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Con nota prot. n. 59638 del 6 luglio 2018 l’ANAC ha rivolto a questo Consiglio richiesta di parere in ordine alla normativa applicabile agli affidamenti di servizi sociali, alla luce delle disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal d.lgs. n. 56 del 2017, e del d.lgs. n. 117 del 2017.
L’Autorità ha precisato che sono emersi “dubbi interpretativi” in proposito e che, in particolare, si sono registrate “posizioni contrastanti da parte di vari stakeholder e del Ministero del lavoro, che teorizzano l’esclusione dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici di ampi settori di attività affidati agli organismi del terzo settore. Inoltre, è emerso un difetto di coordinamento tra la disciplina recata dal Codice del terzo settore e la normativa nazionale in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione”.
In conseguenza della “delicatezza della materia, che per alcune tipologie di attività sottende rilevanti interessi economici”, l’Autorità ha, quindi, ritenuto opportuno acquisire il parere di questo Consiglio prima di procedere ad un “intervento chiarificatore” che, nelle intenzioni dell’Autorità, potrebbe svolgersi in occasione dell’aggiornamento della delibera n. 32 del 2016, recante “Linee guida per l’affidamento di servizi ad enti del terzo settore ed alle cooperative sociali” e che, per taluni profili, potrebbe essere anticipato nell’ambito dell’approfondimento sul tema dell’immigrazione, allo stato in fase di predisposizione nel più ampio contesto del Piano Nazionale Anticorruzione per l’anno 2018.
La commissione speciale dopo una approfondita disamina del problema ha ritenuto di indentificare due punti importanti:
Il primo è quello che tende ad identificare la convenzione come l’ambito proprio dei servizi sociali non economici di interesse generale, in relazione ai quali non si pone neppure un problema di mercato contendibile, e tale circostanza, a prescindere anche da quanto espressamente previsto dall’art. 164, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2017, di per sé garantirebbe la ragionevolezza della disciplina procedimentale dettata dall’art. 56, posta a garanzia della parità di trattamento/imparzialità, e dunque del vincolo formalistico proprio dell’agire amministrativo.
Tale interpretazione, che non è di per sé in contrasto con le direttive e con il codice nella misura in cui, appunto, afferisca esclusivamente e propriamente ai servizi generali NON economici, circoscriverebbe la fattispecie solo a tale tipo di servizi in aperta contraddizione con la clausola del confronto con il mercato, che presuppone invece la economicità del servizio. Ciò conduce alla conclusione che ove si attribuisca prevalenza ai (già ricordati) indici normativi che pongono in evidenza il carattere oneroso e dunque economico della convenzione, seppure mediante la forma giuridicamente poco connotante del rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, e dunque la sua inerenza ai servizi economici di interesse generale, il regime giuridico prefigurato dalla norma pone un problema di compatibilità con il diritto euro-unitario, proprio per la ragione che non risulta informato al principio di concorrenzialità, che invece permea il codice dei contratti pubblici, recettivo delle direttive europee, e che indirizza l’affidamento del servizio mediante appalto o concessione.
Si è già ricordato come questo Consiglio, con il parere n. 1405 del 14 giugno 2017 reso sullo schema del decreto legislativo recante il codice del terzo settore, abbia sottolineato il necessario rispetto della disciplina, di imprinting sovranazionale, in materia di concorrenza, la quale viene in giuoco al cospetto di una nozione funzionale di impresa, incentrata sullo svolgimento di attività economica, e non già sulle caratteristiche dell’operatore professionale; di qui l’invito al legislatore a “mediare le due contrapposte esigenze: valorizzare le organizzazioni non lucrative e, al contempo, salvaguardare gli equilibri funzionali del libero mercato”.
In tale background, ove le circostanze di fatto pongano in evidenza che il ricorso alla convenzione concreti un comportamento vietato in quanto distorsivo del confronto competitivo tra operatori economici in un mercato aperto alla concorrenza, piuttosto che ricorrere ad improprie forzature logico-interpretative, appare corretto rimettere alla valutazione di codesta Autorità la eventuale disapplicazione dell’art. 56 del d.lgs. n. 117 del 2017 nella sede competente, con le conseguenze dello specifico caso. Ancora più opportuno potrebbe essere l’intervento in sede di aggiornamento delle “Linee guida per l’affidamento di servizi ed enti del terzo settore ed alle cooperative sociali” (di cui alla delibera ANAC n. 32 del 2016), allo scopo di bene perimetrare l’ambito del ricorso consentito alle convenzioni (pacificamente, ad esempio, per il servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza con le organizzazioni di volontariato, disciplinato dall’art. 57 del d.lgs. n. 117 del 2017), al contempo delimitando il concetto di rimborso spese, e di evidenziare, specularmente, l’ipotesi in cui lo strumento convenzionale, in quanto previsto da una norma interna in contrasto con il diritto euro-unitario, dotato di primauté rispetto al diritto nazionale, non possa essere applicato.
Qui trovate il testo completo del parere:
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