sabato 17 ottobre 2015

ENTRO IL 31 DICEMBRE 2015 L'ITALIA DEVE RAGGIUNGERE LO STATO DI "BUONO" PER TUTTE LE ACQUE SUPERFICIALI

La direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque – DQA) che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque ha introdotto un approccio innovativo nella legislazione europea in materia di acque, tanto dal punto di vista ambientale, quanto amministrativo-gestionale. 
La direttiva persegue obiettivi ambiziosi: prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo, migliorare lo stato delle acque e assicurare un utilizzo sostenibile, basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili. 
La direttiva 2000/60/CE si propone di raggiungere i seguenti obiettivi generali:
  • · Ampliare la protezione delle acque, sia superficiali che sotterranee
  • Raggiungere lo stato di “buono” per tutte le acque entro il 31 dicembre 2015
  • Gestire le risorse idriche sulla base di bacini idrografici indipendentemente dalle strutture amministrative
  • Procedere attraverso un’azione che unisca limiti delle emissioni e standard di qualità
  • Riconoscere a tutti i servizi idrici il giusto prezzo che tenga conto del loro costo economico reale
  • Rendere partecipi i cittadini delle scelte adottate in materia.
Mancano pochi mesi e l'Italia rischia una sanzione di 500 milioni di euro per non aver adempiuto.
Ben 14 regioni sono fuorilegge e tra queste anche il Lazio. 
L’Italia ha un triste primato che riguarda l’inadempienza nei confronti delle politiche comunitarie. Un dato allarmante se si considera che le maggiori inadempienze riguardano le tematiche ambientali. 
Le raccomandazioni e le direttive per indirizzare la politica degli Stati sono gli strumenti con cui Bruxelles governa l’Unione. Le procedure d’infrazione, che possono arrivare fino alla condanna della Corte di Giustizia, pertanto rappresentano le azioni per richiedere agli stati membri il rispetto delle leggi comunitarie.
Il numero delle procedure d'infrazione a carico del nostro Paese si attesta a 92 casi, di cui 74 per violazione del diritto dell'Unione e 18 per mancato recepimento di direttive. Un’inadempienza che si paga: nel 2012, a causa delle violazioni dei diritti dei propri cittadini riscontrate dalla Corte di Strasburgo, è stata condannata a versare indennizzi per 120 milioni, la cifra più alta mai sborsata da uno dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa. Anche nel 2013 l’Italia è risultata seconda solo alla Russia per il numero di cause pendenti, ben 14.400, davanti alla Corte UE dei diritti dell’uomo.
E' l’ambiente a farla da padrone, infatti delle 92 infrazioni, ben 16 riguardano temi ambientali. 
E' stata già aperta la procedura n. 2014/2059 sul problema delle acque. 

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