabili della società rispondono, a titolo di danno erariale, per le retribuzioni ed i compensi erogati in virtù dei contratti stipulati”. Appare inoltre opportuno ricordare che la Corte di Cassazione con sentenza n.26806/2009 ha individuato regole e responsabilità degli amministratori delle società partecipate degli enti locali, e quindi la competenza della Corte dei Conti, laddove gli stessi abbiano, pur mantenendo la propria natura di enti privati, “cagionato un danno diretto all’ente pubblico partecipante” oltre che chiaramente alla responsabilità per danno da parte “di chi quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio” e quindi di attivare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società per i danni da essi eventualmente causati. I Sindaci nelle loro relazioni annuali allegate al rendiconto e in quelle di fine mandato dovrebbero illustrare adeguatamente quanto fatto per controllare sulle società comunque partecipate e sulle aziende speciali.

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