Il primo comma dell’art. 3 della Costituzione recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Il secondo comma prevede che sia compito della Repubblica (intendendo con questo termine tutti gli organi e le amministrazioni che la compongono ivi compresi gli enti locali) rimuovere gli ostacoli di qualsiasi natura che limitino .l'eguaglianza dei cittadini.
L’art.1 della legge 833/1978 stabilisce che il SSN debba assicurare i propri servizi «…senza distinzione di condizioni individuali o sociali».
A distanza di settanta anni dalla emanazione della Costituzione e a quaranta dalla riforma sanitaria queste norme sono ancora in gran parte inattuate specialmente quando guardiamo la qualità della sanità di alcune delle nostre province.
L’ineguaglianza e la mancanza di equità nell'accesso al diritto alla salute rappresentano alcuni dei punti purtroppo dolorosi del nostro sistema.
Una recente indagine curata dall'Università degli studi “La Sapienza” di Roma in collaborazione con la Cattolica Assicurazioni per conto del quotidiano Italia Oggi ha messo a nudo una Italia spaccata in due con molte province del centro sud che sono assai distanti dalla qualità raggiunta nel nord.
Incurante di ciò ferve il dibattito politico sul riconoscimento di maggiori forme di autonomia ad alcune Regioni a statuto ordinario del nord anche in materia sanitaria ai sensi dell’art. 116 della Costituzione.
Purtroppo, nonostante le molte promesse fatte dalla classe politica in questi quaranta anni le disuguaglianze in campo sanitario sono aumentate e sempre più discriminano gli individui e sono in grado di creare nel nostro Paese solchi profondissimi non solo al livello micro, di scarto nei tempi, nei costi o nell'efficienza del singolo servizio offerto, ma al livello macro, ossia incidendo addirittura sull'aspettativa di vita delle persone.
Ora dobbiamo affrontare i problemi del servizio sanitario della provincia di Latina che, secondo l'autorevole indagine rappresenta una vergogna a livello nazionale essendo stato collocato al penultimo posto su 110 province italiane.
Nonostante ciò in Regione hanno deciso di chiudere anche i PPI quasi fossero rei del disavanzo della regione.
Nessun commento:
Posta un commento