giovedì 22 ottobre 2015

L' AUTORIZZAZIONE ALL' APERTURA DELLE SALE GIOCHI

Più volte ho avuto occasione di intervenire sul tema delle sale da gioco presenti oramai in maniera invasiva in molti Comuni. Ora in proposito c'è una sentenza del Consiglio di Stato Sez. V,  n. 6383/2015. In particolare nella citata sentenza si afferma quanto segue: "Occorre al riguardo rilevare che l’attività di raccolta di gioco lecito mediante apparecchi VLT è sottoposta ad un duplice vaglio da parte dell’amministrazione, atteso che per poter essere legittimamente esercitata deve essere preceduta dall’autorizzazione del Questore ex art. 88 T.U.L.P.S. e dalla relativa S.C.I.A. Una simile disciplina è conforme ai principi dell’Unione europea, come chiarito dalla Corte di Giustizia con la pronuncia del 12 settembre 2013, secondo la quale «Gli artt. 43 e 49 del Trattato C.E. non ostano a una normativa nazionale che imponga alle società interessate a esercitare attività collegate ai giochi d'azzardo l'obbligo di ottenere un'autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione rilasciata dallo Stato al fine di esercitare simili attività, e che limiti il rilascio di una siffatta autorizzazione segnatamente ai richiedenti che già sono in possesso di una simile concessione». Si tratti di titoli che evidentemente sono preordinati al soddisfacimento di interessi diversi. Infatti, mentre l‘autorizzazione di polizia mira al contrasto dei fenomeni di criminalità legati al mondo delle scommesse, la S.C.I.A. consente di verificare il rispetto di quegli altri interessi che devono essere tutelati nell’esercizio dell’attività commerciale in questione, tra i quali spicca quello della tutela del consumatore rispetto alla cd. ludopatia. Quest’ultimo rappresenta un «motivo imperativo di interesse generale» che giustifica restrizioni all’attività in questione, senza che possa venire in dubbio un eventuale contrasto con la disciplina dell’Unione europea. La differenza tra le tipologie di interessi tutelati dall’autorizzazione del Questore e dalla S.C.I.A. è chiaramente desumibile anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. Corte cost., n. 300/2011), che ha escluso che l’introduzione di una disciplina delle distanze in tale materia sia invasiva della competenza del legislatore nazionale in materia di ordine pubblico. È evidente, quindi, che la disciplina sulle distanze è tesa a regolamentare il fenomeno delle conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell'impatto sul territorio dell'afflusso a detti giochi degli utenti. Si tratta, in definitiva, di disposizioni che non incidono direttamente sulla individuazione e sulla installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell'illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni e, dall'altro, influire sulla viabilità e sull'inquinamento acustico delle aree interessate (cfr. Cons. St., Sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4498). 5. Tanto premesso, non è condivisibile l’interpretazione che il TAR ha dato alla disciplina contenuta nell’art. 5 della l.r. Lombardia, n. 8/2013, prima delle modifiche portate dalla l.r. Lombardia, n. 11/2015. Quest’ultima, infatti, ha portato, tra l’altro, le seguenti modifiche: «al comma 1 dell'articolo 5, le parole: "la nuova collocazione di apparecchi per il gioco d'azzardo lecito" sono sostituite dalle seguenti: "la nuova installazione di apparecchi per il gioco d'azzardo lecito di cui all'articolo110, comma 6, del r.d. 773/1931"; e) dopo il comma 1 dell'articolo 5 sono inseriti i seguenti: "1-bis. Ai fini della presente legge per nuova installazione s'intende il collegamento degli apparecchi di cui al comma 1 alle reti telematiche dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli in data successiva alla data di pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione della deliberazione della Giunta regionale di cui al comma 1 relativa alla determinazione della distanza da luoghi sensibili». Pertanto, se il legislatore regionale con la novella del 2015 specificamente disposto che la disciplina regionale riguarda l’attivazione dell’attività commerciale all’esito anche della presentazione della S.C.I.A. e dell’avvenuto collegamento telematico, occorre verificare un analogo princopio riguarda le attività autorizzate dal Questore prima del 29 gennaio 2014, data di entrata in vigore della disciplina sul cd distanziometro, ma non ancora abilitate a seguito di S.C.I.A. Il collegio rileva che è proprio la disposizione richiamata dal primo giudice quale parametro esegetico di riferimento, ossia l’art. 1, comma 2, del D.L. n. 1/2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 27/2012, a non consentire di aderire all’impostazione prescelta dal TAR. Essa, infatti, da un lato, precisa che le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso ed all’esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate e applicate in senso tassativo, restrittivo; dall’altro, chiarisce che nell’interpretazione deve seguirsi un criterio di ragionevole proporzionalità rispetto alle perseguite finalità di interesse pubblico generale. Nella materia in questione come sopra chiarito tra le finalità di interesse pubblico generale vi sono sicuramente quelle a tutela del ‘consumatore’ nei termini sopra indicati. Pertanto, appare del tutto ragionevole ritenere che la disciplina regionale anche prima della novella del 2015, nell’utilizzare i termini di “collocazione” o di “installazione lecita”, non facesse riferimento soltanto all’ottenimento dell’autorizzazione del Questore, che come detto tutela l’interesse all’ordine pubblico, ma dovesse intendersi riferita a quelle attività che fossero dotate di entrambi i titoli per essere legittimamente avviate (non solo l’autorizzazione del Questore, ma anche la presentazione della S.C.I.A.). 
Quanto sopra per dare un contributo a quelle amministrazioni che quotidianamente cercano di frenare l'espandersi di queste attività senza il rispetto di regole.

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