Già le norme attuative della legge di riforma ospedaliera (n.132/1968) e il particolare il DPR 27 marzo 1969, n. 128 prevedevano la creazione di strutture dipartimentali.
Con l'art. 55 della legge 148/1975 furono apportate alcune modifiche allo scopo di consentire il collegamento tra i dipartimenti ospedalieri e le altre strutture sanitarie presenti nella zona servita dai vari ospedali.
Ulteriori indicazioni furono fornite con il DM 8 novembre 1976.
L'art. 17 della legge di riforma sanitaria conferma l'obbligo delle regioni di provvedere nell'ambito dell programmazione sanitaria all'articolazione dell'ordinamento degli ospedali per dipartimenti prevedendo anche il collegamento degli stessi coni servizi extra-ospedalieri in rapporto alle esigenze di definiti ambiti territoriali.
A sua volta l'art. 17 bis del D.lgs 502/1992 così come modificato dal D.lgs 229/1999 stabilisce quanto segue:
L'organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle Aziende sanitarie.
Il direttore di dipartimento è nominato dal direttore generale fra i dirigenti con incarico di direzione delle strutture complesse aggregate nel dipartimento; il direttore di dipartimento rimane titolare della struttura complessa cui è preposto. La preposizione ai dipartimenti strutturali, sia ospedalieri che territoriali e di prevenzione, comporta l’attribuzione sia di responsabilità professionali in materia clinico-organizzativa e della prevenzione sia di responsabilità di tipo gestionale in ordine alla razionale e corretta programmazione e gestione della risorse assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti. A tal fine il direttore di dipartimento predispone annualmente il piano delle attività e dell'utilizzazione delle risorse disponibili, negoziato con la direzione generale nell'ambito della programmazione aziendale. La programmazione delle attività dipartimentali, la loro realizzazione e le funzioni di monitoraggio e di verifica sono assicurate con la partecipazione attiva degli altri dirigenti e degli operatori assegnati al dipartimento.
La regione disciplina la composizione e le funzioni del Comitato di dipartimento nonché le modalità di partecipazione dello stesso alla individuazione dei direttori di dipartimento.
La Regione Lazio in tempi più recenti con il DCA 6 agosto 2014, n..259 con il quale sono state fornite ai direttori generali delle aziende sanitarie indicazioni per la predisposizione dell'atto aziendale al punto 5.2. ha ritenuto di fornite ulteriori specifiche per la organizzazione dei dipartimenti:
L’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa delle attività aziendali e va inteso come centro di responsabilità.
Il dipartimento costituisce tipologia organizzativa e gestionale volta a dare risposte unitarie flessibili, tempestive, razionali ed esaustive rispetto ai compiti assegnati, nell'ottica di condivisione delle risorse.
Il dipartimento aggrega strutture organizzative omologhe, omogenee, affini o complementari che perseguono comuni finalità e, pur conservando ciascuna la propria autonomia clinica e professionale, sono tra loro interdipendenti nel raggiungimento degli obiettivi e nell'utilizzo delle risorse.
L’atto aziendale definisce i dipartimenti aziendali ed interaziendali e le strutture organizzative aziendali afferenti. L’individuazione dei dipartimenti deve essere effettuata evitando la frammentazione o la duplicazione di funzioni, tenendo conto delle peculiarità organizzative e territoriali delle singole aziende sanitarie e delle esigenze di coordinamento ed integrazione.
Alcune strutture, in ragione delle relative peculiarità, possono non essere aggregate in un dipartimento. Le strutture complesse fanno capo strutturalmente ad un solo dipartimento.
Per ogni dipartimento sono individuate le risorse da assegnare in termini di personale, spazi, attrezzature, risorse economiche
Il direttore di dipartimento è nominato dal Direttore Generale con un incarico di durata da due a tre anni.
I dipartimenti, hanno la responsabilità gestionale delle risorse loro assegnate e sono caratterizzati dalla omogeneità, affinità o complementarietà sotto il profilo delle attività delle risorse umane o tecnologiche impiegate o delle procedure operative adottate.
