Il TAR di Milano , Sezione IV con la Sentenza n. 1598 del 10 agosto scorso ha affrontato una questione relativa all'esame della campionatura per una gara in una seduta non aperta al pubblico.
Al riguardo il TAR ha premesso che l’orientamento giurisprudenziale (cfr. tra le altre Consiglio di Stato, sez. III, 8 settembre 2015, n. 4191; Consiglio di Stato, sez. III, 23 ottobre 2014, n. 5225), più volte richiamato dalle parti resistenti, a mente del quale, in generale, “la campionatura, rispecchia la sola ed esclusiva funzione…di illustrare, in modo esemplificativo e non tassativo, il contenuto dell'offerta tecnica, comprovando le capacità tecniche dell'impresa concorrente, e quindi di essere, rispetto all'offerta tecnica, un elemento richiesto ad probationem e non ad substantiam, rendendo quest'ultima, in sua assenza, non valutabile…e non già inammissibile”.
Il TAR ha poi proseguito evidenziando che “se la campionatura ha una funzione meramente esemplificativa delle caratteristiche dell'offerta, mirando a dimostrare le capacità tecniche della concorrente, e può, addirittura, essere integrata nel corso della gara, come ha previsto la lex specialis, finché non sia oggetto di valutazione da parte della Commissione, non vi è alcuna esigenza di par condicio tra i concorrenti né alcun interesse pubblico alla imparzialità e trasparenza dell'azione amministrativa che ne giustifichi l'apertura in seduta pubblica, con il ricorso ad operazioni materiali di apertura, aventi ad oggetto molti e ingombranti campioni, lunghe, complesse e finanche inutili, una volta che i campioni possano essere cambiati dalla concorrente, anche successivamente, per dimostrare la bontà della propria offerta tecnica, che è e resta nella sua essenza documentale, come pure si dirà tra breve, il parametro principale e imprescindibile al quale la stazione appaltante deve fare riferimento, pur essendo condizione necessaria, ma non sufficiente, nella gara in questione, per la congiunta necessità di depositare anche la campionatura”.
Si tratta di principi che, in linea generale, sono condivisi dal Tribunale, ma che devono essere confrontati con le specifiche previsioni della lex specialis, relativa alla particolare gara cui si riferiscono gli atti impugnati.
In linea teorica non vi sono, infatti, ostacoli normativi alla possibilità per la stazione appaltante, in esercizio dei poteri discrezionali di cui dispone nel determinare gli elementi qualitativi dell’offerta, con i relativi parametri di valutazione, di individuare nel “campione” un elemento essenziale dell’offerta stessa.
Tale connotazione della campionatura, da un lato, è coerente con l’art. 46, comma 1 bis, del d.l.vo 2006, n. 163, che individua proprio nell’incertezza assoluta dell’offerta una causa di esclusione dalla gara, dall’altro, giustifica la previsione del disciplinare che ne impone la produzione a pena di esclusione, proprio perché afferente al contenuto essenziale dell’offerta nel senso indicato dalla norma appena citata.
E’ vero che l’art. 42, comma 1, lett. l) del d.l.vo n. 163 del 2006 consente alle stazioni appaltanti di prevedere il deposito di campioni, quali modalità di prova del requisito di capacità tecnica, ma ciò non basta per ritenere che in ogni caso e indefettibilmente la campionatura sia un elemento richiesto ad probationem e non ad substantiam.
L’offerta si compone di documenti descrittivi, relazioni, progetti di prestazioni, relative a beni e servizi, conformi alle previsioni della lex specialis ed è costituita da tutti gli elementi richiesti da quest’ultima, sicché quando i profili qualitativi che sostanziano i criteri di valutazione emergono, come nel caso di specie, solo dall’analisi fisica del prodotto e il capitolato ne impone la produzione di uno o più esemplari a pena di esclusione, ciò significa che l’offerta è completa in tutti i suoi aspetti essenziali solo se è fornita anche la campionatura.
In questa situazione la campionatura costituisce un elemento essenziale, perché attiene ad aspetti intrinseci e qualitativi dell’offerta, tanto che la sua carenza non è integrabile a posteriori, né può essere oggetto del dovere di soccorso della stazione appaltante, ma determina l’incompletezza dell’offerta e, quindi, l’esclusione dalla gara.
Come già chiarito, il Tribunale è consapevole del fatto che, di regola, la produzione della campionatura tende a consentire l’apprezzamento, su un piano di effettività, dei requisiti di idoneità dell’impresa ammessa alla gara a rendere una prestazione conforme alle specifiche del disciplinare di gara e trova referente normativo nell’art. 42, comma 1, lett. l), del d.l.vo innanzi citato (per queste considerazioni si veda Consiglio di Stato, 23 ottobre 2014, n. 5225), ma ciò non toglie che la lex specialis possa prevedere, secondo le valutazioni compiute dalla stazione appaltante nel predisporla, un diverso ruolo della campionatura, individuandola come un elemento essenziale dell’offerta, funzionale alla sua completezza e necessaria per l’apprezzamento dei profili qualitativi che integrano i criteri di valutazione.
Ciò, ovviamente, non significa che il campione sia sempre e comunque un aspetto essenziale dell’offerta, ma solo che la stazione appaltante può individuarlo come tale.
