Con sentenza n. 3943/2015, depositata il 14 agosto scorso, il Consiglio di Stato, Sez. VI ha stabilito un principio in materia di condono edilizio accogliendo un ricorso delle parti interessate con riferimento alla realizzazione di alcune opere in tempi successivi alla presentazione di domanda di condono ai sensi della legge 23 dicembre 2004, n. 724.
Secondo il Collegio "Il legislatore, all’art. 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), ha previsto che: «decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda e, comunque, dopo il versamento della seconda rata dell'oblazione, il presentatore dell'istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria può completare sotto la propria responsabilità» le opere oggetto della domanda. A tal fine, prosegue la norma, «l’interessato notifica al Comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima di trenta giorni dalla data della notificazione». Questa norma autorizza esclusivamente, quando sussistono i presupposti da essa indicati, la realizzazione di lavori di completamento con assunzione del rischio da parte di chi li effettua, nel caso di rigetto della domanda di condono. Sempre secondo il Collegio "La disposizione riportata non si occupa della diversa fattispecie in cui il soggetto che ha presentato la domanda di condono abbia realizzato interventi non di rifinitura ma nuovi e diversi rispetto a quelli oggetto della richiesta di sanatoria.
La Sezione ritiene che, in mancanza di una espressa norma di divieto, la realizzazione di detti interventi non può da sola giustificare il diniego del condono, occorrendo verificare se essi hanno inciso in modo radicale sui beni oggetto del condono impedendo all’amministrazione di valutare, per la diversità degli immobili, la sussistenza dei presupposti per la concessione del condono.
La Sezione rileva, inoltre, che, se si ritiene possibile tale valutazione, in ogni caso l’autorità pubblica dovrà esercitare i propri poteri repressivi applicando le sanzioni previste dalla legge in relazione alla effettuazione degli interventi successivi. In definitiva, le opere realizzate dopo la presentazione della domanda di condono possono condurre, ricorrendo i presupposti indicati, al rigetto della domanda stessa ovvero all’applicazione delle sanzioni previste in caso di accertata “autonoma” abusività".
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