L'Autorità Anticorruzione ha pubblicato sul proprio sito un interessante studio sui rinnovi e le proroghe dei contratti da parte delle pubbliche amministrazioni: uno strumento talora abusato da parte di alcuni. I punti salienti delle conclusioni cui è pervenuta l'Autorità sono i seguenti:
Fenomeni emergenti dall’indagine. La posizione dell’Autorità.
L’analisi dei dati riportati ed ancor più la lettura degli atti autorizzativi delle proroghe, ha consentito di individuare un utilizzo distorto delle proroghe “tecniche” così come previste dalla elaborazione giurisprudenziale e dall’Autorità.
Sull’istituto della proroga e del rinnovo, l'Autorità è intervenuta in numerosi casi; con la deliberazione n. 34/2011, ha chiarito che la proroga - oggetto di numerose pronunce da parte della giustizia amministrativa - è un istituto assolutamente eccezionale ed, in quanto tale, è possibile ricorrervi solo per cause determinate da fattori che comunque non coinvolgono la responsabilità dell'amministrazione aggiudicatrice. Al di fuori dei casi strettamente previsti dalla legge (art. 23, legge n. 62/2005) la proroga dei contratti pubblici costituisce una violazione dei principi enunciati all'art. 2 del d.lgs. 163/2006 e, in particolare, della libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. La proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro. Una volta scaduto un contratto, quindi, l'amministrazione, qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazione, deve effettuare una nuova gara (Cons. di Stato n. 3391/2008).
Quanto al rinnovo, è stato chiarito che a seguito dell'intervento abrogativo dell'art. 23 della legge n. 62/2005 (c.d. legge comunitaria 2004), nei confronti della legge n. 537/1993, l'orientamento giurisprudenziale maggioritario attribuisce al divieto di rinnovo dei contratti di appalto scaduti una valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni della normativa nazionale che consentono di eludere il divieto di rinnovazione dei contratti pubblici.
Tuttavia, l'Autorità ha rilevato residuali margini di applicabilità del rinnovo espresso a determinate condizioni e nel rispetto dei principi comunitari di trasparenza e par condicio alla base dell'evidenza pubblica. In particolare, l'art. 57 comma 5 lett. b) del d.lgs. n. 163/2006 ripristina indirettamente la possibilità di ricorrere al rinnovo dei contratti, ammettendo la ripetizione dei servizi analoghi, purché tale possibilità sia stata espressamente prevista e stimata nel bando e rientri in determinati limiti temporali (cfr. Parere n. 242/2008; Deliberazione n. 183/2007 della ex Avcp).
Ma, soprattutto, condizione inderogabile per l'affidamento diretto dei servizi successivi è che il loro importo complessivo stimato sia stato computato per la determinazione del valore globale del contratto iniziale, ai fini delle soglie di cui all'art. 28 del citato d.lgs. 163 e degli altri istituti e adempimenti che la normativa correla all'importo stimato dell'appalto. Si rinvia – ex plurimis - alla deliberazione n. 6 del 20.02.2013 e al parere AG 38/13 del 24.07.2013.
Proroga tecnica come ammortizzatore pluriennale di inefficienze
La corretta programmazione delle acquisizioni di beni e servizi e delle attività di gara, volte ad assicurare il regolare e tempestivo avvicendamento degli affidatari, non traspare in alcun modo dalle relazioni analizzate. Per quanto l’art. 271, comma 1 del Regolamento n. 207/2010 stabilisca la facoltà della programmazione dell’acquisto di beni e servizi, il sistematico mancato utilizzo dello strumento della programmazione comporta, tra le varie conseguenze, anche l’assenza della definizione di termini, seppur semplicemente programmatori, di avvio delle procedure di selezione del nuovo affidatario.
Nel campione analizzato non è raro il caso di concessione di proroghe tecniche in cui la procedura per l’affidamento del servizio non ha avuto alcun inizio. La redazione degli atti di gara appare infatti preceduta da complesse attività volte a definire gli esatti contenuti delle prestazioni oggetto della gara. Alla definizione di tali contenuti partecipano spesso una pluralità di soggetti e di uffici con procedure e tempistiche che possono descriversi come “deresponsabilizzati” rispetto all’esigenza di una definizione entro tempi determinati.
