sabato 13 agosto 2016

IL CONSIGLIO DI STATO INTERVIENE PER DEFINIRE IL TRATTAMENTO TRIBUTARIO DEGLI ARRETRATI CORRISPOSTI AL PUBBLICO DIPENDENTE

Una foto del Consiglio di Stato di quando c'era ancora la quercia
Con la sentenza n. 3629 del 12 agosto scorso la IV sezione del Consiglio di Stato ha esaminato un caso interessante in cui a seguito del riconoscimento in sede giudiziaria delle mansioni superiori svolte da alcuni dipendenti e quindi la debenza, in capo al Ministero intimato, delle differenze retributive a favore di alcuni suoi dipendenti è stato interessato per decidere quale debba essere la sorte delle somme spettanti al personale, se al netto o al lordo delle ritenute contributive e fiscali.
Avendo il TAR propeso per la prima opzione ermeneutica, i dipendenti interessati hanno interposto il presente appello, che è sì fondato, ma in parte e nei limiti e per le considerazioni di cui appresso. In particolare, quantunque tra loro connesse, occorre distinguere le vicende inerenti agli obblighi contributivi della P.A. datrice di lavoro, rispetto a quelle che riguardano il trattamento fiscale di tali emolumenti, da considerare in varia guisa quali retribuzioni arretrate. Tanto a causa del differente regime normativo che contraddistingue ciascuna di esse.
Il Consiglio ha ritenuto che in ordine al primo aspetto, soccorrono gli artt. 19, II c. e 23, I c. della l. 4 aprile 1952 n. 218. La prima disposizione stabilisce che «…il contributo a carico del lavoratore è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta al lavoratore stesso alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce…». L’altra precisa, per quanto qui interessa, che «… il datore di lavoro che non provvede al pagamento dei contributi entro il termine stabilito… è tenuto al pagamento dei contributi o delle parti di contributo non versate tanto per la quota a proprio carico quanto per quella a carico dei lavoratori…».
Quanto poi al trattamento tributario delle somme stesse, il Collegio ha fornito una risposta più articolata in quanto l’avviso, più volte indicato dalla Corte suprema e per lo più in maniera identica a quanto detto per i debiti previdenziali (cfr., da ultimo, Cass., sez. lav., 18 aprile 2003 n. 6337; id., 13 settembre 2013 n. 21010; id., 4 giugno 2014 n. 12566; id., n. 18044/2015, cit.), per cui l'accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore, per differenze retributive, vanno effettuati al lordo delle ritenute fiscali, poiché il meccanismo di queste ultime si pone in relazione al distinto rapporto d'imposta, sul quale anche questo Giudice (in sede sia di cognizione delle stesse spettanze, sia di esecuzione del giudicato) è privo di giurisdizione e non ha il potere d'interferire. E, invero, tali somme restano soggette a tassazione con il criterio c.d. di “cassa” e non di competenza e solo quando saranno dal lavoratore effettivamente percepite.
Pertanto, per quanto qui interessa, l’accertamento e la liquidazione dell’emolumento non pagato per tempo, la cognizione dei quali spetta al Giudice del lavoro, devono indicarne l’ammontare al lordo, ma questo poi resta soggetto non alla ritenuta ordinaria, bensì al regime (obbligatorio) di tassazione separata ex art. 17, c. 1 del TUIR. Con la circolare ministeriale n. 23/E del 5 febbraio 1997, il Fisco chiarì che la ratio della tassazione separata nell'ipotesi di emolumenti arretrati fosse da ravvisarsi nella volontà di «…attenuare gli effetti negativi che deriverebbero dalla rigida applicazione del criterio di cassa…». Questi sono dunque i significati ritraibili dagli arresti dianzi citati della Corte suprema, quando dicono che il meccanismo delle ritenute fiscali inerisce ad un momento successivo a quello dell'accertamento e della liquidazione delle spettanze retributive e si pone in relazione al distinto rapporto d'imposta. Su quest’ultimo, il Giudice della cognizione non ha per vero il potere di interferire, ma quello dell’ottemperanza deve chiarire la portata del giudicato, rendendo noti quali principi e norme naturaliter guidano la corretta interpretazione della fattispecie così definita e l’attività di riemanazione conseguente al giudicato.
L’accertamento dell’emolumento al lordo vuol dire non già una sorta d’esenzione d’imposta o la rimessione del relativo pagamento alla volontà meramente potestativa del lavoratore, ma la conseguente regolazione del relativo importo secondo le regole, rispondenti al principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost.
Il testo completo della sentenza lo trvoate qui:
https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=DBSMXHQV7NDTAFQ5DPXA3KDN4M&q=ritardo

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