L’impiego di fertilizzanti di produzione industriale inizia a metà del secolo scorso e più precisamente a partire dal secondo dopoguerra (inizialmente venivano importati), tali fertilizzanti sono diventati la fonte principale di elementi nutritivi per l’agricoltura italiana.
La normativa italiana sui fertilizzanti risultava abbastanza disomogenea e non adeguata al progresso tecnico fino al recepimento della direttiva del Consiglio 76/116/CEE, con la legge 19 ottobre 1984, n. 748, “Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti”.
Successivamente sono stati emanati il Regolamento (CE) n. 2003/2003 e la L. 29 aprile 2010, n. 75 recante il riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88.
Tali norme rappresentano ad oggi, il fondamento della regolamentazione della produzione e commercializzazione dei fertilizzanti in Italia.
La competenza in merito alla immissione in commercio dei fertilizzanti è del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Problemi nascono dall'accumulo di queste sostanze nel terreno in quanto si possono creare alterazioni della sua composizione e in particolare nelle zone dove dove la falda è superficiale in quanto può essere inquinata.
I fertilizzanti, pur contribuendo in maniera determinante allo sviluppo della moderna agricoltura, sono riconosciuti come una delle principali “pressioni” ambientali generate dall’agricoltura.
Il loro accumulo nei suoli ne altera le proprietà fisiche e chimiche, con meccanismi diversi da elemento a elemento e in funzione di numerosi fattori, quali:
· tipo di suolo e di coltura;
· sistema di drenaggio;
· dosi;
· modalità e periodi di fertilizzazione.
Come accennato i fertilizzanti, soprattutto quelli azotati e fosfatici, possono contaminare le acque superficiali o profonde e, successivamente, stimolare lo sviluppo delle alghe (eutrofizzazione).
La stessa Direttiva “Nitrati”, il cui principale obiettivo è quello di ridurre le concentrazioni di nitrati nelle acque potabili, invita gli stati membri a predisporre dei codici nazionali di “buona pratica agricola”, indicati come strumenti decisivi per raggiungere gli obblighi disposti dalla Direttiva.
Dall’indagine ISTAT prima menzionata, effettuata nel 1988 e che avrebbe dovuto essere ripetuta con periodicità quinquennale, risulta che sui suoli agricoli italiani sono stati distribuiti mediamente 96 kg/ha di azoto, 75 kg/ha di fosforo, 50 kg/ha di potassio e 12 kg/ha di altri concimi. Una pubblicazione OCSE (2002) riporta che l’eccesso d’azoto dovuto all’agricoltura è sceso da 44 kg/ha del triennio 1985-87a 31 kg/ha del triennio 1995-97. Tale valore pone il nostro paese al di sotto della media dell’UE (58 kg), ma al di sopra della media dei paesi OCSE (23 kg).
Come accennato in base ai dati ISTAT relativi alle vendite, risulta che in Italia, dagli inizi degli anni ’70, si registra una lieve tendenza alla contrazione delle quantità di fertilizzanti distribuiti per uso
agricolo.
Tuttavia, a causa della contrazione nello stesso periodo della superficie concimabile, occorre segnalare una tendenza all’aumento del valore stimato di elementi fertilizzanti per unità di superficie.
Tale aumento ha riguardato in modo particolare i fertilizzanti azotati (89,4 kg/ha, espressi in unità di fertilizzante di N, nel 2001), mentre le quantità di fertilizzanti di P2O5 (45,1 kg/ha) e di K2O (32,5 kg/ha) sono rimasti pressoché costanti.
Da dati ISTAT si deduce che, nel 2001, su 15.192.672 ettari di superficie concimabile (e su 3.711.219 aziende) sono stati somministrati mediamente circa 204 kg/ha di fertilizzanti.
Una speciale attenzione deve essere posta nell'utilizzo di fertilizzanti nelle aree siti in prossimità di bacini lacustri con scarso ricambio di acque e in particolare delle lagune che rappresentano zone sensibili per eccellenza, in quanto i fertilizzanti possono procurare una presenza eccessiva di azoto e di fosforo con conseguente accrescimento anomalo delle alghe e loro successiva decomposizione con sottrazione dell'ossigeno alla fauna ittica che muore per anossia.
Pertanto appare chiaro come nelle aree sensibili e a maggior ragione in quelle protette dovrebbe essere consentito solo l'utilizzo di concimi organici.
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