Le procedure per il contenimento della spesa pubblica hanno avuto una
notevole accelerazione negli ultimi anni con l’entrata in vigore di una modifica della normativa in base alla quale i
Comuni non capoluogo di provincia avrebbero dovuto procedere all’acquisizione di beni e servizi
(dal 1° luglio per gli appalti di lavori) nell’ambito delle unioni dei Comuni,
se esistenti, oppure costituendo un apposito accordo consortile.
In particolare il Codice dei contratti (D.lgs 50/2016) prevede che i Comuni non capoluogo di provincia per l'acquisto di beni e servizi dal 1º gennaio 2015 e per l'acquisto di lavori dal 1º luglio 2015 debbano ricorrere ad una Centrale unica di committenza.
Molti Comuni hanno costituito tra loro la Centrale unica di committenza per l'affidamento di forniture e di lavori sopra la soglia europea.
Nella maggior parte dei casi esiste una convenzione ed un regolamento per definire i rapporti tra gli enti e le procedure da seguire.
Resta, è non è cosa di poco conto, il problema del
funzionamento delle CUC il cui fine è quello di centralizzare la domanda di
lavori, beni e servizi proveniente da più Comuni mettendo a gara volumi
maggiori riducendo le spese e i rischi connessi alla gestione delle procedure
anche grazie ad un accrescimento della specializzazione del personale.
Alcuni Comuni dopo aver costituito la CUC proseguono ad agire come se nulla fosse gestendo gare e affidamenti senza ricorrere alla gestione unificata, di fatto così eludendo la legge.
La questione potrebbe assumere rilievo di responsabilità contabile per i dirigenti (in quanto gli acquisti effettuati in maniera centralizzata dovrebbero permettere dei risparmi) e quindi di omesso controllo da parte degli amministratori.
Pertanto è indispensabile che tutti i comuni provvedano al più presto a definire i provvedimenti necessari al fine di far cessare questo stato di cose.
Per approfondire l'argomento se ne parla nel mio "Utopia di un Comune...e come realizzarla"
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