venerdì 23 novembre 2018

IL PARERE DELLA COMMISSIONE SPECIALE DEL CONSIGLIO DI STATO SULLE C.D. CLAUSOLE SOCIALI

UNA SALA DI PALAZZO SPADA, SEDE DEL CONSIGLIO DI STATO
La Commissione speciale del Consiglio di Stato, a seguito di richiesta dell'ANAC il 26 ottobre scorso ha espresso il Parere 2703/2018 in merito allo schema di linee guida in esame si riferiscono è previsto dall’art. 50 del d. lgs. 50/2016, Codice dei contratti, nel testo introdotto dal decreto “correttivo” d. lgs. 56/2017, che dispone: “(Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi) Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto.”
Con una attenta argomentazione la Commissione ha ritenuto di suggerisce di modificare il contenuto della bozza delle Linee guida  nel senso che il bando debba comunque indicare gli elementi rilevanti per formulare l’offerta nel rispetto della clausola sociale, chiarendo che la stazione appaltante e l’appaltatore uscente sono tenuti a comunicare agli interessati, su loro richiesta, le informazioni relative. In tale contesto, rappresenterebbe invece una buona prassi migliorativa prevedere che l’amministrazione debba direttamente renderle note e che l’appaltatore uscente sia obbligato all’informazione in tal senso da una specifica clausola del contratto da lui sottoscritto.
La Commissione ha suggerito altresì di prevedere che l’offerta debba contenere un vero e proprio “piano di compatibilità” o “progetto di assorbimento”, nel senso che essa debba illustrare in qual modo concretamente l’offerente, ove aggiudicatario, intenda rispettare la clausola sociale, ovvero, detto altrimenti, spiegare come e in che limiti la clausola stessa sia compatibile con l’organizzazione aziendale da lui prescelta. Tale piano di compatibilità dovrebbe anche rendere esplicito quale concreta condotta l’aggiudicatario intenda adottare per rispettare l’obbligo nei confronti dei lavoratori interessati, condotta che dovrebbe coincidere con la formulazione di una vera e propria proposta contrattuale. Infatti, se la clausola comporta un obbligo, sia pure limitato, di riassunzione, l’impresa secondo logica è tenuta formulare una proposta che contenga gli elementi essenziali del nuovo rapporto in termini di trattamento economico e inquadramento, unitamente all’indicazione di un termine per l’accettazione. Quest’obbligo di inserimento nell’offerta è in grado, da un lato, di consentire alla stazione appaltante di valutare l’effettiva volontà di rispettare la clausola, dall’altro offre maggiori garanzie al lavoratore, attraverso la previa individuazione degli elementi essenziali del contratto di lavoro.
Di contro, il bando di gara dovrebbe inserire tra i criteri di valutazione dell’offerta quello relativo alla valutazione del piano di compatibilità, assegnando tendenzialmente un punteggio maggiore, per tale profilo, all’offerta che maggiormente realizzi i fini cui la clausola tende.
Si tratta, tuttavia, di una scelta che – sebbene volta a rafforzare l’effettività della clausola – è tuttavia rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante.
In ogni caso, la Commissione suggerisce di ancorare ad un termine certo l’individuazione dei lavoratori interessati dalla clausola, evitando il ricorso a concetti potenzialmente indeterminati quali “incremento ingiustificato” del numero di lavoratori nel “periodo finale” e “lavoratori immessi tardivamente e senza giustificazione”
Ad avviso della Commissione, il rapporto fra la disciplina della clausola sociale in esame e clausole di analogo contenuto che possono essere contenute nei contratti collettivi va affrontato tenendo presente il principio più volte ricordato, per cui la clausola in questione va applicata nel rispetto del tipo di organizzazione aziendale prescelto dall’imprenditore subentrante. Richiamando quanto si è già detto sopra, infatti, il contratto collettivo che un imprenditore abbia eventualmente sottoscritto rappresenta senz’altro un aspetto, certo non secondario, della sua organizzazione aziendale, dato che esso contiene le condizioni alle quali egli ha scelto di impiegare il personale alle sue dipendenze, e per inciso, di sopportare i relativi costi.
Ciò posto, sempre ad avviso della Commissione, la clausola sociale inserita in un bando di gara per iniziativa della stazione appaltante può essere efficace, nel suo assetto concreto, solo in via suppletiva, ovvero nel caso in cui l’imprenditore offerente non abbia sottoscritto alcun contratto collettivo, ovvero sia parte di un contratto collettivo che delle clausole sociali si disinteressa. Viceversa, nel caso in cui l’interessato abbia sottoscritto un contratto collettivo che in materia dispone, i contenuti della clausola sociale che egli dovrà osservare saranno quelli previsti dal contratto collettivo stesso.
Tale soluzione, si noti, non contrasta con il disposto dell’art. 30 comma 4 del Codice dei contratti, secondo cui “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente”. La norma, come ritenuto anche in giurisprudenza – sul punto C.d.S. sez. III 12 marzo 2018 n.1574- rappresenta un minimo di tutela che ai lavoratori va comunque garantito, e quindi fa salva la scelta da parte dell’imprenditore di un contratto diverso.
Nel caso in cui invece la clausola sociale di contratto collettivo manchi, si concorda con quanto espresso nella bozza, ovvero che la stazione appaltante debba far riferimento ai “contratti collettivi di settore di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81”, ovvero a quelli ai quali lo stesso articolo del Codice fa rinvio. Si tratta dei cd contratti leader, ovvero dei “contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” e dei “contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”. Poiché nel relativo ambito l’individuazione del contratto pertinente alla concreta fattispecie, che per forza di cose è uno soltanto, può essere non agevole, la Commissione suggerisce di prevedere nelle linee guida che la stazione appaltante debba indicare quale sia il contratto leader che ritiene applicabile.

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