giovedì 23 febbraio 2017

IL TAR LATINA ACCOGLIE IL RICORSO DELLA SOCIETA' SAN LORENZO PER L'ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO DI AUTOTUTELA ASSUNTO DAL SETTORE URBANISTICA

Con la sentenza n. 112 pubblicata il 23 febbraio 2017 il TAR del Lazio, Sezione I Latina ha accolto il ricorso presentato dalla società San :Lorenzo contro il provvedimento di autotutela del Comune di Sabaudia n. 324 del 15 febbraio 2016 di sospensione nonché immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di divisione dei suoli ai sensi dell'art. 30 c. 7 d.P.R. 380/2001; di annullamento del permesso di costruire n. 213/2015 relativo al famoso immobile sito in via Biancamano.
Da quanto si legge nella sentenza il provvedimento di autotutela sarebbe stato  basato – secondo la prospettazione della difesa comunale - sull’accertamento dei fatti che risulta essersi formato - in sede penale - solo nel 2015 e, quindi, sull’insanabile contrasto del permesso di costruire - oggetto di annullamento - con le disposizioni del Piano Regolatore Generale.
Ciò avrebbe implicato, sempre secondo la ricostruzione degli uffici comunali, una nuova istruttoria intesa, non già, nel significato attribuito dalla difesa ricorrente (che avrebbe imposto un intervento comunale certamente più tempestivo e rispettoso delle garanzie procedimentali), bensì, come nuova istruttoria, che ha dovuto necessariamente tener conto della situazione attuale, meglio delineatasi a seguito del visto accertamento dei fatti ricostruiti dal giudice ordinario.
IL Collegio non ha condiviso detto ordine di idee per i seguenti motivi: in primo luogo  l’assoluzione in sede penale è avvenuta con la formula perché il fatto non sussiste – e non già perché il fatto non costituisce reato - l’efficacia extra moenia del giudicato penale copre essenzialmente l’accertamento dei “fatti materiali” e non anche la loro qualificazione o valutazione giuridica, che rimane circoscritta al processo penale e non può condizionare l’autonoma valutazione da parte del giudice amministrativo o civile (cfr. Cons. di Stato sent. n. 03556/2015). Né, sempre secondo il Collegio,  sposta i termini del problema all'esame la deliberazione consiliare n. 22/2004, avente ad oggetto il “Piano di Recupero ed Approvazione - proposta di Contratto di Quartiere”, invocata dalla difesa resistente per sostenere, tra l’altro, l’illegittimità del permesso di costruire, rilevando in proposito la validità delle disposizioni di Piano, interpretate alla luce delle delibere consiliari rispettivamente n. 50/82 e n. 42/04.
Si tratta, quindi, dell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale, rispetto al quale l’amministrazione è tenuta a motivare sulle ragioni di interesse pubblico alla rimozione dell’atto, ciò in particolare quando sia trascorso un lungo lasso temporale dalla sua adozione, come nel caso di specie.
Secondo il Collegio la giurisprudenza è costante nel ritenere che il provvedimento di autotutela debba essere adeguatamente motivato con riferimento alla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all'annullamento nonché alla valutazione comparativa dell'interesse dei destinatari al mantenimento delle posizioni e dell'affidamento insorto in capo ai medesimi (Consiglio di Stato n. 2468 del 2014; n.2567 del 2012).
In materia edilizia, l’annullamento in autotutela di titoli edilizi illegittimamente rilasciati è considerato in maniera più rigorosa; infatti, in base ad un diffuso orientamento giurisprudenziale, l’annullamento di un permesso di costruire non necessita di una espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse, configurandosi questo nell'interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica (Consiglio di Stato n. 562 del 2015; n. 4982 del 2011; n. 7342 del 2010).
Nel caso di specie, peraltro, si tratta dell’annullamento in via di autotutela di un permesso di costruire rilasciato nel 2005 (sulla valutazione motivata della posizione dei soggetti destinatari del provvedimento, nel caso del lungo tempo trascorso dall’adozione delle concessioni annullate cfr. Consiglio di Stato n. 5625 del 2015).
Il provvedimento di annullamento, oltre che privo di motivazione circa l’interesse pubblico ed attuale anche in relazione al tempo trascorso e all’affidamento dei privati, appare quindi anche in contrasto con i principi di correttezza e buona fede a cui deve essere improntata l’azione amministrativa, tenuto conto della delibera consiliare interpretativa delle disposizioni di Piano.

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