mercoledì 7 ottobre 2015

IL SINDACO USA LA CARTA DI CREDITO: UNA SENTENZA DELLA CASSAZIONE


Da alcuni anni in base a una procedura da tempo utilizzata dalle grandi aziende molti Sindaci hanno cominciato ad utilizzare per le loro spese di rappresentanza delle carte di credito. La materia, com'è comprensibile si può prestare ad abusi e mentre può essere giustificata (nei limiti della legalità) per amministratori di grandi città rischia il ridicolo per quelli di piccoli Comuni che non hanno le esigenze dei colleghi più importanti. Le stesse problematiche sorgono anche per i Direttori generali delle aziende sanitarie i quali trovano comodo ricorrere a questo strumento di pagamento per evitare perdite di tempo per rendicontare all'economo le spese minute. Da tempo la Corte di Cassazione ha avuto occasione di occuparsi del fenomeno con la sentenza n. 36718/20122. La questione oggetto di controversia trova origine nella condanna inflitta alla persona del sindaco di un comune, dal tribunale, per il delitto di peculato continuato, in riferimento ad una serie di pagamenti effettuati dallo stesso con la carta di credito intestata al Comune. Secondo la Corte il meccanismo contabile della apertura di credito con concessione della carta presuppone che all'atto di compimento della spesa sia emessa una doppia nota contabile: una rilasciata Immediatamente all'esibitore della carta, l'altra, che inviata all' istituto bancario emittente, verra' incluso in un estratto-conto e sottoposta alla verifica del debitore. E palese che la spesa in tal modo è di per sé valutabile ed Immediatamente dall'organo di controllo amministrativo: non ha, quindi, ai fini della legittimità o meno dell'appropriazione alcuna rilevanza, per la semplice Intuitiva ragione che è l'esborso in sé che può costituire o meno reato, a prescindere dal documento contabile, a seconda se abbia o non abbia travalicato il fine pubblico. In questa ottica, prosegue la sentenza, non importa che la giustificazione sia più o meno prossima alla spesa, quanto che essa ci sia e dimostri, in modo trasparente e chiaro, la realizzazione dl uno scopo pubblico, e non la canalizzazione del denaro ad un fine personale: del resto, il ragionamento seguito dalla corte offre la prova della sua fallacia, ragionando a contrario, posto che collegando la interversione del possesso alla sua tempestività, legittima tout court ciò che tale potrebbe non essere secondo un dato formale e confina nell'illecito ciò che potrebbe essere ascritto a mera dimenticanza o trascuratezza, confondendo di fatto momento consumativo del reato ( istantaneamente compiuto con la interversione) con i segmenti di comportamenti post-delictum ( tardiva o improbabile o falsa o erronea imputazione e/o giustificazione) validi per la serie indiziaria e la ricerca della verità.

Allo scopo di evitare problemi è opportuno che ogni amministratore pubblico utilizzi con attenzione e parsimonia questo strumento e che ogni spesa sia effettivamente collegata al fine pubblico

Nessun commento:

Posta un commento