Recenti fatti mi hanno spinto a riprendere un tema trattato nel mio ultimo volume: "Il Sindaco di tutti: come gastire il Comune per un risultato durevole". Il pluralismo è uno dei principi fondamentali previsti dalla
Costituzione che all’art. 2 riconosce i diritti inviolabili non solo
all’individuo considerato isolatamente, ma anche alle “formazioni sociali ove
si svolge la sua personalità” tra le quali troviamo anche i partiti politici e
così all’art. 49 è previsto che «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per
concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Il pluralismo politico è anche uno dei tre principi
cui è ispirata la costituzione americana e mira ad impedire accumulazioni di
potere eccessive da parte di alcuni gruppi in confronto di altri, tali da poter
mettere a repentaglio l’equilibrio - orizzontale - democratico. Secondo Bobbio «Senza pluralismo non è possibile alcuna
forma di governo democratico e nessun governo può permettersi di ridurre,
limitare, comprimere il pluralismo senza trasformarsi nel suo contrario». Sempre secondo Bobbio «La discordia è il sale della democrazia, o
più precisamente della dottrina liberale che sta alla basa della democrazia
moderna». Resta sempre a fondamento del pensiero liberale e democratico
moderno il famoso detto di Kant «L’uomo
vuole la concordia ma la natura sa meglio di lui ciò che è buono per la sua
specie: essa vuole la discordia». L’argomento è stato recentemente
ripreso anche da Zagrebelsky il quale ha evidenziato il concetto di
“democrazia minima” sviluppato da
Bobbio in uno scambio epistolare con Pietro Ingrao sul tema della democrazia e
delle riforme costituzionali contro l’idea dell’unità a tutti i costi che
annulla pluralismo e differenze, in contrasto totale con il pensiero liberal
democratico. Il pluralismo vive e si alimenta nelle autonomie
locali; tuttavia, nonostante le norme esistenti, in molti Comuni
si assiste all’assenza di dialogo tra le parti e ad un impedimento
dell’espressione del dissenso interno da parte delle minoranze; troppi Sindaci,
una volta al potere, si comportano in maniera autocratica vedendo in ogni voce
diversa un attacco alla loro egemonia. In quest’ottica, in taluni casi,
è intervenuta la Prefettura (vedi nota del Prefetto di Bologna del 14 ottobre 2011)
riconoscendo ad esempio il diritto delle opposizioni ad utilizzare spazi di
comunicazione istituzionale all’interno del notiziario comunale. Proprio per il loro carattere di amministrazioni di prossimità a stretto
contatto con i cittadini, il pluralismo negli enti locali ha una notevole
importanza e il Sindaco ha la responsabilità di garantirne il pieno ed
effettivo svolgimento nonché di accogliere democraticamente i contributi
costruttivi delle opposizioni che possono anche manifestarsi con l’espressione
del dissenso. Ma cosa avviene se anche questi metodi arroganti vengono portati nel Parlamento, la massima
istituzione della democrazia del nostro Paese e viene impedita anche lì l’espressione del
pluralismo?
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