In questi giorni il Presidente dell’ANAC ha pubblicato sul proprio sito il “Rapporto sullo stato di attuazione e la qualità dei piani triennali di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche 2015-2017” predisposto unitamente al Formez e all’Università di Tor Vergata. Si tratta di un documento molto importante che analizza in maniera scientifica la situazione della prevenzione delle pubbliche amministrazioni ivi compresi gli enti locali. Nel complesso ne deriva un livello insoddisfacente nel garantire adeguati livelli qualitativi del PTPC, indispensabili per garantire la sua sostenibilità ed efficacia nel tempo.
In particolare, nei Comuni sopra i 15.000 abitanti, seppur a fronte di un risultato generale molto critico, si possono comunque rilevare alcune best practice sia per quanto concerne la mappatura dei processi attinente alle aree di rischio obbligatorie, sia per quella relativa alle aree ulteriori.
In alcuni casi infatti si riscontra una mappatura dei processi riferita alle aree obbligatorie puntuale, che descrive, per ogni processo, le fasi, gli input, gli output e le relative responsabilità organizzative. Alcuni Comuni hanno poi individuato aree di rischio ulteriori quali, ad esempio, l’Area finanziaria, la Polizia Municipale, la Gestione del patrimonio, la Riscossione delle sanzioni e dei tributi, la Pianificazione ed attuazione urbanistica, il Rilascio di certificazioni.
Con riferimento al risk assessment l’analisi ha evidenziato come la maggior parte dei Piani risulti complessivamente insufficiente. Tale valutazione negativa vale soprattutto nel caso della identificazione e analisi dei rischi, dove si sono riscontrati risultati inferiori rispetto alle fasi di valutazione e ponderazione dei rischi e di trattamento degli stessi.
Alcuni dei Comuni oggetto di analisi hanno comunque operato un’analisi dei fattori abilitanti, attraverso la loro individuazione ed esplicitazione in relazione alla variabile preponderante tra contesto organizzativo, personale e sociale-ambientale. Altri Comuni hanno optato per metodi alternativi a quanto proposto dall’Allegato 5 del PNA, proponendo variabili oggettive e soggettive per il calcolo degli indicatori di probabilità e d’impatto. In alcuni casi i Comuni hanno predisposto delle schede processo allegate al PTPC, nelle quali hanno sintetizzato tutte le risultanze della valutazione del rischio.
Anche in relazione alla comunicazione e monitoraggio i Piani dei comuni sopra i 15.000 abitanti presentano livelli insufficienti, seppur con valori migliori per quanto riguarda il coinvolgimento degli attori interni.
In molti casi il Piano risulta inattuato specialmente per quanto riguarda la definizione dei procedimenti e la rotazione dei dirigenti.
In molti casi il Piano risulta inattuato specialmente per quanto riguarda la definizione dei procedimenti e la rotazione dei dirigenti.
la Legge n. 124 del 2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” che, all’art. 7 (Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza), sottolinea la necessità della “precisazione dei contenuti e del procedimento di adozione del Piano nazionale anticorruzione, dei piani di prevenzione della corruzione e della relazione annuale del responsabile della prevenzione della corruzione, anche attraverso la modifica della relativa disciplina legislativa, anche ai fini della maggiore efficacia dei controlli in fase di attuazione, della differenziazione per settori e dimensioni, del coordinamento con gli strumenti di misurazione e valutazione delle performance nonché dell'individuazione dei principali rischi e dei relativi rimedi; conseguente ridefinizione dei ruoli, dei poteri e delle responsabilità dei soggetti interni che intervengono nei relativi processi”.
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