Il Comitato di Dipartimento Il Comitato di dipartimento, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 17-bis del D.Lgs n. 502/1992 e ss.mm.ii., è un organismo collegiale consultivo con funzioni di indirizzo e verifica. Componenti del Comitato di dipartimento sono:
a) il direttore del dipartimento che lo presiede;
b) i direttori delle unità operative complesse;
c) i dirigenti delle unità operative semplici dipartimentali;
d) i responsabili dipartimentali, in un numero massimo di due, dell'area infermieristica, ostetrica, tecnicosanitaria, della riabilitazione, di vigilanza ed ispezione e dell'assistenza sociale, ove previsti nel dipartimento;
e) i dirigenti medici e sanitari, in numero non superiore al 30% dei componenti di diritto, eletti da tutti i dirigenti del dipartimento.
Il Dipartimento e le Aree Funzionali, rappresentano strumenti per l’innovazione organizzativa e gestionale, attraverso il coordinamento e la gestione integrata di funzioni complesse. In tali articolazioni organizzative si realizzano convergenze di competenze e di esperienze scientifiche, tecniche ed assistenziali allo scopo di ottimizzare risorse ed attività perseguendo obiettivi e finalità comuni in una logica d’integrazione e sviluppo della rete ospedaliera e territoriale.
L’aggregazione dipartimentale dell’area ospedaliera può essere effettuata sulla base di diversi criteri, quali: intensità e gradualità delle cure; aree funzionali omogenee; organo/apparato; altro.
A prescindere dalla tipologia, l’individuazione delle strutture dipartimentali deve essere orientata al modello di organizzazione per intensità e gradualità delle cure, per favorire il progressivo superamento dell’articolazione per reparti differenziati secondo la disciplina specialistica, e realizzare la reale integrazione dell’attività dei professionisti nella rete di assistenza, la collaborazione multidisciplinare e lo sviluppo dei percorsi di cura a livello inter-ospedaliero, nonché il dialogo tra gli specialisti ed i medici di medicina generale.
Da quanto sopra esposto emerge chiaramente come l'aggregazione dei servizi e delle unità operative debba avvenire per funzioni omogenee e in base al criterio della gradualità delle cure, due fattispecie che troviamo proprio nell'ambito del sistema di emergenza sanitaria territoriale e negli attuali PPI che non possono che essere integrati nel DEA di riferimento.
Tale scelta è già contenuta del DM 70/2015 che al punto 9.1.5 stabilisce appunto che qualora gli accessi ad un Punto di Primo Intervento (presidio inequivocabilmente di emergenza sanitaria territoriale ai sensi del DPR 27 marzo 1992) superino le 6000 unità annue la responsabilità clinica e organizzativa ricada sul DEA di riferimento.
Del resto le più recenti indicazioni per l'organizzazione dei dipartimenti di emergenza fanno riferimento anche nella denominazione a queste considerazioni che garantiscono meglio il paziente che si trova in una situazione di emergenza garantendo una continuità assistenza qualificata attraverso l'integrazione ospedale territorio, definendoli proprio Dipartimenti Integrati di Emergenza (DIE), già presenti in alcune regioni..
Ogni soluzione diversa sarebbe in contrasto con detti principi venendo a creare immotivatamente rischi inutili ai pazienti facendo venir meno la preziosa integrazione con il DEA e lasciando le strutture di emergenza territoriale isolate e sole con se stesse.
Le aziende sanitarie locali che gestiscono uno o più ospedali dovrebbero istituire dipartimenti transmurali per l'emergenza costituiti dai servizi di pronto soccorso, dalle unità operative semplici e complesse ospedaliere funzionali alle emergenze e dai Punti di Primo Intervento.
Le aziende sanitarie locali che gestiscono uno o più ospedali dovrebbero istituire dipartimenti transmurali per l'emergenza costituiti dai servizi di pronto soccorso, dalle unità operative semplici e complesse ospedaliere funzionali alle emergenze e dai Punti di Primo Intervento.
Ecco perché la scelta della regione Lazio fatta prima con il DCA 303/2019, poi ritirato e sostituito dal DCA 469/2019 , secondo cui i PPI dovrebbero essere trasformati in Punti di erogazione di assistenza primaria "in continuità con le funzioni precedentemente svolte" (se è così non sono omogenee con il Dipartimento di assistenza primaria in cui verrebbero incardinate secondo la deliberazione della ASL latina n. 849/2019 )non è condivisibile (anche perché in contrasto con lo stesso DCA 259/2014) e sarà contrastata a tutti i livelli con gli strumenti offerti dalla legge.
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