martedì 8 dicembre 2015

LE IMPRESE CHE PARTECIPANO ALLE GARE PER GLI APPALTI PUBBLICI DEVONO PRESENTARE LA DICHIRAZIONE RELATIVA AL POSSESSO DEI REQUISITI MORALI E PROFESSIONALI A PENA DI ESCLUSIONE



Il Consiglio di stato, Sez. V, con Sentenza n. 5458 depositata 2 dicembre 2015 ha preso in esame l'obbligo imposto alle imprese che partecipano agli appalti dagli artt. 38 (comma 1 lettera b) e 46 del Codice dei Contratti pubblici di allegare (a pena di esclusione) apposita dichiarazione relativa all possesso dei requisiti generali soggettivi di affidabilità morale e professionale.
Secondo il Consiglio La formulazione letterale del menzionato art. 46, co. 1-bis impone di applicare la sanzione dell’esclusione alla violazione dell’art. 38, co. 2, cit., relativo alla presentazione delle dichiarazioni attestanti l’assenza delle relative condizioni ostative (quand’anche queste fossero in concreto inesistenti) e giustifica l’applicazione della sanzione espulsiva sia nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara la preveda come conseguenza della sola assenza oggettiva dei requisiti di moralità (e non anche della loro mancata attestazione), sia quando (come verificatosi nel caso di specie) la stazione appaltante determini in modo puntuale le modalità dell’obbligo dichiarativo, scegliendo fra la dichiarazione «diretta» di cui all’art. 47, comma 1, t.u. n. 445 del 2000 e quella «indiretta» per conto terzi, prevista dal comma 2 del medesimo articolo. 
In presenza di dichiarazioni richieste a pena di esclusione e radicalmente mancanti, resta precluso all’amministrazione l’esercizio del potere sul «soccorso istruttorio» (che si risolverebbe in una lesione del principio della par condicio): invero, la mancata allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di esclusione non può essere considerata alla stregua di un’irregolarità sanabile, in applicazione del cd. “dovere di soccorso” di cui al più volte menzionato art. 46 e non ne è permessa l’integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali. Tale principio a maggior ragione si applica quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall'ambiguità di clausole della legge di gara, potendosi al più ammettere in tale contesto l’integrazione solo quando i vizi sono chiaramente imputabili ad errore materiale, ma sempre che riguardino dichiarazioni o documenti non richiesti a pena di esclusione, non essendo, in quest’ultima ipotesi, consentita la sanatoria o l’integrazione postuma, che si tradurrebbe in una violazione dei termini massimi di presentazione dell’offerta e, in definitiva, in una violazione

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