domenica 17 maggio 2015

IL RIMBORSO DELLE CURE ALL'ESTERO NEGATO AD UN ASSISTITO DA UNA SENTENZA DEL TAR DI PALERMO

Il TAR Sicilia, Sez. di Palermo con la sentenza n. 1014 del 23 aprile scorso ha respinto il ricorso di un assistito al quale la regione Sicilia aveva negato il rimborso delle cure all'estero. Le argomentazioni del relatore sono state molto approfondite e fondate su molti elementi: In particolare, l’art. 3, comma V, della l. 23 ottobre 1985 n. 1985 stabilisce che: “con decreto del Ministro della sanita', sentita il Consiglio sanitario nazionale, previo parere del Consiglio superiore di sanita', sono previsti i criteri di fruizione, in forma indiretta, di prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializzazione all'estero in favore di cittadini italiani residenti in Italia, per prestazioni che non siano ottenibili nel nostro Paese tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico”. Il successivo decreto ministeriale del 3 novembre 1989 precisa, poi, che “ai fini del presente decreto è considerata "prestazione non ottenibile tempestivamente in Italia" la prestazione per la cui erogazione le strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale richiedono un periodo di attesa incompatibile con l'esigenza di assicurare con immediatezza la prestazione stessa, ossia quando il periodo di attesa comprometterebbe gravemente lo stato di salute dell'assistito ovvero precluderebbe la possibilità dell'intervento o delle cure. E' considerata "prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico" la prestazione che richiede specifiche professionalità ovvero procedure tecniche o curative non praticate ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale”.  Di contro, nel caso di specie, come evidenziato dal verificatore, le cure necessarie erano ottenibili in tempo utile anche presso strutture sanitarie nazionali. In particolare, premette il verificatore, la radioterapia utile alla cura di patologie quali quella da cui è affetto il ricorrente si presenta in diversi tipi: la “Gamma Knife” (“tecnica radiochirurgica che prevede la somministrazione di raggi gamma in un’unica dose”, cui consegue “la distruzione dei tessuti colpiti, equivalente all’effetto di un bisturi”), la “Cyber Knife” (caratterizzata dalla somministrazione diluita di raggi gamma, effettuata senza l’utilizzo di sistemi di immobilizzazione cruenti) e, infine, la “Adroterapia” (tecnica che utilizza adroni, particelle subatomiche pesanti, capaci, in quanto tali, di penetrare in profondità sino alla massa tumorale preservando meglio i tessuti sani attraversati). Benché il trattamento adroterapico cui il ricorrente si è sottoposto presso la clinica tedesca nel corso del 2010 sia stato per la prima volta introdotto in Italia, presso il C.N.A.O. di Pavia, solo nel 2011, purtuttavia, precisa il verificatore, egli già nel 2010 “avrebbe potuto comunque sottoporsi ad un trattamento radioterapico efficace per il trattamento della sua patologia, con tecniche efficaci ed affidabili, in centri italiani di grande esperienza”, tra cui “il centro di S. Bortolo, primo centro europeo che vanta la più vecchia esperienza del settore”. Inoltre, aggiunge il verificatore, non solo gli studi sinora condotti nella letteratura medica “non consentono il confronto diretto dell’efficacia clinica delle diverse tecnologie” di cura sopra richiamate, ma le motivazioni che, a dire del ricorrente, lo avevano indotto a scegliere il centro tedesco (“possibilità di frazionare la dose totale di radiazioni in più sedute” e “possibilità di non utilizzare un casco fissato in modo cruento alla testa”) “sono riscontrabili” pure “nella Cyberknife, tecnica fruibile anche nel nostro Paese” sin dal 2003. Oltretutto, evidenzia ad abundantiam il Collegio, le esposte preferenze del ricorrente per una specifica modalità di cura lumeggiano ex sel’infondatezza del presente ricorso, posto che, nella specie, non si apprezza l’oggettiva “impossibilità di una cura” tempestiva, efficace ed adeguata in Italia, ma, più semplicemente, si profila una soggettiva (e certo legittima) preferenza per una “diversa modalità” di cura, la cui scelta, evidentemente, non può essere riversata economicamente sulla collettività ma deve rimanere a carico del singolo. Chi volesse leggere tutta la sentenza la trova qui:
https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=QM4Z4W2R4DIKPQVCRGCG2VPXIU&q=

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