giovedì 31 marzo 2016

FIDUCITE E PETROLIO ALLA PROVA DEL REFERENDUM

La vicenda dell’emendamento fatto inserire nella legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) dall'ex Ministro Federica Guidi con questioni che erano state in precedenza tolte (legge sblocca Italia), ha acceso i riflettori sul modo di governare dell’amministrazione Renzi, fatta di maxiemendamenti e di voti di fiducia, grazie ai quali i deputati sono spogliati del loro diritto di parola in quanto in caso di dissenso sarebbero messi all'indice ed estromessi dalla maggioranza. Chi non è con me è contro di me: questo è il messaggio che più volte abbiamo sentito in questi ultimi tempi. 
Tra fiducia e decretazione d’urgenza il Parlamento è ridotto ad un organo costretto solamente a ratificare le decisioni del Governo.
Quello che appariva fino ad ora solamente un sistema “decisionistico”, di un gruppo giovane, contrapposto ai cosiddetti tentennamenti della classe politica anziana, mostra ora il suo lato più preoccupante costituito dalla possibilità che dietro gli emendamenti governativi ci possano essere questioni di interessi non limitate al caso singolo. Che si tratti cioè di un metodo oramai strutturato. 
D’altra parte l’ex Ministra aveva già attirato i riflettori degli ambientalisti quando, a pochissimi giorni dall'approvazione della legge di stabilità (22 dicembre 2015), il suo Dicastero aveva firmato il conferimento del permesso di ricerca «B.R274.EL» alla società Petroceltic Italia s.r.l. proprio davanti alle isole Tremiti (Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle georisorse n.12/2015) per una estensione di 2.373 Km2 dietro la corresponsione di soli € 5,16 per ogni Km2. 
Una vicenda che, a parte gli aspetti strettamente politici avrà un riscontro immediato da parte dell’opinione pubblica in occasione del referendum sul no alle trivelle.
Sorgono spontanee alcune domande.
Quanto volte questo Governo ha posto la fiducia su proposte di legge sia che fossero arenate o no? 
Secondo l’Associazione Openpolis il record senza precedenti lo ha stabilito a fine 2015 con tre voti di fiducia chiesti e ottenuti sulla legge di stabilità. Da quando si è insediato il 22 febbraio, il governo Renzi è già ricorso alla fiducia 29 volte, 16 alla Camera e 13 al Senato, su un totale di 55 leggi licenziate dal Parlamento in poco più di nove mesi. Un primato assoluto che nessuno dei suo predecessori, dalla XIII legislatura in poi, avevano neppure sfiorato. Un vero e proprio attacco di “fiducite” come lo ha definito “Il Fatto quotidiano” per l’esecutivo guidato dall'ex sindaco di Firenze, che ha portato al 74,3% il rapporto tra voti di fiducia e leggi approvate (più di una su due). 
Pur essendo un istituto previsto da leggi e regolamenti fino a qualche decennio fa si trattava di uno strumento eccezionale, ora è divenuto quasi la regola.
Perché nessuno ha ritenuto di intervenire?
Sarebbe ora che fossero messi dei paletti almeno sulle leggi di riforma costituzionale, sulla legge elettorale e sulle leggi delega.

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