Nel passato molti filosofi si sono dedicati a trattare dell’Utopia, da Thomas More a Francis Bacon, a Tommaso Campanella. Questo termine lo dobbiamo a More il quale lo coniò dal greco antico con un gioco di parole fra ou-topos (cioè non-luogo) ed eu-topos (luogo felice); utopia è quindi, letteralmente un "luogo felice inesistente". L’opera di More è ispirata a principi fondamentalmente morali: nell'isola di Utopia la proprietà privata è vietata per legge e la terra deve invece essere coltivata, a turni di due anni, da ciascun cittadino, nessuno escluso: tutti hanno un lavoro, di 6 ore al giorno; nel tempo libero, tutti i cittadini possono altresì dedicarsi alle proprie passioni e professioni abituali, ma un posto fondamentale è occupato dallo studio delle scienze e della filosofia. La famiglia rappresenta un nucleo fondamentale per l’Utopia: un tipo di famiglia allargata e monogamica. Per quanto riguarda la religione, nell'isola di Utopia deve essere prevista la più larga tolleranza religiosa, fermo restando però l'obbligo di credere nella Provvidenza di Dio e nell'immortalità dell'anima. Chi infrange le regole viene scacciato da Utopia. Tutti hanno diritto a una vita pacifica, il cui fine è il benessere. Differente è il pensiero di Bacon, descritto in The new Atlantis, scritto 1623, che è stato profondamente influenzato dalla rivoluzione scientifica tipica dell’Inghilterra di quei tempi. Anche se non era uno scienziato, Francis Bacon è stato un amante e sostenitore della scienza. La società di The New Atlantis, come descritto da Francis Bacon è molto più avanzata che quelli di altre società utopistiche e hanno valori diversi rispetto alle altre. Così la società in The New Atlantis si concentra sulla scienza e l'umanità, mentre la società in Utopia è più focalizzata sul governo e la politica e sembra molto ideale piuttosto che essere realistica. Volendo confrontare questi modelli utopici con quello che dovrebbe essere oggi l’avvenire delle nostre comunità, frutto di una società profondamente mutata è difficile scegliere. Certamente la disaffezione al voto a cui assistiamo in questi ultimi tempi in Italia, ma anche in altre nazioni europee non spinge ad avvicinare la situazione in cui viviamo a quella ipotizzata da Thomas More, ma neanche a quelle di Tommaso Campanella e di Francis Bacon. Quella attuale appare più una società in cui l’economia ha preso il sopravvento e spesso ignora altri valori. In base alla nostra Costituzione dovrebbe essere la figura del Sindaco a promuovere lo sviluppo sociale ed economico del Comune, purtroppo troppo spesso questo incarico viene affidato a personaggi che sono molto lontani per formazione ed interessi da questa mission, né questi temi vengono affrontati molto spesso…anzi. Penso che invece i cittadini ora sono più che mai disorientati tra i tanti capipopolo che parlano spesso senza essere in grado di disegnare uno scenario futuro per le loro città e chi cerca di farlo, viene preso come visionario ed attaccato perché cerca di applicare i principi della morale alla gestione della cosa pubblica. Così dopo tanti anni le teorie utopiche dei nostri autori forse potrebbero essere lette come un unicum da cui prendere il meglio per costruire in questo tempo di mezzo, amministrazioni migliori in grado di gestire democraticamente i nostri Comuni, rispettando i cittadini e rendendoli partecipi della gestione della cosa pubblica utilizzando i più moderni strumenti che la scienza (anche quella economica) ci mette oggi a disposizione. Credo che questa possa essere la sfida di questi anni a chi fino ad oggi ha pensato di amministrare gli enti locali pensando solo agli interessi propri e dei loro sodales e trattando gli altri come sudditi anziché come cittadini ed elettori.
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