È tempo di bilancio di previsione in tutti i Comuni
italiani. Alcuni (pochi), seguendo le direttive governative si sono cimentati
nella verifica e riduzione delle spese, ma quanti si preoccupano di verificare
le entrate? Non si tratta di questione di poco conto, in quanto riguarda una
serie di problemi piuttosto consistente che va dal pagamento dell’IMU (con
tutte le sue articolazioni relative a terreni edificabili, ville accatastate come
case rurali, ecc.), alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, al
pagamento della tassa sulla pubblicità (per lo più semplicemente evasa), a
quella sull’occupazione di suolo pubblico (evasa o elusa), a quella sui passi
carrabili, ecc. Un problema consistente è quello dal mancato pagamento delle
contravvenzioni al Codice della strada (per lo più sosta), ecc. Ma il problema
che desidero sottolineare qui è quello delle concessioni: si tratta di provvedimenti
con i quali il Comune conferisce, in cambio di un corrispettivo, ad un privato
(o associazione, società, ecc.) il diritto di usare un proprio bene o di
gestire un servizio pubblico. In proposito esiste la Direttiva 2014/23/UE del
parlamento europeo e del Consiglio. Il mancato introito delle somme spettanti
al Comune crea il fenomeno dei residui attivi, che sono quelle somme iscritte
in bilancio dalla parte entrata, ma che poi purtroppo vengono incassate solo in
minima parte creando poi problemi per il pareggio in fase di rendiconto in
quanto le entrate effettive non corrispondono a quelle attese. Nella
maggioranza dei casi i canoni sono estremamente contenuti e inadeguati
specialmente per quanto riguarda la concessione delle spiagge o, ad esempio
delle cave, se si considera il vantaggio che ne trae il concessionario. Oltre a
verificare la congruità del canone versato annualmente (spesso nel caso di
concessione di immobili ad associazioni si tratta di scelte clientelari che si
protraggono per molti anni, senza che nessuno ci abbia messo mano), talora chi
dovrebbe controllare omette anche di sollecitare il pagamento del canone senza
adottare i provvedimenti del caso (secondo Legambiente cha ha fatto uno studio
interessante, le cave attive in Italia sono 5.592, mentre quelle dismesse o
abbandonate sono 16.045). Per quanto riguarda in maniera specifica le cave
occorre preliminarmente verificare se la Regione abbia adottato il Piano
Regionale Attività Estrattive (PRAE)
recante norme per la coltivazione delle cave e torbiere e quindi
se la situazione delle cave presenti sul territorio anche dal punto di vista
ambientale e poi passare ad accertare la congruità del canone. Se l’income
review sarà stata fatta in maniera penetrante i risultati non potranno che
essere positivi.
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