La Giunta regionale del Lazio, ha approvato finalmente il Piano sociale triennale della Regione Lazio con deliberazione n. 57 del 14 febbraio scorso, dopo un percorso molto complesso e impegnativo di redazione partecipata, guidato dalla Regione Lazio con la collaborazione scientifica dell'Università di Roma Tor Vergata: in sette mesi si sono tenute sette assemblee territoriali con Enti Locali ed ASL, numerosi incontri con soggetti del Terzo Settore, imprese sociali, rappresentanze dei sindacati e cittadini interessati, e quindici tavoli tematici e focus group su diversi ambiti di intervento (affido, maltrattamento e abusi su minori, violenza di genere, co-progettazione, famiglia-minori-adozioni, rapporto servizi-giustizia, rifugiati, pianificazione del welfare, integrazione socio-sanitaria, disabilità, povertà, sistemi partecipativi, dopo di noi, rom-sinti e caminanti).
Nel corso di tutti gli incontri è stata data la possibilità di rappresentare esigenze e criticità e di proporre contributi riguardanti sia la governance del sistema integrato dei servizi sociali, sia gli aspetti di contenuto del Piano.
Ora lo schema, come previsto dall'articolo 47 comma 1 della legge 11/2016 (ovvero la riforma regionale del welfare), verrà sottoposto al parere di una serie di soggetti: Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria regionale, Roma Capitale, CAL, reti associative di secondo livello del Terzo settore, Osservatori e Consulte di settore e organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Una volta effettuate le consultazioni, la Giunta approverà con una nuova deliberazione la proposta di Piano sociale regionale che sarà a quel punto inviata all'esame del Consiglio regionale.
Il Piano ha come principio guida quello della centralità della persona nella comunità; intorno ad essa devono ruotare politiche, progettualità, servizi e strutture specifiche. In particolare, sono individuabili cinque parole chiave che lo contraddistinguono: l'impostazione centrata sui livelli essenziali delle prestazioni (al momento non esigibili, ma definiti come obiettivi di servizio), in luogo dell'approccio, ormai obsoleto per quanto radicato, centrato sulle categorie; la logica dell'integrazione, che va perseguita a diversi livelli: integrazione delle politiche e degli attori (istituzionali e non), dei programmi e dei processi, dei servizi e degli interventi, delle risorse umane, strumentali e finanziarie; l'approccio di prossimità alla persona, che privilegia interventi domiciliari, centrati su: la permanenza nel proprio contesto di vita, il sostegno all'abitare, l'inclusione nella comunità di appartenenza, la predisposizione di soluzione abitative che riproducano le condizioni di vita familiari; l’innovazione nei processi partecipativi, nello sviluppo di comunità responsabili e mutualistiche, nel coinvolgimento nella co-progettazione delle organizzazioni di terzo settore e nella valutazione di impatto delle attività, dei progetti e delle politiche; un approccio basato conoscenza approfondita dei cambiamenti sociali, dell’offerta di strutture e servizi, delle vulnerabilità e delle prese in carico per la programmazione di interventi personalizzati. Sulla base di una consapevole scelta metodologica, l’indice del Piano segue in modo organico la previsione dei contenuti di cui all’articolo 46 della legge 11/2016. Inoltre è orientato alla costruzione di processi di programmazione più efficaci e qualitativi nelle politiche sociali regionali nel loro complesso, piuttosto che essere organizzato per voci di “bisogno” o di “target”, al fine di evitare il rischio di politiche programmatorie cosiddette a “canne d’organo”.
LA DELIBERA LA TROVATE SUL SUPPLEMENTO ORDINARIO AL N. 16 DEL
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