La Carta di Milano, approvata nel corso della EXPO2015 prevede tra l’altro quanto segue: “le risorse del pianeta vadano gestite in modo equo, razionale ed efficiente affinché non siano sfruttate in modo eccessivo e non avvantaggino alcuni a svantaggio di altri; gli investimenti nelle risorse naturali, a partire dal suolo, debbano essere regolati, per garantire e preservare alle popolazioni locali l’accesso a tali risorse e a un loro uso sostenibile; l’attività agricola sia fondamentale non solo per la produzione di beni alimentari ma anche per il suo contributo a disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità; scegliere consapevolmente gli alimenti, considerando l’impatto della loro produzione sull'ambiente”.
Il pesante utilizzo di fitofarmaci in agricoltura non si concilia con quanto previsto dalla carta di Milano e nemmeno con le direttive sulla biodiversità.
Da tempo esistono in Europa e quindi in Italia disposizioni che regolano l’utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura con lo scopo di evitare uno sfruttamento eccessivo ed una alterazione della composizione dei terreni nel rispetto della biodiversità. In base alla normativa europea sono compresi tra i fitofarmaci i seguenti prodotti classificati in base all’uso: acaricidi, battericidi, fungicidi o anticrittogamici, diserbanti, insetticidi, nematocidi, repellenti, rodenticidi, talpicidi, ecc.
L’Italia è un mercato importante per la vendita di fitofarmaci. Secondo i dati diffusi dalla FAO siamo, infatti, al secondo posto in Europa per il consumo di queste sostanze con 80.000 tonnellate, anche se in questi anni si assiste ad un leggero decremento. Le regioni maggiori consumatrici di fitofarmaci sono quelle settentrionali.
Sfugge inoltre alla rilevazione statistica il fenomeno delle vendite di prodotti nel mercato nero che comporta il consumo di prodotti introdotti illegalmente nel nostro paese, soprattutto dalla Francia, non etichettati e contenenti a volte sostanze ormai fuorilegge.
Il problema è noto e da anni viene studiato sotto vari aspetti per i rischi per la salute umana per chi usa questi prodotti e per chi ingerisce alimenti che ne contengono i residui.
La Direttiva 91/414/CEE stabilisce le regole per l’autorizzazione dei prodotti fitosanitari, prevedendo una rigorosa valutazione del rischio prima dell’immissione sul mercato e dell’uso di questi prodotti. Oltre a regolamentare l’immissione in commercio, la normativa prende in considerazione anche la fase finale del ciclo di vita dei pesticidi, imponendo, con il Regolamento 396/2005/CE i livelli massimi di residui negli alimenti (LMR). Viene disciplinato il loro processo di definizione dei limiti in prodotti di origine vegetale e animale destinati al consumo umano. Periodicamente l’EFSA pubblica un rapporto su questo tema.
In questo contesto, sono stati emanati la Direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi, il Regolamento 1107/2009/CE relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, che abroga la direttiva 91/414, il Regolamento (CE) n. 1185/2009 relativo alle statistiche sui pesticidi, la Direttiva 2009/127/CE, relativa alle macchine per l’applicazione di pesticidi.
Il Ministero della Salute è competente per l’autorizzazione di questi prodotti prima dell’immissione in commercio a causa della loro tossicità. L’articolo 68 del regolamento UE N.1107/2009 stabilisce che debbano essere effettuati controlli per la verifica del rispetto delle condizioni di autorizzazione dei prodotti fitosanitari.
La fase dell’utilizzo di queste sostanze è invece affidata al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che segue la materia grazie al Corpo Forestale dello Stato e al Sistema Informativo Unificato dei servizi del comparto agricolo (SIAN); gli agricoltori non possono fare un uso libero dei prodotti fitosanitari, dei fertilizzanti o dei pesticidi, ma devono attenersi strettamente ad alcune regole precise, come la registrazione di tutti i trattamenti effettuati, il divieto di usare determinati pesticidi in alcune colture, o ancora il rispetto dei tempi di sospensione, cioè il lasso di tempo che deve intercorrere tra il trattamento chimico e il raccolto, per far sì che i pesticidi usati abbiano il tempo di andarsene prima che frutta e verdura arrivino sulle nostre tavole.
In base alle norme vigenti per l'acquisto di fitofarmaci occorre un “Patentino”. La materia è regolata dal D.P.R. 23 aprile 2001 n. 290 “Regolamento di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione alla produzione, all’immissione in commercio e alla vendita di prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti”. I prodotti fitosanitari ed i loro coadiuvanti che sono classificati: molto tossici (XT); tossici (T); nocivi (NT), possono essere acquistati soltanto da coloro che risultano muniti di apposita autorizzazione. Gli artt. 25 e 26 del DPR 290/2001 dispongono che tale autorizzazione venga rilasciata alle persone che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e che abbiano frequentato con profitto uno specifico corso di formazione al termine del quale è prevista una prova di valutazione da parte di apposita commissione.
I controlli dal punto di vista della salute umana tornano al Ministero della salute che li svolge attraverso i propri enti strumentali come l’Istituto Superiore di Sanità e gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), i Posti di Ispezione Frontaliera (PIF) e il Comando Carabinieri per la tutela della salute (NAS).
I fitofarmaci sono sostanze tossiche e cancerogene che possono provocare molte altre malattie.
Sono altamente pericolosi per chi li usa e occorre utilizzare molte precauzioni.
Sono altamente pericolosi per chi li usa e occorre utilizzare molte precauzioni.
Nessun commento:
Posta un commento