La scelta di metodi e tecnologie per lo svolgimento dei servizi prende, spesso, le mosse da un necessario ma spesso defatigante coinvolgimento dei destinatari intermedi dei servizi. La annosa definizione dei contenuti è poi non di rado rimessa in discussione dal mutare delle esigenze nei tempi successivi alla precedente definizione.
Nella fase dell’evidenza pubblica, a partire dalla pubblicazione degli atti di gara (capitolati, disciplinare, ecc.), la dilatazione dei tempi è legata spesso alla incompletezza e scarsa qualità della definizione delle prestazioni che, a seguito di richieste di chiarimento da parte dei concorrenti, determinano lo spostamento dei termini delle offerte a seguito di precisazioni o variazioni dei contenuti degli atti stessi. Infine anche la fase della valutazione delle offerte risulta fortemente espansa per la complessità delle attività, non agevolata da capitolati e criteri di selezione ben determinati, nonché per la composizione e qualificazione delle commissioni di gara che in non pochi casi determinano la sostituzione dei componenti e calendarizzazioni molto lunghe.
Impatto dei processi di riorganizzazione
Nella descrizione corale ricavabile dalle relazioni e atti esaminati è costante la descrizione di una attività di continuo rimescolamento dei modelli organizzativi degli enti appaltanti. Dalle relazioni si desume come, nel decennio passato, la ricerca di efficienza degli enti del servizio sanitario, resa ancora più acuta dal diminuire delle risorse disponibili, si stia attuando con un caotico susseguirsi di iniziative che alternano modelli organizzativi differenziati. Accorpamenti territoriali cui seguono riaccorpamenti con criteri diversi, quali ad esempio quelli funzionali, visioni o modelli piramidali che vengono sostituiti da modelli a matrice, per limitarsi alle più diffuse situazioni, fanno si che gare predisposte se non avviate, subiscono ritardi o riedizioni, previamente annullate/revocate, per l’esigenza di ridefinire l’oggetto o le quantità, o ancora dilatazione dei tempi per permettere il riallineamento di differenti contratti in corso così da consentire gare con oggetto più ampio. Le scelte degli enti appaltanti sono difficilmente censurabili ove le motivazioni addotte fondino le ragioni sulla maggiore efficienza ed economicità. Tuttavia, il risultato finale è che la proroga tecnica è utilizzata - come detto - quale ammortizzatore delle scelte riorganizzative e di altri fattori.
Forme di acquisto centralizzate/associate
La chiara indicazione del legislatore, sia nazionale che della stragrande maggioranza delle regioni, di obbligare gli enti del servizio sanitario a forme di acquisto sempre più unificate ove non attuata attraverso una specifica programmazione, ha di fatto determinato, nelle situazioni monitorate, effetti distorsivi. La normativa inoltre spesso contiene divieti assoluti per le stazioni appaltanti di procedere in autonomia a nuove procedure. Al contempo, l’organo deputato alla gara centralizzata spesso le avvia con ritardo, dovuto principalmente alla esigenza di programmare le gare stesse – con cadenza pluriennale - sulle diverse tipologie di beni o in altri casi per la difficoltà di uniformare le esigenze di strutture spesso molto diversificate.
La necessità di garantire i servizi obbliga le amministrazioni in questa condizione a prorogare i contratti in essere, più volte. Il quadro fattuale delle esperienze di centralizzazione che deriva dalla lettura delle relazioni del campione appare segnato da una carenza di raccordo tra la previsione normativa e la realtà operativa.
La proroga “tecnica” - nel quadro prima descritto - non è più uno strumento di “transizione” per qualche mese di ritardo determinato da fatti imprevedibili, ma diventa ammortizzatore pluriennale di palesi inefficienze di programmazione e gestione del processo di individuazione del nuovo assegnatario.
Quanto sopra evidenziato sull’uso improprio delle proroghe, può assumere profili di illegittimità e di danno erariale, allorquando le amministrazioni interessate non dimostrino di aver attivato tutti quegli strumenti organizzativi\amministrativi necessari ad evitare il generale e tassativo divieto di proroga dei contratti in corso e le correlate distorsioni del mercato.