Un recente disegno di legge del Sen. Marinello ed altri (AS 1346) si pone l’obiettivo di valorizzare il ruolo della professione infermieristica.
La presenza e il coinvolgimento diretto degli infermieri, quali professionisti dell’assistenza, rappresenta un
punto fondamentale per lo sviluppo del sistema e per una risposta alle necessità della popolazione.
La proposta, già presentata nella precedente legislatura, all’articolo 1 si prefigge l’obiettivo del pieno riconoscimento della professione infermieristica come figura di riferimento per lo sviluppo e il potenziamento dei servizi territoriali di assistenza territoriale e domiciliare, al fine di salvaguardare lo stato di salute dei cittadini e fronteggiare i problemi legati alla diffusione della cronicità e diminuire altresì gli accessi in pronto soccorso e le degenze ospedaliere, garantendo assistenza ai malati cronici che non richiedono cure intensive in ospedale.
Per cura domiciliare si intende la modalità di assistenza sanitaria erogata al domicilio del paziente dall’infermiere in collaborazione con il medico di famiglia, alternativa al ricovero ospedaliero, destinata a con patologie trattabili a domicilio volta favorire la permanenza del paziente nel proprio ambiente.
A tal fine, nel contesto dei servizi di assistenza domiciliare, l’articolo 3 del disegno di legge apporta alcune modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e in particolare all’articolo 3-quinquies e 3-sexies in materia funzioni e organizzazione del distretto sanitario. Viene introdotta la figura dell’infermiere di famiglia che, in sinergia e collaborazione con i medici di medicina generale e con i servizi distrettuali, deve assicurare la presa in carico dei cittadini.
Alcuni sindacati hanno voluto vedere nella figura dell’infermiere di famiglia l’immagine di un professionista che in qualche modo invade il campo di azione altrui, alimentando la mala-informazione difendendo situazioni oramai indifendibili sia dal punto di vista dei progressi della medicina che dello sviluppo delle professioni infermieristiche, mirando solo a creare confusione nei pazienti.
La cosa è tanto più triste dato che, come già accennato, questa figura di fatto è già operativa in molte regioni poiché in effetti non occorrerebbero altri provvedimenti di competenza statale, essendo devoluta la materia proprio alle regioni.
Più che infermiere di famiglia per molti si tratta di un infermiere di comunità
Alcune regioni hanno anche approvato delle leggi per disciplinare questa nuova figura e il Governo non ha ritenuto di impugnarle per cui le polemiche recenti appaiono assolutamente fuor di luogo.
Anche nella Regione Lazio è stata presentata la proposta di legge 106 secondo cui l’infermiere di famiglia deve:
-analizzare i bisogni della famiglia, per gestire il processo assistenziale, per la presa in carico ‘pro attiva’ dei cittadini in collaborazione e sinergia con il medico di famiglia e garantire sul territorio la continuità assistenziale con particolare riferimento alle cronicità- aiutare gli individui e le famiglie ad affrontare la malattia e la disabilità cronica, nei periodi difficili, trascorrere una gran parte del suo tempo nella casa del paziente
- essere in grado di agire sul territorio e conoscere la mappa dei servizi sanitari e sociali aiutando anche la persona sana ad evitare rischi sanitari.
- facilitare le dimissioni dagli ospedali, fornendo assistenza a domicilio e sostituirsi al medico di base quando i bisogni sono di carattere infermieristico.
Tutte le proposte sono pienamente in linea con la legge n.3/2018.
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