In un intervento puntuale e appassionato il Presidente Cantone ieri ha presentato al parlamento il rapporto annuale dell'Autorità.
Molto interessanti le conclusioni dell'intervento, dedicate alla corruzione nella P.A. : "E’ noto che la corruzione dal punto di vista penale si struttura come un tipico reato-contratto
caratterizzato da prestazioni sinallagmatiche; un pubblico agente dà o promette un atto o,
persino, la sua funzione in cambio della dazione o della promessa di un utilità.
Nel linguaggio comune, la corruzione è un concetto più ampio, direi di genere, che si
riferisce ad un sistema illecito capace di deviare il regolare svolgimento di una pubblica attività.
Le indagini dell’ultimo periodo della magistratura, che va ringraziata per il grande impegno
quotidianamente profuso, hanno evidenziato come la corruzione sia divenuto un fenomeno sistemico, che alberga soprattutto negli appalti pubblici ma di cui non sono scevri altri settori ed
ambiti dell’amministrazione, non solo quelli per certi versi “scontati” delle concessioni ed
autorizzazioni, ma anche altri “inattesi”, quali quelli delle attività cd sociali affidate al terzo settore.
La corruzione è, inoltre, cambiata nella sua struttura; essa è sempre più raramente
caratterizzata dal rapporto bilaterale fra chi dà e chi riceve ma fa capo e promana da organizzazioni,
in qualche caso di tipo mafioso, nel cui ambito si ritrovano, con interessi comuni, pubblici
funzionari, imprenditori e faccendieri; un “sistema gelatinoso” in cui si fa persino fatica a dire chi è
il corrotto e chi il corruttore.
La corruzione è purtroppo un fenomeno diffuso e questo non tanto e non solo perché lo
attestano classifiche internazionali, soprattutto sulla percezione della stessa da parte dei cittadini
(classifiche che non sempre andrebbero prese come oro colato), o perché avrebbe un impatto
sull’economia esplicitato da cifre tanto mirabolanti quanto di incerta provenienza (i famosi sessanta
miliardi di cui nessuno rivendica la paternità), quanto perché è proprio l’esperienza quotidiana ed
empirica che purtroppo lo dimostra.
Infine, la corruzione è stata un fenomeno per troppo tempo sottovalutato; persino in
relazioni di organismi pubblici di pochi anni fa si contestava la sua esistenza e la si attribuiva, come
spesso accade, a media capziosi e tendenziosi.
Oggi, la sottovalutazione è almeno in parte superata e si è consapevoli che i danni che essa
arreca non si fermano al singolo appalto o al singolo atto o comportamento ma hanno effetti sociali
ampi, minano la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni, alterano il gioco democratico, distorcono la
concorrenza, allontanano gli investimenti e finiscono persino per essere causa della fuga dei
cervelli.
E di questa maggiore consapevolezza bisogna ringraziare il Presidente della Repubblica che,
fin dal discorso di insediamento, non ha mai mancato di rimarcare la pervasività e la dannosità di
questo vero e proprio tumore sociale e Papa Francesco, che è arrivato ad affermare che “la
corruzione è più grave del peccato e che mentre quest’ultimo può essere perdonato, quella non è
nemmeno perdonabile”.
Queste considerazioni sulla gravità e complessità del fenomeno consentono di affermare
con chiarezza che la corruzione non può essere affrontata in modo unilaterale ma richiede interventi plurimi e contestuali; una repressione che funzioni, una prevenzione capace di inserire
nel sistema gli anticorpi e un cambiamento culturale che comporti una maggiore consapevolezza
dei cittadini.
A noi, come detto, spetta di occuparci di prevenzione ma, va detto con estrema chiarezza –
e non è un modo di “mettere le mani avanti” o provare a deresponsabilizzarci –che a noi spetta
occuparci solo di un pezzo di essa, perché ci sono molti altri interventi che finiscono per svolgere
una funzione preventiva e che dipendono da soggetti diversi; una burocrazia meno invasiva e più
efficiente, una politica onesta, autorevole e credibile, un’impresa, che così come ha fatto nella lotta
alle mafie, scelga di stare dalla parte giusta.
Il nostro compito resta ovviamente molto impegnativo e gli ambiti che ci sono stati affidati
fondamentali per limitare la corruzione, ma si tratta di strumenti che hanno bisogno
inevitabilmente di tempo e di collaborazione istituzionale, perché nessuno deve pensare che siamo
portatori di ricette miracolistiche o salvifiche.
L’Autorità ha provato in questo anno trascorso a mettere in campo molte azioni; la sua
presenza non solo non è passata inosservata, ma ha goduto di un’ampia esposizione mediatica..
Ci aspettano nel prossimo periodo sfide da far tremare i polsi; la legge delega per riscrivere il
codice degli appalti, approvata al Senato senza nessun voto contrario, recepisce le ultime direttive
comunitarie foriere di una nuova politica degli appalti, e scommette moltissimo sull’Autorità a cui
attribuisce poteri di regolazione e di controllo molto significativi, tanto da essere indicata come il
futuro arbitro del sistema. Considero il voto del Senato una grande soddisfazione ed in qualche
modo anche un riconoscimento quantomeno sul piano della credibilità per quanto provato a fare;
posso promettere, a nome non solo personale, che se quell’investitura definitiva ci sarà,
raccoglieremo la sfida fino in fondo, assumendoci l’enorme responsabilità che essa comporta. ...."
Il testo completo della relazione è reperibile sul sito dell'ANAC:
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