Questa situazione si verifica allorché la lex specialis non configura la campionatura semplicemente come un elemento di prova delle qualità promesse o di raffronto tra le caratteristiche del prodotto offerto e quello di fatto consegnato in sede esecutiva, con conseguente rilevanza ai fini della valutazione dell’esatto adempimento contrattuale, ma appunto la individua come un elemento essenziale dell’offerta, perché in relazione ad essa viene effettuato, in tutto o in parte, l’apprezzamento degli aspetti qualitativi dei prodotti, con relativa assegnazione dei punteggi.
Insomma, l’inerenza o meno della campionatura al contenuto dell’offerta, con le conseguenze che ne derivano in ordine al dovere di acquisirla in seduta pubblica o meno, deve essere esaminata in relazione alle caratteristiche e alla disciplina di ciascuna gara e non in via generale ed astratta.
Da tempo la giurisprudenza ha precisato che il principio di pubblicità delle gare per i contratti pubblici è radicato in canoni di diritto comunitario e interno; in tal senso rilevano sia il richiamo, all’art. 97 della Costituzione e alle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, da cui è scaturito il Codice italiano dei contratti pubblici - le quali agli articoli, rispettivamente, 10 e 2, stabiliscono, con espressione di portata ineludibile: “Le amministrazioni aggiudicatrici …agiscono con trasparenza” – sia il riferimento al d.l.vo n. 163 del 2006, che, nel recepire le Direttive ricordate, all’art. 2, comma 1, specifica il precetto comunitario imponendo che l’aggiudicazione degli appalti pubblici avvenga nel rispetto del principio, oltre che di trasparenza, di “pubblicità con le modalità indicate dal presente codice”.
Pertanto, seppure il d.l.vo n. 163/2006 non enuncia direttamente alcuna regola specifica in materia di svolgimento delle sedute di gara, nondimeno la giurisprudenza ha precisato che si deve comunque svolgere in pubblico la verifica della integrità di tutti i plichi contenenti l’offerta presentata, con esplicita menzione anche di quello riguardante l’offerta tecnica (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 23 dicembre 2010, n. 8155; Consiglio di Stato, sez. VI, 22 aprile 2008 n. 1856).
Del resto, la “verifica della integrità dei plichi” non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, ma è destinata a garantire che il materiale trovi correttamente ingresso nella procedura di gara, giacché la pubblicità delle sedute risponde all’esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti, ai quali deve essere permesso di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere così la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche dell’interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato (Consiglio di Stato, sez. V, 17 settembre 2010, n. 6939; Consiglio di Stato, sez. V, 10 novembre 2010, n. 8006).
Si tratta di una regola che esprime una ragionevole interpretazione dei principi comunitari e di diritto interno sopra ricordati in materia di trasparenza e di pubblicità nelle gare per i pubblici appalti e, come tale, riferibile anche all’apertura della busta dell’offerta tecnica.
Tale operazione, infatti, come per la documentazione amministrativa e per l’offerta economica, costituisce un passaggio essenziale e determinante dell’esito della procedura concorsuale e, quindi, richiede di essere presidiata dalle medesime garanzie, a tutela degli interessi privati e pubblici coinvolti dal procedimento (cfr. Consiglio di Stato, Ad Pl., 28 luglio 2011, n. 13; Consiglio di Stato, Ad. Pl., 31 luglio 2012, n. 31).
Il principio giurisprudenziale ora richiamato è stato recepito dal diritto positivo; in particolare, l’art. 12 del d.l. 7 maggio 2012, n. 52, ha integrato l’art. 120, comma 2, d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207, che nel testo vigente, da un lato, estende la pubblicità delle operazioni della Commissione all’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche, dall’altro, ha ribadito che la pubblicità delle sedute, posta a presidio dei principi di correttezza e imparzialità, va osservata per tutte le fasi in cui si articola la procedura, salva la valutazione delle offerte tecniche e l’assegnazione dei relativi punteggi, che devono essere svolte in seduta segreta.
Nel caso di specie è pacifico che il bando di gara e il disciplinare abbiano omesso di prevedere l’obbligo di apertura e di verifica della campionatura in seduta pubblica e che, in ogni caso, la stazione appaltante non abbia proceduto all’apertura e alla verifica della campionatura in seduta pubblica, sicché è palese la violazione del principio di pubblicità lamentata dalla parte ricorrente, in quanto, si ripete, la lex specialis della gara considera la campionatura come un elemento essenziale dell’offerta.
Va, pertanto, ribadita la fondatezza della censura in esame, la cui portata è sostanziale ed incidente sull’integralità delle operazioni di gara, cui si riferiscono le doglianze proposte, sicché risulta soddisfatto l’interesse sostanziale della ricorrente con conseguente assorbimento delle ulteriori doglianze proposte.
Viceversa, deve essere respinta la domanda risarcitoria perché presentata in modo del tutto generico, senza alcuna dimostrazione della sussistenza degli elementi costitutivi di detta responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., anche considerato che la ricorrente si è collocata al quarto posto della graduatoria e fermo restando che anche la quantificazione del pregiudizio non è supportata da alcun elemento dimostrativo.
Parimenti, non sussistono le condizioni per dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria, atteso che l’art. 122 c.p.a. esclude tale possibilità allorché, come nel caso di specie, il vizio riscontrato comporta l’obbligo di rinnovare la gara e, comunque, in assenza della domanda di subentro, che non risulta proposta nel caso di specie.
La sentenza integrale la trovate qui:
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