Com’è noto tra qualche giorno sarà approvato dal parlamento il nuovo Codice dei Contratti pubblici valido per tutte le Pubbliche amministrazioni e quindi anche per gli enti locali.
Se c’era bisogno di toccare con mano il livello di scoordinamento al quale è arrivata l’attività legislativa basta prendere in esame alcune norme proprio sugli acquisti inserite, attraverso alcuni emendamenti, all’interno della legge di stabilità 2016 (L: 208/2015).
Mi riferisco in particolare all’acquisto di beni o servizi per i Comuni che per tutti quelli di entità inferiore ai 40.000 euro è stato reso più snello liberandolo dalle inutili pastoie delle procedure ad evidenza pubblica.
Grazie al comma 501 dell’art. 1 della citata L. 208/2015 che ha allargato l’ampiezza offerta dall’art. 23-ter del D.L.90/2014 convertito con L. 114/90 (che escludeva i Comuni sotto i 1.000 abitanti), oramai tutti i Comuni possono procedere autonomamente per gli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro.
L’ANAC in un suo comunicato ha tempestivamente informato che provvederà a rilasciare il CIG a tutti i Comuni che procedono all’acquisto di lavori servizi e forniture di importo inferiore a 40.000 euro a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Peraltro, poiché chi ha presentato questo benefico emendamento si è dimenticato di un’alta norma, dovranno comunque far ricorso al Mercato Elettronico così da garantire trasparenza e tempistiche più celeri; anche i contratti devono essere conclusi in modalità elettronica (Art. 1 comma 450 L. 296/2006 e Art. 6 del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n.179, convertito con modifiche in legge 17 dicembre 2012, n. 221: “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”).
Resta in vigore il divieto di frazionamento, spesso aggirato con furbizia da alcuni.
Pertanto mentre da una parte il Parlamento approvava una cosa, dall’altra, approfittando del fatto che per la legge di stabilità era noto che sarebbe stata posta la fiducia, è stato inserito un emendamento che consente anche ai piccoli comuni di affidare servizi o forniture senza gara.
Il problema è che già in una città di medie dimensioni (che sono poi la maggior parte) in cui l’ente locale spesso rappresenta l’azienda più grande in grado di creare lavoro e di consentire la sopravvivenza di piccole imprese o artigiani, una fornitura di 40.000 euro rappresenta un contratto appetibile, creando problemi a livello di concorrenza locale e la stessa sopravvivenza di qualche piccola azienda o artigiano. La cosa naturalmente diviene ancora più grave in un Comune con meno di mille abitanti.
Mi auguro vivamente che venga posto rimedio a quello che a mio avviso è stato un grosso errore da parte del Parlamento.
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