L'ANAAO ASSOMED, sindacato maggiormente rappresentativo dei medici chirurghi, degli odontoiatri, dei veterinari e dei dirigenti sanitari che operano in rapporto di dipendenza o di collaborazione coordinata e continuativa con strutture del SSN o private, ha impugnato il Decreto del Commissario ad acta della regione Lazio n.U00259 del 6 agosto 2014, avente per oggetto “Approvazione dell’atto di indirizzo per l’adozione dell’atto di autonomia aziendale delle Aziende sanitarie della regione Lazio nelle parti, riguardanti l'Assistenza infermieristica, ostetrica e delle professioni sanitarie, tecniche, della infermieristica, ostetrica e delle professioni sanitarie, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione deducendo i seguenti motivi di doglianza:
1) Violazione dell'art. 15, comma 6, del D.lgvo n.502/1992 e s.m.i.; Violazione dell'art.8, comma 7, del CCNL 17.10.2008 area SPTA; Eccesso di potere per illogicità, violazione dei principi generali in materia di assistenza;
2) Violazione dell'art.6, comma 2, della L. n.251/2000, dell'art.29, comma 4 del CCNL 8.6.2000; Eccesso di potere per disparità di trattamento.
Con il primo motivo di doglianza è stata prospettata l'illegittimità della separazione della linea clinica, il cui governo è affidato ai Dipartimenti a Direzione Clinica, da quella Assistenziale, il cui governo è proprio delle UU.OO. delle Professioni sanitarie", atteso che tale netta separazione comporterà in concreto per il dirigente medico l'impossibilità di interferire in alcun modo nella cosiddetta linea assistenziale diretta e gestita dal dirigente della UO delle professioni sanitarie.
Al riguardo il Collegio ha sottolineato che:
a) non può essere seriamente messo in dubbio che la contestata netta separazione tra attività clinica e attività assistenziale, in assenza di norme che raccordano armonicamente lo svolgimento concreto delle suddette attività, è foriera delle disfunzioni denunciate dall'associazione ricorrente;
b) la contestata autonomia risulta poi in palese contrasto con quanto stabilito dall'art.15, comma 6, del D.lgvo n.502/1992, il quale stabilisce che "Ai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa sono attribuite, oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura, da attuarsi, nell'ambito degli indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di appartenenza, anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l'adozione delle relative decisioni necessarie per il corretto espletamento del servizio e per realizzare l'appropriatezza degli interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, attuati nella struttura loro affidata. Il dirigente è responsabile dell'efficace ed efficiente gestione delle risorse attribuite. I risultati della gestione sono sottoposti a verifica annuale tramite il nucleo di valutazione."
c) tale interpretazione è confermata, altresì, dall'art. 8, comma 7, del CCNL del 2008 area SPTA il quale stabilisce che " Le attribuzioni dei dirigenti di nuova istituzione e la regolazione sul piano funzionale ed organizzativo dei rapporti interni con le altre professionalità della dirigenza sanitaria saranno definite dall'azienda nel rispetto delle attribuzioni e delle competenze degli altri dirigenti già previste dalla normativa vigente";
d) ad ulteriore conferma, infine, dell'illegittimità della contestata netta separazione tra attività clinica ed attività assistenziale fatta propria dal gravato DCA, risulta conferente quanto disposto dall'art.1, comma 566, della L. n.190/2014, il quale stabilisce che "Ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, con accordo tra Governo e regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica."
Fondata è stata ritenuta anche l'altra doglianza con cui è stata prospettata l'illegittimità del contestato DCA il quale nel prevedere che la nomina del dirigente delle strutture semplici o complesse delle professioni infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecniche sanitarie e tecniche della prevenzione debba essere effettuata sulla base di una procedura concorsuale ai sensi dell'art. 7 della L. n.251/2000, di cui al DPCM del 25 gennaio 2008, omette, illegittimamente, di richiedere a tal fine il possesso in capo al soggetto da nominare della esperienza professionale dirigenziale non inferiore a cinque anni.
Al riguardo il Collegio ha sottolineato che la contestata disposizione risulta in palese contrasto con quanto stabilito dall'art.6, comma 2, della legge n.251/2000 il quale stabilisce, al fine di evitare una palese disparità di trattamento, che per l'accesso alla qualifica de qua sono necessari requisiti analoghi a quelli richiesti per l'accesso alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale, tra i quali è ricompresa la pregressa esperienza dirigenziale quinquennale.
Nè ad inficiare la fondatezza di tale conclusione risulta conferente il rilievo dell'amministrazione regionale secondo cui essendo quella di dirigente delle professioni sanitarie una qualifica di nuova istituzione, non può che essere inserita tra i dirigenti di primo inquadramento cui può essere conferita la direzione di una struttura complessa con incarico triennale a tempo indeterminato, ex art. 7, comma 1, della citata legge 251/2000.
In merito il TAR ha evidenziato che:
a) la menzionata norma stabilisce "Al fine di migliorare l'assistenza e per la qualificazione delle risorse le aziende sanitarie possono istituire il servizio dell'assistenza infermieristica ed ostetrica e il servizio sociale professionale e possono attribuire l'incarico di dirigente del medesimo servizio. Fino alla data del compimento dei corsi universitari di cui all'art. 5 della presente legge l'incarico, di durata triennale rinnovabile, è regolato da contratti a tempo determinato, da stipulare, nel limite numerico indicato dall'art. 15- septies , comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'art. 13 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, dal direttore generale con un appartenente alle professioni di cui all'art. 1 della presente legge nonché con un appartenente al servizio sociale professionale, attraverso idonea procedura selettiva tra i candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale predeterminati";
b) dal tenore della richiamata disposizione si evince che l'incarico triennale a tempo determinato ha natura eccezionale in quanto è consentito soltanto fino alla data del compimento dei corsi universitari di cui all'art. 5, e, pertanto, non può certamente assumere alcuna valenza al fine di giustificare a regime il conferimento a regime di un incarico di direzione complessa ad un soggetto privo della prescritta esperienza quinquennale dirigenziale.Sulla base di dette considerazioni il TAR ha accolto il ricorso.
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