La Ragioneria Generale dello Stato con la circolare in data 3 ottobre 2018, n. 25 ha definitivamente sbloccato il problema dello sbolocco degli avanzi di amministrazione basandosi sulla Corte Costituzionale che con sentenza n. 247 del 2017, ha formulato un’interpretazione dell’articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibri di bilancio degli enti territoriali, in base alla quale l’avanzo di amministrazione e il Fondo pluriennale vincolato non possono essere limitati nel loro utilizzo. In particolare, viene affermato che “l’avanzo di amministrazione rimane nella disponibilità dell’ente che lo realizza” e “non può essere oggetto di prelievo forzoso” attraverso i vincoli del pareggio di bilancio.
La Corte ha precisato, inoltre, che “l’iscrizione o meno nei titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dell’entrata e nei titoli 1, 2 e 3 della spesa deve essere intesa in senso meramente tecnico-contabile, quale criterio armonizzato per il consolidamento dei conti nazionali”. Tale orientamento interpretativo è stato confermato con la successiva sentenza n. 101 del 2018, con la quale la medesima Corte ha dichiarato, altresì, illegittimo il comma 466 dell’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui stabilisce che dal 2020 “tra le entrate e le spese finali è incluso il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali” e, cioè, che, a partire dal 2020, ai fini della determinazione dell’equilibrio del bilancio, le spese vincolate nei precedenti esercizi devono trovare finanziamento nelle sole entrate di competenza; tale precisazione, a giudizio della Corte, è incompatibile con l’interpretazione adeguatrice seguita nella richiamata sentenza n. 247 del 2017. Con le predette affermazioni, la Corte costituzionale, interpretando l’articolo 9 della legge n. 243 del 2012, ha di fatto introdotto la possibilità di utilizzare il risultato di amministrazione.
Il comma 13 dell’articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, prevede che “il Ministro
dell'economia e delle finanze, allorche' riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento
degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative
al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura e'
applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti
interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri, fermo restando
quanto disposto in materia di personale dall'articolo 61 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165”.
L’articolo 13, comma 04, del decreto legge 25 luglio 2018, n. 91, recante “Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative”, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 settembre
2018, n. 108, prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito fondo, pari a 140 milioni di euro per l’anno 2018, a 320 milioni di euro per
l’anno 2019, a 350 milioni di euro per l’anno 2020 e a 220 milioni di euro per l’anno 2021.
Pertanto, vista la nota dell’Ufficio del Coordinamento legislativo n. 3038 del 2 ottobre 2018,
si rappresenta che le città metropolitane, le province e i comuni, nell’anno 2018, possono utilizzare
il risultato di amministrazione per investimenti, nel rispetto delle sole disposizioni previste dal decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118.
Conseguentemente, ai fini della determinazione del saldo di finanza pubblica per l’anno
2018, di cui al paragrafo B.1 della circolare n. 5 del 20 febbraio 2018, gli enti considerano tra le entrate
finali anche l’avanzo di amministrazione per investimenti applicato al bilancio di previsione del
medesimo esercizio.
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