Secondo dati pubblicati da LA STAMPA i Comuni hanno utilizzato fino ad ora solamente il 6,5% dei fondi stanziati per le bonifiche dall'amianto; molti di essi non hanno neanche fatto la mappatura.
Sembra che il problema sia dovuto al fatto che i finanziamenti sono solo per la progettazione degli interventi ma che poi i Comuni non dispongono di fondi per la realizzazione pratica della bonifica.
Le prime disposizioni che regolamentano l’uso dell’amianto nel nostro paese risalgono al 1986 con l’ordinanza del Ministero della Sanità 26/6/86 che, in recepimento della direttiva europea 83/478, limita l’immissione nel mercato e l’uso della crocidolite.
Il DPR 215 del 1998 amplia ulteriormente il campo delle restrizioni estendendolo a tutti i tipi di amianto quando siano impiegati in alcune tipologie di prodotti, quali giocattoli, articoli per fumatori, pitture e vernici. La stessa norma vieta l’applicazione a spruzzo e definisce le disposizioni (tuttora vigenti) per l’etichettatura dei prodotti contenenti amianto.
Nel 1992 con la legge n. 257 l’Italia mette al bando tutti i prodotti contenenti amianto, vietando l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di amianto e di prodotti contenenti amianto, secondo un programma di dismissione il cui termine ultimo è fissato al 28 aprile 1994. Solo recentemente, la legge 426 del 9 dicembre 1998 ha introdotto una deroga a tale divieto limitatamente ad alcune applicazioni particolari.
La L. 257/92 regolamenta il processo di dismissione, definendo i criteri per il finanziamento delle imprese interessate alla riconversione produttiva e per i benefici previdenziali a favore dei lavoratori occupati nella produzione dell’amianto. Successivamente la Legge 271/93 estende tali benefici a tutti i lavoratori professionalmente esposti ad amianto.
La norma, tuttavia, non si limita a prescrivere la cessazione dell'impiego dell'amianto ma cerca di prendere in esame la complessa tematica dell'amianto nella sua interezza, mettendo in evidenza alcuni problemi considerati particolarmente rilevanti ai fini della tutela della salute pubblica, connessi alla presenza nell’ambiente di prodotti di amianto liberamente commercializzati ed installati in precedenza.
Sono previste, a tal fine, disposizioni specifiche per il controllo delle imprese impegnate nelle attività di lavorazione, manutenzione, bonifica e smaltimento dell’amianto; che annualmente devono inviare una relazione tecnica alle regioni e alle USL secondo il modello stabilito dalla Circolare del Ministero dell’Industria n. 124976 del 17.2.93, nonché l’emanazione di disciplinari tecnici per gli interventi di bonifica. Viene introdotto l’obbligo per coloro che operano nello smaltimento e nella rimozione dell’amianto di iscriversi a una speciale sezione dell’albo delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti. E’ individuata l’esigenza di rivedere i criteri di classificazione dei rifiuti in base alle caratteristiche di friabilità e densità.
Particolare attenzione è riservata al problema amianto negli edifici, individuando come situazioni a maggior rischio quelle nelle quali l’amianto si trova libero o legato in matrice friabile. I proprietari degli immobili hanno l’obbligo di notificare alle USL la presenza di amianto in matrice friabile, le USL hanno il compito di effettuare l’analisi del rivestimento degli edifici e di istituire un registro con la localizzazione degli edifici con presenza di amianto floccato o in matrice friabile; le Regioni hanno il potere di disporre, quando ritenuto opportuno, la rimozione dei materiali contenenti amianto, con oneri a carico dei proprietari degli immobili.
La legge 257/92, tuttavia, non disciplina in maniera specifica nessuno di questi aspetti, ma rimanda alla successiva emanazione di una lunga serie di dispositivi di attuazione.
Il Ministero ha prorogato al 30 aprile il bando in base al quale i Sindaci potranno chiedere altri fondi...speriamo che lo facciano anche sulla spinta dei cittadini.
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